Fra Noi

Posts written by fra roberto

view post Posted: 21/9/2014, 15:10 Chesterton 1 - Aforismi
MUSSULMANI
Gli effetti di questa avventura contro un nemico possente e misterioso furono di un'importanza semplicemente enorme nella trasformazione dell'Inghilterra, come pure di tutte quelle nazioni che si andavano costituendo fianco a fianco con essa. Anzitutto, molte e straordinarie furono le cose che apprendemmo da ciò che il Saraceno faceva; secondariamente, maggiori e più straordinarie furono quelle altre cose che apprendemmo da ciò che egli non faceva. Vedendo coi nostri propri occhi alcune delle buone cose di cui mancavamo, fummo fortunatamente capaci di imitarlo. Invece, in tutte le nostre buone cose di cui egli mancava, la nostra fiducia in esse venne confermata a tal punto che divenne dura come il diamante. Può dirsi che i cristiani giammai furono così sicuri di aver ragione come quando portarono la guerra ai maomettani. Immediatamente si determinò quella caratteristica e naturale reazione destinata a produrre le cose migliori di ciò che chiamiamo arte cristiana, e specialmente quei grotteschi dell'architettura gotica, che non solo sono pieni di vita, ma anche aggressivamente polemici. L'Oriente, da un punto di vista ambientale e col suo fascino impersonale, non mancò di certo di stimolare lo spirito occidentale; però lo fece in maniera negativa, determinando cioè una breccia nel comandamento maomettano. In un certo qual modo i cristiani si trovarono nella condizione di caricaturisti, si sentirono cioè costretti a dare un volto a tutti quegli ornamenti maomettani privi dì volto, a dare una testa a tutti quei serpenti decapitati, a posare degli uccelli su tutti quegli alberi senza vita. La statuaria sussultò e si animò del soffio vitale per effetto della proibizione nemica, che cosi diventò una benedizione. L'immagine, solo perché era chiamata idolo, diventò non solo una bandiera ma anche un'arma. Uno sterminato esercito di pietra balzò su tutti gli altari e in tutte le strade d'Europa. In tal maniera gli iconoclasti fecero molte più statue di quanto non ne distrussero (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

MUSSULMANI
Ma il punto che da la spiegazione di tutto il fenomeno delle Crociate è questo: per esse il «di fuori» non era l'infinito, come nella religione moderna. Tutti i «di fuori» erano dei luoghi. Il mistero della località, con tutto ciò che ha di presa sul cuore umano, era presente in tutte le cose più eteree del cristianesimo alla stessa maniera come era assente nelle cose più pratiche dell'islamismo: l'Inghilterra derivava una cosa dalla Francia, la Francia dall'Italia, l'Italia dalla Grecia, la Grecia dalla Palestina, la Palestina dal Paradiso. Era più che naturale che il contadino si facesse benedire la casa dal prete della chiesa parrocchiale, il quale era stato investito dei suoi poteri da Canterbury, che a sua volta era stata investita da Roma. Tuttavia non è da credersi che questa stessa Roma adorasse se stessa, come nell'epoca pagana. Roma guardava verso oriente alla misteriosa culla del suo credo, a una località di cui anche l'umile terra diceva santa. E allorché un giorno vi volse gli occhi, vide la faccia dell'Infedele; vide ergersi nel luogo che era il suo paradiso terrestre un gigante vorace emerso dal deserto e che tutti i luoghi considerava eguali. Abbiamo ritenuto necessario soffermarci sulle emozioni più intime che animarono le Crociate, perché il lettore moderno è completamante ignaro di quelli che furono i peculiari sentimenti dei suoi padri. La lotta tra cristianesimo e islamismo non fu affatto una semplice lite tra due uomini che volevano ambedue Gerusalemme; fu una faccenda molto più mortale, tra un uomo che voleva Gerusalemme e un altro che non riusciva a capire perché la volesse. Il maomettano, ovviamente, aveva i suoi luoghi santi; però non li aveva mai considerati come un occidentale può considerare un campo o un tetto; non poteva pensare che la santità potesse concretizzarsi in una località. L'austerità che limitava la sua immaginazione, la guerra che continuamente spostava verso altri luoghi e che gli impediva di riposarsi; sono questi i due elementi che lo rendevano estraneo a tutto ciò che prepotentemente erompeva d'ogni parte e fioriva nei nostri patriottismi locali. E questa estraneità se ha dato ai Turchi un impero, non gli ha mai dato una nazione (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

BENEDIZIONE
Lo spirito medioevale amava la parte ch'esso aveva nella vita come una parte, non già come un tutto: la sua posizione privilegiata nella vita derivava da qualcosa d'altro. Si racconta una storiella a proposito di un monaco benedettino che soleva volgere il saluto nel comune bisticcio "Benedictus benedicat"; al che una volta un illetterato francescano rispose: "Franciscus franciscat". È quest'aneddoto come una parabola dell'intera storia medioevale; perché se vi fosse stato un verbo "franciscare" non altro avrebbe potuto significare se non ciò che San Francesco ebbe a compiere. Ma questo più forte misticismo individualistico si trovava ancora nella culla, e il "Benedictus benedicat" può considerarsi il motto del Medio Evo più antico. Intendo con ciò dire che non c'è cosa che non sia benedetta dal di fuori, da qualche cosa che a sua volta è stata benedetta dal di fuori, e così di seguito: solo chi è benedetto può benedire (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

MUSSULMANI
Un seicento anni dopo la nascita del Cristianesimo in Oriente e il suo diffondersi verso Occidente, un'altra grande fede era sorta quasi nelle stesse contrade orientali e si era messa a seguire il cristianesimo come fosse la sua gigantesca ombra. Come un'ombra, era nel contempo una copia e l'opposto. Noi gli abbiamo dato il nome dì islamismo o religione di Maometto, e forse la sua caratterizzazione più esplicativa si ha definendolo l'ultimo rigurgito dell'accumulato orientalismo, o forse dell'accumulato ebraismo, sempre più rigettato indietro via via che la Chiesa diventava europea e il cristianesimo si mutava in cristianità. Il motivo animatore della nuova religione era l'odio contro gli idoli, e dal suo punto di vista l'Incarnazione era in sé stessa un'idolatria. Le due cose che più perseguitava erano l'idea di Dio fattosi carne e quella del suo posteriore mutarsi in legno o pietra. Un esame dell'elemento che covava sotto l'avanzata, simile ad una prateria in fiamme, della conversione cristiana, suggerisce l'ipotesi che questo fanatismo contro l'arte o la mitologia fosse nell'istesso tempo uno sviluppo e una reazione alla conversione, una specie di difesa del diritto delle minoranze fatta dagli Ebrei. In questo senso, l'islamismo può considerarsi un'eresia cristiana. Le prime eresie erano state rigurgitanti di reversioni ed evasioni dall'Incarnazione, proponendosi esse di salvare il loro Cristo dalla realtà del suo corpo, sia pure a spese della sincerità della sua anima. Cosi, per esempio, gli iconoclasti greci si erano riversati in Italia, facendo a pezzi le statue del popolo e denunziando l'idolatria del papa, finché furono messi in rotta, in una maniera assai simbolica, dalla spada del padre di Carlomagno. Furono tutte le deluse amarezze lasciate da queste repressioni che s'incendiarono a contatto del genio di Maometto e lanciarono dalle ardenti terre una carica di cavalleria che fu quasi sul punto di conquistare tutto il mondo. E se a questo punto qualcuno fa osservare che non vale la pena spendere parole su una questione orientale in un libro di storia inglese, ebbene, c'è da rispondere che questo volume può sì contenere delle digressioni, ma non è in se stesso una digressione. È assolutamente importante tener fermo che il dio ebraico perseguita il cristianesimo come uno spettro; e ciò dovrebbe essere ricordato in ogni angolo d'Europa, ma specialmente nel nostro. Se qualcuno mette in dubbio tale necessità, che vada a farsi una camminata, entro un raggio di trenta miglia, qualunque sia il posto d'Inghilterra che abiti, e visiti tutte le chiese parrocchiali; s'informi poi perché quella Vergine di pietra è decapitata o manca quel vetro colorato: non mancherà di apprendere allora che non molto fa, anche nei luoghi che gli sono più familiari, ritornò l'estasi dei deserti, e che la sua pallida isola nordica si riempi della furia di nuovi iconoclasti (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

STRANIERI
In nessuna cosa il tedesco moderno è più moderno, o più pazzo, che nella sua mania di trovare un nome tedesco per ogni cosa; si mangia il vocabolario, ovverossia, in altre parole, si morde la lingua. Di contro gli uomini del Medio Evo in nessuna cosa erano più liberi e assennati che nel far propri nomi e emblemi che venivano da oltre i loro più cari confini. I monasteri non solo accoglievano spesso lo straniero, ma anche quasi lo canonizzavano; un autentico avventuriero come Bruce fu fatto salire sul trono e ringraziato, come se fosse realmente un cavaliere errante. Del pari, comunità appassionatamente patriottiche assai sovente assunsero uno straniero per santo patrono; e così moltitudini di santi erano irlandesi, ma San Patrizio non era tale. Così pure, via via che gli Inglesi s'avviavano a diventare nazione, si lasciarono dietro gli innumerevoli santi sassoni, trascurarono non solo la santità di Sant'Eduardo ma anche la sicura fama di Alfredo, e si misero ad invocare san Giorgio, un eroe per metà mitico che era andato a combattere in un deserto orientale contro un impossibile mostro (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)


SALVEZZA
In qualsiasi angolo intellettuale della modernità si può leggere qualche frase analoga a quella che mi è capitata di recente in una polemica giornalistica: «La salvezza, come molte altre buone cose, non deve venirci dal di fuori»; chiamare esterna e non interna un'entità spirituale è la principale maniera che usano i modernisti per lanciare la loro scomunica. Per quanto mi consti personalmente, un bambino non ricava il miglior cibo materiale succhiandosi il pollice e del pari un uomo non ritrae il miglior cibo morale succhiandoci l'anima e negando la sua dipendenza da Dio. (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

GRATITUDINE
Io sosterrò sempre che il ringraziamento è la più alta forma di pensiero, e che la gratitudine non è altro che una felicità raddoppiata dalla sorpresa (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

ARTE MEDIEVALE
Adesso supponiamo di paragonare le gigantesche banalità delle gigantografie pubblicitarie con quelle minuscole e straordinarie pitture nelle quali gli uomini del Medioevo registravano i propri sogni; minuscole immagini in cui il cielo è a malapena più lungo di un singolo zaffiro, e i fuochi del giudizio sono una lillipuziana macchia d'oro. La differenza non risiede soltanto nel fatto che il poster pubblicitario rappresenta una forma d'arte naturalmente più frettolosa dell'arte miniata; e nemmeno nel fatto che l'artista antico era al servizio del Signore, mentre l'artista moderno è al servizio dei Lord. La differenza sta nel fatto che l'artista antico si sforzava di trasmettere l'impressione che i colori fossero davvero cose preziose e importanti, come gioielli o talismani. Il colore era spesso arbitrario, ma era sempre autorevole. Se un uccello era blu, se un albero era d'oro, se un pesce era d'argento, se una nuvola era vermiglia, l'artista riusciva a trasmettere l'idea che quei colori erano importanti e quasi dolorosamente intensi; il rosso intenso e l'oro erano stemperati nel fuoco. Ebbene, è questo lo spirito che le scuole devono ricuperare e proteggere, se davvero intendono stimolare l'immaginazione dei bambini e rendere loro piacevole lo studio. Non si deve usare licenza nei colori, ma al contrario recuperare una sorta di fiammante parsimonia. Negli stemmi araldici essa cingeva un verde campo non diversamente dal recinto che delimitava un campo verde di proprietà di un contadino; non sprecava le foglie d'oro proprio come non buttava via le monete d'oro; non profondeva senza necessità il color porpora o il color cremisi, più di quanto versasse in terra buon vino o sangue innocente. Questo è il duro compito che i teorici dell'educazione devono affrontare nel campo specifico: devono insegnare alla gente ad assaporare i colori come i liquori. Li attende il faticoso compito di trasformare degli ubriaconi in assaggiatori di vino (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)


EDUCAZIONE
Un bambino piccolo, figlio di un piccolo commerciante, che vive in una piccola casetta, viene istruito a mangiare il suo breakfast, a prendere la sua medicina, ad amare il suo paese, a dire le preghiere e a mettersi il vestito buono la domenica. Ovviamente, se il ragazzo è stato adottato da Fagin, imparerà a bere gin, a mentire, a tradire il proprio paese, a bestemmiare e a indossare baffi finti. Ma anche il vegetariano signor Salt abolirebbe il breakfast del bambino; la signora Eddy butterebbe via la sua medicina; il conte Tolstoj lo sgriderebbe per il fatto di amare il proprio paese; il signor Blatchford gli impedirebbe di dire le preghiere ed Edward Carpenter, in teoria, denuncerebbe il vestito buono e forse tutti i vestiti. Ora, io non difendo alcuna di queste idee progressiste, nemmeno quelle di Fagin. Mi domando, tuttavia, che cosa sia diventata, in mezzo a tutta quella gente, l'entità astratta chiamata educazione. Non accade, come si potrebbe supporre, che il commerciante insegni l'educazione e il cristianesimo; Salt l'educazione e il vegetarianesimo; Fagin l'educazione e il crimine. In realtà questi insegnanti non hanno nulla in comune, eccetto il fatto che insegnano. In breve, l'unica cosa che li accomuna è la sola cosa che detestano apertamente: il comune concetto di autorità. È curioso che vi siano persone che parlano di separare i dogmi dall'educazione. Invero i dogmi sono l'unica cosa che non può essere disgiunta dall'educazione: i dogmi sono l'educazione. Un insegnante non dogmatico è semplicemente un insegnante che non insegna (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)

OGGETTI
Date un'occhiata alla stanza in cui siete seduti e scegliete tre o quattro oggetti che hanno accompagnato l'uomo fin dall'inizio, che ci sono noti dall'alba della storia. Supponiamo che vediate un coltello sul tavolo, un bastone in un angolo, o un fuoco nel camino. Noterete che ognuno di quegli oggetti ha una particolarità: non ha nulla di particolare. Ognuno è ancestrale, universale, ed è fatto per supplire ai bisogni più disparati; i goffi pedanti indagano per trovare le cause e le origini delle vecchie usanze, ma la verità è che esse hanno cinquanta cause o cento origini. Il coltello serve a tagliare il legno, il formaggio, a far la punta alle matite, ma anche a tagliare gole; si adopera per una miriade di ingegnosi o innocui usi umani. Il bastone serve per tener dritto un uomo, per atterrarlo, per indicare, per bilanciarsi nel caso degli equilibristi, per cincischiarvi come con una sigaretta, per uccidere usandolo come se fosse il manganello di un gigante. È una stampella e un randello, un prolungamento del dito indice e una gamba di riserva. Del tutto simile è il caso del fuoco, a proposito del quale in epoca moderna sono sorte le più strane opinioni. Esiste per scaldare le persone, per far loro luce al buio, per confortarle, per tostare i loro muffin, per rendere confortevoli le loro stanze, per cuocere le loro castagne, per raccontare storie ai loro bambini, per gettare ombre sui loro muri, per far bollire in fretta il contenuto delle loro teiere e per essere il cuore rosso della casa di un uomo: il focolare per difendere il quale, come dissero i grandi pagani, un uomo dovrebbe essere pronto a morire. Orbene, una delle caratteristiche più vistose della modernità in cui viviamo è la seguente: la gente propone di continuo sostituti per gli strumenti antichi come quelli sopra descritti; tali sostituti, immancabilmente, servono a un solo uso, mentre i vecchi utensili svolgevano dieci funzioni diverse. L'uomo moderno si balocca con una sigaretta invece che con un bastone, fa la punta alla matita con un temperino invece che con il coltello e per scaldarsi si affida coraggiosamente al tubo dell'acqua calda invece che al fuoco. Ho i miei dubbi sul fatto che i temperini siano utili anche soltanto per far la punta alle matite e non sono sicuro che il tubo dell'acqua calda serva davvero a scaldarsi. Ma quando pensiamo a tutte le altre esigenze alle quali le vecchie istituzioni rispondevano, la buffoneria della nostra civiltà si rivela ai nostri occhi in tutto il suo orrore. Ci appare la visione di un mondo in cui tentiamo di sgozzarci con il temperamatite, di dare randellate con una sigaretta; di tostare un muffin appoggiandolo a una lampada elettrica, e di vedere torrioni rossi e dorati sulla squallida superficie dei tubi dell'acqua calda (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)

LIBERO ARBITRIO
Ogni bambino è di per sé simbolo e sacramento della libertà personale. È un nuovo libero arbitrio che si aggiunge ai liberi arbitri del mondo. (G. K. Chesterton)


OZIO
«A duecento metri di distanza», disse, «vivono tutti i vostri conoscenti d’alto bordo, che non hanno nient’altro da fare nella vita che guardarci e guardarsi in faccia. Noi ce ne stiamo qui, su questo poggio, come fosse una vetta della fantasia, un Sinai dell’umorismo. Siamo su un pulpito, o su una pedana, illuminati dal sole, e mezza Londra è in grado di vederci. Bada a te, nel propormi di fare questo o quello. Perché in me si nasconde una follia che va oltre il martirio, la follia di un uomo totalmente ozioso» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

DOGMI
Basterà un cambiamento minimo nell’attuale clima dell’etica finanziaria, e quando l’astuta e vigorosa mentalità affaristica si sarà liberata dell’ultima paralizzante influenza dei dogmi inventati dai preti, il giornalismo e la pubblicità mostreranno per i tabù di oggi la stessa indifferenza che oggi mostrano per i tabù del medio evo. La rapina sarà spiegata come lo è l’usura, e per tagliar gole non occorreranno più sotterfugi di quanti ne occorrono per dominare il mercato. Le edicole risplenderanno di titoli quali "La falsificazione in quindici lezioni" e "Perché sopportare l’infelicità matrimoniale?", e si avrà una divulgazione dell’avvelenamento pienamente scientifica, quanto lo è la divulgazione del divorzio e del controllo delle nascite.
(Chesterton, Come si scrive un giallo)

BAMBINO
«Dal momento che l’albero cade, giacerà», disse. «Stando al giudizio degli uomini, sono parole deprimenti. Invece c’è in esse l’essenza di ogni possibile esultanza. In questo momento faccio quello che ho fatto per tutta la mia vita, ciò che rappresenta la sola felicità, la sola universalità. Mi abbarbico a qualcosa. E se il qualcosa cade, lasciamo che cada. Uomini sciocchi, voi vi aggirate e contemplate i regni della terra, e siete saggi, cosmopoliti, liberali, il che è tutto quanto il diavolo può darvi - tutto ciò che poteva recare in dono al Cristo solamente per esserne respinto. Io invece faccio quello che fa il vero savio. Nel momento in cui un bambino corre in giardino e si afferra a un albero dicendo “Voglio che questo albero sia la sola cosa che posseggo”, le radici si appigliano all’inferno e i rami si appendono alle stelle. La gioia che io provo è la stessa che conosce un amante quando per lui una donna è tutto. È ciò che sperimento quando Notting Hill è tutto. Io possiedo una città. Lasciamo che resti in piedi, oppure che cada» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

APPARENZA
Ah, ecco Barker che si muove. È migliorato, Barker, e di molto. Non è solo questione di piume, bisogna avere anche un’anima, nella vita quotidiana (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

TESTIMONIANZA
«Che sia questa», disse, quasi interrogandosi, «la fine del buon Wayne? Accendere se stesso fino a dissolversi nella propria fiamma? Che sia questa la sua vittoria? Che ora Wayne, il mio impareggiabile Wayne, sia solo un Wayne qualsiasi in un mondo di Wayne? Che sia stato conquistato dalla sua conquista diventando uno stereotipo comune? Il signor Mead, di professione droghiere, avrebbe facoltà di esprimersi a livello del signor Wayne? Mio Dio, che strano mondo è questo, in cui un uomo non ha il diritto alla propria esclusiva, il diritto a rimanere un unico esemplare, nemmeno prendendosi la briga di diventare matto!» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

MORTE
Con il nostro spirito fiacco, empiremmo della nostra decrepitudine l'eternità, se non fossimo mantenuti giovani dalla morte. La Provvidenza ci ha tagliato l'immortalità a pezzetti, come la nutrice taglia a bastoncelli il pane imburrato al bambino (Chesterton, Le avventure d'un uomo vivo, dal blog dell'Uomo Vivo)

GIOCARE
Vorrei che non fossimo obbligati a sprecare in cose frivole, quali le letture e la letteratura, il tempo che potremmo dare ad un lavoro solido, serio e costruttivo, come il ritagliare figure di cartone, ed impiastrarvi su vivaci colori (Chesterton, Autobiografia)

FAMIGLIA
Se un uomo, una donna e un bambino si mettono nuovamente a vivere insieme in un libero regno casalingo, queste antiche relazioni reciproche ricompariranno; e Hudge si dovrà rassegnare. Potrà evitare tutto questo solo distruggendo la famiglia, portando entrambi i sessi a vivere in alveari e sciami asessuati, e allevando tutti i bambini come figli dello stato – come Oliver Twist. (Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo, in blog Uomo Vivo)


ANTIQUARIO
«Come vanno i suoi commerci, o singolare custode del passato?» esordì Wayne in tono affabile.
«Non troppo bene, signore, a dire il vero», rispose l’uomo con quella voce rassegnata, tipica del suo ceto, una tra le cose più strazianti che vi siano al mondo. «È tutto molto fermo, terribilmente fermo».
Gli occhi di Wayne ebbero un bagliore improvviso.
«Ben detto», esclamò. «Ecco le parole degne di un negoziante la cui merce s’identifica con la storia umana. “Terribilmente fermo”: due semplici parole racchiudono lo spirito di questa nostra epoca, quale l’ho percepito sin dalla culla. Spesso mi sono domandato quante fossero le persone che al pari di me avvertivano l’oppressione di questo connubio fra la quiete e il terrore. Vedo strade insulse e ben tenute, e uomini in nero che circolano, tetri in volto. E le cose vanno avanti così, giorno dopo giorno, senza che mai succeda nulla. Ma per me è come un sogno, dal quale potrei svegliarmi con un grido. Per me l’andamento uggioso e rettilineo della vita è come quello di una sottile funicella tesa al massimo. Il suo silenzio è terrificante. Di colpo la funicella si potrebbe spezzare con il fragore di un tuono. E lei che siede fra le macerie delle guerre, lei che siede in un campo di battaglia, sa che la guerra è meno atroce di questa pace sciagurata. I giovanotti sfaccendati - lei lo sa bene - che cinsero queste spade regnando Francesco o Elisabetta, il brutale Barone o il Cavaliere che fece roteare questa mazza nelle battaglie di Piccardia o del Northumberland erano forse terribilmente rumorosi, ma non erano come noi: terribilmente fermi» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

CROCIFISSO
La crocifissione è comica. Squisitamente buffa. Era un modo d’impalare e inchiodare riservato alla gente che si voleva mettere alla gogna, agli schiavi, agli abitanti delle province dell’impero; ai dentisti e ai negozianti, come direbbe lei. Ma la tirannia che si esprime in questa forma di comicità non ha il grande potere che lei crede. San Pietro è stato crocifisso, e a testa in giù. Cosa potrebbe esserci di più esilarante di un venerando apostolo con le gambe all’aria? Cosa potremmo immaginare di più consono allo stile del vostro umorismo moderno? Ma che scopo aveva la faccenda? Diritto o capovolto, Pietro era Pietro, per l’umanità. Capovolto, sovrasta ancora l’Europa, e milioni di individui vivono e operano nella sua Chiesa (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

