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Giosue' Borsi - L'ultima lettera, terziario francescano

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view post Posted on 26/10/2015, 21:37

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L'ULTIMA LETTERA



(Questa lettera fu consegnata al cappellano don Ezio Barbieri del 12° reggimento fanteria e dallo stesso inviata alla madre dopo la morte di Giosuè.


21 Ottobre 1915.
Mamma,

questa lettera, che ti giungerà soltanto nel caso che io debba cadere in questa battaglia, la scrivo in una trincea avanzata, dove mi trovo da stanotte coi miei soldati, in attesa dell'ordine di passare il fiume e muovere all'assalto. I miei soldati sonnecchiano, l'attesa si prolunga, e ho pensato di cominciare a scriverti, nella speranza che il tempo non mi manchi per dirti almeno una parte dei pensieri e degli affetti che mi traboccano dall'anima per te, mamma mia. Sono tranquillo, perfettamente sereno e fermamente deciso a fare tutto il mio dovere, fino all'ultimo, da forte e buon soldato, incrollabilmente sicuro della nostra vittoria immancabile. Non sono altrettanto certo di vederla da vivo, ma questa incertezza, grazie a Dio, non mi turba affatto, e non basta a farmi tremare. Sono felice d'offrire la mia vita alla patria, sono altero di spenderla cosi bene, e non so come ringraziare la Provvidenza dell'onore cbe mi fa, offrendomene l'occasione
in questa fulgida giornata di sole autunnale, in mezzo a questa incantevole vallata della nostra Venezia Giulia, mentre sono ancora sul fiore degli anni, nella pienezza delle forze e dell'ingegno, e combatto in questa guerra santa, per la libertà e per la giustizia. Tutto mi è dunque propizio, tutto mi arride per fare una
morte fausta e bella, il tempo, il luogo, la stagione, l'occasione, l'età. Non potrei meglio coronare la mia vita; sento tutta la compiacenza di farne un uso buono e generoso. Perciò non voglio che tu pianga, mamma, perchè in verità offenderesti la mia sorte. Non piangere per me, mamma, se è scritto lassù che io debba morire. Non piangere, perchè tu piangeresti sulla mia felicità. Io non debbo esser pianto, ma invidiato. Tu sai quali speranze ineffabili mi confortano, perchè sono anche le speranze in cui anche tu hai riposto ogni tuo bene. Quando tu leggerai queste mie parole, io sarò già libero, sciolto e al sicuro, ben lontano dalle miserie
del mondo. La mia guerra sarà finita, e io sarò alla pace. La mia morte quotidiana sarà morta, e io sarò giunto in alto, alla vita senza morte. Sarò in faccia al Giudice che ho tanto temuto, al Signore che ho tanto amato. Pensa, mamma, che, quando tu leggerai queste parole, io ti guarderò dal Cielo, a fianco dei nostri cari: sarò con babbo, con la mia Laura, con Dino, il nostro angioletto tutelare. Saremo, lassù, tutti uniti e in festa ad aspettarti, a vigilare su te e su Gino, a prepararvi con le
nostre preghiere il luogo della vostra gloria sempiterna. E questo pensiero non deve bastarti solo ad asciugare tutte le tue lacrime e a riempirti d'una gioia indicibile? No, no, non piangere, mamma mia santa, e sii forte come sei sempre stata. Anche se non ti basta la compiacenza d'avere offerta alla nostra adorata Italia, questa terra gloriosa e prediletta da Dio, il santo sacrificio della vita d'uno dei tuoi figli, pensa in ogni modo che non devi ribellarti neppure per un istante ai decreti divinamente sapienti e divinamente amorosi del nostro Signore. Se egli voleva serbarmi ad altro, poteva farmi sopravvivere; se mi ha chiamato a sé, è segno che quello era il migliore dei partiti e il maggior bene per me. Egli sa quel che fa; a noi non resta che inchinarci e adorare, accettando con giubilo fiducioso la sua altissima volontà. Non rimpiango la vita. Ne ho assaporate tutte le ebbrezze malsane, e me ne sono ritratto con insormontabile fastidio e disgusto. Potevo
ora, piccolo fìgliuol prodigo tornato dopo tanti smarrimenti nella casa del Padre, sperare ragionevolmente di gustare le buone gioie, quelle del dovere compiuto, del bene praticato predicato, dell'arte professata, del lavoro, della carità, della fecondità. A fianco della bella e buona giovinetta che tu conosci e apprezzi, che ho sempre, sempre cosi teneramente, timidamente e fedelmente amata, anche attraverso ai miei errori e trascorsi colpevoli, potevo sperare di riuscire un buono sposo e un buon padre. Vi sono al mondo tante sante e nobili battaglie da combattere per l'amore, per la giustizia, per la libertà, per la fede; e, per qualche tempo, lo confesso, mi sono anch'io, povero presuntuoso, creduto predestinato e designato al compito arduo e terribile di vincerne qualcuna. Tutto questo era bello, era lusinghiero, era desiderabile, ne convengo, ma non vale la mia sorte d'ora, ecco la verità; e davvero non so se sarei veramente contento d'avere scritta invano questa lettera. La vita è triste, è un penoso e increscioso dovere, un lungo esilio nell'incertezza della propria sorte. Perchè la vita mi trascorresse a seconda dei miei desideri e senza offrirmi mille amari disinganni, occorreva un concorso di circostanze troppo rare e difficili. E poi sono e mi sento debole, non ho la minima fiducia in me stesso. Tutta la lotta contro le ingratitudini e le iniquità del mondo non mi avrebbe spaventato come la lotta contro me stesso. Meglio dunque come è avvenuto, mamma. Il Signore, nella sua infinita bontà chiaroveggente, mi ha riserbato proprio il destino che occorreva per me, destino facile, dolce, onorevole, rapido: morire per la patria in battaglia. Con questo bel trapasso encomiabile, compiendo il più ambito tra i doveri del buon cittadino verso la terra che gli diede i
