"Se saprete resistere, vi salverete" (Lc 21,19). La salvezza dell`anima è riposta nella virtù della pazienza, perché la fonte e la protezione di tutte le virtù è la pazienza. Attraverso la pazienza diventiamo padroni della nostra vita, perché quando impariamo a dominar noi stessi, allora davvero cominciamo ad essere padroni di ciò che siamo. Ma la pazienza è non solo tollerare i mali che ci vengono dagli altri, ma anche non sentirsi mordere contro colui che è causa del male. Perché se uno sopporta solo in silenzio il male ricevuto, ma desidera che si faccia giustizia, questi non ha pazienza la mostra soltanto. E` scritto, infatti: "La carità è paziente, è benigna" (1Cor 13,4). E` paziente, perché sopporta i mali che vengono dagli altri, ed è benigna, perché ama coloro che sopporta. Perciò la Verità dice: "Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano" (Mt 5,44). Per gli uomini è virtù tollerare i nemici, per Dio è virtù amarli; Dio accetta solo questo sacrificio, cui dà fuoco innanzi ai suoi occhi, sull`altare delle buone opere, la fiamma della carità. Bisogna poi sapere che a volte sembriamo pazienti solo perché siamo incapaci di rifarci. Ma chi non si vendica, perché non vi riesce, certo non è paziente; perché la pazienza non sta nell`apparenza, ma nel cuore. Il vizio dell`impazienza poi sciupa perfino la dottrina, che è la radice delle virtù. Sta scritto, infatti: "La dottrina dell`uomo forte la si vede nella pazienza" (Pr 19,11). Tanto meno, dunque, uno si rivela dotto, quanto meno si dimostra paziente. Non può, infatti, dar veramente dei beni, colui che non sa sopportare il male. E quale sia il valore della pazienza, lo dice la parola di Salomone: "Il paziente val piú dell`uomo forte, e chi domina il suo animo, vale piú di un conquistatore di città" (Pr 16,32). E` minor vittoria espugnare una città, perché i nemici vinti qui son fuori. La vittoria della pazienza è piú grande, perché qui è l`animo che supera se stesso, quando lo abbatte nell`umiltà della tolleranza. Bisogna sapere anche un`altra cosa, che accade spesso ai pazienti. Ed è che, nel momento che sopportano un`avversità o sentono un`ingiuria, non soffrono nessun dolore, e così hanno pazienza e nutrono anche buoni sentimenti. Ma poi, quando ripensano a ciò che gli è stato fatto si sentono stimolati da un fuoco fortissimo, cercano motivi di vendetta e perdono, nel ripensamento, tutta la mansuetudine che ebbero prima. E` che il nostro astuto avversario combatte contro due: uno lo eccita, perché faccia l`insulto; l`altro, l`offeso, lo provoca alla vendetta. Ma una volta ottenuta la vittoria contro quello che ha fatto l`ingiuria, si muove con tutte le sue forze contro l`altro che non poté spingere a restituire l`offesa. E poiché non riuscí ad eccitarlo nel momento in cui egli fu ingiuriato, si ritira per il momento dal campo e cerca il modo d`ingannarlo nel segreto del pensiero; vinto sul campo di battaglia, mette tutto il suo impegno a costruire occulte insidie. In un momento di pace torna nell`animo del vincitore e richiama alla sua memoria o il danno subito o le frecciate delle ingiurie; esagera tutto, fa vedere tutto intollerabile e turba l`animo con tanto furore, che quell`uomo, generalmente paziente, si vergogna d`aver lasciato passar la cosa impunemente, si duole di non aver restituito l`ingiuria e cerca l`occasione di farla pagare piú cara. A chi posso assimilare costoro, se non a quelli che, dopo aver vinto con la loro forza sul campo, si fanno poi vincere in casa per negligenza? A chi li paragonerò, se non a dei tali che non si fecero uccidere da una grave malattia, e poi morirono per una febbricciola insistente? E` dunque veramente paziente colui che in un primo tempo sopporta senza dolore i mali che riceve, ma sa poi anche, quando ci ripensa, gioire di quanto ha sopportato. (san Gregorio Magno, Hom., 35, 1.3-6)
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