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La guarigione di P. Emiliano Tardif

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view post Posted on 6/2/2016, 18:11

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Nel 1973 ero provinciale della mia Congregazione, Missionari del Sacro Cuore, nella Repubblica Dominicana. Avevo lavorato troppo, abusando della mia salute, durante i sedici anni della mia missione in quel paese. Dedicai molto tempo a impegni materiali: costruzione di chiese, di seminari, centri di promozione umana, di catechesi, ecc. Ero sempre in cerca di denaro per edificare case e mantenere i nostri seminaristi.
Il Signore ha permesso che mi dedicassi a tutta questa mia attività e per l'eccesso di lavoro sono caduto malato. Il 14 giugno del 1973, mi sono sentito male, malissimo, tanto che mi hanno dovuto trasportare immediatamente al Centro Medico Nazionale. Stavo tanto male che non pensavo di farcela quella notte: credetti proprio di morire molto presto. Avevo meditato molto spesso sulla morte, ma non ne avevo fatto mai l'esperienza; questa volta la stavo facendo, ma non mi piaceva affatto.
I medici mi fecero delle analisi molto precise e mi trovarono una tubercolosi polmonare acuta. Vedendomi così malato, pensavo di far ritorno a Québec nel Canada, mio paese d'origine, dove viveva la mia famiglia. Ma ero talmente debole, che non potevo affrontare il viaggio. Dovetti aspettare quindici giorni e sottopormi ad una cura ricostituente per poter fare il viaggio. Una volta in Canada, mi fecero ricoverare in un centro medico specializzato dove i medici mi riesaminarono per verificare la natura della mia malattia.
Il mese di luglio passò in analisi, biopsie, raggi, ecc. Tutto confermò scientificamente che la tubercolosi polmonare acuta aveva prodotto gravi lesioni ai due polmoni. Per farmi coraggio, mi dissero che forse dopo un anno di cure e di riposo io sarei potuto ritornare a casa.
Un giorno ricevetti due visite insolite: prima venne un sacerdote, direttore della rivista « Notre Dame », che mi domandò il permesso di farmi una fotografia per illustrare un articolo intitolato « Come vivere la propria malattia ». Si era appena congedato che entrarono cinque laici d'un gruppo di preghiera del Rinnovamento carismatico. Quando ero nella Repubblica Dominicana, avevo scherzato molto sul Rinnovamento, dicendo che l'America Latina non aveva bisogno del dono delle lingue, ma di promozione umana, ed eccoti che in maniera del tutto disinteressata vengono a pregare per me.
Queste visite avevano due scopi molto diversi: l'una perché accettassi la malattia e l'altra perché recuperassi la salute. Essendo un sacerdote missionario, pensai che non sarebbe stato edificante se avessi rifiutato la loro preghiera; ma, sinceramente, l'accettai più per educazione che per convinzione. Non credevo che una semplice preghiera potesse ottenere la salute. Mi dissero con molta convinzione: « Noi faremo ciò che dice il Vangelo "Imporranno le mani ai malati e questi guariranno". Così noi pregheremo e il Signore ti guarirà ».
E subito si avvicinarono alla sedia a dondolo dov'ero seduto e mi imposero le mani. Io non avevo visto mai nulla di simile e mi dispiacque anche. Mi sentivo ridicolo sotto le loro mani ed ero infastidito perché quelli che passavano nel corridoio ci vedevano dalla porta rimasta aperta.
Interruppi la preghiera e dissi:
« Se non vi dispiace, chiudiamo la porta... ».
« Sì, Padre, perché no? » risposero.
E chiusero la porta, ma Gesù era già entrato. Durante la preghiera, ci fu anche una profezia. Il Signore mi diceva: «Farò di te un testimone del mio amore». Gesù, il vivente, stava dando la vita non solo ai miei polmoni, ma anche al mio sacerdozio, a tutto il mio essere.
Tre o quattro giorni dopo, mi sentivo benissimo: avevo un buon appetito, dormivo bene e non avvertivo nessun dolore. I medici erano pronti a cominciare subito il trattamento; tuttavia nessun medicamento sembrava atto alla malattia che avevano scoperto. Fecero arrivare delle iniezioni speciali, fatte per un organismo non comune, ma non ci fu nessuna reazione. Io mi sentivo bene e volevo tornarmene a casa; ma mi obbligarono a restare all'ospedale per tutto il mese di agosto, frugandomi da per tutto per ricercare quella tubercolosi che era sparita misteriosamente sotto le loro mani e sotto i loro occhi. Alla fine del mese, dopo mille ripetute analisi, il primario mi disse: « Padre, torni a casa. Lei è perfettamente guarito, ma questo cozza contro tutte le nostre teorie mediche. Noi non sappiamo cosa sia successo ».
Poi, alzando le spalle, aggiunse:
«Padre, lei è un caso unico in questo ospedale».
«E anche nella mia Congregazione», gli risposi ridendo.