SERIETA'
Quello che ti ho detto tanto tempo fa è assolutamente vero, James Barker, la serietà fa impazzire la gente. Tu sei pazzo perché dai peso alla politica, pazzo come un uomo che collezioni i biglietti del tram. Buck è pazzo perché gli premono i quattrini, pazzo come un uomo che campi d’oppio. Wilson è pazzo perché crede di esser giusto, pazzo come un uomo che creda d’essere il Signore Onnipotente. Il Sindaco di West Kensington è pazzo perché è convinto di essere rispettabile, pazzo come un uomo che creda di essere un pollo. Credevo che esistesse un unico umorista in Inghilterra. Imbecilli! Idioti! Aprite quei vostri occhi bovini. Ce ne sono due! A Notting Hill, su quella modesta collinetta che non sembra prometta nulla, è nato un vero artista! Credevate di rovinarmi tutto il gioco, di rompermi le scatole e buttare tutto all’aria diventando sempre più moderni, sempre più pratici, razionali, affaccendati. Ah, che spasso è stato rispondervi diventando sempre più augusto, più solenne, più affabile e all’antica! Ma questo giovincello ha scoperto il modo di mettermi nel sacco. Mi ha risposto per le rime, con le stesse vanterie, con la stessa magniloquenza. Ha levato l’unico scudo che io non so rompere, lo scudo di una pomposità impenetrabile. Ascoltatelo, dunque. Mio caro Lord, è forse venuto per la faccenda di Pump Street?»
«Sono venuto per la città di Notting Hill», rispose fieramente Wayne. «E di Notting Hill, Pump Street è un elemento gioioso e vitale».
«Sì, ma una parte estremamente limitata», intervenne Barker, sprezzante.
«Sufficientemente vasta per suscitare la concupiscenza dei ricchi», ribattè Wayne ergendo il capo. «Sufficientemente vasta perché i poveri la vogliano difendere!»
(Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

MATRIMONIO
Con la benedizione del matrimonio si riceve la forza per amarsi ed essere fedeli l'uno all'altra e in quanto sacramento, la grazia di portare su di sé i limiti e gli errori dell'altro come fossero i propri. Qualsiasi marito e qualsiasi moglie sbaglia a volte così come ogni madre a volte sbaglia col figlio. Non siamo onniscienti e onnipotenti: non vediamo tutti gli elementi, non possiamo controllare nemmeno quelli che vediamo e l'egoismo umano a volte gioca brutti scherzi inconsci anche nel cuore più adorabile. In altre parole, non siamo Dio e guai a chi venera idoli anche all'interno del matrimonio. Ma una volta che ci si rende conto di questo, una volta che Dio è messo sul trono, nel matrimonio entra un enorme potere, per cui gli errori e i peccati dei due che sono stati fatti uno, possono servire per la reciproca santificazione." (Chesterton, Time's Abstract and Brief Chronicle, 1905; citato in La Ballata del Cavallo Bianco, Raffaelli Editore, Seconda Edizione 2011)

NOMI DI LUOGO
«Non riesco a capire», disse, «perché la gente trova che in campagna i nomi delle località siano più poetici di quelli dei quartieri londinesi. Futili romantici se ne vanno in giro in treno e si fermano in posti che si chiamano Hugmy-in-the-Hole o Bumps-on-the-Puddle. E pensare che, se solo lo avessero voluto, avrebbero potuto andare ad abitare in un luogo dotato del divino, tenebroso nome di St John’s Wood. Non sono mai stato a St John’s Wood. Non oserei mai metterci piede. Avrei terrore della notte suscitata da innumerevoli abeti, d’imbattermi in una tazza rosso sangue e nel battito d’ali dell’Aquila. Ma tutte queste cose possono essere facilmente immaginate restandosene a rispettosa distanza nel treno per Harrow» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

QUARTIERI
“Domattina, alle dieci e venticinque, se la Volontà del Cielo mi avrà conservata la vita, propongo di emanare un proclama. È stato il lavoro di una vita, della mia vita, ed è pressoché a metà. Con l’ausilio di un whisky e soda, questa notte porterò a termine l’altra metà, e domani il mio popolo avrà agio di prenderne visione. I quartieri in cui siete nati, e in cui sperate che un giorno riposeranno i vostri resti mortali - Hammersmith, Kensington, Bayswater, Chelsea, Battersea, Clapham, Balham e cento altri - verranno riportati al loro antico splendore. Ognuno si affretterà a erigere una cerchia di mura munita di porte che verranno chiuse al tramonto. Ognuno avrà una sentinella armata fino ai denti. Ognuno avrà uno stemma, un gonfalone e, quando fosse opportuno, un grido di adunata. Ora non voglio indugiare sui particolari, il mio cuore trabocca di emozione. I dettagli verranno inclusi nel proclama. Nondimeno, voi tutti sarete assoggettati all’arruolamento nelle schiere delle locali sentinelle cittadine, e verrete convocati dai rintocchi di una campana, che quando suona in questo modo viene chiamata Campana a Martello. Se pertanto qualcuno di voi si trovasse ad avere in casa propria un’alabarda o qualcosa di simile, gli suggerisco di allenarsi a maneggiarla in giardino”» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

MEMORIA
Dica tutto questo all’Associazione, Bowler. Ricordi chiaramente ogni mia parola perché la cosa è di estrema importanza e ho già dimenticato tutto (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

UMORISMO
Tutti sono contegnosi in pubblico e divertenti in privato. Il mio senso dell’umorismo mi suggerisce il contrario: esorta a essere buffi in pubblico e austeri in privato. Desidero trasformare le funzioni dello Stato, il parlamento, l’incoronazione in una rumorosa e ridanciana pantomima vecchio stile. Ma d’altro canto, io mi chiudo per due ore al giorno in un ripostiglio, dove mi comporto con tanta dignità che quando esco mi sento male (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

SERIETA'
I pazzi sono sempre seri. Impazziscono per mancanza di umorismo (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

CIVILIZZAZIONE
Se dissentiamo, pur col massimo rispetto, dall’entusiasmo nicaragueno, non è perché una nazione o cento nazioni vi si erano schierate contro, ma perché la civiltà vi era nemica. Noi uomini d’oggi riponiamo fede in una grande civiltà cosmopolita, destinata a conglobare tutti i talenti dei popoli assimilati...»
«Voglia il Senor perdonarmi», intervenne il Presidente, «posso domandargli come fa, in circostanze normali, a catturare un cavallo selvaggio?»
«Non ne catturo mai», ribattè Barker in tono grave.
«Appunto», disse l’altro, «e qui finisce la sua assimilazione di talenti. Ecco cosa deploro, nel suo cosmopolitismo. Quando lei dice di volere l’unione di tutti i popoli, in realtà vuole che tutti i popoli si uniscano per imparare i trucchi del suo. E questo che intende dire. Se un beduino arabo è analfabeta, occorre mandargli un missionario o un maestro inglese per insegnargli a leggere, ma nessuno si sogna di dire: “Questo maestro non sa andare a cavallo di un cammello, paghiamo un beduino perché gli insegni a cavalcarlo”. A sentir lei, la sua civiltà congloberà tutti i talenti. Ma sarà vero, poi? Lei è davvero persuaso che il giorno in cui gli esquimesi avranno imparato a votare per il Consiglio di contea, lei avrà imparato a fiocinare un tricheco? Ritorno al mio esempio. In Nicaragua usavamo catturare i cavalli selvaggi bloccandone le zampe anteriori con un lazo, secondo il metodo reputato migliore in Sud America. Se si propone di includere tutti i talenti, vada a farlo anche lei. In caso contrario, mi consenta di ripetere quello che ho detto tante volte: quando il Nicaragua è stato civilizzato, il mondo ha perduto qualcosa». (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

PAZZIA
«Che cosa pensi di lui?»
«È al di là delle mie facoltà di comprensione», rispose Barker. «Ma se chiedessi la mia opinione in proposito, ti direi che è stato un uomo con il gusto del nonsenso, come si suoi dire - buffonate artistiche e questo genere di cose. E sono seriamente persuaso che abbia parlato a tal punto a base di nonsensi, da lasciare sbalordita la sua stessa mente e che ignori la differenza tra sanità e insanità mentale. Ha fatto il giro del mondo cerebrale, se così posso esprimermi, e ha scoperto il luogo in cui l’Est e l’Ovest sono un tutt’uno, e l’imbecillità totale vale né più né meno del buonsenso. Ma non posso spiegare questi tranelli psicologici» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

GUARDARE
Esiste una legge scritta nel più tenebroso fra i Libri della Vita: se guardi una cosa novecentonovantanove volte, puoi dare per certo di esser salvo; se la guardi mille, corri il pericolo terribile di vederla per la prima volta (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)


STUPIDITA'
All’inizio del ventesimo secolo non si riusciva a comprendere quale fosse il campo d’azione per le persone intelligenti. Erano così comuni, che un uomo stupido era quasi un’eccezione, e quando veniva individuato la gente lo incalzava per le vie, lo inseguiva a frotte, lo teneva in grande onore e gli affidava un’altissima carica di Stato (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

UMANITA'
Sul piano individuale gli uomini, mangiando, dormendo, tramando, possono presentarsi secondo apparenze più o meno razionali. Ma l’umanità, vista nel suo complesso, è mutevole, volubile, enigmatica, dilettevole. Gli uomini sono uomini, ma l’Uomo è una donna (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

UOMO COMUNE
Non soltanto siamo tutti nella stessa barca, ma abbiamo tutti il mal di mare (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)

DONNE
Diecimila donne sfilarono un giorno per le strade di Londra al grido di "non vogliamo che ci venga dettato niente" e poco dopo si convertirono in dattilografe (Chesterton)

STUPORE
È l’umiltà che rinnova eternamente la terra e le stelle. La maledizione che sopravvenne prima della storia ha steso su noi tutti una tendenza a stancarci delle meraviglie. Se noi lo vedessimo per la prima volta, il sole sarebbe la più bella e spaventevole delle meteore. Ora che lo vediamo per la centesima volta, lo chiamiamo, nell’orribile espressione blasfema di Wordsworth, «la luce del giorno comune». Noi siamo inclini ad accrescere le nostre pretese. Siamo inclini a chiedere sei soli, a chiedere un sole blu, a chiedere un sole verde. L’umiltà ci riporta costantemente nel buio primevo. Lì tutta la luce è lampeggiante, sconvolgente e istantanea. Fino a che non capiremo quel buio primevo, in cui non abbiamo né vista né aspettativa, non potremo rivolgere nessuna lode calorosa e infantile allo splendore sensazionale delle cose (Chesterton, Eretici)

UMILTA'
Ciò di cui soffriamo oggigiorno è di una umiltà fuori posto. La modestia si è spostata dall’organo dell’ambizione a quello della convinzione, dove non è stata mai concepita di essere. Un uomo ha diritto di dubitare di sè stesso, non della verità; questa proposizione è stata esattamente rovesciata. Oggigiorno ognuno crede esattamente in quella parte dell’uomo in cui dovrebbe non credere: se stesso, e dubita esattamente in quella parte in cui non dovrebbe dubitare: la ragione divina (Chesterton, Eretici)

INCARNAZIONE
Quelli che non partono dal fine corporeo delle cose sono degli insolenti. Ogni anima umana deve provare su se stessa la gigante umiltà dell’Incarnazione. Ogni uomo deve vestirsi della carne per poter incontrare l’umanità. (Chesterton, Cosa c’è di sbagliato nel mondo)

SERIERA'
La parola «serio» ha un doppio significato ed un doppio uso ; un brutto impiccio davvero per un dizionario. Essa vuoi dire talvolta solenne, talaltra vuoi dire sincero; ma una breve esperienza di vita pubblica e privata sarà sufficiente a dimostrare che la maggior parte degli uomini solenni sono insinceri; come uno studio più fine ed approfondito vi dimostrerà che la maggior parte delle persone sincere non sono in genere solenni (Chesterton, Shaw)

PROGRESSO
Tutti i primi lavori di Shaw recavano implicita l’idea che non solo l’umanità compie continui progressi, ma che tutto va considerato alla luce di questo fatto. Più di una volta pare che egli voglia sostenere paragonando i drammaturghi del 16° secolo con quelli del 19°, che questi ultimi hanno un ben definito vantaggio sui primi semplicemente perché appartentengono al 19° secolo invece che al 16°. Una volta, accusato di impertinenza nei confronti del più grande dei poeti dell’età di Elisabetta, rispose: « Shakespeare è molto più grande di me, ma io gli sto sulle spalle». Epigramma questo che esprime il suo pensiero con caratteristico nitore. Ma Shaw cadde dalle spalle di Shakespeare con uno schianto. La teoria cronologica secondo cui Shaw stava sulle spalle di Shakespeare, implicava logicamente la supposizione che Shakespeare stesse su quelle di Platone. E B. Shaw dovè constatare che Platone, nella sua sfera, era tanto più progredito di Shakespeare da concludere disperato che tutti tre erano su un piano di parità.
Il fallimento quasi totale dell’idea dell’uguaglianza umana è dovuto in buona parte al fatto che nessun partito, negli stati moderni, vi ha mai sinceramente prestato fede. I conservatori ed i radicali hanno entrambi presupposto che una data categoria di uomini fosse sostanzialmente superiore al resto dell’umanità. La sola differenza stava nel fatto che la superiorità dei conservatori era una superiorità di posizione, mentre quella dei radicali una superiorità di tempo. La obbiezione fondamentale da fare a Shaw che se ne stava sulle spalle di Shakespeare era quella dell’incomodo e dell’offesa che arrecava alla dignità personale del Poeta; una democratica obbiezione che si può fare a chiunque si trovi sulle spalle di un altro. L’elemento eterno che è nella natura umana si ribella all’idea di sottomettersi ad un uomo che detti legge soltanto per diritto di nascita. E comandare per diritto di secolo equivale a comandare per diritto di nascita. Shaw scoprì il suo amico più vicino nell’antica Atene, ed i suoi nemici più dichiarati in tempi a lui più vicini ; e così cominciò a rendersi conto dell’immutabilità delle condizioni umane nel tempo (Chesterton, Shaw)

NIETZSCHE
Nietzsche avrebbe veramente giovato a Shaw se gli avesse insegnato a sguainare una spada, a bere del vino, o persino a danzare. Egli invece riuscì soltanto a mettergli in testa una nuova superstizione, che probabilmente diverrà la principale superstizione dell’età oscura che l’avvenire ci riserba; alludo a quella del cosiddetto Superuomo. In una delle sue sentenze meno convincenti Nietzsche aveva detto che così come la scimmia aveva infine generato l’uomo, così noi avremmo dovuto generare qualcosa di migliore dell’uomo. L’obbiezione più ovvia è naturalmente questa: la scimmia non si è preoccupata dell’uomo; perché mai dovremmo noi preoccuparci del Superuomo! Se ad esso si arriverà tramite una selezione naturale, perché non lasciare che sia la selezione naturale ad impicciarsene! Se poi al Superuomo si deve arrivare tramite una selezione umana, che genere di Superuomo dovremo scegliere? Se egli ha da essere solo più giusto, più coraggioso, più pietoso, allora Zaratustra diventa un qualsiasi maestro elementare; se la sola maniera per giungere al Superuomo è quella di essere più giusti, più leali più pietosi, il consiglio è ottimo, ma non si può dire costituisca una novità. Se invece il Superuomo dovrà avere altri requisiti che questi, cosa potremmo noi desiderare di meglio o di più? Tali domande sono state poste svariate volte ai nicciani, ma nessuno di essi ha mai tentato di rispondervi (Chesterton, Shaw)


NIETZSCHE
Nietzsche aveva un meraviglioso intuito poetico, ed è stato uno dei più grandi retori della età moderna. Aveva il dono di dire cose che per un momento incantano la ragione per la loro enorme irragionevolezza; come ad esempio: «La vita sembra intollerabile senza la prospettiva della immortalità ; ma perché mai la vita non dovrebbe essere intollerabile?» Tutta la sua opera è pervasa dai sussulti e dalle febbri della sua vita fisica, che era afflitta da una pessima salute; tanto che all’inizio della maturità la sua mente meravigliosa piombò nel buio e nell’impotenza. Tutto ciò che v’è di valido nella sua dottrina è questo: se una persona che va a cavallo fa una bella figura, è inutile dirgli che sarebbe più economico andare a dorso d’asino o più umano servirsi di una bicicletta. In altri termini, il conseguimento della dignità, della bellezza, della gloria, è da definirsi a rigore cosa ottima. Non so se Nietzsche si sia mai servito di questo argomento, ma a me sembra che tutto ciò che v’è di sano ed accettabile in lui sia ciò che è implicito ad una sola parola: «valore». Valore inteso come valeur; come coraggio che è in sé un bene concreto, una virtù fondamentale; valore che di per sé vale. Nel sostenere ciò Nietzsche non faceva che entrare nel gioco di quella grande altalena protestante che è stato lo svago principale dell’Europa settentrionale sin dal 16° secolo. Egli credeva di ribellarsi contro la morale antica, mentre in effetti si ribellava contro una morale recente, contro la insulsa impudenza degli utilitaristi e dei materialisti. Egli credeva di ribellarsi al Cristianesimo, mentre, strano a dirsi, si ribellava solo contro i dichiarati nemici del Cristianesimo, come Herbert Spencer ed Edward Clodd. Gli storici cristiani hanno sempre esaltato il valore di S. Michele che cavalca alla testa della Chiesa Militante, ed hanno sempre creduto in un piacere assoluto e trascendente, niente affatto mediato od utilitario; l’ebbrezza dello spirito, il vino del sangue di Dio. Vi sono invero delle dottrine di Nietzsche che non sono cristiane, e che, per una strana coincidenza, si dimostrano anche false. Il suo disprezzo per la pietà non è cristiano; ma esso non rispecchia la sua dottrina, ma la sua malattia. Gli infermi sono spesso spietati con quelli come loro (Chesterton, Shaw)

ANGOSCIA
Shaw sembra considerare stranamente l’esistenza come un’illusione ed al tempo stesso un obbligo. Per qualsiasi uomo o donna, uccello, bestia o fiore, la vita è un richiamo d’amore che va ansiosamente seguito. Per B. Shaw è soltanto un precetto militare cui si deve obbedire. In breve, egli non riesce a rendersi conto che l’imperativo della Natura (se ci si vuoi servire della favola antropomorfica della Natura piuttosto che del termine filosofico di Dio) possa essere goduto mentre vi si obbedisce. Egli dipinge la vita con i colori più foschi e quindi invita la creatura che non è ancora nata a fare il salto nel buio. Tutto ciò è eroico; e a mio avviso Schopenhauer pare un pigmeo dinnanzi al suo pupillo; ma è l’eroismo di un’età sofferente ed angustiata sino all’asfissia. È terribile pensare che questo mondo, che è stato cantato da tanti poeti, sia stato, sia pur per una volta, dipinto come una gigantesca trappola in cui abbiamo avuto il coraggio di saltare. Pensate che per tanti secoli gli uomini hanno parlato del coraggio di morire, e riflettete che siamo ormai giunti al punto di parlare del coraggio di vivere (Chesterton, Shaw)

VITA
Schopenhauer aveva detto : «La vita è irrazionale, tanto peggio per chi la vive»; Shaw aggiunge: «La vita è irrazionale, tanto peggio per la ragione».
La vita è un richiamo imperioso cui non possiamo sottrarci; forse v’è qualche segreto difetto nella stessa ragione; forse l’uomo non può penetrare nel proprio cervello, come non può saltare nella sua gola. Ma quel bisogno di vivere, di soffrire, di creare, è dettato da un’energia così imperiosa che può ben definirsi soprannaturale, e la cui voce può ben dirsi che parli con autorità, ben diversamente dagli scribi (Chesterton, Shaw)

MATRIMONIO
Tutti gli uomini s’innamorano; ma nessuno si innamora del libero amore. Quando essi cadono nei tentacoli del piacere, intimamente se ne vergognano, anche se ne menano vanto. Che ci sia una relazione intima fra amore e voto quasi ogni essere umano lo sa prima dei diciotto anni. Che ci sia un nesso logico ed istintivo tra l’idea dell’estasi sessuale e l’idea di una illimitata dedizione, io ritengo sia uno dei primi dati della psicologia dell’individuo: i ragazzi e le ragazze sanno ciò prima ancora di avere appreso a parlare. Quale sia l’importanza da attribuire a tutto ciò, come ci si debba regolare in merito, non ci interessa. Quel che è certo è che tutti gli innamorati chiedono all’amore la sicurezza più che la felicità; se voi per caso foste in grado di appagare un loro desiderio, bene, ciò che essi vi chiederebbero innanzitutto sarebbe una promessa di eterna fedeltà. Gli innamorati potranno essere lunatici, potranno essere infantili, potranno essere poco adatti alla società ed al di fuori di qualsiasi ragionevolezza; considerateli come vi pare ; ma vi accorgerete che gli innamorati non desiderano soltanto l’amore, ma il matrimonio. Le radici di questa legittima monogamia non sono costituite (come Shaw ed i suoi amici continuano instancabilmente ad affermare) dal fatto che l’uomo non è che un tiranno, e la donna una schiava; esse invece consistono nel fatto che anche se l’amore dell’uno verso l’altro è l’amore più libero e più nobile che si possa concepire, esso non potrà trovare la sua espressione eroica che nel divenire reciprocamente schiavi. Questo è un fatto che nessuno ha bisogno di imparare in quanto esso è stato la prima lezione della vita. Negli anni della maturità potremo crearci, per la nostra vita sessuale, le regole che meglio ci piaceranno; ma noi tutti sappiamo che la costanza, la gelosia, il voto di noi stessi, sono cose inevitabili nella vita del sesso; niente di più facile che incontrare tali cose in un delitto o in una lettera d’amore. Quale che sia la nostra opinione sul matrimonio in giovane età, siamo tutti perfettamente convinti che un amore in gioventù vuol dire sempre un matrimonio a breve scadenza. Ma Shaw era completamente all’oscuro di questo dramma del sesso, che le ballate rustiche di qualsiasi paese avrebbero potuto insegnargli. Egli non imparerà mai ciò che il buon senso dell’umanità ha infuso nelle tradizioni popolari; che l’amore cioè non può essere altrimenti concepito che monogamico. Le vecchie ballate inglesi non cantano le lodi degli «amanti», ma quelle dei «veri amanti», e questa è la considerazione conclusiva sulla questione (Chesterton, Shaw)


MATRIMONIO
Shaw non può intendere il matrimonio perché non è in grado di intendere il lato paradossale insito in esso: che cioè la donna è a maggior ragione la colonna della casa, perché non ne è il capo (Chesterton, Shaw)

BAMBINO
Il paradosso è ciò che Shaw non riesce a comprendere: l’inevitabile paradosso dell’infanzia. Anche se il bambino è tanto migliore di me, io debbo pur insegnargli; anche se questa creatura ha dei sentimenti molto più puri dei miei, io debbo tenerla a bada (Chesterton, Shaw)

DOGMI
Shaw affermò che non si sarebbe dovuto dire alcunché ad un bambino senza fargli sentire anche l’opinione opposta. Ciò significa che quando dite a Tom di non colpire in fronte la sorellina malata, dovete assicurarvi che sia presente un professore seguace delle teorie di Nietzsche, il quale possa spiegare a Tom che tale violenza potrebbe forse servire ad eliminare un essere inetto; o che quando state per dire a Susanna di non bere alla bottiglia etichettata «veleno», dovete telegrafare d’urgenza ad un esponente del movimento Christian Science il quale si affretti a sostenere che, senza il di lei consenso, il veleno non potrebbe farle alcun male (Chesterton, Shaw)

POLITICI
Mentre una volta era il pubblico che applaudiva con passione la loro grandezza, oggi sono i leader dei partiti che applaudono se stessi; e da soli. La folla che è il loro pubblico è in una vasta trance universale, e pensa ad altro (Chesterton)

GRATITUDINE
Tu ringrazi prima dei pasti. Bene. Ma io dico grazie prima del concerto e dell'opera, prima del gioco e della commedia, quando apro un libro, disegno, dipingo, nuoto, faccio scherma e pugilato, cammino, gioco, ballo e dico grazie quando tuffo la penna nell'inchiostro (Chesterton)

CRISTIANESIMO
Ci sono alcuni che odiano il cristianesimo e chiamano il loro odio "un amore onnicomprensivo per tutte le religioni" (Chesterton)

UOMO
L'uomo è un'eccezione, qualunque cosa egli sia. Se non è l'immagine di Dio, allora è una malattia della polvere (Chesterton)

Edited by fra roberto - 22/9/2014, 15:25
view post Posted: 20/9/2014, 12:02 Cielo terra - Aforismi
Le montagne ci sembrano grandi perché sono vicine; le stelle, al contrario, anche se incomparabilmente più grandi, sembrano piccoli punti. Se fossimo in cielo, le stelle apparirebbero enormi, come infatti sono, e le montagne ci sembrerebbero granelli di sabbia.
Gli uomini di questa terra, che hanno il loro cuore attaccato al mondo, considerano come enormi gli affari terreni. Quando ottengono una eredità o raggiungono onori, sono colmi di gioia. Quando perdono una moneta, disturbano tutti coloro che sono vicini.
Al contrario, colui che serve Dio, chi abita sull’alta torre della fede, è così lontano dalle cose di quaggiù, che tutti i cosiddetti grandi ed importanti problemi gli appaiono come giochi di bambini. Paragonando con l’eternità tutte le sfortune del mondo, non le teme più dei morsi di una zanzara. (San Roberto Bellarmino)
view post Posted: 17/9/2014, 19:51 Citazione Eretici di Chesterton - Aforismi
A cominciare dal demonio, che nelle narrazioni sinottiche appare bravissimo nell’addurre i passi ispirati a sostegno delle sue argomentazioni, la storia delle aberrazioni teologiche è caratterizzata dall’abbondante ricorso da parte degli eretici ai testi scritturistici. E per la verità anche ai nostri giorni assistiamo talvolta ad «alluvioni» di frasi bibliche che nascondono una fondamentale infed... Altro...