natali, ecco clie io mi distacco, tra il rimpianto di tutti coloro che mi amano, da una vita di cui già troppo sentivo il fastidio e il disgusto.
Lascio la caducità, lascio il peccato, lascio il tristo e accorante spettacolo dei piccoli e momentanei trionfi del male sul bene, lascio la mia salma umiliante, il peso grave di tutte le mie catene, e volo via, libero, libero, finalmente libero, lassù nei cieli dove è il Padre nostro, lassù dove si fa sempre la sua volontà.
Figurati, mamma, con quanta esultanza accetterò dalle sue mani anche i castighi che mi imporrà la sua giustizia per i miei peccati. Egli stesso li ha tutti pagati coi suoi meriti sovrabbondanti. Dio di misericordia e di pietà, riscattandomi col suo sangue prezioso, vivendo e morendo per me quaggiù. Soltanto per sua grazia, soltanto con Gesù Cristo io ho potuto ottenere che i miei peccati non fossero la mia morte eterna. Egli ha visto le lacrime del mio pentimento, egli mi ha perdonato per bocca della sua Sposa illibata, la Chiesa. Spero che la Madonna, cosi pietosa e benigna per noi, mi assista col suo potente aiuto nell' istante in cui si deciderà di tutta la mia eternità. E poiché sono a parlare di perdono, mamma, ho una cosa da dirti con tutta semplicità: perdonami anche tu. Perdonami tutti i dolori
che ti ho dato, tutte le angosce che ti ho fatto patire, ogni volta che sono stato verso di te sconoscente, impaziente, smemorato, indocile. Perdonami se per negligenza e inesperienza non ho saputo procurarti una vita più agiata e tranquilla col mio lavoro, dal giorno in cui mio padre ti lasciò affidata a me con la sua
morte prematura. Vedo bene ora di quanti torti sono sempre stato colpevole verso di te, e ne sento tutta la stretta, il rimorso e l'angoscia crudele, ora che morendo sono costretto ad affidarti alla provvidenza del Signore. Perdonami infine quest'ultimo dolore che ho voluto darti, forse non senza leggerezza ostinata
e crudele, offrendomi volontariamente al servizio della patria, affascinato dalle lusinghe di questa bella sorte. Perdonami anche di non avere mai abbastanza riconosciuto, adorato, cercato di ricompensare la nobiltà impareggiabile del tuo animo, del tuo cuore immenso e sublime, madre mia veramente perfetta ed
esemplare, a cui debbo tutto quanto sono e quanto ho fatto al mondo di meno male.
Troppe altre cose avrei da dirti, ma non basterebbe un poema. Non mi resta che raccomandarti ancora una volta al nostro Gino, sulla cui serietà, sulla cui probità, sulla cui forza d'animo, sul cui tenero amore filiale faccio il più alto assegnamento. Digli a nome mio che serva volenteroso la patria, finché la patria avrà bisogno di lui, che la serva con abnegazione, con ardore, con entusiasmo, fino alla morte, se occorre. Se il destino riserba a lui una lunga vita di lavoro, l'affronti con serenità, con fermezza, con amore indomito alla giustizia e all'onestà, confidando sempre nel trionfo del bene, con la grazia di Dio. Sia un buon marito e un buon padre, educhi i figli all'amore del Signore, al rispetto della Chiesa, alla fedeltà verso il nostro E, verso le leggi, al culto geloso della patria nostra diletta.
Pensate spesso a noialtri quassù, parlate di noi tra voi, ricordateci e amateci come vivi, perchè noi saremo sempre con voi.
Tu prega molto per me, perchè ne ho bisogno. Abbi il coraggio di sopportare la vita fino all'ultimo senza perderti d'animo, continua ad essere forte ed energica come sei sempre stata in tutte le tempeste della tua vita, e continua ad essere umile, pia, caritatevole, perchè la pace di Dio sia sempre con te. Addio, mamma; addio, Gino, miei cari, miei amati. Vi abbraccio con tutto lo slancio del mio amore immenso, che si è centuplicato durante la lontananza, in mezzo ai pericoli e ai
disagi della guerra. Qua, staccato dal mondo, sempre con l'immagine della morte imminente, ho sentito quanto sono forti i legami col mondo, quanto gli uomini abbiano bisogno d'amore reciproco, di fiducia, di disciplina, di concordia, d'unità, quanto siano necessarie e sacrosante cose la patria, il focolare, la famiglia,
quanto sia colpevole chi le rinnega, le tradisce, le opprime. Amore e libertà per tutti, ecco l' ideale per cui è bello offrire la vita. Che Dio renda fecondo il nostro sacrificio, abbia pietà degli uomini, dimentichi e perdoni le loro offese, dia loro la pace, e allora, mamma, non saremo morti invano. Ancora un tenero bacio,
Giosuè'
 
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