Quindici giorni dopo, uscì il numero 8 della rivista « Notre Dame ». Alla pagina 5 c'era la mia foto all'ospedale: ero seduto sulla mia famosa sedia a dondolo coperto di sonde, col viso triste e lo sguardo pensoso; in calce alla foto c'era la didascalia: « il malato deve imparare a vivere la sua malattia, abituarsi alle allusioni velate, alle domande indiscrete ... e agli amici che non lo guarderanno più come prima ». La mia guarigione rese inutile quel numero.
Il Signore mi aveva guarito. Certo la mia fede era poca; era come un granellino di senapa; ma Dio è così grande che non aveva tenuto conto della mia piccolezza. Così è il nostro Dio. Se dipendesse da noi, non sarebbe Dio.
Così ricevetti nella mia carne il primo insegnamento fondamentale per il ministero di guarigione: il Signore ci guarisce con la fede che abbiamo; non ci domanda di più; solo questo.
Il 15 settembre, assistevo alla prima assemblea di preghiera carismatica della mia vita. Non sapevo cosa fosse, ma ci andai perché ero stato guarito e le persone che avevano pregato per me mi avevano chiesto di dare una testimonianza della mia guarigione. (P. Emiliano Tardif, Cristo Gesù è vivo!)

LA CONVERSIONE DELLE PROSTITUTE
Eravamo dinanzi ad un'opera del Signore. Ne eravamo certi. I miracoli furono così numerosi che io non potevo contarli. Coppie che vivevano in concubinaggio si sposarono regolarmente; dei giovani furono liberati dalla droga e dall'alcolismo. Era proprio la pesca miracolosa: dopo aver così a lungo gettato l'amo, il Signore riempiva talmente le reti che io immaginavo che la barca fosse sul punto di affondare (Lc 5,7).
Gesù stava liberando il suo popolo dalle catene della schiavitù. I giovani che non si interessavano più né della Chiesa né della fede, cominciarono a vivere e a proclamare che Gesù era il loro liberatore.
Durante un ritiro parrocchiale predicammo su Gesù e poi, durante l'Eucarestia, pregammo per la salute dei malati. La prima parola di conoscenza che ebbi fu:
«C'è qui una donna che sta guarendo da un cancro; ella sente un grande caldo nel suo ventre».
Continuai a pregare e furono pronunciate altre parole di conoscenza confermate da testimonianze. Ma nessuno rispose e si fece vivo alla prima parola. All'indomani, una signora davanti al microfono disse a tutti:
«Forse sarete sorpresi di vedermi qui. Sono una pubblica peccatrice, dedita da molti anni alla prostituzione. Ieri sono venuta alla messa di guarigione, ma a causa della mia vita ho avuto vergogna ad entrare e sono rimasta in disparte, dietro la palizzata. Avevo un cancro; ho fatto due operazioni che non hanno arrestato il male, ma quando il prete ha detto che una persona stava guarendo di cancro, ho sentito che ero proprio io».
Il Signore l'ha guarita non solo dal cancro del corpo, ma anche da quello dell'anima; si è pentita di tutto e il giorno dopo ha fatto la santa comunione. Quando l'ho vista accostarsi alla comunione con la gioia nel viso e le lacrime di felicità che le scorrevano sulle guance mi sono ricordato del ritorno del figlio! prodigo che pranza col vitello grasso fatto uccidere dal padre per lui. Essa riceveva l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, purificando la sua anima e cambiando la sua vita. Fece ritorno alla casa di malaffare per testimoniare dinanzi alle sue compagne, con le lacrime agli occhi:
« Non vengo a dirvi di abbandonare questa vita: voglio solo parlarvi del mio amico Gesù che mi ha riscattata e ha cambiato la mia vita ».
E raccontò la sua guarigione e la sua conversione. In seguito chiese il permesso di costituire un gruppo di preghiera in quella casa e tutti i lunedì si chiudevano le porte al peccato e si apriva il cuore a Gesù. Si facevano la preghiera, la lettura della Bibbia e dei canti.
Il Signore non concluse lì la sua opera. L'anno dopo fu organizzato un ritiro per quarantasette prostitute della città. È il ritiro dove ho visto la misericordia di Dio agire con maggior potenza. Ci fu pentimento, conversione e confessione: ventisette abbandonarono la loro vecchia vita e, da informazioni recenti, sappiamo che ventuno hanno perseverato nella via del Signore. Alcune sono diventate persino catechiste, altre animano gruppi di preghiera, dando forte testimonianza che l'amore misericordioso di Dio le ha trasformate. Su ventuno case di prostituzione di via Mariano Perez, ne sono rimaste solo quattro. Persone del medesimo gruppo di preghiera visitarono tutte queste case e il Signore le ha trasformate. Bisogna ricordare qui il caso di un'altra di queste donne delle quali Gesù dice che entreranno nel regno dei cicli davanti agli scribi e ai farisei.
Diana fu toccata dall'amore di Dio e si diede al Signore. Tuttavia la sua ripresa fu lenta e dolorosa; ebbe anche una ricaduta a causa di problemi economici. Mentre era di nuovo lontana da Dio, il Signore le parlò e le disse:
« Diana, chi mi segue cammina nella luce e non mancherà di niente ».
Si pentì e fece ritorno al Signore. Diventò anche catechista e oggi rende testimonianza con convinzione della misericordia del Signore durante i ritiri. Fa parte di un gruppo di evangelizzazione e molti sacerdoti vorrebbero avere la sua forza nel proclamare la vita nuova nel Cristo Gesù.
Secondo statistiche ufficiali, a Nagua c'erano cinquecento case chiuse; più dell'80% smisero la loro attività. Non tutte le donne si convertirono, ma tutte furono colpite dal messaggio di Gesù vivo. Parecchie di queste case, che erano al servizio del peccato e dell'egoismo, sono diventate case per gruppi di preghiera. Il cambiamento è stato così netto da far esclamare: «Nagua era la città della prostituzione, ma adesso è la città della preghiera».
Al presente non c'è via a Nagua che non abbia il suo gruppo di preghiera. Sono gruppi che evangelizzano, annunziano e guidano le persone a un incontro personale con Gesù vivo. Il caso di Nagua ci da un'idea oggi di quel che sono i carismi d'evangelizzazione. Non sono ornamenti accidentali, ma veicoli veri e propri di evangelizzazione.