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È l’umiltà che rinnova eternamente la terra e le stelle. La maledizione che sopravvenne prima della storia ha steso su noi tutti una tendenza a stancarci delle meraviglie. Se noi lo vedessimo per la prima volta, il sole sarebbe la più bella e spaventevole delle meteore. Ora che lo vediamo per la centesima volta, lo chiamiamo, nell’orribile espressione blasfema di Wordsworth, «la luce del giorno comune». Noi siamo inclini ad accrescere le nostre pretese. Siamo inclini a chiedere sei soli, a chiedere un sole blu, a chiedere un sole verde. L’umiltà ci riporta costantemente nel buio primevo. Lì tutta la luce è lampeggiante, sconvolgente e istantanea. Fino a che non capiremo quel buio primevo, in cui non abbiamo né vista né aspettativa, non potremo rivolgere nessuna lode calorosa e infantile allo splendore sensazionale delle cose (Chesterton, Eretici)
È l’umiltà che rinnova eternamente la terra e le stelle. La maledizione che sopravvenne prima della storia ha steso su noi tutti una tendenza a stancarci delle meraviglie. Se noi lo vedessimo per la prima volta, il sole sarebbe la più bella e spaventevole delle meteore. Ora che lo vediamo per la centesima volta, lo chiamiamo, nell’orribile espressione blasfema di Wordsworth, «la luce del giorno c... Altro...

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Ciò di cui soffriamo oggigiorno è di una umiltà fuori posto. La modestia si è spostata dall’organo dell’ambizione a quello della convinzione, dove non è stata mai concepita di essere. Un uomo ha diritto di dubitare di sè stesso, non della verità; questa proposizione è stata esattamente rovesciata. Oggigiorno ognuno crede esattamente in quella parte dell’uomo in cui dovrebbe non credere: se stesso, e dubita esattamente in quella parte in cui non dovrebbe dubitare: la ragione divina (Chesterton, Eretici)

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Un cardinale che non gioca a bocce o non si affaccia mai a contemplare la luna, non scrive filastrocche per i bambini della scuola materna o non alleva canarini, ma compie solo quello che in ogni caso gli verrà attribuito dopo la morte dalle biografie ufficiali, è più pericoloso per la cristianità di un eresiarca (Card. Giacomo Biffi)

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Sono consapevole che tu, o Dio, Padre onnipotente, hai da essere il fine principale della mia vita, in modo che ogni mia parola, ogni mio pensiero parli di te. Questo stesso uso della parola, che tu mi hai concesso, mi può recare nessun altro premio maggiore se non quello di servire te, facendoti conoscere; e facendoti conoscere in ciò che tu sei, il Padre, vale a dire il Padre di Dio unigenito, e... Altro...

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Le eresie di un certo rilievo sembrano veramente molto chiare: come il calvinismo allora e il comunismo oggi. Sembrano persine, a volte, corrispondere a verità, e, talvolta, sono vere, nel senso limitato in cui una verità non è la Verità. Sono, allo stesso tempo, più sottili e più fragili del diamante. In quanto l'eresia non è semplicemente una menzogna, come ricordava lo stesso Tommaso Moro: «Non vi fu mai eretico che disse solo menzogne». L'eresia è quella verità che trascura tutte le altre verità (Chesterton, Perché sono cattolico)

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Si accusa il cristianesimo di masochismo, subito dopo aver discusso sulla persecuzione cristiana contro gli eretici come tipicamente sadica. Ma tutti questi giudizi sugli eventi umani, buoni o cattivi, portati avanti come strani lampi di follia, sono essi stessi un passatempo per i folli. E proprio come se qualcuno dicesse: «Vi è un particolare tipo di pazzo che si crede fatto di vetro; chiamerò q... Altro...

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Il progresso è un comparativo di cui non abbiamo scoperto il superlativo (Chesterton, Eretici, in blog Uomo vivo)

Fra Roberto Brunelli ha pubblicato qualcosa in Società Chestertoniana Italiana.

Oggi, emulando Alessandro Canelli ho fatto la mia prima opera buona di Quaresima: ho regalato al volo a tre vescovi e un cardinale "Eretici": San Benedetto (già si ricorda del famigerato Presidente); Pesaro; Loreto; Prefetto Congregazione del Clero.

Fra Roberto Brunelli ha pubblicato qualcosa in Società Chestertoniana Italiana.

Eretici - Chesterton Gilbert K. - Libro - Leardini Guerrino - - IBS
ibs.it
Forse un giorno qualche studente meticoloso avrà il coraggio di citare, nella bibliografia della sua tesi di laurea, anche il nome del curatore! http://www.ibs.it/code/9788898064021/chest...99/eretici.html


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Eretici - Chesterton Gilbert K. - Libro - Leardini Guerrino - - IBS
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Forse un giorno qualche studente meticoloso avrà il coraggio di citare, nella bibliografia della sua tesi di laurea, anche il nome del curatore! http://www.ibs.it/code/9788898064021/chest...99/eretici.html

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La religione è esattamente la cosa che non può essere lasciata fuori, perché include tutto. La persona più distratta non può preparare la sua valigia a soffietto e lasciare fuori la valigia. Noi abbiamo una visione generale dell’esistenza, che lo vogliamo o no; essa àltera, o per essere più precisi, crea e coinvolge tutto ciò che facciamo o diciamo, che lo vogliamo o no (Chesterton, Eretici)

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Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Per le menti veramente grandi, le cose per cui gli uomini concordano sono così tanto più importanti delle cose per cui discordano, che le seconde, per qualunque scopo pratico, scompaiono. In troppo larga parte albergano entro di sé un’antica risata, anche solo per sopportare di discutere della differenza tra i cappelli di due uomini che sono entrambi nati da una donna, o tra le culture sottilmente variate di due uomini che devono entrambi morire. L’uomo di prima grandezza è eguale agli altri uomini, come Shakespeare. L’uomo di seconda grandezza si inginocchia davanti agli altri uomini, come Whitman. L’uomo di terza grandezza è superiore agli altri uomini, come Whistler.
(GKC, Eretici, XVII)

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Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Il tipografo, se non mi ha fatto promesse da marinaio, mi ha detto che il libro sarà pronto venerdì, e allora partirà lunedì prossimo con il corriere. Ci sono ancora 600 copie disponibili, quindi richiedete pure...!

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Se il signor McCabe mi domanda perché io introduca la frivolezza in una discussione sulla natura dell’uomo, io rispondo, perché la frivolezza fa parte della natura dell’uomo. Se mi domanda perché io introduca quelli che definisce paradossi in un problema filosofico, io rispondo, perché tutti i problemi filosofici tendono a essere paradossali. Se obietta al modo tumultuoso con cui tratto della... Altro...

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Innumerevoli ecclesiastici mi hanno rimproverato, di tanto in tanto, perché scherzo sulla religione; e hanno quasi invocato l’autorità di quel comandamento quanto mai assennato che dice: «Non nominare il nome di Dio invano». Naturalmente, io ho obiettato che non stavo nominando quel nome invano in nessun senso immaginabile. Nominare una cosa e scherzarvi non significa affatto nominarla invano... Altro...

Fra Roberto Brunelli ha pubblicato qualcosa in Società Chestertoniana Italiana.

Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Innumerevoli ecclesiastici mi hanno rimproverato, di tanto in tanto, perché scherzo sulla religione; e hanno quasi invocato l’autorità di quel comandamento quanto mai assennato che dice: «Non nominare il nome di Dio invano». Naturalmente, io ho obiettato che non stavo nominando quel nome invano in nessun senso immaginabile. Nominare una cosa e scherzarvi non significa affatto nominarla invano... Altro...

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Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Per una risata di cuore, è necessario avere toccato il cuore. Io non so perché l’idea di toccare il cuore sia collegata soltanto con l’idea di muoverlo a compassione o a un senso di dolore. Noi possiamo muovere il cuore alla gioia e al trionfo; possiamo muoverlo al riso (GKC, Eretici, XV)

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Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Un uomo ha il controllo su molte cose nella sua vita; ha il controllo su un numero sufficiente di cose per essere l’eroe di un romanzo. Ma se l’eroe avesse il controllo su tutto, sarebbe così ingombrante, che non ci sarebbe più alcun romanzo. E il motivo per cui la vita dei ricchi in fondo è così insipida e monotona, dipende semplicemente dal fatto che possono scegliere gli eventi. I ricchi sono... Altro...

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«Con tutta l’intensità con la quale si può essere superbi di una religione radicata nell’umiltà, mi sento molto orgoglioso della mia religione: e mi danno un senso di particolare orgoglio quelle parti della mia religione, che quasi tutti chiamano superstizione. Mi glorio d’essere incatenato da dogmi antiquati e di essere lo schiavo di credi morti (come i miei amici dediti al giornalismo ripetono con tanta ostinazione), perché so molto bene che morti sono i credi eretici e che solamente il dogma ragionevole ha una vita così lunga da poter essere chiamato antiquato. Mi glorio di ciò che la gente chiama il mestiere, le arti del prete, perché proprio questo termine insultante, di seconda mano, esprime la verità medioevale che un prete, come ogni altro uomo, dovrebbe essere un artigiano. Mi glorio di ciò che la gente chiama Mariolatria: fu essa che diede alla religione, nelle età più oscure, quell’elemento di cavalleria che ora trova la sua espressione nella forma ammuffita ed ammaliziata del femminismo. Mi glorio di essere ortodosso in ciò che riguarda i misteri della Trinità e della Messa; mi glorio di credere nel confessionale; mi glorio di credere nel Papato». (G. K. Chesterton, “Come essere un pazzo”, in “Autobiografia”)
«Con tutta l’intensità con la quale si può essere superbi di una religione radicata nell’umiltà, mi sento molto orgoglioso della mia religione: e mi danno un senso di particolare orgoglio quelle parti della mia religione, che quasi tutti chiamano superstizione.
Mi glorio d’essere incatenato da dogmi antiquati e di essere lo schiavo di credi morti (come i miei amici dediti al giornalismo ripetono c... Altro...


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La maledizione che sopravvenne prima della storia ha steso su noi tutti una tendenza a stancarci delle meraviglie. Se noi lo vedessimo per la prima volta, il sole sarebbe la più bella e spaventevole delle meteore. Ora che lo vediamo per la centesima volta, lo chiamiamo, nell’orribile espressione blasfema di Wordsworth, «la luce del giorno comune». Noi siamo inclini ad accrescere le nostre pretese... Altro...

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Marco Sermarini
Non conta granché se un uomo mangia un pomodoro cotto o un pomodoro crudo; ma conta molto se mangia un pomodoro crudo con una mente stracotta. Il solo genere di semplicità che valga la pena di conservare è la semplicità di cuore, la semplicità che accetta e gode. Può esservi un ragionevole dubbio su quale sistema la preservi; di sicuro non può esservi alcun dubbio su quale sistema di semplicità la distrugga. C’è più semplicità nell’uomo che mangia caviale d’impulso che nell’uomo che mangia uvetta per principio (GKC, Eretici, X)

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Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Le «religioni aconfessionali» professano di abbracciare tutto ciò che è bello in tutti i credi, ma sembra che abbiano raccolto tutto ciò che vi è di smorto. Tutti i colori riuniti in una mescolanza in condizioni di assoluta purezza dovrebbero produrre un bianco perfetto. Mescolati in una qualunque umana cassetta da pittore, producono un qualcosa simile al fango e un qualcosa di molto simile a parecchie nuove religioni. Un ibrido del genere è spesso molto peggiore di qualunque fede presa separatamente, perfino della fede dei thug (GKC, Eretici, VI)

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Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Se domani mattina la neve ci bloccasse nella strada in cui abitiamo, d’improvviso entreremmo in un mondo molto più ampio e convulso di quello che abbiamo mai conosciuto. E l’uomo tipicamente moderno si sforza in ogni modo di fuggire dalla strada dove abita. Prima, inventa l’igiene moderna e va a Margate3. Poi inventa la cultura moderna e va a Firenze. Poi inventa l’imperialismo moderno e va a Ti... Altro...

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Strenna Natalizia Chestertoniana 2013
Marco Sermarini
Un tempo, l’eretico era fiero di non essere un eretico. Eretiche erano le sfere del mondo, e della polizia, e dei giudici. Lui era ortodosso, né nutriva alcun orgoglio per essersi ribellato contro di loro: erano loro che si erano ribellate contro di lui. Gli eserciti con la loro crudele sicurezza, i re con le loro gelide facce, i decorosi procedimenti dello Stato, i ragionevoli procedimenti della ... Altro...

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Nessuno ha il diritto di usare la parola «progresso» a meno che abbia un credo definito e un ferreo codice morale. Nessuno può essere progressista senza essere imbevuto di dottrina; potrei perfino dire che nessuno può essere progressista senza essere infallibile o, in ogni caso, senza credere in una qualche sorta d’infallibilità. Poiché il progresso, per la sua stessa definizione, indica una direzione; e nel momento in cui nutriamo un minimo dubbio sulla direzione, nutriamo un eguale dubbio sul progresso. Mai, forse, fin dal principio del mondo, c’è stata un’epoca che avesse meno di noi il diritto di usare la parola «progresso» (Chesterto, Eretici, cap. II)

Fra Roberto Brunelli ha pubblicato qualcosa in Società Chestertoniana Italiana.

Prenotate il prima possibile, così ci regoliamo con la tiratura!!!

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Cari amici chestertoniani, come negli anni passati con Ortodossia, La Nonna del Drago, e Il Club dei Mestieri Stravaganti rilanciamo l'idea di regalare a Natale agli amici un libro di Chesterton offerto in edizione economicissima. Lo scopo è quello di dilettare e di dare a tutti la possibilità di fare un dono intelligente e piacevole, senza sostituirci al prezioso lavoro che altri -gli editori- stanno facendo e bene. Insieme alla Casa Editrice Leardini e al Centro Missionario Francescano delle Marche, stiamo per dare alle stampe uno dei primi capolavori di Chesterton: Eretici. In questo saggio, divertente, paradossale e vero, il nostro Gilbert ridicolizza le eresie della sua epoca, che poi sono anche le nostre: relativismo, salutismo, pacifismo, etc. La traduzione del testo è di Pietro Ferrari, la stessa dell'Edizione Piemme del 1998. Qui sono leggibili i primi capitoli: http://issuu.com/chesterton/docs/ereticiesempiovideo Il costo del pacco dono? 10 libri: € 65,00 spedizione compresa 20 libri: € 120,00 spedizione compresa Sopra i 40 libri: € 4,00 a copia!!! Precisiamo che fra qualche mese il volume sarà nelle librerie al costo di € 15,00 a copia. Quello che facciamo ora è quindi uno sconto indecente, solo per i malati gravi di Chestertonite. Il guadagno dell'iniziativa andrà a favore delle Missioni Francescane di Zambia e Cuba. Prenotate entro l'8 dicembre esclusivamente a questo indirizzo: [email protected] (assolutamente non su Facebook, non mandateci tweet, commenti a questo post... non li terremo in considerazione per il bene della nostra salute mentale già compromessa): Per il pagamento: ccp: 3130793 intestato a: Centro Missionario Onlus Ofmconv Marche oppure Postepay N° 4023600644387302 intestata a Roberto Brunelli I libri vi arriveranno tramite corriere espresso SDA entro il 21 Dicembre. Spargete la voce a tutti i Chestertoniani di vostra conoscenza!!! La Segreteria Volante
Cari amici chestertoniani,

come negli anni passati con Ortodossia, La Nonna del Drago, e Il Club dei Mestieri Stravaganti rilanciamo l'idea di regalare a Natale agli amici un libro di Chesterton offerto in edizione economicissima.

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I superuomini, se non sono uomini buoni, sono feccia (Chesterton, Eretici,V)

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Interrogò un religioso convertito dall’eresia, se tra gli Eretici si usa di pregare Dio per i Cattolici, come questi pregano per gli eretici affinché Dio li illumini e li faccia ritornare alla fede perfetta, e la Chiesa Santa anche fa pubbliche preghiere nel giorno del Venerdì Santo. Quello gli rispose di no, anzi diceva che gli Eretici portavano un odio grande nei confronti dei Cattolici. Allora egli disse: Ecco dunque che si conosce manifestamente la loro fede essere falsa, perché non hanno carità, mentre stimando la loro fede vera e falsa quella dei Cattolici, non desiderano e non pregano per quelli affinché si convertano alla loro fede, e dove non c’è carità Dio non può essere con loro (San Giuseppe da Copertino - Diari Abate Rosmi)
Interrogò un religioso convertito dall’eresia, se tra gli Eretici si usa di pregare Dio per i Cattolici, come questi pregano per gli eretici affinché Dio li illumini e li faccia ritornare alla fede perfetta, e la Chiesa Santa anche fa pubbliche preghiere nel giorno del Venerdì Santo. Quello gli rispose di no, anzi diceva che gli Eretici portavano un odio grande nei confronti dei Cattolici. Allora ... Altro...


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Noi ci facciamo i nostri amici; ci facciamo i nostri nemici; ma Dio fa il nostro vicino della porta accanto. Per questo egli ci appare rivestito di tutti gli incuranti terrori della natura; è strano come le stelle, sconsiderato e indifferente come la pioggia. Egli è l’Uomo, la più terribile delle bestie. (GKC, Eretici, XIV)

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Le cose di cui abbiamo più bisogno per scopi immediatamente pratici sono tutte astrazioni. Noi abbiamo bisogno di una giusta visione del destino umano, di una giusta visione della società umana; (Chesterton, Eretici, X)

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Il peccato non è che le macchine siano meccaniche, ma che gli uomini siano meccanici. (Chesterton, Eretici, X)

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La sola obiezione spirituale o filosofica alle macchine a vapore non è che gli uomini le paghino o vi siano incantenati dal lavoro, o che le facciano molto brutte o che, perfino, ne siano uccisi; ma solo e soltanto che gli uomini non le usino per giocare. (Chesterton, Eretici, X)

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C’è più semplicità nell’uomo che mangia caviale d’impulso che nell’uomo che mangia uvetta per principio. (Chesterton, Eretici, X)

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La causa per cui si leva la bandiera può essere sciocca o effimera; l’amore può essere un’infatuazione giovanile e durare una settimana. Ma il patriota pensa la bandiera come eterna; l’amante pensa il suo amore come qualcosa che non può finire. Questi momenti sono colmi di eternità; questi momenti sono gioiosi perché non sembrano momentanei. Guardateli per una volta come momenti al modo di Pater, e diventeranno freddi come Pater e il suo stile. L’uomo non può amare le cose mortali. Può solo amare cose immortali per un istante. (Chesterton, Eretici, VII)

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La religione del carpe diem non è la religione di persone felici, bensì di persone molto infelici. La grande gioia non coglie i boccioli di rosa finché può; i suoi occhi sono fissati sulla rosa immortale che Dante poté vedere. La grande gioia ha in sé il senso dell’immortalità; lo stesso splendore della giovinezza risiede nella sensazione di avere tutto lo spazio per distendere le gambe. (Chesterton, Eretici, VII)

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Bevete perché siete felici, ma mai perché siete infelici. Non bevete mai quando, senza l’alcool, vi sentite derelitti, o sarete come il bevitore di gin dalla faccia grigiastra nel suo tugurio; ma bevete quando, anche senza alcol, sareste felici, e sarete come il ridente contadino italiano. Non bevete mai perché ne sentite il bisogno, perché è un modo razionale di bere, e la via per la morte e per l’inferno. Bevete perché non ne sentite il bisogno, perché questa è la maniera irrazionale di bere e l’antica salute del mondo. (Chesterton, Eretici, VII)

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Il difetto della moderna nozione di progresso spirituale è che questo è sempre concepito come rottura dei confini, cancellazione delle linee di divisione, rifiuto dei dogmi.
Ma se esiste un progresso spirituale, questo deve essere volto verso più definite convinzioni e più numerosi dogmi. La mente umana è una macchina per giungere a conclusione; se non può giungere a conclusione si arrugginisce. Q... Altro...

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Poiché non viviamo in una civiltà che crede fortemente negli oracoli o nei luoghi sacri, ci accorgiamo della pazzia frenetica di coloro che persero la vita per trovare il sepolcro di Cristo. Ma, vivendo in una civiltà che crede nel dogma del «fatto per fatto», non ci accorgiamo della pazzia frenetica di coloro che persero la vita per trovare il Polo Nord. (Chesterton, Eretici, XX)


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Il mondo moderno è pieno di uomini che si tengono così strettamente abbracciati ai loro dogmi da non sapere che sono dogmi (Chesterton, Eretici, XX)

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Il credo religioso e filosofico è in verità pericoloso come il fuoco, e non gli si può impedire appunto di presentare il fascino del pericolo. Esiste un solo modo per garantirci efficacemente contro i rischi che comporta: ed è imbottirci di filosofia e immergersi nella religione. Insomma scartiamo i due opposti pericoli, della bigotteria e del fanatismo: della bigotteria che è atteggiamento troppo... Altro...

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Molti, per esempio, seguirono apertamente Cecil Rhodes perché aveva una visione. Essi avrebbero potuto altrettanto bene seguirlo perché aveva un naso; un uomo che non vagheggi un qualsiasi ideale di perfezione è una mostruosita come un uomo senza naso. D’un tal uomo la gente mormora appassionatamente: «Sa quel che vuole»; il che sarebbe come mormorare, con la stessa passione: «Si soffia il naso». ... Altro...

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Proprio come un ragazzo che non conosce molto delle donne è portato a scambiare una donna per la Donna, così questi uomini pratici, non abituati alla critica, sono sempre inclini a pensare che se una cosa si dimostra un ideale, esso è l’Ideale. (Chesterton, Eretici, XX)

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Le idee sono dannose, ma l’uomo a cui sono meno dannose è colui che ha delle idee. Egli ha dimestichezza con le idee, e si muove tra di loro come un domatore in una gabbia di leoni. Le idee sono dannose, ma l’uomo a cui sono più dannose è colui che non ne ha. A chi non ha idee, la prima idea che troverà andrà alla testa come il vino ad un astemio (Chesterton, Eretici, XX)

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E’ ridicolo supporre che quanto più siamo scettici tanto più vediamo il bene in tutti. E’ chiaro che più siamo certi di ciò che è bene, più vedremo bene in tutti. (Chesterton, Eretici, XX)

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Un piccolo artista è contento della sua arte; un grande artista non è contento di niente, eccetto che di tutto. (Chesterton, Eretici, XX)

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Gli alberi non hanno dogmi. Le rape sono particolarmente aperte di mente (Chesterton, Eretici, XX)

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Oltre al governo, che è, in qualche modo la forma e il corpo della nazione, la cosa più importante di una nazione, la cosa più significativa nei suoi cittadini, è la sua attitudine artistica verso un giorno di festa, e la sua attitudine morale verso una battaglia: cioè, la sua maniera di accettare la vita, e la sua maniera di accettare la morte. (Chesterton, Eretici, XVIII)

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J. A. Kensit e coloro che sono dalla sua parte possono pensare, e con assoluta sincerità, che gli uomini dedicano troppo incenso e cerimonia all’adorazione dell’altro mondo, ma nessuno pensa che loro, ad ogni modo, dedicano troppo incenso, troppe cerimonie alla adorazione di questo mondo. (Chesterton, Eretici, XVII)


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Se uno è veramente superiore ai suoi compagni, la prima cosa in cui costui crederà sarà nell’eguaglianza degli uomini. (Chesterton, Eretici, XVI)

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Non guardo mai le stelle, senza sentire che esse sono come i fuochi della girandola di uno scolaretto, fissati nella loro eterna caduta. (Chesterton, Eretici, XVI)

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Un tempo si cantava assieme, in coro intorno ad una tavola; oggi canta un solo uomo, per l’assurda ragione che lui canta meglio. Se la civiltà scientifica si sviluppa (il che è forse improbabile) un solo uomo riderà, perché lui ride meglio degli altri. (Chesterton, Eretici, XVI)

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L’idea che il reprimere i propri sentimenti sia qualcosa di tipicamente inglese non fu mai enunciata finché l’Inghilterra non cominciò ad essere governata esclusivamente da scozzesi, americani ed ebrei. Nel migliore dei casi, si tratta di una idea del duca di Wellington che era un irlandese; nel peggiore, essa procede da quello stupido teutonismo che conosce così poco l’Inghilterra, quanto poco co... Altro...

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Per provocare una risata di cuore, occorre toccare il cuore. Non capisco perché l’idea di «toccare il cuore» debba sempre essere connessa con l’idea di suscitare la compassione o comunque con quella di dolore. Il cuore può essere toccato dalla gioia, dal trionfo o anche dal piacere. Ma tutti i nostri ultimi commedianti sono commedianti tragici. Gli ultimi scrittori di moda sono pessimisti fino al midollo, tanto che non riescono a pensare che il cuore possa avere qualcosa a che fare con la gioia. (GKC, Eretici, XV)

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Un uomo può controllare molte cose della sua vita; ha anzi un controllo sulle cose sufficiente per essere l’eroe di un romanzo. Ma se potesse controllare ogni cosa, sarebbe un tal eroe che non potrebbe esserci alcun romanzo. Questa è proprio la ragione per cui la vita del ricco è in fondo tanto sciatta e noiosa: che egli può scegliere gli eventi. Egli non riesce a sperimentare l’avventura, perché può crearsi l’avventura. Ciò che rende la vita romantica e piena di audaci prospettive, è proprio l’esistenza di queste grandi limitazioni naturali che ci costringono ad incontrare cose che non vogliamo o che non ci aspettiamo. (Chesterton, Eretici, XIV)

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L’innamorarsi è stato spesso considerato come la suprema avventura, l’evento più supremamente romantico. Nella misura in cui v’è in esso qualcosa che interviene dall’esterno, che noi accogliamo con una sorta di gioioso fatalismo, ciò è vero. L’amore ci prende, ci trasfigura, ci tortura. Rapisce i nostri cuori con la sua insopportabile bellezza, come la musica. Ma quando noi stessi in qualche modo ... Altro...

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La via migliore per sperimentare la propria prontezza e fronteggiare la verità dei tipi umani, sarebbe quella di calarsi attraverso un camino entro una casa scelta a caso e adattarsi il meglio possibile alla vita di quelli che ci sono dentro. E questo è proprio quello che ciascuno di noi ha fatto dal giorno in cui è nato. (Chesterton, Eretici, XIV)

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Se domani fossimo bloccati dalla neve nella strada in cui abitiamo, entreremmo improvvisamente in un mondo assai più vasto e strano di quanto avremmo mai potuto immaginare. Del resto, è una tendenza tipicamente moderna quella per cui ci si sforza di sottrarci all’ambiente della strada dove dimoriamo. L’uomo moderno giunge fino ai fantastici confini del mondo, vuol cacciare la tigre, quasi vorrebbe... Altro...

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La famiglia potrebbe essere considerata, a ragione, come una istituzione umana definitiva. Ognuno ammetterebbe che essa è stata la cellula primaria, il fulcro di quasi tutte le società, escluse, in verità, quelle come Sparta, che miravano alla «efficienza» e che perciò perirono senza lasciar tracce. (Chesterton, Eretici, XIV)


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Non è male essere orgogliosi del proprio paese, ed è relativamente poco male essere orgoglioso dei propri antenati. Peggiore è l’orgoglio d’esser ricco, perché qui c’è già maggior ragione d’esser orgogliosi. Peggio ancora esser orgogliosi di ciò che è più del denaro, l’intelletto. Massimamente nocivo è tuttavia l’orgoglio per ciò che di più prezioso vi è sulla terra, la bontà. L’uomo che è orgoglioso di qualcosa che realmente ha valore è come il Fariseo, che lo stesso Cristo non poté evitare di colpire. (Chesterton, Eretici, XII)

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Il punto fragile dell’argomento di Carlyle in favore dell’aristocrazia si contiene, per verità, proprio nella sua frase più celebre. Carlyle disse che gli uomini sono per la maggior parte sciocchi. Il cristianesimo, con un realismo più sicuro e rispettoso, disse che gli uomini sono tutti sciocchi. Questa è talvolta chiamata la dottrina del peccato originale. Potrebbe essere anche definita come dot... Altro...

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Può essere che nessun uomo sia un eroe per il suo cameriere; ma ognuno vorrebbe essere il cameriere del suo eroe (Chesterton, Eretici, XII)

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E’ una delle funeste illusioni dello sciovinismo pensare che una nazione sia forte quando disprezza le altre. In realtà, le nazioni più forti sono quelle, come la Prussia e il Giappone, che cominciarono dal nulla, e che non furono restie, per eccessivo orgoglio, a sedere ai piedi dello straniero per imparare da lui. Ogni vittoria autentica e diretta ha alle sue origini un plagio. (Chesterton, Eretici, XII)

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Vorremmo sei soli, o un sole blu, o un sole verde. L’umiltà perpetuamente ci riconduce alla tenebra primordiale, dove ogni luce è come folgore, terribile ed istantanea. Finché non riscopriremo con la mente quella tenebra originale, dove non albergano forme o speranze, non potremo con cuore di fanciulli dire le meraviglie di questo splendido universo di cose sensazionali. (Chesterton, Eretici, XII)

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La maledizione che ci colpì prima della storia fa gravare sopra di noi la tendenza a sentirci tediati di meraviglie. Se noi vedessimo il sole per la prima volta, ci sembrerebbe la più spaventosa ed affascinante delle meteore. Ora che noi lo abbiamo visto centinaia di volte, osiamo chiamarlo con l’espressione ripugnante e sacrilega di Wordsworth «la luce di tutti i giorni» (Chesterton, Eretici, XII)

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Il pagano ricercava non solo un piacere sensuale, anzi non solo un piacere intellettuale; egli ricercava soprattutto un piacere morale, spirituale. Ma era il proprio piacere che ricercava: il che, in apparenza, è ben naturale. Ora, la grande scoperta psicologica è semplicemente questa, che sebbene si sia ritenuto che la misura della felicità è proporzionale all’espansione illimitata del nostro io, la verità è che la massima felicità possibile deve invece essere ricercata nella riduzione del nostro io allo zero (Chesterton, Eretici, XII)

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I pagani non avevano carità: perché la carità è un reverente agnosticismo per la complessità dell’anima umana (Chesterton, Eretici, XII)

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L’antico mondo pagano andò perfettamente diritto finché scoprì che andar così diritto costituiva un errore enorme. Fu un mondo nobile, magnificamente razionale, che scoprì, nell’agonia, una verità preziosa e durevole: la ragione non basta.
L’età pagana fu veramente un Eden, un’età d’oro, in questo senso, che non potrà essere riscoperta; e non potra essere riscoperta in questo senso: che mentre noi... Altro...

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E’ vero che c’è una cosa volgarmente chiamata carità, e che è la carità verso il povero che la merita; ma la carità al meritevole non è affatto carità, ma giustizia. Sono gli immeritevoli che ne hanno bisogno, e l’ideale della carità o non esiste o esiste solo per loro. (Chesterton, Eretici, XII)


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Le virtù pagane, o razionali, sono virtù come la giustizia o la temperanza, e il Cristianesimo le ha adottate. Le tre virte mistiche, che il Cristianesimo non ha adottato, ma inventato, sono la fede, la speranza e la carità. Ora, una gran quantità di facili sciocchezze retoriche potrebbero esser versate intorno a queste tre parole; io però desidero limitarmi a due fatti che sono in esse evidenti. ... Altro...

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Il segreto del perché qualche tribù selvaggia adori le scimmie o la luna non si trova viaggiando tra quei selvaggi e annotando le loro risposte su un taccuino, nonostante che l’uomo più intelligente possa anche seguire questo metodo. La risposta è Inghilterra, è a Londra; sì, proprio nel suo cuore. Quando avremo scoperto perché gli uomini di Bond Street portano la bombetta nera, nello stesso momento avremo scoperto perché gli uomini di Timbuctù portano delle piume rosse (Chesterton, Eretici, XI)

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Di fatto, gli uomini diventano avidamente e splendidamente materiali per qualcosa di spirituale. Togliete il credo di Nicea e cose simili, e farete un qualche strano torto ai venditori di salsicce. Togliete la strana bellezza dei santi, e ciò che ci rimane è l’assai più strana bruttezza di Wandsworth. Togliete il soprannaturale, e ciò che resta è l’innaturale (Chesterton, Eretici, VI)

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Un uomo che ha fede deve essere pronto a diventare, non solo un martire, ma uno sciocco (Chesterton, Eretici, VI)

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Frederic Harrison, vorrebbe dirci che ci offre la filosofia di Comte, ma non tutte le fantastiche proposte di Comte in merito a pontefici e cerimoniali, al nuovo calendario, le nuove festività e i nuovi giorni dei santi. Egli non pensa che dovremmo vestirci come sacerdoti dell’umanità o sparate fuochi d’artificio perché è il compleanno di Milton. Al solido seguace inglese di Comte tutto questo a... Altro...

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Le religioni aconfessionali professano di abbracciare tutto ciò che è bello in tutti i credi, ma sembra che abbiano raccolto tutto ciò che vi è di noioso. Tutti i colori mescolati insieme in condizioni di purezza dovrebbero produrre un bianco perfetto. Mescolati in una qualsiasi umana cassetta da pittore, producono una cosa simile al fango e una cosa di molto simile a parecchie nuove religioni. Una miscela del genere è spesso molto peggiore di qualunque credo preso separatamente, perfino del credo dei thug (Chesterton, Eretici, VI)

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L’antico eroe era un essere che, come Achille, era più umano dell’umanità stessa. Il Superuomo di Nietzsche è freddo e senza amici. Achille è così follemente affezionato al suo amico, che stermina interi eserciti nel tormento del suo lutto. Il malinconico Cesare del signor Shaw dice, nel suo desolato orgoglio: «Colui che non ha mai sperato, non può disperare». L’antico Uomo-Dio risponde dalla sua ... Altro...

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È ben vero che noi vediamo una luce fioca che, confrontata con una cosa più scura, è luce, ma che, confrontata con una luce più chiara, è tenebra. Ma la qualità della luce rimane la stessa, altrimenti noi non definiremmo una luce più forte, né la riconosceremmo come tale. Se il carattere della luce non fosse fissato nella mente, con altrettanta probabilità noi definiremmo un’ombra più densa come una luce più forte, o viceversa. (Chesterton, Eretici, V)

Fra Roberto Brunelli ha pubblicato qualcosa in Società Chestertoniana Italiana.

Non è un problema ma una pienezza, comunque il sondaggio è:
Eretici o Ortodossia?

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In un uomo sano tutte le funzioni dovrebbero svolgersi, in modo assoluto, con piacere e per il piacere; non dovrebbero svolgersi, in modo assoluto, con precauzione o per precauzione. Un uomo dovrebbe mangiare perché ha un buon appetito da soddisfare, e non mai, in modo assoluto, perché ha un corpo da nutrire. Un uomo dovrebbe fare esercizio, non perché è troppo grasso, ma perché ama le piste deg... Altro...


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Una volta, io credo, Wells sosteneva l’opinione, ancora sostenuta da alcuni singolari sociologi, che fosse possibile accoppiare e allevare con successo le creature umane al modo dei cani e dei cavalli. Ora non sostiene più quell’opinione. Non solo non sostiene più quell’opinione, ma ne ha scritto nella “Formazione del genere umano” con un acume e un umorismo così devastanti, che trovo difficile ... Altro...

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È l’uomo umile, che fa le grandi cose. È l’uomo umile che fa le cose ardite. È l’uomo umile che vede i sensazionali scorci che gli sono accordati e per tre evidenti motivi: in primo luogo, egli sforza i suoi occhi più di chiunque altro per vederli; in secondo luogo, quando sopravvengono, ne è sopraffatto ed esaltato più degli altri; in terzo luogo, li registra con maggiore esattezza e sincerità e ... Altro...

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Fino a che non vedremo lo sfondo di tenebra, non possiamo ammirare la luce anche di una sola cosa creata. Non appena vedremo quella tenebra, tutta la luce brillerà fulminea, improvvisa, accecante e divina. Fino a che non ci dipingiamo l’assenza, noi svalutiamo la vittoria di Dio e non possiamo apprezzare nessuno dei trofei della Sua antica guerra. Si tratta di uno dei milioni di folli scherzi giocati dalla verità, il fatto che noi non conosciamo nulla, fino a che non conosceremo il nulla. (GKC, Eretici, IV)

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Fino a che non ci rendiamo conto che le cose potrebbero anche non essere, non possiamo renderci conto che le cose sono (GKC, Eretici, IV)

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Show in qualche misura, è stato contagiato dalla più profonda debolezza intellettuale del suo nuovo maestro, Nietzsche, dalla strana idea secondo cui un uomo, quanto più sia grande e forte, tanto più disprezzerà le altre creature. Un uomo quanto più sia grande e forte, tanto più sarà incline a prostrarsi davanti a una pervinca. (GKC, Eretici, IV)

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Ogni istante della vita cosciente è un prodigio inimmaginabile. Ogni volto nella strada ha l’incredibile imprevedibilità di una fiaba (GKC, Eretici, IV)

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E sotto questa vasta illusione del pianeta cosmopolita, con i suoi imperi e la sua agenzia Reuter, la vera vita dell’uomo continua concentrata su questo albero o quel tempio, questo raccolto o quella canzone conviviale, totalmente incompresa, totalmente incontaminata. E, dal suo splendido campanilismo, osserva, forse con un sorriso divertito, la civiltà automobilistica mentre va per il suo cammino trionfale, superando il tempo, consumando lo spazio, guardando tutto senza vedere nulla, e infine si avventa ruggendo alla cattura del sistema solare, solo per scoprire che il sole è cittadino e le stelle sono provinciali. (Chesterton, Eretici, III)

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Quando stiamo cercando i reali meriti di un uomo, è poco saggio andare dai suoi nemici, e molto più stupido andare da lui (Chesterton, Eretici, III)

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Nessuno ha il diritto di usare la parola «progresso» a meno che abbia un credo definito e un ferreo codice morale. Nessuno può essere progressista senza essere dottrinale; potrei quasi dire che nessuno può essere progressista senza essere infallibile o, in ogni caso, senza credere in una infallibilità. Poiché il progresso, per la sua stessa definizione, indica una direzione; e nel momento in cui nutriamo un minimo dubbio sulla direzione, nutriamo un eguale dubbio sul progresso. Mai, forse, fin dall’inizio del mondo, c’è stata un’epoca che avesse meno di noi il diritto di usare la parola «progresso». (Chesterton, Eretici, II)

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Questa è la gigantesca eresia moderna: modificare l'anima umana per adattarla alle condizioni, invece di modificare le condizioni per adattarle all'anima umana. (G.K.Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo).


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La carità copre una gran quantità di peccati; allo stesso modo l'ortodossia copre una gran quantità di eresie; o di cose che nella fretta vengono scambiate per eresie... Un detto dal tipico cinismo moderno si riferisce a un uomo così buono da essere buono a nulla. San Tommaso era così buono da essere buono a tutto; e il suo nome garantiva per buono ciò che gli altri consideravano come le più efferate e sconvolgenti teorie, destinate a finire nel culto del nulla. Che avesse o meno battezzato Aristotele, di Aristotele fu certamente il padrino; fu il suo garante; giurò che l'antico greco non avrebbe fatto alcun male; e tutto il mondo credette alla sua parola (Chesterton, San Tommaso, IV)

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«Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole» (Chesterton, Eretici) Tempo fa mi sono tolto lo sfizio di comprare una vecchia edizione in tedesco di Eretici per farne dono al Papa. Benedetto, alla fine dell'udienza del mercoledì, vedendosi regalare un libro con su scritto Ketzer, ha sorriso di gusto. In quel libro c'era proprio questa bella citazione sulla debolezza di Pietro, che è motivo di coraggio per tutti. Grazie Benedetto per questi anni di faticoso servizio!
«Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza,
che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma q... Altro...

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Se fosse veramente religioso, il signor McCabe sarebbe felice. Se fosse veramente felice, danzerebbe (Eretici, XVI)

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Il nobile spiritoso, le cui invenzioni estemporanee riempiono i libri della signora Craigie o della signorina Fowler, verrebbe in realtà fatto a pezzi, nell’arte della conversazione, dal primo lustrascarpe con cui avesse la sfortuna di litigare (Eretici XV)

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La religione del carpe diem non è la religione di persone felici, bensì di persone molto infelici. La grande gioia non coglie i boccioli di rosa finché può; i suoi occhi sono fissati sulla rosa immortale che Dante poté vedere. La grande gioia ha in sé il senso dell’immortalità (Eretici, VII, GKC)

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Un uomo che ha fede deve essere pronto a diventare, non solo un martire, ma uno sciocco. È assurdo affermare che un uomo è pronto a tribolare e a morire per le sue convinzioni, quando non è pronto a portare un serto intorno alla testa in nome loro (Eretici, VI, GKC)

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È l’uomo umile, che fa le grandi cose. È l’uomo umile che fa le cose ardite... Le avventure sono per coloro a cui riescono più inaspettate, vale a dire, per i più romantici. Le avventure sono per i timidi; in questo senso, le avventure sono per coloro che non sono avventurosi. (Eretici, V, GKC, 1905)

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Un uomo dovrebbe riconoscersi pazzo, prima di riconoscersi eretico. Il bohémien, con la sua cravatta rossa, dovrebbe farsi un vanto della sua ortodossia. Il dinamitardo, nell’atto di mettere una bomba, dovrebbe sentire che, qualunque altra cosa sia, perlomeno è ortodosso. (Eretici, GKC)

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Fotografia Felici - Foto del Papa e delle udienze papali - Pictures of the Pope and from the papal a
fotografiafelici.com
Il Santo Padre riceve in dono dal Guardiano di Osimo una biografia di S. Giuseppe da Copertino e una edizione in tedesco del 1912 di Eretici, acquistata per lui dal Patriota Cosmico.

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L'uomo può essere definito come un animale che produce dogmi. Quando accumula dottrina su dottrina e conclusione su conclusione creando qualche formidabile schema filosofico o religioso, allora, nel solo significato legittimo di cui l'espressione è suscettibile, egli sta diventando sempre più umano.Gli alberi non hanno dogmi. Le rape sono di vedute singolarmente ampie (GKC, Eretici)


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La cassetta postale è uno degli ultimi templi. Impostare una lettera e sposarsi sono fra i pochi atti a noi rimasti che siano compiutamente romantici; perché, per essere compiutamente romantico, un atto deve essere irrevocabile. Si chiama cassetta postale, ma è una casa della vita e della morte, è un santuario delle parole umane. (Chesterton, Eretici, cap.3)
view post Posted: 17/9/2014, 19:28 Citazioni Sant'Agostino - Aforismi
Uccidono l’anima questi due pessimi sentimenti spirituali: o la disperazione o la speranza temeraria (Sant'Agostino)

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Quando Cristo non è compreso e riconosciuto, rimane nascosto; quando invece viene riconosciuto, esce ad ingaggiare operai (Sant'Agostino)

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Nel vasto tempio della cristianità non mancano ai nostri giorni volonterosi solisti che stupiscono l’assemblea ecclesiale con virtuosi gorgheggi e inauditi melismi. Ma alle orecchie dei semplici fedeli è una musica che appare spesso stonata. Chi si accinge a celebrare con tutto l’impeto canoro del suo cuore la verità delle cose e la bellezza del ricamo di Dio, dovrebbe prima farsi obbligo di verificare la perfetta accordatura della propria chitarra. La sua voce, docile all’ispirazione della realtà, può divenire di volta in volta lamentosa, trionfale, estatica; ma sempre bisogna che resti intonata. «Bene canta, frater»—ci esorta sant’Agostino. E cioè: «Canta, fratello; ma canta in modo intonato». Fuori di metafora, l’uomo che si pone a pensare - e tanto più il credente che si pone a pensare nella Chiesa - deve ricollocarsi in quello stato di « intonazione » o, se si vuole, di nativa integrità, che gli consente di fare della conoscenza ciò che la conoscenza è: l’essere che, illuminandosi, si apre sull’essere; non un’architettura di audaci elucubrazioni addossata al mondo, ma un umile riconoscimento di ciò che è; non una imposizione, ma una contemplazione; non un atto di dominio, ma una comunione ideale con l’esistente. (G. Biffi)
Nel vasto tempio della cristianità non mancano ai nostri giorni volonterosi solisti che stupiscono l’assemblea ecclesiale con virtuosi gorgheggi e inauditi melismi. Ma alle orecchie dei semplici fedeli è una musica che appare spesso stonata.
Chi si accinge a celebrare con tutto l’impeto canoro del suo cuore la verità delle cose e la bellezza del ricamo di Dio, dovrebbe prima farsi obbligo di verif... Altro...