LA NOCE DI COCCO
Nel novembre del 1982, predicai una serie di ritiri nella Polinesia francese. Preparammo una celebrazione eucaristica per i malati nell'arcivescovado di Tahiti. Quella notte parteciparono più di cinquemila persone sul piazzale, sotto un cielo pieno di stelle che mi ricordò la promessa di Dio ad Abramo. Dopo la comunione feci una preghiera per i malati. Tutta quella folla pregava in lingue; era un momento pieno di fervore e di tede. Mentre lo Spirito cantava in noi, cominciarono a venire parole di conoscenza. Questi messaggi sono facilitati dalla preghiera in lingue, perché il canale del nostro spirito è vuoto e perciò più disponibile a ricevere la parola del Signore. Tra le parole, una mi sorprese per la sua precisione; la trasmisi così come mi era giunta:
«C'è qui una persona che viene alla messa per la prima volta e molto da lontano. Soffre alla colonna vertebrale, all'altezza della quarta vertebra. Il dolore le è stato causato dalla caduta di una noce di cocco. In questo momento un grande calore le si fa sentire alla spalla. Il Signore ti sta guarendo. Darai presto la testimonianza della tua completa guarigione».
Il giorno seguente avevamo un'altra celebrazione eucaristica. La gente era molto aumentata. Vi abbiamo vissuto una esperienza indimenticabile della potenza e della misericordia di Dio. Prima di conchiudere, abbiamo approfittato dell'occasione per chiedere le testimonianze delle persone guarite il giorno prima. Ascoltammo cose meravigliose. Tra le tante quella di una signora che disse:
« Io sono protestante dalla nascita e fino a ieri non avevo mai assistito a una messa cattolica. Soffrendo molto alla colonna vertebrale e avendo sentito che il Signore aveva guarito molti malati l'altro ieri, mi sono lasciata convincere da un'amica e sono venuta ieri sera per domandare a Dio la mia guarigione, pur vivendo molto lontano da qui.
Quando il sacerdote ha annunziato che una persona, sofferente alla colonna vertebrale, stava guarendo, ho sentito un gran calore che mi prendeva alla schiena. Quando ha aggiunto che il dolore era all'altezza della quarta vertebra, compresi che si trattava proprio di me. Ma ciò che maggiormente mi meravigliò, fu quando disse che il male proveniva dal colpo di una noce di cocco, caduta sulla spalla.
Era un anno e mezzo che vendevo noci di cocco ai turisti. Mentre le bacchiavo con un bastone nell'alto della palma, una cadde sulla mia schiena, ferendomi la quarta vertebra. Siccome ero incinta non potei essere operata; il medico preferì attendere che nascesse il bambino prima di operarmi. Dopo la nascita del bambino, era diventato troppo tardi. Il medico mi disse che non sapeva come operarmi perché la vertebra si era come saldata. Io soffrivo molto, specialmente durante la notte, nella ricerca di una posizione più comoda nel mio letto. Ieri sera quando avvertii quel calore e quel tremito, piansi molto. Sentii in me una grande presenza del Signore. Arrivando a casa, mi resi conto che ero perfettamente guarita. Non ho più nessun dolore alla colonna vertebrale e voglio ringraziare pubblicamente il Signore».
Quando questa donna diede la sua testimonianza, tutti lodavano il Signore e crebbe molto nella comunità cristiana la fede nella presenza di Gesù risorto.
Anch'io ringrazio il Signore perché quei particolari erano tutti esatti; e questo aiutò anche me a credere ancora di più alla parola di conoscenza come parola che ci viene dallo Spirito e non come una sensazione fisica o conoscenza psicologica, perché i particolari sono troppo esatti per essere il frutto dell'immaginazione. (P. Emiliano Tardif, Cristo Gesù è vivo!)

Edited by fra roberto - 7/2/2016, 16:11
 
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