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In realtà, per quante forze abbia nei muscoli delle braccia chi nuota nel mare, talora, sopraffatto dal mare grosso, viene inghiottito dalle onde e affoga. E’ necessario quindi che siamo nella barca, cioè siamo portati sul legno per essere in grado di attraversare questo mare. Orbene, questo legno, dal quale viene portata la nostra debolezza, è la croce del Signore con la quale veniamo segnati e veniamo preservati dall’annegare nelle tempeste di questo mondo. Siamo soggetti alle tempeste; ma c’è Dio che può venire in nostro aiuto (Sant'Agostino)
In realtà, per quante forze abbia nei muscoli delle braccia chi nuota nel mare, talora, sopraffatto dal mare grosso, viene inghiottito dalle onde e affoga. E’ necessario quindi che siamo nella barca, cioè siamo portati sul legno per essere in grado di attraversare questo mare. Orbene, questo legno, dal quale viene portata la nostra debolezza, è la croce del Signore con la quale veniamo segnati e veniamo preservati dall’annegare nelle tempeste di questo mondo. Siamo soggetti alle tempeste; ma c’è Dio che può venire in nostro aiuto (Sant'Agostino)

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Non tendiamo solo ad avere una retta coscienza, ma per quanto lo comporta la nostra debolezza e lo consente la fragilità umana, sia anche nostro fermo impegno a non compiere nulla che possa destare un cattivo sospetto nel fratello debole. Mentre mangiamo buone erbe e beviamo acque limpide, non calpestiamo i pascoli di Dio, perché le pecore inferme non abbiano a mangiare ciò che è calpestato, e bere ciò che è stato intorbidato (sant'Agostino)

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Siano nostri imitatori, solo se almeno noi siamo imitatori di Cristo. Se invece non siamo imitatori di Cristo, lo siano almeno essi (sant'Agostino)

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Gli angeli hanno forse bisogno di libri sacri, di commentatori, di lettori? Per nulla affatto. La loro lettura è la visione, poiché vedono la Verità in persona e si saziano alla sorgente dalla quale noi riceviamo solo delle gocce (Sant'Agostino)

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Quanto più dunque siamo esenti dal gonfiore della superbia, tanto più siamo pieni d’amore (Sant' Agostino, De Trinitate)

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Dalle Confessioni di Sant’Agostino.

Ma dove e quando ho appreso che cos'era la felicità della mia vita, per averne il ricordo e provarne amore e desiderio? E non soltanto io o poche altre persone, ma tutti vogliamo essere felici. Se non ne avessimo ben precisa nozione, non ne avremmo una volontà tanto decisa. Ma che significa questo? Prova a chiedere a due persone se vogliono arruolarsi, e uno ma... Altro...

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Dobbiamo dunque aver sete della sapienza, dobbiamo aver sete della giustizia. E di ciò ci sazieremo, per quanto ne siamo capaci, al termine di questa vita, quando raggiungeremo ciò che Dio ci ha promesso, cioè l’uguaglianza con gli angeli. Gli angeli non provano la sete che proviamo noi, non provano la fame che noi conosciamo, ma sono sazi di verità, di luce, di sapienza immortale. Per questo sono... Altro...


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Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero maestro sta dentro. Non crediate di poter apprendere qualcosa da un uomo. Noi possiamo esortare con lo strepito della voce ma se dentro non v'è chi insegna, inutile diviene il nostro strepito. Ne volete una prova, o miei fratelli? Ebbene, non è forse vero che tutti avete udito questa mia predica? Quanti saranno quelli che usciranno di q... Altro...

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Non è grande cosa vedere Cristo con gli occhi del corpo, ma è grande cosa credere in Cristo con gli occhi del cuore (Sant'Agostino)

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Questo agnello ucciso con la sua morte vinse il leone che si aggira in cerca della preda da divorare (Sant'Agostino)

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La carità ti renda servo come la verità ti ha fatto libero (sant'Agostino)

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Fino a quando la carità può aumentare, il fatto che sia minore di quel che dovrebbe essere, dipende senz'altro da qualche vizio. (Sant'Agostino)

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Il movente è la bellezza del corpo, ma quello che si cerca è lo scambio interno di amore. (Sant'Agostino)

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Tu non vedi Dio. Ama e lo possiedi (Sant'Agostino)

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Il medico incrudelisce contro una piaga affinché sia guarito l'uomo; poiché se la piaga viene accarezzata, l'uomo è rovinato. (Sant'Agostino)

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I tuoi passi sono i tuoi sentimenti. Il tuo cammino è la tua volontà. Amando sali, trascurando scendi. Stai sulla terra, ma sei in cielo, se ami Dio. (Sant'Agostino)

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Non si è lontani da Dio a livello spaziale, ma a livello di sentimenti. Ami Dio, gli sei vicino; odi Dio, gli sei lontano (Sant'Agostino)


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La tua anima non morirà se non l'avrai voluta uccidere tu stesso (Sant'Agostino)

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Quanto più grandi saranno i sassi che lancerai contro il cielo tanto più grande sarà la rovina che ti ricadrà sulla testa (Sant'Agostino)

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Sii audace quando sopporti la vergogna in nome di Cristo (Sant'Agostino)

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O se il tuo cuore non fosse fatuo, non crederesti al fato! (Sant'Agostino)

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Nella confessione l'uomo esprime la sua umiltà, nella misericordia Dio manifesta la sua grandezza (Sant'Agostino)

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La questione che c'è tra noi è questa: dov'è la Chiesa?. Presso di noi o presso di loro? Certo la Chiesa è una sola: ed è quella che i nostri antenati chiamarono "cattolica", per dimostrare, perfino nel nome, che essa è dappertutto. In greco infatti "secondo il tutto" si dice: kata-olon. Questa Chiesa poi è il corpo di Cristo, come dice l'Apostolo: In favore del suo corpo che è la Chiesa. È quindi... Altro...

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«Perché non dovrebbe durare l'amore?» fece lui quasi arrabbiato. «Perché: "La vita va col vento e tutte queste cose sono piccole voci soffiate sulle corde". » «Se la pensi così, perché hai promesso di sposarmi?» «Francis direbbe che la ragione è l'istinto della natura! Io direi che la ragione è il mio amore per te e l'amore non è ragionevole.» «Forse con la stessa parola intendiamo due cose diverse. Come la fede, anche l'amore è ragionevole. La fede è immutabile, altrimenti non è fede. L'amore è immutabile, altrimenti non è amore.» «Può cambiare la persona o la cosa amata.» «A questo ha già risposto Shakespeare. Anch'io so citare, senti: "Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento... Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta...". Se tu dovessi cambiare, io ti amerei per quello che sei stata, per il ricordo che avrei di te, e per quello che di te non è cambiato, perché nessuno può cambiare del tutto. » «La conversione è un cambiamento totale» fece lei. «No. Sant'Agostino non sarebbe diventato santo se non avesse avuto in sé la possibilità d'esserlo. La sua passionalità carnale diventò spirituale. E l'intensità dell'amore fu la stessa. Cambiò direzione, prima si disperdeva nel fango, poi incominciò a scorrere nei giardini dove servì a produrre la bellezza. È così che lui stesso descrive la sua conversione.» Le prese la mano. «Né tu né io cambieremo, Liebchen. Il nostro amore non è senza peso. Ci ameremo sempre.» «Sempre vuoi dire senza fine, anche nell'eternità.» «Sì, per sempre, in eterno. Fino alla tomba... e oltre.» La strinse a sé, guancia contro guancia (Ethel Mannin, Tardi ti ho amato)
«Perché non dovrebbe durare l'amore?» fece lui quasi arrabbiato.
«Perché: "La vita va col vento e tutte queste cose sono piccole voci soffiate sulle corde". »
«Se la pensi così, perché hai promesso di sposarmi?»
«Francis direbbe che la ragione è l'istinto della natura! Io direi che la ragione è il mio amore per te e l'amore non è ragionevole.»
«Forse con la stessa parola intendiamo due cose diver... Altro...

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Non ti accorgi che hai perso quello che non hai donato? (Sant'Agostino)

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Restò l'adultera e il Signore, restò colei che era ferita e il medico, restò la grande miseria e la grande misericordia (sant'Agostino)

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Portavamo le tue parole piantate nelle nostre viscere (sant'Agostino)


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Nemmeno a causa dei cattivi, che sembrano essere dentro la Chiesa, si debbono lasciare i buoni, che veramente sono dentro la Chiesa (sant'Agostino)

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C'è un sonno dell'anima e c'è un sonno del corpo. Sonno dell'anima è dimenticare Dio. (sant'Agostino)

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Rallegriamoci dunque e rendiamo grazie a Dio: noi non siamo stati fatti solo cristiani, ma siamo divenuti Cristo (sant'Agostino)

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Se amate Dio, rapite all'amore di Dio tutti quanti sono uniti a voi, tutti quelli che abitano con voi; se amate il corpo di Cristo, cioè l'unità della Chiesa, trascinate tutti a godere di essa (sant'Agostino)

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Chi non ama è privo di motivazioni per osservare i comandamenti (Sant'Agostino)

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Solo l'amore distingue i figli di Dio dai figli del diavolo (sant'Agostino)

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Forse che vi vien detto: Non amate niente? Tutt'altro. Sareste pigri, morti, detestabili, miseri, se non amaste nulla. Amate, ma state attenti a ciò che amate (Sant'Agostino)

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I fedeli riconoscono il corpo di Cristo se non trascurano di essere il corpo di Cristo. (Sant'Agostino)

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Quando si ama, non si si fatica, o, se si fatica, questa stessa fatica è amata (Sant'Agostino)

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O amore, che sempre ardi senza mai estinguerti, carità, Dio mio, infiammami! (Sant'Agostino)


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Se togliamo il fondamento della giustizia, che cosa sono gli stati se non delle grandi associazioni a delinquere? (Sant'Agostino, De civ. Dei 4, 4)

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È dall'amore dell'uno che si accende l'amore dell'altro. (Sant'Agostino)

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Beato chi ama te e l'amico in te e il nemico per te. Non perde nessuna persona cara solo colui al quale sono tutti cari nell'unico che non si può perdere, te. (Sant'Agostino)

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Talvolta chi è troppo perverso d'animo teme di capire, per non essere costretto a mettere in pratica ciò che può avere capito (Sant'Agostino)

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Quale altro sarà il nostro fine, che giungere al regno che non avrà fine? (sant'Agostino)

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Ogni corpo va dove lo porta il suo peso: la pietra cade verso il basso, il fuoco sale verso l’alto. Il mio peso è l’amore. È l’amore che mi porta dovunque (sant'Agostino)

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Solo ciò che si dà in elemosina non perisce (Sant'Agostino)

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La prole, anche quando nasce contro il desiderio dei genitori, impone di essere amata (sant'Agostino)

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Tu sei potente, o Signore Dio mio, per dare forma alle nostre deformità (Sant'Agostino)

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Che cosa desidera l'anima più ardentemente della verità? Di che cosa dovrà l'uomo essere avido, a quale scopo dovrà custodire sano il palato interiore, esercitato il gusto, se non per mangiare e bere la sapienza, la giustizia, la verità, l'eternità? (Sant'Agostino, Trattati su Giovanni)


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Rifugiati nella tua anima e innalzala a Dio per quanto puoi (Sant'Agostino)

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Misero me che, ritenendomi idoneo a volare lasciai il nido (della fede) e caddi prima di volare (Sant'Agostino)

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Chi ha i miei comandamenti e li osserva: ecco chi mi ama.
Chi li custodisce nella memoria, e li attua nella vita; chi li tiene presenti nelle sue parole, e li esprime nei costumi; chi li ha perché li ascolta, e li osserva praticandoli; ecco chi mi ama. L'amore bisogna dimostrarlo con i fatti altrimenti è una parola vuota e sterile (Sant'Agostino)

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Morimmo a lui quando volevamo vivere per noi; ma siccome lui è morto per noi, vive per sè e per noi (Sant'Agostino)

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L'amore mondano non possiede occhi spirituali senza dei quali non è possibile vedere lo Spirito Santo, che è invisibile agli occhi della carne (Sant'Agostino)

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Cristo nostro Signore è una porta bassa: è necessario che chi entra per questa porta si abbassi, se vuole entrare con la testa sana. Chi invece di abbassarsi si innalza, vuole entrare per il muro; e chi sale attraverso il muro, sale per precipitare giù (Sant'Agostino)

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Non c'è nessuno che non ami, ma bisogna vedere che cosa ama. Non siamo esortati a non amare, ma a scegliere l'oggetto del nostro amore. Ma che cosa sceglieremo, se prima non veniamo scelti? Poiché non amiamo, se prima non siamo amati... Cerca per l'uomo il motivo per cui debba amare Dio e non troverai che questo: perché Dio per primo lo ha amato. Colui che noi abbiamo amato, ha dato già se stesso per noi, ha dato ciò per cui potessimo amarlo (Sant'Agostino)

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Dove si è conosciuta la gioia per desiderarla così tanto? (Sant’Agostino)

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Credi dunque, e anche se sei morto, vivrai; se non credi, sei morto anche se vivi. (Sant'Agostino)

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Lazzaro, per gli uomini, che non potevano risuscitarlo, era morto; ma il Signore poteva farlo uscire dal sepolcro più facilmente di quanto tu non possa svegliare e far scendere da letto uno che dorme (Sant'Agostino)


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Abbiamo conosciuto, abbiamo visto, e ogni giorno vediamo uomini che, cambiate le loro pessime abitudini, vivono meglio di altri che li rimproveravano. Abbiamo visto e conosciamo molti di questi peccatori: nessuno disperi, nessuno presuma di sé. E’ male disperare, ed è male presumere di sé. Non disperare e scegli dove poter collocare la tua speranza (Sant'Agostino)

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Oh, se riuscissimo a spingere gli uomini, e noi stessi insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno nella misura che gli uomini amano la vita che fugge! (Sant'Agostino)

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Vedete quel leone incatenato: se scorge una preda, si slancia, ma è trattenuto; si agita furibondo e si riprova ad avventarsi, morde per rabbia la catena: vani sforzi, inutile rabbia; la sua preda sta troppo lontano e non può raggiungerla; essa non teme, ma se si avvicina, un po’ troppo, il leone la ghermisce e la divora. Il cane alla catena può latrare, ma non morde se non l’imprudente che gli va... Altro...

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A fondamento dell'arca Cristo ha posto se stesso, e ogni giorno entrano a formare la compagine dell'arca, come assi che non imputridiscono, uomini di fede che rinunciano alla vita di questo mondo (Sant'Agostino)

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Noi, o fratelli, siamo cristiani e ci proponiamo tutti di percorrere un cammino, ma anche se non ce lo proponessimo, di fatto lo percorriamo perché lo scorrere del tempo sospinge tutti quelli che vengono in questa vita a procedere oltre, e non permette a nessuno di restare qui. Non è concesso di indugiare pigramente: si deve camminare se non si vuol essere trascinati via (Sant'Agostino)

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E il Signore vide proprio Zaccheo. Fu visto e vide; ma se non fosse stato veduto, non avrebbe visto... Siamo stati veduti perché potessimo vedere; siamo stati amati affinché potessimo amare (Sant'Agostino)

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Voi dite stolta la nostra saggezza. Dite pure quello che volete; noi possiamo salire sul sicomoro e vedere Gesù. Voi non potete vedere Gesù appunto perché vi vergognate di salire sul sicomoro. Si aggrappi Zaccheo al sicomoro, salga umile la croce. E’ poca cosa il suo salire: per non arrossire della croce di Cristo, la fissi sulla fronte dove ha posto l’onore, proprio là, là, sulla parte del volto dove appare il rossore, là si fissi per non provarne vergogna (Sant'Agostino)

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Ora guarda il mio Zaccheo, osservalo, ti prego, mentre vuole vedere Gesù in mezzo alla folla e non ne è capace. Egli era umile infatti, la folla era superba; e proprio la folla, come capita abitualmente in una ressa, impediva a se stessa di vedere bene il Signore; si sollevò al di sopra della folla e vide Gesù, non essendo di ostacolo la folla (Sant'Agostino)

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Riconosci dunque il Cristo, egli è pieno di grazia. Egli ti vuole versare ciò di cui è pieno (Sant'Agostino)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso l'aggiornamento di stato di Giuseppe Volpe.

Le parole non sono state inventate perché gli uomini s'ingannino tra loro ma perché ciascuno passi all'altro la bontà dei propri pensieri.
(Sant'Agostino)


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La dottrina mutevole e incostante è la lebbra della mente. Tenete ben fisso questo. Nessuno apporti novità, nessuno faccia il lebbroso. Una dottrina incostante, che cambia colore, è segno di lebbra mentale: anche questa la guarisce Cristo (Sant'Agostino, Sermo 176)

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Certo, quando Dio ti fece, tu non potevi far nulla; ora che sei, anche tu puoi fare qualche cosa; puoi andare dal Medico, lo puoi chiamare; egli è dappertutto (Sant'Agostino)

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Quanti sono coloro che adesso dicono: “Trattiamoci bene, finché viviamo: mangiamo e beviamo e godiamo dei piaceri di questa vita. Che cos’è quello che ci si viene a dire che sarà dopo? Chi è tornato qua di lì? Chi di lì è tornato risuscitato?”. Questi sono i discorsi che si fanno; così diceva quel ricco, ma ciò che non credeva da vivo lo sperimentò da morto. (Sant'Agostino Discorso 113/A)

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Anche se questa nostra carne indossasse abiti di porpora e di bisso, che cos'altro sarebbe se non carne e sangue, ed erba che si secca? Per quanto dunque gli uomini conferiscano prestigio e onore a questa carne, è un fiore, di certo, ma è sempre un fiore d'erba; poiché quando l'erba appassisce, non può conservarsi un fiore dell'erba, ma, come appassisce l'erba, così cade a terra il fiore. Noi dunque abbiamo una cosa a cui attenerci per non cadere, poiché la parola di Dio rimane in eterno. Ci ha forse disprezzati il Verbo di Dio, o fratelli? Ha forse disprezzato questa nostra fragilità e caducità umana? Ha detto forse: "È carne, è erba; l'erba appassisca e il fiore cada, non gli si rechi soccorso"? Anzi, al contrario, prese per sé la nostra erba, per farci diventare oro. Poiché il Verbo di Dio, che rimane in eterno, non ha disdegnato d'essere per un certo tempo erba, non perché subisse un cambiamento lo stesso Verbo, ma per dare un cambiamento migliore all'erba. (Sant'Agostino Discorso 113/B)
Anche se questa nostra carne indossasse abiti di porpora e di bisso, che cos'altro sarebbe se non carne e sangue, ed erba che si secca? Per quanto dunque gli uomini conferiscano prestigio e onore a questa carne, è un fiore, di certo, ma è sempre un fiore d'erba; poiché quando l'erba appassisce, non può conservarsi un fiore dell'erba, ma, come appassisce l'erba, così cade a terra il fiore. Noi dunq... Altro...

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Mentre era superbo, era stato risparmiato e godeva nell'ostentazione delle sue ricchezze non pensando ai tormenti futuri, poiché a causa della superbia né credeva a essi né li temeva. (Sant'Agostino Discorso 113/B)

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Il frutto del timore è la correzione; non ho detto infatti solo: se c'incuterà terrore la Sacra Scrittura, ma se c'incuterà un terrore salutare; in realtà molti sanno sentire terrore ma non sanno cambiar vita. Ora, che c'è di più sterile d'un timore infruttuoso? (Sant'Agostino Discorso 113/B)

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Chi ama il mondo per qualche insana voglia e si distoglie anche dalla stesse opere buone, è già vinto dal male ed è malato. La malattia lo rende come privo di forze e incapace di fare qualcosa di buono. Tale era nell'anima quel paralitico che non poté essere introdotto davanti al Signore. Allora coloro che lo trasportavano scoprirono il tetto e di lì lo calarono giù. Anche tu devi comportarti come... Altro...

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Alle volte passiamo per la strada e vediamo dei poderi assai ameni e fertili e diciamo: "Di chi è quel podere?". Ci si risponde: "È di quel tale", e noi diciamo: "Beato lui!"; diciamo una vanità. "Beato colui al quale appartiene quella casa, quel podere, quel bestiame, quel servo, quella famiglia". Togli via la vanità, se vuoi sentire la verità. Beato è colui il cui Dio è il Signore. Poiché non è beato colui al quale appartiene il fondo, ma colui che possiede Dio. (Sant'Agostino, Discorso 113)

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Non devi chiamarle ricchezze, perché non sono vere: sono piene di povertà e sempre soggette a rovesci. Che razza di ricchezza è quella a causa della quale hai paura dei briganti, a causa della quale temi che un tuo servo ti uccida e te la rubi e fugga? Se fosse vera ricchezza, ti darebbe sicurezza. Quale ricchezza è vera, quale falsa. È dunque vera la ricchezza che, quando l'avremo, non potremo pe... Altro...

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Se cerchi le vere ricchezze queste sono diverse. Tali ricchezze possedeva in abbondanza Giobbe, pur essendo spogliato d'ogni bene, quando ne aveva pieno il cuore proteso verso Dio e offriva le sue lodi a Dio come gemme preziosissime pur avendo perduto tutti i suoi beni. Da quale scrigno le tirava fuori, se non aveva più nulla? Ecco le vere ricchezze (sant'Agostino, Discorso 113)


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Se non avrai la cupidigia, avrai tutto! (Sant'Agostino)

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Se amerai troppo i tuoi beni che possono perire, perderai davvero i tuoi beni che non possono perire (Sant'Agostino)

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Se non hanno conosciuto Gesù Cristo più che uomo, in realtà non hanno conosciuto Gesù Cristo (Sant'Agostino, Discorso 183)

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Quelli a cui volle perdonare, Cristo volle che mutassero animo: quelli che volle mutare, si è degnato di cambiarli da nemici in fratelli, e così veramente fece... Quegli uccisori del Signore videro tutto ed essi che infierendo contro di lui avevano versato il suo sangue, convertendosi alla fede lo bevvero... (Sant'Agostino)

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Dice Dio: Dammi quel pescatore, dammi quell’illetterato, quell’ignorante; dammi quel tale con cui il senatore non si degna di parlare neppure quando compra il pesce. Dammi quello, dice. Se riempirò [di sapienza] un uomo come questo, sarà palese che sono io a farlo. Anche il senatore – è vero – e il retore e l’imperatore io renderò [miei discepoli], poiché io cambierò anche il senatore, ma è più convincente che io abbia agito nel pescatore. Il senatore potrebbe gloriarsi di se stesso, e così il retore e l’imperatore, mentre il pescatore non potrà gloriarsi se non di Cristo. Venga dunque [il pescatore] e questo sia per dare una lezione di umiltà salutare. (Sant'Agostino)

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Ponete che uno sposo fabbricasse l’anello destinato alla sposa e questa amasse di più l’anello che non il suo sposo che lo costruì; forse che attraverso quel dono non risulterebbe che la sposa ha un cuore adultero anche se essa ama ciò che è dono del suo sposo? (Sant'Agostino)

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Lo Spirito del Signore ti aiuti a vedere realmente queste cose buone; ma guai a te se amerai le creature ed abbandonerai il Creatore. Queste cose ti appaiono belle ma quanto più bello sarà l’autore della loro bellezza? (Sant'Agostino)

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Due amori fondarono due città: l'amore di sé fino al disprezzo di Dio fondò la città terrena; l'amore di Dio fino al disprezzo di sé, invece, la città celeste. Perciò quella si gloria in se stessa, questa nel Signore. Quella ricerca la gloria dagli uomini; la gloria piú grande di questa, invece, è Dio, testimone della sua coscienza. Quella innalza il capo nella sua gloria; questa dice al suo Dio: "Gloria mia, che innalza il mio capo" (Sal 3,4). Quella è dominata dalla brama di dominio sui principi o sulle nazioni soggiogate; in questa si servono a vicenda, nella carità (Sant'Agostino, De Civitate Dei)

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Tutto quanto è stato rigenerato in Cristo fa parte del regno e non appartiene piú al mondo. E` in questo modo che Dio ci ha
sottratti al potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore (Sant'Agostino, Comment. in Ioan., 115, 1-3)

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Che sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato (Sant'Agostino)


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Enunciando i due precetti dell'amore, il Signore non ti raccomanda prima l'amore del prossimo e poi l'amore di Dio, ma mette prima Dio e poi il prossimo. Ma siccome Dio ancora non lo vedi, meriterai di vederlo amando il prossimo. Amando il prossimo rendi puro il tuo occhio per poter vedere Dio come chiaramente dice Giovanni: Se non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (Sant'Agostino)

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Desiderate senza stancarvi, da Colui che solo può concederla, quella vita beata, che niente varrebbe se non fosse eterna (Sant'Agostino, Lettera a Proba)
Desiderate senza stancarvi, da Colui che solo può concederla, quella vita beata, che niente varrebbe se non fosse eterna (Sant'Agostino, Lettera a Proba)

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Dio, da cui fuggire è smarrirsi, a cui tornare è risorgere, in cui abitare è vivere. Dio, che nessuno perde se non inganna se stesso (Sant'Agostino)
Dio, da cui fuggire è smarrirsi,
a cui tornare è risorgere,
in cui abitare è vivere.
Dio, che nessuno perde
se non inganna se stesso (Sant'Agostino)

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Non eravamo davvero buoni. Ciò nonostante, Dio ebbe compassione di noi e mandò il suo Figlio, perché morisse, non già per i buoni, ma per i cattivi, non per i giusti, ma per gli empi. Proprio così: «Cristo morì per gli empi» (Rm 5, 6). E che cosa aggiunge? «Ora a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto», al massimo «ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene» (Rm 5, 7). Può darsi che qualcuno abbia la forza di morire per il giusto. Ma per l'ingiusto, l'empio, l'iniquo, chi accetterebbe di morire, se non Cristo soltanto, che è talmente giusto da poter giustificare anche gli ingiusti? (Sant'Agostino, disc. 23)
Non eravamo davvero buoni. Ciò nonostante, Dio ebbe compassione di noi e mandò il suo Figlio, perché morisse, non già per i buoni, ma per i cattivi, non per i giusti, ma per gli empi. Proprio così: «Cristo morì per gli empi» (Rm 5, 6). E che cosa aggiunge? «Ora a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto», al massimo «ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene» (Rm 5, 7). Può darsi che qualcuno abbia la forza di morire per il giusto. Ma per l'ingiusto, l'empio, l'iniquo, chi accetterebbe di morire, se non Cristo soltanto, che è talmente giusto da poter giustificare anche gli ingiusti? (Sant'Agostino, disc. 23)

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Siamo veramente beati se, quello che ascoltiamo, o cantiamo, lo mettiamo anche in pratica. Infatti il nostro ascoltare rappresenta la semina, mentre nell'opera abbiamo il frutto del seme. Premesso ciò, vorrei esortarvi a non andare in chiesa e poi restare senza frutto, ascoltare cioè tante belle verità, senza poi muovervi ad agire (Sant'Agostino, disc. 23)
Siamo veramente beati se, quello che ascoltiamo, o cantiamo, lo mettiamo anche in pratica. Infatti il nostro ascoltare rappresenta la semina, mentre nell'opera abbiamo il frutto del seme. Premesso ciò, vorrei esortarvi a non andare in chiesa e poi restare senza frutto, ascoltare cioè tante belle verità, senza poi muovervi ad agire (Sant'Agostino, disc. 23)

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Dovunque ti trovi, o Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti interrogano e contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose più diverse.
Tu rispondi con chiarezza, ma non tutti ti comprendono con chiarezza. Tutti ti interrogano su ciò che cercano, ma non sempre ascoltano quanto cercano. Si dimostra tuo servo migliore non colui che pretende di sentire da te quello che egli vuole, ma che piuttosto vuole quello che ha udito da te (Sant'Agostino, Confessioni, 10)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso l'aggiornamento di stato di Elia Sgromo.

La perfezione dell'uomo consiste proprio
nello scoprire le proprie imperfezioni

*Sant'Agostino*

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Rientrate nel vostro cuore! Dove volete andare lontano da voi? Andando lontano vi perderete. Perché vi mettete per strade deserte? Rientrate dal vostro vagabondaggio, che vi ha portato fuori strada. Ritornate al Signore. Egli è pronto. Prima rientra nel tuo cuore, tu che sei diventato estraneo a te stesso; a forza di vagabondare fuori, non conosci te stesso, e cerchi colui che ti ha creato! (Sant'Agostino)

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«Tu sollevi chi riempi; io ora, non essendo pieno di te, sono un peso per me» (Sant'Agostino)
view post Posted: 17/9/2014, 19:24 Citazioni Bernanos - Aforismi
Nel frattempo, l'altra Francia era morta... Tradizione politica, religiosa, sociale o familiare, tutto era stato minuziosamente vuotato di significato allo stesso modo in cui un imbalsamatore estrae un cervello dalle narici (Bernanos, La grande paura dei benpensanti)

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La Chiesa non è affatto il Pantheon dei grandi uomini ma, sotto la sferza della pioggia e del vento eterno, il rifugio dove la più miserabile specie va a ricevere da Dio, ogni giorno, di che sostentarsi, sia quel che sia, all'universale perdono (Bernanos, La grande paura dei benpensanti)

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Dio disse all'uomo: « Guadagnerai il pane col sudore della tua fronte ». Non disse all'uomo: « Guadagnerai col tuo lavoro non soltanto il pane, ma i piaceri, le gozzoviglie, il lusso, le carrozze, i corredi da caccia degli Schneider, degli Halphen, dei Menier ». Disse all'uomo: « Suderai » ciò che, dopo tutto, è sopportabile, ma non gli disse: « Vivrai immerso in un'atmosfera venefica, consumerai le forze del tuo corpo, vuoterai le tue midolla e brucerai il tuo sangue per produrre zucchero o cotonina... ...La nostra buona e santa madre Chiesa, incaricata da N. S. Gesù Cristo di essere la Provvidenza visibile sulla terra, e di organizzare ogni cosa nel modo migliore, aveva ancora, nei limiti del possibile, addolcito nella pratica l'esecuzione della legge di Dio. Soave guida delle anime come vigilante custode delle cose temporali, non avrebbe mai permesso che il lavoro prendesse il carattere che ha assunto oggi. Non cercava che occasioni per dare delle vacanze, dei riposi; aveva all'inizio le sue cinquantadue domeniche, poi le feste di precetto, poi i pellegrinaggi. Secondo i paesi, si andava al sepolcro di saint Germain, di saint Loup, di saint Hubert; si beveva sull'altare il vino di Saint Rémy che rende le donne feconde e, come usa ancor oggi in Alvernia, si danzava un poco alla locanda o nel prato, dopo il pellegrinaggio. Il marito, amoreggiava onestamente con sua moglie e le faceva dei bei figlioli. La Chiesa diceva: " I miei figli sono tutti saggi? Sono felici? " e pensava, non senza ragione, che ciò era l'essenziale, e che vi sarebbero sempre state brache sufficienti per coprire le pudenda del povero mondo, cappucci sufficienti per riparare le teste, pentole sufficienti per cuocere la minestra... (E. Drumont, citato in Bernanos, La grande paura dei benpensanti)
Dio disse all'uomo: « Guadagnerai il pane col sudore della tua fronte ». Non disse all'uomo: « Guadagnerai col tuo lavoro non soltanto il pane, ma i piaceri, le gozzoviglie, il lusso, le carrozze, i corredi da caccia degli Schneider, degli Halphen, dei Menier ». Disse all'uomo: « Suderai » ciò che, dopo tutto, è sopportabile, ma non gli disse: « Vivrai immerso in un'atmosfera venefica, consumerai ... Altro...

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Ciascuno fa come meglio può la sua pagina di storia, ma colui che l'ha fatta non è generalmente colui che la racconta. I mercanti di libri mantengono il vantaggio per un secolo o due. Poi l'avvenimento risale lentamente dall'oblio, sorge maestosamente dalle profondità che lo ricevettero un giorno, nella coscienza della razza. La razza che piamente, santamente, l'aveva ricoperto, lo scopre di nuovo. Di nuovo saremo giudicati da mani fraterne, giudicati da uno sguardo vivente. Piccole mani che un giorno sfoglierete le pagine, sguardi che cercherete di pagina in pagina i nostri incarichi ingenui, le nostre trombe, i nostri tamburi, che cosa importa ciò che facemmo o non facemmo molto prima che voi foste nati, in questa pianura che vedete dipinta nei libri in ocra ed in nero, con le fumate bianche delle esplosioni, i cavalli che galoppano, e quelle macchine curiose! Il libro di immagini non vi mentirà: sapemmo realmente combattere. Sì, molto prima che fossero nati vostro padre o vostro nonno, noi avevamo guardato fermamente negli occhi non solo la morte, ma quel distacco più grave che si sarebbe prodotto fra voi e noi, l'ingiustizia, l'oblio, e poiché non speravamo più di riavere la nostra vittoria dai bugiardi, noncuranti di un vano processo, la mano nella mano di quei figli di cui siamo poco sicuri, ci addormentammo per risvegliarci in voi! (Bernanos, La grande paura dei benpensanti)
Ciascuno fa come meglio può la sua pagina di storia, ma colui che l'ha fatta non è generalmente colui che la racconta. I mercanti di libri mantengono il vantaggio per un secolo o due. Poi l'avvenimento risale lentamente dall'oblio, sorge maestosamente dalle profondità che lo ricevettero un giorno, nella coscienza della razza. La razza che piamente, santamente, l'aveva ricoperto, lo scopre di nuovo... Altro...

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Che cosa sapeva Drumont del giovane che sfiorò così da vicino, passando? Nulla. Posò tuttavia su di lui uno sguardo miope, un poco ansioso, nella grande luce del giorno. Mi volse le spalle. Riconobbi l'impercettibile movimento della nuca e delle spalle che non inganna, che nessun vigliacco può simulare. Poi si inoltrò fra la selva di ombrelli, scomparve negli evviva, sempre solo, scomparve a me, per sempre, varcando gli orizzonti della mia vita. V'era già in lui il presentimento di una morte quasi disperata, consumata nell'umiliazione e nel silenzio, di fronte a Dio soltanto, di una morte che Dio solo comprende sino in fondo (Bernanos, La grande paura dei benpensanti)

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L'imbecillità, l'ignoranza o la paura, fosse anche quella dell'Inferno, non forgiano le vergini (Bernanos)

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«Posso pregarvi di andare a fondo, completamente a fondo, di quell'impressione dolorosa, di quel disagio che avete provato? Mi chiedo se la vostra carità non attribuisca troppa importanza a certe piccole anime femminee che cercano Dio, non tanto per lasciarsi modellare visibilmente dalla sua Grazia, ma per stringerselo al petto e piangere sulla sua spalla... Forse in questo momento ci sono un Bloy, un Barbey che cercano Dio. Cosa possono insegnare loro quei giovani preti rubicondi, da poco usciti dall'adolescenza e che hanno ancora il sapore del latte sulle labbra? Perché Dio si rifiuta a coloro che lo desiderano e lo amano? Ecco il problema... È facile continuare a parlare dell'amore, dando a questo termine il senso che lenisce meglio i nostri fragili nervi... Noi già non comprendiamo molto della Giustizia, ma l'Amore? Il Cristo non è l'infermiere delle anime, ne è il rapitore, in un certo senso il carnefice» (lettera di Bernanos a Maritan, che gli vorrebbe far correggere "Sotto il sole di satana"
«Posso pregarvi di andare a fondo, completamente a fondo, di quell'impressione dolorosa, di quel disagio che avete provato? Mi chiedo se la vostra carità non attribuisca troppa importanza a certe piccole anime femminee che cercano Dio, non tanto per lasciarsi modellare visibilmente dalla sua Grazia, ma per stringerselo al petto e piangere sulla sua spalla... Forse in questo momento ci sono un Bloy... Altro...

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La narrativa attuale con la sua oscenità così diligente, così ingenuamente realista quanto un fallo disegnato sul margine di un quaderno di scuola, si trova oggi sotto il segno di Onan... Al termine dei suoi sforzi per dire tutto, una certa letteratura dirà tutto, ma non esprimerà nulla (Bernanos)

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Grazie ai libri di Hello ho capito che noi possiamo valere qualcosa soltanto con il sacrificio e l'oblio totale di noi stessi a beneficio di Dio e della sua causa, e che il modo migliore per giungere al disprezzo della morte è l'offerta della vita e della morte stessa (Bernanos)

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Poiché la fede è un dono di Dio, Gesù Cristo non la rifiuta mai a colui che l'ha domandata umilmente (Bernanos, lettera all'abate Lagrange)


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Bernanos mutò, cambiò opinione, arrivò persino a rinnegare i propri convincimenti. Ma i suoi capovolgimenti spettacolari gli erano sempre dettati dalla sua coscienza di uomo libero. Mai mentirà su se stesso e fu il primo a riconoscere ciò che chiamò «gli inganni della sincerità». Aveva un disgusto ossessivo, al limite del patologico, per l'impostura. «II problema dell'impostura mi appariva come essenziale; chi riuscisse a risolverlo, avrebbe in mano la chiave per tutti gli altri» (J. Bothotel)

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Bernanos mi fa pensare a certi pittori che io chiamo i pittori tormentati, i Jéròme Bosch, i Goya, i Van Gogh... Essi non si accontentano del mondo così come appare a noi, ed osano, a loro rischio e pericolo, avventurarsi ben oltre per riportarci delle immagini che ci disturbano e che spesso ci spaventano... Non sono essi delle vittime sacrificali? Vittime sacrificali, volontarie certamente... Esse pagano. Per noi, per il nostro arricchimento in fin dei conti (Georges Simenon)
Bernanos mi fa pensare a certi pittori che io chiamo i pittori tormentati, i Jéròme Bosch, i Goya, i Van Gogh... Essi non si accontentano del mondo così come appare a noi, ed osano, a loro rischio e pericolo, avventurarsi ben oltre per riportarci delle immagini che ci disturbano e che spesso ci spaventano... Non sono essi delle vittime sacrificali? Vittime sacrificali, volontarie certamente... Esse pagano. Per noi, per il nostro arricchimento in fin dei conti (Georges Simenon)

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Non si mercanteggia col buon Dio: bisogna arrenderglisi senza condizioni. Dategli tutto, egli vi renderà assai di più (Bernanos)

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Riuscire a trovare la gioia nella gioia altrui: questo è il segreto della felicità! (Bernanos)

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Ognuno di noi vale il sangue di Dio (Bernanos)

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Ringrazio Gilbert C. J. Orwell e nomino Fra Fabrizio Mig e Francesco Vintrici
Pubblicate la frase di un libro che vi è piaciuto entro 24h e poi passate la cosa ad altri due o tre amici...

La mia non è una frase, ma una pagina di Bernanos (La rivoluzione della libertà. La Francia contro i Robot e altri testi inediti), che forse, anche se lunga, ci aiuta un po' a staccarci anche dal computer, e a g... Altro...

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La nostra Chiesa è la Chiesa dei santi. Per essere un santo quale vescovo non darebbe il suo anello, la mitra e il pastorale, quale cardinale non darebbe la sua porpora, quale pontefice tutto il suo patrimonio temporale? Chi non vorrebbe avere la forza di correre questa meravigliosa avventura? Chi l’ha compreso una volta, è penetrato nel cuore della fede cattolica, ha sentito trasalire nella sua carne un tremore diverso da quello della morte, una speranza sovrumana. Tutto il grande apparato di sapienza, di forza, di docile disciplina, di magnificenza e di maestà della Chiesa non è nulla di per sé se la santità non lo anima (Bernanos)

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La fede che alcuni di voi si lamentano di non conoscere è in voi, riempie la vostra vita interiore, è quella stessa vita interiore mediante la quale ogni uomo, ricco o povero, ignorante o dotto, può entrare in contatto con il divino, cioè con l'amore universale, di cui tutta la creazione è l'inesauribile emanazione. Contro questa vita interiore cospira la nostra inumana civiltà con la sua delirant... Altro...

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La purezza non ci è prescritta come un castigo, è invece una delle condizioni misteriose ma evidenti – l’esperienza lo attesta – di quella conoscenza soprannaturale di se stessi, di se stessi in Dio, che si chiama la fede. L’impurità non distrugge questa conoscenza, ma ne annulla il bisogno. Non si crede più, perché non si desidera più credere, non desiderate più conoscervi. Questa verità profonda, la vostra, non vi interessa più (Bernanos, Journal d’un curé de campagne, 1129)

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Tolto di mezzo il diavolo, il moralista non esercita più la sua magistratura. L’igienista lo ha presto rimpiazzato. Niente più diavolo, ma ancora più morale… Un’igiene (Bernanos, "Interviste” in NVCR, 48).


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Non si mercanteggia col buon Dio: bisogna arrenderglisi senza condizioni. Dategli tutto, egli vi renderà assai di più (Bernanos)

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Ho perso l'infanzia e non la potrò riacquistare che attraverso la santità (Bernanos)

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Dio non si concede che alla carità. (Georges Bernanos)

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Una cristianità non si nutre di marmellata più di quanto se ne nutra un uomo. Il buon Dio non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ragazzo mio, ma il sale. Ora, il nostro povero mondo rassomiglia al vecchio padre Giobbe, pieno di piaghe e di ulcere, sul suo letame. Il sale, su una pelle a vivo, è una cosa che brucia. Ma le impedisce anche di marcire (Bernanos, Il diario di un curato di campagna)

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La Chiesa è una casa di famiglia, una casa paterna, e nelle case di famiglia c'è sempre un po' di disordine, le sedie talvolta mancano di un piede, i tavoli sono macchiati d'inchiostro e le scatole di marmellate si vuotano da sole nelle dispense; queste cose le so, ne ho esperienza...
La casa di Dio è una casa di uomini e non già di superuomini. I cristiani non sono dei superuomini. E neanche i Sa... Altro...

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C'è da dire con spavento che innumerevoli uomini nascono, vivono e muoiono senza essersi neanche una volta realmente serviti della loro anima, sia pure per offendere Dio. Chi può riconoscere chi sono questi disgraziati? E non possiamo anche noi appartenere in qualche modo a questa specie? La dannazione non consisterà forse nello scoprire troppo tardi, molto tardi, dopo la morte, di aver avuto un'anima assolutamente inutile, ancora accuratamente piegata in quattro e deteriorata, come certe sete preziose, per mancanza d'uso? (Bernanos)

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Lo sapete, la maggior parte degli uomini impegnano nella vita soltanto una piccola parte, una parte ridicolmente piccola del loro essere, come quei ricchi avari che un tempo se ne morivano perché spendevano soltanto l'utile dei loro utili. Un santo non vive dell'utile dei suoi utili e neanche vive soltanto dei suoi utili: vive del suo capitale, impegna tutta quanta la sua anima (Bernanos)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso l'aggiornamento di stato di Roberto Di Palma.

Un giorno si getteranno nella rovina dall'oggi al domani delle famiglie intere perché a migliaia di chilometri si potrà produrre la stessa cosa a due centesimi di meno alla tonnellata. (Georges Bernanos, La France contre les robots, che è un testo del 1947)

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Il peccato ci fa vivere alla superficie di noi stessi (Bernanos)

Fra Roberto Brunelli updated his status.

Niente giustifica la tristezza: soltanto il diavolo ha ragioni per essere triste (G. Bernanos)


Fra Roberto Brunelli ha condiviso l'aggiornamento di stato di Roberto Di Palma.

Quando le autorità temporali o spirituali hanno escluso una categoria di esseri umani dal numero di coloro la cui vita ha un valore, non c'è per l'uomo nulla più naturale di uccidere. Quando si sa che è possibile uccidere senza rischiare né castigo né biasimo, si uccide; o perlomeno si circonda di sorrisi incoraggianti coloro che uccidono. (Simone Weil, lettera a Bernanos)

Fra Roberto Brunelli updated his status.

Dio ha salvato ognuno di noi, e ognuno di noi vale il sangue di Dio. Puoi tradurla come ti pare, perfino in linguaggio razionalista - il più stupido di tutti - , ma ti costringe a mettere vicine delle parole che esplodono al minimo contatto (Bernanos, Diario di un curato di campagna)

Fra Roberto Brunelli updated his status.

La società moderna può ben rinnegare il suo maestro, è stata riscattata anch'essa. L'antica Legge tollerava la schiavitù; e gli apostoli l'hanno tollerata allo stesso modo. Non hanno detto allo schiavo: "Affràncati dal tuo padrone" mentre, per esempio, dicevano al lussurioso: "Affràncati dalla carne; e sùbito!". È una sfumatura. E perché questo? Perché, suppongo, volevano lasciare al mondo il tem... Altro...

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O Dio! siccome io non so amare secondo la vostra grazia,
non toglietemi l'umile compassione,
il pane grossolano della compassione
che noi possiamo spezzare insieme, peccatori,
seduti nel ciclo della strada,
in silenzio, a testa bassa,
alla maniera dei vecchi poveri
(Bernanos, in: I grandi cimiteri sottola luna)

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«Una volta, lo sa bene lei, via, ricorda? ero tanto più semplice, ero una ragazza così semplice! Il buon Dio non mi avrebbe abbandonata in questo modo. Non è vero? Non è vero che sono cambiata?»
«No» le disse con la sua voce che sembrava sempre rauca. «Era semplice, lo è rimasta. Sono poche le persone semplici. Si dovrebbe dire della semplicità quello che gli Ebrei dicevano di Yahweh: Chi ha veduto il suo volto può morire» (G. Bernanos, La gioia)

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So cosa intendi parlando di disgusto per la Chiesa quando per giudicarla hai solo l’esempio del cattolico meccanico-giansenista. Se i cattolici di quel genere sono tanto disgustosi è perché in realtà non hanno fede, ma una specie di falsa certezza. Fanno sempre quadrare i conti e per loro la Chiesa non è il corpo di Cristo ma il sistema assicurativo del poveraccio. Credere per loro non è difficile perché di fatto non ci pensano mai. La Fede deve essere aperta a ogni eventualità. Comunque, il problema non è la mancanza di miracoli. Anzi, se c'è un motivo di imbarazzo, per non dire di scandalo, per l'uomo moderno, sono proprio i miracoli. Se fosse possibile smontare i miracoli a parole e ridurre Cristo al rango di insegnante, addomesticato e fallibile, non ci sarebbe nessun problema. Però, se vuoi scoprire cos'è la Chiesa devi sbrigartela da solo. A me sono stati d' aiuto i romanzieri cattolici francesi: Bloy, Bernanos, Mauriac. In campo fiosofico: Gilson, Maritain e Gabriel Marcel, un esistenzialista. Per un po' mi e sembrato che esistessero soltanto i francesi, finché non ho scoperto i tedeschi: Max Picard, Romano Guardini e Karl Adam. Gli americani sembrano capaci soltanto di sfornare opuscoletti da sagrestia (da evitare a tutti i costi) e di installare sistemi di riscaldamento… In ogni caso, la scoperta della Chiesa si presta a un lento processo, ma può aver luogo soltanto se la mente è sgombra e non si ha un'interesse acquisito per la miscredenza… (Flannery O’ Connor, lettera a Cecil Dawkins, 16 luglio 1957)
So cosa intendi parlando di disgusto per la Chiesa quando per giudicarla hai solo l’esempio del cattolico meccanico-giansenista. Se i cattolici di quel genere sono tanto disgustosi è perché in realtà non hanno fede, ma una specie di falsa certezza. Fanno sempre quadrare i conti e per loro la Chiesa non è il corpo di Cristo ma il sistema assicurativo del poveraccio. Credere per loro non è difficile... Altro...

Fra Roberto Brunelli ha condiviso l'aggiornamento di stato di Alessandro Canelli.

"I popoli rompono con Dio senza angoscia, quasi a loro insaputa. Impossibile avvertirli di questo: che al termine di tale esperienza c'è l'odio universale".

Georges Bernanos
(Les grands cimetières sous la lune)

Fra Roberto Brunelli ha aggiunto una nuova foto.

La Vergine era l'Innocenza. Ti rendi conto di ciò che siamo per lei, noialtri, la razza umana? Oh! Naturalmente, ella detesta il peccato, ma, infine, non ha nessuna esperienza di esso, quell'esperienza che non è mancata ai più grandi santi, allo stesso santo d'Assisi, per quanto sia serafico. Lo sguardo della Vergine è il solo sguardo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e sulla nostra disgrazia. Sì, piccino mio, per ben pregarla bisogna sentire su se stessi questo sguardo che non è affatto quello dell'indulgenza perché l'indulgenza si accompagna sempre a qualche amara esperienza ma della tenera compassione, della sorpresa dolorosa, di non si sa quale altro sentimento, inconcepibile, inesprimibile, che la fa più giovane del peccato, più giovane della razza da cui è uscita e, benché madre attraverso la grazia, Madre delle grazie, ne fa la più giovane del genere umano (Bernanos, Diario di un curato di campagna)
La Vergine era l'Innocenza. Ti rendi conto di ciò che siamo per lei, noialtri, la razza umana? Oh! Naturalmente, ella detesta il peccato, ma, infine, non ha nessuna esperienza di esso, quell'esperienza che non è mancata ai più grandi santi, allo stesso santo d'Assisi, per quanto sia serafico. Lo sguardo della Vergine è il solo sguardo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che si sia... Altro...

Fra Roberto Brunelli updated his status.

L'espressione "perdere la fede", come se fosse una borsa o un mazzo di chiavi, mi sembra sciocca, perché non siamo noi che perdiamo la fede, ma la fede che smette di informare la nostra vita (G. Bernanos)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso la nota di "Una Preghiera al Giorno toglie il Diavolo di torno": 3 Novembre 2012 s. Martino de Porres

3 Novembre 2012 s. Martino de Porres

GRAZIE DI AVERMI TOLTO

Signore,
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Fra Roberto Brunelli ha condiviso la nota di "Una Preghiera al Giorno toglie il Diavolo di torno": 26 Ottobre 2012 s. Alfredo - b. Bonaventura da Potenza

26 Ottobre 2012 s. Alfredo - b. Bonaventura da Potenza

RICORDATI DI TUA MADRE

Signore,ogni volta che consideri i miei peccati,
...

Fra Roberto Brunelli ha condiviso un link.

Quando Bernanos dichiarò guerra ai tecnocrati (e ai loro robot...)
ilgiornale.it

Fra Roberto Brunelli ha condiviso la nota di "Una Preghiera al Giorno toglie il Diavolo di torno": 6 Settembre 2012 s. Umberto

6 Settembre 2012 s. Umberto



SE POTESSI INDOVINARE
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Fra Roberto Brunelli updated his status.

Le vecchie leggende insegnano molto di più delle ricerche storiche, perché trascrivono in simboli realtà profonde (G. Bernanos)

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Il Papa, però, non ne volle sapere (di mandarlo in missione) , e Domenico provò la prima cocente delusione della sua vita, tanto più che essa gli veniva proprio dal Vicario di Cristo in terra. Era una di quelle delusioni radicali che devono sempre temprare coloro che Dio sceglie. Commenta acutamente Bernanos: «Almeno una volta nella vita, ogni uomo predestinato ha creduto di sentirsi mancare la terra sotto i piedi e di andare a fondo. L’illusione che di colpo crolli tutto, l’impressione di essere stati privati di ogni cosa sono il segno divino che, al contrario, inizia tutto» (P. Antonio Sicari, San Domenico)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso la nota di "Una Preghiera al Giorno toglie il Diavolo di torno": 16 Maggio 2012 s. Simone Stock - s. Ubaldo

CANTO A MARIA

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So bene che poveri scrittori benpensanti, i quali fabbricano vite di santi per l’esportazione, immaginano che nell’estasi un buon uomo sia al riparo, che ci si trovi al caldo e al sicuro come nel seno di Abramo. Al sicuro! Oh! Naturalmente, non c’è nulla di più facile che arrampicarsi lassù: vi ci porta Dio. Si tratta solo di mantenercisi e, all’occorrenza, di saperne discendere. Osserverai che i ... Altro...

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Il cristianesimo aveva lanciato nel mondo una verità che nulla avrebbe più fermato, perché anche prima era nel più profondo delle coscienze e perché l'uomo si era subito riconosciuto ín essa. Questa: Dio ha salvato ognuno di noi, e ognuno di noi vale il sangue di Dio. Puoi tradurla come ti pare, persino in linguaggio razionalista il più stupido di tutti ma ti costringe a metter vicine delle parole che esplodono al minimo contatto. La società futura potrà sempre tentare di sedersi su esse! Le daranno fuoco al di dietro, ecco tutto. (dal Diario di un Curato di campagna di G. Bernanos)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso la nota di "Una Preghiera al Giorno toglie il Diavolo di torno": 10 Febbraio 2012 S. Scolastica

10 Febbraio 2012 S. Scolastica



PRESTACI I TUOI OCCHI
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Fra Roberto Brunelli ha condiviso la nota di "Una Preghiera al Giorno toglie il Diavolo di torno": 3 Febbraio 2012 S. Biagio - S. Oscar

3 Febbraio 2012 S. Biagio - S. Oscar



PER GLI AMICI VIRTUALI
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Ciò che è veramente anormale nel tossicomane non è l'uso del veleno, ma il fatto che ha sentito il bisogno di usarne, di ricorrere a quella forma perversa di evasione, di fuggire la propria personalità, come un ladro fugge dall'appartamento che ha svaligiato (Bernanos)

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Non è possibile capire la società contemporanea se non si prende atto che essa è costituita da una vera congiura contro l’interiorità.Una civiltà crolla svuotandosi a poco a poco della sua sostanza, finché non resta che una scorza senza più un contenuto. E allora avviene il crollo. (G. Bernanos)

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Niente giustifica la tristezza: soltanto il diavolo ha ragioni per essere triste (G. Bernanos)

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Il viso della mia Parrocchia! Il suo sguardo! Deve essere uno sguardo dolce, triste, paziente: immagino somigli un poco al mio, quando cesso di dibattermi, quando mi lascio trascinare da questo grande fiume invisibile che ci porta tutti, vivi e morti, verso la profonda Eternità (Bernanos, Diario)

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«Si potrebbe credere che noi predichiamo il Dio degli spiritualisti, l'Essere supremo, non so bene che cosa: nulla, in ogni caso, di somigliante a quel Signore che abbiamo imparato a conoscere come un meraviglioso amico vivente, che soffre delle nostre pene, che si commuove delle nostre gioie, parteciperà alla nostra agonia, ci riceverà nelle sue braccia, sul suo cuore» (Bernanos, Diario...)

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Un popolo di cristiani non è un popolo di colli torti. La Chiesa ha i nervi solidi, il peccato non le fa paura, al contrario. Lo guarda in faccia tranquillamente, e persino, secondo l’esempio di Nostro Signore, lo prende a proprio carico, se lo assume. (…) Guarda, voglio definirti un popolo cristiano, definendo il suo opposto. Il contrario d’un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi (Bernanos)

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Ciò che è veramente anormale nel tossicomane non è l'uso del veleno, ma il fatto che ha sentito il bisogno di usarne, di ricorrere a quella forma perversa di evasione, di fuggire la propria personalità, come un ladro fugge dall'appartamento che ha svaligiato (Bernanos)

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Se l'uomo non potesse realizzarsi che in Dio? Se la delicata amputazione della sua parte divina finisse con fare di lui una bestia feroce? O peggio ancora un animale domestico? O, meno ancora uno squilibrato? (Bernanos)

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Il buon Dio, caro mio, non ha scritto che eravamo il miele della terra, ma il sale. Ora, il nostro povero mondo somiglia al vecchio padre Giobbe nel suo letamaio, pieno di piaghe e di ulceri. Il sale sulla carne viva brucia, ma le impedisce pure di imputridire (G. Bernanos)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso la nota di San Giuseppe da Copertino: Conferenza di G. Bernanos sulla santità - parte 1

Conferenza di G. Bernanos sulla santità - parte 1

Che cosa mi propongo parlandovi dei Santi? Certamente, non di edificarvi. Se vi edifico, questo avverrà per lo meno senza che lo faccia espressamente, vi assicuro. Cercheremo di parlare dei Santi tranquillamente, come i ragazzi parlano tra loro dei grandi personaggi; non pretendiamo altro che scambiare le nostre impressioni su questi uomini che son...


Fra Roberto Brunelli updated his status.

L'umiltà è invincibile
(G. Bernanos)
view post Posted: 17/9/2014, 18:14 Tutto GKC - Aforismi
DONNA

La cosiddetta subordinazione e persino arrendevolezza della donna, in realtà, sono sostanzialmente la subordinazione e l'arrendevolezza di una medicina universale; ella cambia come cambiano le medicine, a seconda della malattia. Deve essere ottimista con il marito che non sta bene, deve fare mostra di salutare pessimismo davanti a un uomo troppo spensierato; deve impedire che don Chisciotte subisca prepotenze, ma deve altresì impedire che il bullo sia prepotente con gli altri. Il re di Francia scrisse: «Sempre la donna cambia, è davvero sciocco chi si fida di lei.» In realtà è proprio perché la donna cambia sempre che ci fidiamo di lei. Correggere ogni avventura o stravaganza con l'antidoto del buon senso non significa (come i moderni paiono credere) essere nella posizione di una spia o di una schiava. Vuoi dire, piuttosto, trovarsi nella posizione di Aristotele, o (come minimo) di Herbert Spencer: essere una morale universale, un completo sistema di pensiero. Lo schiavo si vanta; il perfetto moralista rimprovera. In altre parole, la donna è un trimmer nel vero e onorevole senso di questo termine, che per una ragione o per l'altra è sempre usato in un senso diametralmente opposto al suo. Infatti, a quanto pare, si ritiene che trimmer si riferisca a una persona codarda che si schiera sempre dalla parte del più forte. In realtà, indica una persona profondamente cavalleresca, che si schiera costantemente dalla parte dei più deboli, come uno che mantiene in equilibrio (trims) una barca sedendosi dal lato in cui vi sono poche persone. La donna è una bilanciatrice: il suo è un lavoro generoso, pericoloso e romantico (GKC, Ciò che non va nel mondo)

EDUCAZIONE
In questo consiste l'unica, eterna educazione: nell'essere così certo di una verità da avere il coraggio di raccontarla a un bambino. I moderni stanno fuggendo a gambe levate da questo dovere audace, e a loro discolpa si può soltanto dire, ovviamente, che le filosofie moderne sono talmente grezze e ipotetiche che non riescono a convincersi della propria verità abbastanza da riuscire a convincere anche soltanto un fanciullo.Quando sostengo che dovremmo istruire i nostri figli, intendo dire che dovremmo farlo noi, non il signor Sully o il professor Earl Barnes. Il problema di molte delle nostre moderne scuole è che lo Stato, essendo sotto lo stretto controllo di pochi, permette di sperimentare teorie eccentriche direttamente in classe, senza passare dal Parlamento, dal pub, dalla casa privata, dalla chiesa o dalla piazza del mercato. Ovviamente, ai più giovani dovrebbero essere insegnate le cose più vecchie; le verità più certe e provate devono essere trasmesse per prime al bambino. Ma nella scuola moderna il bambino deve obbedire a un sistema che è più giovane di lui. Il fragile bambino di quattro anni ha in verità più esperienza ed è stato esposto al mondo più a lungo del dogma al quale si pretende di sottometterlo. Numerose scuole si vantano di essere all'avanguardia e di seguire le ultimissime idee in materia di educazione, quando invece manca loro l'idea fondamentale, la quale dice che anche l'innocenza, per pura che sia, può imparare qualcosa dall'esperienza. Ma questi problemi, come ho detto, nascono dal fatto che siamo guidati da una ristretta oligarchia; il mio sistema presuppone che gli uomini che governano se stessi governino i propri figli. Oggi l'educazione popolare è concepita come un mezzo per educare il popolo. Mi piacerebbe che fosse concepita come un'educazione da parte del popolo.
Ma ciò che preme osservare qui è che questi educatori espansivi ricorrono alla violenza esattamente come i vecchi maestri. Anzi, si potrebbe dire che ne fanno un uso più esteso. Il vecchio maestro di paese percuoteva il bambino perché questi non aveva imparato la grammatica e lo spediva in cortile a giocare a ciò che gli piacesse, o a non far niente, se preferiva. Il moderno, scientifico maestro di scuola lo segue in cortile e lo costringe a giocare a cricket, perché l'esercizio fisico fa tanto bene alla salute. Il dottor Busby dei nostri tempi è laureato in medicina oltre che in teologia. Egli potrebbe dire che gli aspetti positivi dell'esercizio fisico sono lampanti, ma in realtà deve dirlo, e dirlo con autorità. In effetti l'utilità dell'attività fisica non è realmente lampante, o non sarebbe obbligatoria. Ma questo è un esempio all'acqua di rose. Nell'uso moderno, i fautori della libera educazione proibiscono molto più degli educatori tradizionali. Una persona con il gusto del paradosso (sempre che una tale creatura svergognata possa esistere) potrebbe plausibilmente affermare, a proposito della nostra espansione, dal fallimento del sincero paganesimo di Lutero e dalla sua sostituzione con il puritanesimo di Calvino, che essa non è stata un'espansione, ma un imprigionamento, a causa del quale sempre meno numerose sono state le cose belle e umane che non fossero proibite. I puritani hanno distrutto le immagini; i razionalisti hanno proibito le fiabe. Il conte Tolstoj ha di fatto emesso una delle sue encicliche papali contro la musica, e io ho udito di educatori moderni che hanno proibito ai fanciulli di giocare con i soldatini di latta. Mi ricordo un mite piccolo pazzo che mi si avvicinò durante una serata socialista e mi chiese di usare la mia influenza contro le storie di avventura per ragazzi. Sembra infatti che alimentino il gusto del sangue. Lasciamo stare: in questo manicomio bisogna mantenere l'autocontrollo (GKC, Ciò che non va nel mondo)

Il risultato pratico di questa pomposa e precisa distinzione tra l'educatore e l'istruttore è che l'istruttore spinge il bambino dove gli pare e l'educatore lo tira dove gli pare. Il bambino spinto o tirato subisce la stessa violenza intellettuale. Ebbene, dobbiamo tutti accettare la responsabilità di tale violenza. L'educazione è violenta perché è creativa, ed è creativa perché è umana. È spericolata come suonare un violino, dogmatica come fare un disegno, brutale come costruire una casa. In breve, è ciò che ogni azione umana è: un'interferenza con la vita e la crescita. Detto questo, è futile, persine umoristico, domandarsi se questo terribile torturatore, l'artista Uomo, inserisca dentro di noi le cose come un farmacista o le tiri fuori da noi come un dentista (GKC, Ciò che non va nel mondo)

MATRIMONIO
L’essenza dell’eroina romantica sta nel porsi intensamente un interrogativo; l’essenza di una buona moglie consiste invece nel fatto di essere troppo sensata per porsi qualsiasi interrogativo. Tutto quelle cose che concorrono al successo della monogamia sono tutt’altro che drammatiche: il silenzioso accrescersi di un’istintiva confidenza, le alterne sconfitte e vittorie, il consolidarsi delle abitudini, il perpetuarsi di vecchi scherzi. Un matrimonio ben riuscito è quindi qualcosa di poco teatrale; non ci deve perciò sorprendere che buona parte dei drammaturghi moderni si siano dedicati a quelli sbagliati (GKC, Shaw)


PURITANI
In quel piccolo circolo di persone che si sforzavano di essere astemi persino quando erano ubriachi; in quell’atmosfera ed in quell’ambiente, Shaw avrebbe ben potuto incontrare la mostruosa madre del discepolo del diavolo; quella terribile vecchia che dichiara di aver indurito di proposito il cuore per poter odiare i suoi figli, dato che l’anima dell’uomo è irreparabilmente malvagia; quella vecchia arpia che ha fatto di uno dei suoi figli un imbecille e dell’altro un reietto. Tipi del genere non sono rari in quelle piccole comunità che bevono il sinistro vino del determinismo puritano (GKC, Shaw)

RELIGIONI ESOTERICHE
La differenza principale tra il cristianesimo e le migliaia di scuole trascendentali di oggi è sostanzialmente la stessa di quasi duemila anni fa tra il cristianesimo e i mille riti sacri e società segrete degli imperi pagani. La differenza più profonda è questa: che tutti i misteri pagani sono così aristocratici che possono essere capiti da alcuni e non da altri. I misteri cristiani sono così democratici che nessuno li capisce mai del tutto (GKC, Blake)

IGENISTI
Lo spettacolo di un Dio morente è assai più grandioso dello spettacolo di un uomo che vive per sempre. Il primo suggerisce che tremendi cambiamenti sono realmente entrati nell'alchimia dell'universo; il secondo ricorda vagamente ottuagenari igienisti e antiacidi effervescenti (GKC, Blake)

CROCIFISSIONE
Lo spettacolo di un Dio morente è assai più grandioso dello spettacolo di un uomo che vive per sempre. Il primo suggerisce che tremendi cambiamenti sono realmente entrati nell'alchimia dell'universo; il secondo ricorda vagamente ottuagenari igienisti e antiacidi effervescenti (GKC, Blake)

RIDERE
La guarigione da ogni forma di ossessione si accompagna inevitabilmente a una salutare forma di umiliazione. Quando ci si trova in condizioni disperate si arriva a un punto in cui sono possibili solo tre cose: primo perseverare nell'orgoglio satanico, secondo piangere, terzo ridere. L'egoismo trattenne Syme nella prima fase per qualche secondo, poi egli passò speditamente alla terza" (GKC, L'uomo che fu Giovedì, traduzione in corso di Annalisa Teggi )

AGNOSTICISMO
Il cameriere del signor Shaw è agnostico, il suo motto è: «Non si può mai dire». Il cameriere di Dickens è dogmatico, il suo motto è: «Si può dire eccome. Te lo dirò io». L'autentico cameriere inglese all'antica possedeva realmente questo contegno austero e persino etico. Egli era servo dei suoi clienti come il prete è servo dei suoi fedeli, e il suo ruolo era parimenti dignitoso. Sicuramente non è solo per una questione di predilezione patriottica che rimpiangiamo la scomparsa di questa figura diligente e rispettabile rimpiazzata da uomini mediocri dal modesto salario: dal cameriere tedesco che, in fuga dalla propria lingua, ne ha imparate cinque, al cameriere italiano, che giudica le persone che serve con il disprezzo torvo di un dinamitardo, o di un principe in esilio (GKC, Dickens)

PAZZI
Lasciate che le persone meritevoli, competenti e metodiche, si affaccendino in quelle questioni dove li porta la loro ambizione e la loro innata corruzione. Ma tenetevi stretti al cuore e fatevi dare consiglio dalle persone folli. Lasciate che le persone intelligenti pensino di controllarvi, lasciate credere agli irreprensibili di consigliarvi, ma lasciatevi influenzare solo dai matti. Lasciate entrare nella vostra vita solo le persone ridicole di cui vedete e capite gli errori, lasciate che vi avvicinino e vi accompagnino nella marcia solitAria verso l'ultimo paradosso. (GKC, Dickens, p.133)


NATALE
La più enorme e originale delle idee alla base dell’Incarnazione è che una buona volontà s’incarni; che venga, cioè, messa in un corpo. Un regalo di Dio che può essere visto e toccato: se l’epigramma del credo cristiano ha un punto essenziale è questo. Lo stesso Cristo è stato un regalo di Natale. Una nota a favore dei regali materiali di Natale è stata buttata giù persino prima della Sua nascita, con i primi spostamenti dei saggi dell’Oriente e della stella: i Tre Magi giunsero a Betlemme portando oro, incenso e mirra. Se avessero portato con sé solo la Verità, la Purezza e l’Amore non ci sarebbero state né un’arte né una civiltà cristiana (GKC, Lo spirito del Natale)

ACCIDIA
La confusione non è semplicemente dovuta al peccato dell’ira, cioè al fatto che la gente perde la pazienza nei confronti degli altri. È anche dovuta al peccato dell’accidia; al fatto che la gente non si sforza di ascoltarsi reciprocamente, o di prestare attenzione a ciò che reciprocamente viene effettivamente detto. La mia prima conclusione, dunque, è che l’accidia, l’accidia intellettuale, così come la pura ira emotiva, sono i grandi nemici moderni della carità» (GKC, da I libri della settimana, 4 gennaio 1933)

BIGOTTO
Il membro dell’Esercito della Salvezza al Marble Arch potrà essere bigotto, ma non è tanto bigotto da non provare affetto, per una comune parentela umana, verso il dandy che si pavoneggia in chiesa. Ma il dandy che si pavoneggia in chiesa è così bigotto, che non prova il minimo affetto per il membro dell’Esercito della Salvezza al Marble Arch. Approssimativamente, possiamo definire la bigotteria come la collera degli uomini che non hanno opinioni. È la resistenza offerta a idee precise dalla massa incerta di persone le cui idee sono imprecise all’eccesso. Potremmo considerarla come l’agghiacciante parossismo degli indifferenti. Questo parossismo degli indifferenti, in verità, è qualcosa di terribile; ha perpetrato ogni mostruosa persecuzione a largo raggio. Non furono mai le persone spinte da una convinzione, che compirono così vaste persecuzioni; le persone spinte da una convinzione non erano abbastanza numerose. Furono le persone incuranti, che ricolmarono il mondo di fuoco e oppressione. Furono le mani degli indifferenti che accesero le fascine; furono le mani degli indifferenti che girarono la ruota (GKC, Eretici)

UGUAGLIANZA
Per le menti veramente grandi, le cose per cui gli uomini concordano sono così tanto più importanti delle cose per cui discordano, che le seconde, per qualunque scopo pratico, scompaiono. In troppo larga parte albergano entro di sé un’antica risata, anche solo per sopportare di discutere della differenza tra i cappelli di due uomini che sono entrambi nati da una donna, o tra le culture sottilmente variate di due uomini che devono entrambi morire. L’uomo di prima grandezza è eguale agli altri uomini, come Shakespeare. L’uomo di seconda grandezza si inginocchia davanti agli altri uomini, come Whitman. L’uomo di terza grandezza è superiore agli altri uomini, come Whistler.
(GKC, Eretici, XVII)

UMORISMO
Innumerevoli ecclesiastici mi hanno rimproverato, di tanto in tanto, perché scherzo sulla religione; e hanno quasi invocato l’autorità di quel comandamento quanto mai assennato che dice: «Non nominare il nome di Dio invano». Naturalmente, io ho obiettato che non stavo nominando quel nome invano in nessun senso immaginabile. Nominare una cosa e scherzarvi non significa affatto nominarla invano. Significa, al contrario, nominarla e usarla per uno scopo più che lodevole. Usare una cosa invano significa usarla senza scopo. Ma uno scherzo è immensamente utile; può contenere tutto il senso di questo mondo, per non dire del mondo celeste, insito in una situazione. E coloro che trovano nella Bibbia il comandamento, possono trovare nella Bibbia una quantità di scherzi. Lo stesso libro che proibisce di nominare il nome di Dio invano, parla con scioltezza e disinvoltura di Dio che ride e Dio che strizza l’occhio. Evidentemente, non è qui che dobbiamo cercare esempi genuini di ciò che s’intende con un vano uso del nome. E non è difficile vedere dove dobbiamo cercare veramente. Le persone (come ho fatto notare loro con tatto) che davvero nominano il nome del Signore invano sono gli stessi ecclesiastici. Ciò che è fondamentalmente e veramente frivolo non è uno scherzo incurante. Ciò che è fondamentalmente e veramente frivolo è una solennità incurante (GKC, Eretici, XVI)

UMORISMO
Per una risata di cuore, è necessario avere toccato il cuore. Io non so perché l’idea di toccare il cuore sia collegata soltanto con l’idea di muoverlo a compassione o a un senso di dolore. Noi possiamo muovere il cuore alla gioia e al trionfo; possiamo muoverlo al riso (GKC, Eretici, XV)

MERAVIGLIA
La maledizione che sopravvenne prima della storia ha steso su noi tutti una tendenza a stancarci delle meraviglie. Se noi lo vedessimo per la prima volta, il sole sarebbe la più bella e spaventevole delle meteore. Ora che lo vediamo per la centesima volta, lo chiamiamo, nell’orribile espressione blasfema di Wordsworth, «la luce del giorno comune». Noi siamo inclini ad accrescere le nostre pretese. Siamo inclini a chiedere sei soli, a chiedere un sole blu, a chiedere un sole verde. L’umiltà ci riporta costantemente nel buio primevo. Lì tutta la luce è lampeggiante, sconvolgente e istantanea. Fino a che non capiremo quel buio primevo, in cui non abbiamo né vista né aspettativa, non potremo rivolgere nessuna lode calorosa e infantile allo splendore sensazionale delle cose (GKC, Eretici)

VEGETARIANI
Non conta granché se un uomo mangia un pomodoro cotto o un pomodoro crudo; ma conta molto se mangia un pomodoro crudo con una mente stracotta. Il solo genere di semplicità che valga la pena di conservare è la semplicità di cuore, la semplicità che accetta e gode. Può esservi un ragionevole dubbio su quale sistema la preservi; di sicuro non può esservi alcun dubbio su quale sistema di semplicità la distrugga. C’è più semplicità nell’uomo che mangia caviale d’impulso che nell’uomo che mangia uvetta per principio (GKC, Eretici, X)


RELIGIONI
Le «religioni aconfessionali» professano di abbracciare tutto ciò che è bello in tutti i credi, ma sembra che abbiano raccolto tutto ciò che vi è di smorto. Tutti i colori riuniti in una mescolanza in condizioni di assoluta purezza dovrebbero produrre un bianco perfetto. Mescolati in una qualunque umana cassetta da pittore, producono un qualcosa simile al fango e un qualcosa di molto simile a parecchie nuove religioni. Un ibrido del genere è spesso molto peggiore di qualunque fede presa separatamente, perfino della fede dei thug (GKC, Eretici, VI)

VICINI DI CASA
Se domani mattina la neve ci bloccasse nella strada in cui abitiamo, d’improvviso entreremmo in un mondo molto più ampio e convulso di quello che abbiamo mai conosciuto. E l’uomo tipicamente moderno si sforza in ogni modo di fuggire dalla strada dove abita. Prima, inventa l’igiene moderna e va a Margate3. Poi inventa la cultura moderna e va a Firenze. Poi inventa l’imperialismo moderno e va a Timbuctù. Si spinge fino ai confini più fantastici della terra. Osa sparare alle tigri. Quasi sta a cavalcioni di un cammello. In tutto questo, sta essenzialmente fuggendo dalla strada in cui è nato; e riguardo a questa fuga, è sempre pronto con la sua spiegazione. Dice che sta fuggendo dalla sua strada perché è tediosa; mente. In realtà, sta fuggendo dalla sua strada perché è di gran lunga troppo emozionante. E’ emozionante perché è impegnativa; è impegnativa perché è vitale. Egli può visitare Venezia perché per lui i veneziani sono solo veneziani; le persone nella sua strada sono uomini. Può fissare i cinesi perché per lui i cinesi sono solo una cosa passiva da fissare; se fissa la vecchia signora nel giardino accanto, la vecchia signora diventa attiva. In breve, è costretto a fuggire dalla società troppo stimolante dei suoi eguali, di uomini liberi, perversi, originali, consapevolmente diversi da lui. La strada di Brixton4 è troppo animata e travolgente. Egli deve darsi consolazione e acquietarsi fra tigri e avvoltoi, cammelli e coccodrilli (GKC, Eretici, cap. IV)

ORIGINE
Chaucer fu spinto a tradurre gli originali, fu spinto a fare traduzioni che miglioravano persino gli originali, non per una forma di rivalità personale, e neppure per una forma di ammirazione personale, ma a causa di ciò che lui stesso definirebbe il «Primo Mobile», il Grande Motore di tutti i cuori e di tutte le menti: una forma di attrazione non verso l'originale, ma verso l'origine (GKC, Chaucer)

APERTURA MENTALE
Io credo che lo scopo dell'aprire la mente, come dell' aprire la bocca sia di richiuderla su qualcosa di solido (GKC)

PROGRESSISMO
Preferirei di gran lunga disporre di una pianta, per quanto enormemente antiquata, di Brighton, piuttosto di una generica raccomandazione di svoltare a sinistra (GKC, What's wrong, III)

BIGOTTISMO
"Un sano bigottismo è l'unico modo in cui ci si possa opporre a una tendenza" (GKC, What's wrong, III)

UMILTA'
L'umiltà é la lussuosa arte di ridurre noi stessi ad un punto, non ad una cosa piccola o grande, ma a qualcosa senza dimensioni così che tutti gli oggetti appaiano al confronto come sono in realtà: di altezza incommensurabile. (GKC, Il bello del brutto, pag. 79)

OTTIMISMO
La persona davvero in rivolta è l'ottimista, che di solito vive e muore nel tentativo disperato e suicida di convincere tutti gli altri del loro valore.
GKC

VICINO DI CASA
Noi ci facciamo i nostri amici; ci facciamo i nostri nemici; ma Dio fa il nostro vicino della porta accanto. Per questo egli ci appare rivestito di tutti gli incuranti terrori della natura; è strano come le stelle, sconsiderato e indifferente come la pioggia. Egli è l’Uomo, la più terribile delle bestie. (GKC, Eretici, XIV)

SENTIMENTI
L’idea che il reprimere i propri sentimenti sia qualcosa di tipicamente inglese non fu mai enunciata finché l’Inghilterra non cominciò ad essere governata esclusivamente da scozzesi, americani ed ebrei. Nel migliore dei casi, si tratta di una idea del duca di Wellington che era un irlandese; nel peggiore, essa procede da quello stupido teutonismo che conosce così poco l’Inghilterra, quanto poco conosce l’antropologia, e che pure parla continuamente di Vichinghi. E’ un fatto che almeno i Vichinghi non reprimevano i loro sentimenti. Piangevano come bambini e si sbaciucchiavano come fanno le ragazze fra loro; in breve, si comportavano come Achille e come tutti i grandi eroi, figli degli dei. E sebbene la stirpe inglese non abbia probabilmente molto più a che fare con i Vichinghi, di quanto abbia a che fare con la stirpe francese o quella irlandese, gli inglesi sono certo figli dei Vichinghi in fatto di lacrime e di baci. (GKC, Eretici, XV)

CUORE
Per provocare una risata di cuore, occorre toccare il cuore. Non capisco perché l’idea di «toccare il cuore» debba sempre essere connessa con l’idea di suscitare la compassione o comunque con quella di dolore. Il cuore può essere toccato dalla gioia, dal trionfo o anche dal piacere. Ma tutti i nostri ultimi commedianti sono commedianti tragici. Gli ultimi scrittori di moda sono pessimisti fino al midollo, tanto che non riescono a pensare che il cuore possa avere qualcosa a che fare con la gioia. (GKC, Eretici, XV)

SENTIMENTI
(I nobili adulati nei romanzi dell'epoca) ... Scherzano, non perché sono felici, ma perché non lo sono; la bocca sorride, con la morte nel cuore. Persino quando dicono sciocchezze, sono sciocchezze circospette, dosate con economia: sono, per dirla con W. S. Gilbert, in una perfetta espressione del suo libro Patience, delle «inezie preziose». Anche quando parlano di cose leggere, il loro cuore è grave. Tutti coloro che conoscono qualcosa del razionalismo moderno sanno che la loro ragione è una triste cosa. Ma anche il loro sragionare è cosa triste.
Pure assai difficili da indicare sono le cause di questa incapacità. La principale, naturalmente, sta in quel miserevole terrore di essere sentimentali, che è il più spregevole dei terrori dell’uomo moderno, più spregevole ancora della paura che produce l’igiene. L’umorismo più robusto e chiassoso alligna presso uomini capaci non solo di essere sentimentali, ma anche scioccamente sentimentali. Non vi è umorismo così robusto e chiassoso come quello del sentimentale Steele e del sentimentale Sterne o del sentimentale Dickens. Questi esseri, che commuovono come donnicciole, sapevano ridere da uomini (GKC, Eretici, XV)

UMILTA'
È l’uomo umile, che fa le grandi cose. È l’uomo umile che fa le cose ardite. È l’uomo umile che vede i sensazionali scorci che gli sono accordati e per tre evidenti motivi: in primo luogo, egli sforza i suoi occhi più di chiunque altro per vederli; in secondo luogo, quando sopravvengono, ne è sopraffatto ed esaltato più degli altri; in terzo luogo, li registra con maggiore esattezza e sincerità e con minori sofisticazioni imputabili al suo io più ordinario e presuntuoso della vita di ogni giorno. Le avventure sono per coloro a cui riescono più inaspettate, vale a dire, per i più romantici. Le avventure sono per i timidi; in questo senso, le avventure sono per coloro che non sono avventurosi. (GKC, Eretici,V)

CREAZIONE
Fino a che non vedremo lo sfondo di tenebra, non possiamo ammirare la luce anche di una sola cosa creata. Non appena vedremo quella tenebra, tutta la luce brillerà fulminea, improvvisa, accecante e divina. Fino a che non ci dipingiamo l’assenza, noi svalutiamo la vittoria di Dio e non possiamo apprezzare nessuno dei trofei della Sua antica guerra. Si tratta di uno dei milioni di folli scherzi giocati dalla verità, il fatto che noi non conosciamo nulla, fino a che non conosceremo il nulla. (GKC, Eretici, IV)

CREAZIONE
Fino a che non ci rendiamo conto che le cose potrebbero anche non essere, non possiamo renderci conto che le cose sono (GKC, Eretici, IV)

STUPORE
Che il signor Shaw tenga la testa alta e un’espressione sprezzante davanti al colossale panorama degli imperi e delle civiltà, non basta a convincere che veda le cose quali sono. Io ne sarei più efficacemente convinto, se lo scoprissi a fissare con religioso stupore i suoi stessi piedi. «Che cosa sono quei due esseri belli e industriosi», immagino di sentirlo mormorare tra sé, «che vedo dappertutto, e mi servono senza che io ne sappia il motivo? Quale fata madrina ha comandato loro di trottarsene fuori dalla terra degli elfi quando sono nato? Quale dio della terra di confine, quale barbarico dio delle gambe, devo propiziarmi con fuoco e vino, perché quei due esseri non fuggano senza di me?» (GKC, Eretici, IV)

NIETZSCHE
Show in qualche misura, è stato contagiato dalla più profonda debolezza intellettuale del suo nuovo maestro, Nietzsche, dalla strana idea secondo cui un uomo, quanto più sia grande e forte, tanto più disprezzerà le altre creature. Un uomo quanto più sia grande e forte, tanto più sarà incline a prostrarsi davanti a una pervinca. (GKC, Eretici, IV)

STUPORE
Ogni istante della vita cosciente è un prodigio inimmaginabile. Ogni volto nella strada ha l’incredibile imprevedibilità di una fiaba (GKC, Eretici, IV)

GIORNALISTA
Il guaio per un giornalista è che deve lavorare sodo come un milionario, mentre odia il lavoro altrettanto cordialmente di un mistico. È una faccenda pericolosa essere, a un tempo, pigri e molto occupati (GKC)

FAVOLE
Il problema posto dalla fiaba è: cosa farà un uomo sano in un mondo fantastico? Il problema del romanzo moderno è: cosa farà un pazzo in un mondo stanco? Nelle fiabe il cosmo impazzisce, ma l’eroe no. Nei romanzi moderni invece l’eroe è già pazzo prima che il libro cominci (GKC, La nonna del drago)

DEPRESSIONE
Sotto il profilo psichico ho avuto un periodo curioso. Mi ha assalito un insensato attacco di depressione, che ha preso la forma di assurde preoccupazioni psicologiche, e, invece di scacciarlo e parlare con le persone, l’ho affrontato e sono sceso davvero nel profondo degli abissi. Così ho scoperto che la realtà intorno a noi, se la si esamina, testimonia una tale perfezione mistica che, senza nulla di tangibile, sono certo che ogni cosa è come è perche così deve essere. Adesso la visione sta svanendo nel corso della vita quotidiana, e ne sono felice. E’ imbarazzante parlare con Dio faccia a faccia, come si parla con un amico (GKC, Lettera a Bentley, anno 1894)

CHIESA
La Chiesa non è un movimento né un’inclinazione né una tendenza, bensì l’equilibrio tra molte tendenze e molte inclinazioni; e il farne parte prevede l’accettazione dell’arbitrato che stabilisce l’equilibrio finale, non il rifiuto ad ammetterne in una qualunque misura una delle componenti (GKC, Chaucher)

CHIESA
La Chiesa è al di fuori di tutti noi, fuori degli uomini che ne parlano, fuori dei cardinali e del papa. Essi le appartengono, ma la Chiesa non appartiene a loro... Se noi tutti morissimo improvvisamente, la Chiesa in qualche modo esisterebbe ancora in Dio (GKC)

CHIESA
La Chiesa è la sola mente che rimane intatta in mezzo alla frantumazione del mondo.
Se fosse stata un errore, difficilmente l’errore sarebbe durato più di un giorno. Se fosse stata mera estasi, molto difficilmente l’estasi avrebbe avuto vita più lunga di un’ora. La Chiesa è viva da quasi duemila anni; e il mondo, al suo interno, è stato più lucido, più equilibrato, più ragionevole nelle sue speranze, più sano nei suoi istinti, più ricco di umorismo e serenità di fronte al destino e alla morte di tutto quel mondo che se n’è mantenuto al di fuori: e ciò in ragione del fatto che da Cristo è scaturita l’anima del cristianesimo, e il buon senso è stato l’anima del cristianesimo. Per quanto non osassimo guardare il suo volto, potevamo guardare i suoi frutti, e dai suoi frutti ormai lo dovremmo conoscere. (GKC, L'Uomo eterno)

CONFESSIONE
Quando un cattolico esce dal confessionale, «rientra veramente in quell’alba del suo principio e guarda con occhi nuovi attraverso il mondo verso un palazzo di cristallo che è davvero di cristallo. Egli crede che in quell’angolo buio e in quel breve rito Dio l’abbia davvero ricreato a sua immagine. Egli è, da quel momento, un esperimento del Creatore, un nuovo esperimento, esattamente come quando aveva cinque anni. Egli sta eretto, nella bianca luce del degno inizio della vita di un uomo. Le ingiurie del tempo non possono più atterrirlo. Sia pure grigio di capelli e gottoso, non sarà più vecchio di cinque minuti». (GKC)

CHIESA
Noi non vogliamo, come dicono i giornali, una Chiesa che si muova con il mondo. Vogliamo una Chiesa che muova il mondo. Una Chiesa che lo rimuova da tutto ciò verso cui sta muovendo: per esempio, lo Stato servile. È in base a questo criterio che la storia giudicherà realmente, nei riguardi di qualunque Chiesa, se sia quella vera o meno. (GKC)

AMERICANI
Non c’è nulla che piaccia agli americani come avere una società segreta e non farne segreto (GKC)

CHIESA
Eppure, per quanto la figura fosse lontana, oscura e misteriosa, oppure fonte di scandalo per i miei contemporanei, oppure una sfida per me stesso, non ho mai dubitato che fosse l’immagine della fede; che incarnasse, come un vero essere umano, ancora e soltanto umano, tutto ciò che questa figura ha da dire all’umanità. Nell’istante in cui ricordavo la Chiesa Cattolica, ricordavo lei; quando tentavo di dimenticare la Chiesa Cattolica, tentavo di dimenticare lei; quando infine vidi che cosa fosse più nobile del mio destino, quale il più libero e il più arduo dei miei atti di libertà, allora, di fronte a una sua piccola immagine dorata nel porto di Brindisi, promisi ciò che avrei fatto se fossi tornato nella mia terra (GKC, The Well and the Shadows)

ORIGINE
L’uomo moderno ricorda da vicino un pellegrino che abbia scordato il nome della propria destinazione, per cui è costretto a tornare nel posto da cui è venuto, anche per scoprire dove stia andando (GKC)


POLONIA
Noi sappiamo che un diluvio minaccia l’Occidente per l’incontro di due correnti: la vendetta della Germania e l’anarchia della Russia. E sappiamo che l’Occidente ha una sola possibile diga contro tale diluvio, che non è la semplice esistenza della Polonia, bensì la sua potenza e la sua maestà. Noi sappiamo che, senza quel cavalleresco scudo cristiano da quel lato, avremmo addosso metà dell’Europa e, forse, metà dell’Asia (GKC)

MISSIONARI
...In quel lampo mi sono ricordato che gli uomini di quest’isola (l'Irlanda) una volta la lasciarono, non con le torce dei conquistatori o dei devastatori, ma come missionari nel cuore di epoche buie; la lasciarono come una moltitudine di candele in movimento, che furono la luce del mondo (GKC, Irish Impressions)

SANTITA'
L’ innocenza è la sola vera, gloriosa avventura sulla terra, la bontà è la sola cosa veramente romantica dell’esistenza e il solo uomo veramente felice è il santo incallito (GKC)

PROTESTANTI
La differenza tra puritanesimo e cattolicesimo non concerne unicamente la questione se qualche parola o qualche gesto del sacerdote sia significativo e sacro, bensì se proprio qualche parola o qualche gesto sia di per sé significativo e sacro. Per il cattolico, ogni atto quotidiano è una drammatica scelta al servizio o del bene o del male. Per il calvinista, nessun atto può avere quella sorta di solennità, poiché la persona che lo compie è stata scelta per l’eternità e sta semplicemente ingannando il tempo in attesa del tuono del giorno del giudizio. La differenza è qualcosa di più sottile dei budini natalizi o delle recite teatrali per dilettanti: la differenza è che, per un cristiano del mio stampo, questa vita terrena è densa di emozioni ed è preziosa; per un calvinista come Shaw è, per sua stessa ammissione, prevedibile e scarsamente interessante. Per me questa settantina d’anni rappresentano la mia personale battaglia. Per il calvinista (egli stesso lo ammette) sono unicamente una lunga processione di vincitori coronati d’alloro e di sconfitti in catene. Per me la vita terrena è lo svolgersi di un dramma; per il calvinista è l’epilogo. Shaw e i suoi simili si preoccupano del feto; gli spiritualisti dello spettro; i cristiani dell’uomo. Tanto vale avere questi punti ben chiari (GKC, What's Wrong..., p.7)

UOMO COMUNE
Il grande uomo cerca di essere un uomo ordinario e in questo sforzo diventa straordinario. Invece il piccolo uomo cerca di essere misterioso e diventa terribilmente trasparente: riusciamo tutti a comprenderlo benissimo (GKC, La serietà non è una virtù, George Meredith)

UOMO COMUNE
Avevamo parlato per circa mezz’ora di politica e di Dio, perché gli uomini parlano sempre delle cose più importanti con persone totalmente sconosciute. Questo perché nell’uomo completamente sconosciuto noi vediamo l’Uomo, perché in esso l’immagine di Dio non è mascherata da somiglianze con qualche zio o dai dubbi che può ispirare sulla sua sapienza un paio di baffi (GKC, Il Club dei mestieri stravaganti)

PAZZIA
Basilio Grant viveva continuamente vicino alla visione della ragione delle cose che fanno perdere agli uomini la loro ragione (GKC, Il Club dei Mestieri stravaganti)

EDEN
Se voleste dissuadere un uomo dal bere il suo decimo bicchiere di whisky, voi gli battereste la mano sulla spalla dicendogli: « Sii uomo! ». Ma nessuno che volesse dissuadere un coccodrillo dal divorare il suo decimo esploratore gli batterebbe la mano sulla spalla dicendogli: « Sii coccodrillo! ». Infatti non abbiamo alcuna idea di un coccodrillo perfetto né alcuna allegoria di una balena cacciata da un Eden balenesco (GKC in Ffinch p. 162)

RIDERE
Se non si ride dei propri scherzi, di quali mai si dovrebbe ridere? Forse che un architetto non può pregare nella cattedrale che egli stesso ha progettato? (GKC)

CROCIFISSO
Ho tentato di abbozzare qui e là la natura di queste battaglie e la ragione del trionfo. Ma nel luogo particolare di cui parlerò si trova espressa in un più antico tipo di simbolismo la vera natura di quel trionfo, e in modo per me affatto inesprimibile. La trovai tracciata nel mosaico dell'abside di San Clemente, una delle più notevoli chiese di Roma e delle più tipicamente romane poiché affonda le radici in una stratificazione di chiese morte e di fondamenta pagane. Sotto di tutto sta una caverna con le sculture dei misteri di Mitra e, innanzi a quello strano altare io potei udire il suono delle acque profonde di Roma. Ma la Chiesa superiore nella quale ascoltai la Messa è per diverse ragioni la corona della rinascita e del trionfo delle cose cristiane, e l'antica decorazione dell'abside esprime questo concetto con un'armonia addirittura impressionante. L'abside è formata dalla solita mezza luna dorata e al sommo di essa vi è una nube dalla quale la mano di Dio si tende verso il Crocefisso, ma non con un semplice gesto di benedizione; è come se afferrasse la croce impugnandola come l'elsa d'una spada e come una spada la scagliasse giù sulla terra. Eppure si tratta di cosa che è l'opposto stesso della spada poiché il suo tocco non dà la morte ma la vita, una vita che scoppia e che germoglia e s'innalza nell'aria affinché il mondo abbia la vita e sia una vita sovrabbondante. E' impossibile rendere con sufficiente violenza l'effetto di questa rappresentazione di vita. Non si tratta di un normale sviluppo di rami e di radici, è più come uno zampillare di sangue generoso da una prima ferita aperta nelle arterie della terra. I germogli vivi si scagliano nello spazio con moto turbinoso così da ricoprire tutto lo sfondo con anelli e mulinelli, quasi sino a raggiungere e imprigionare le stelle. Questo disegno antichissimo esprime veramente ciò che tanti esperimenti futuristi e tante violente e pazzesche decorazioni tentarono inutilmente di esprimere: la creazione di un diagramma dinamico esprimente per mezzo del disegno l'immediatezza dell'azione. La sproporzione stessa fra le larghe curve e i vasti cerchi che si spiegano da per tutto e la croce sottile al cui tocco essi balzarono alla vita, non fa che aggiungere forza alla potenza di quel magico legno. Al centro di ognuno di quei cerchi, come in un rifugio che è insieme un nido e un mondo nuovo e distinto, sta un uccello a esprimere la creazione universale della vita e ogni uccello è diverso per la specie e il colore. Nessuno se non un pazzo potrebbe mettersi di fronte a questo disegno e ancora sostenere che la nostra fede è antivitale e il nostro un credo di morte. Occorre poi notare un ultimo tocco già osservato da molti: la faccia del Crocefisso che nella maggioranza delle immagini è necessariamente tragica, qui è radiosa come nella luce di un pieno meriggio, come esprimesse le parole che non è stato necessario incidere come motto o iscrizione: Io sono la Resurrezione e la Vita. (GKC, La Resurrezione di Roma)

IMPARZIALITA'
Per un uomo onesto, non c’è miglior modo di avvicinarsi alla cosiddetta “imparzialità” se non confessando di essere parziale. (GKC, L'età vittoriana in letteratura)

SAN FRANCESCO
Il suo agire fu pari a un'eruzione vulcanica, un'esplosione che scagliò fuori con dinamica energia le forze accumulate da dieci secoli nella fortezza e nell'arsenale monastico e sparse tutte le sue ricchezze temerariamente fino ai confini del mondo. In un senso migliore di quello che l'antitesi può comunemente esprimere, è esatto dire che ciò che S. Benedetto aveva accumulato S. Francesco in seguito sparse; ma nel mondo delle cose spirituali, quanto era stato raccolto come grano nei granai fu sparso nel mondo come semenza. I servi di Dio che erano stati un presidio assediato divennero un esercito in marcia; per le strade del mondo s'udi il fragore della loro marcia simile a un tuono, e lontano, in testa a quell'esercito sempre più folto, avanzava un uomo, cantando. Cosi semplicemente come aveva cantato quel mattino nei boschi d'inverno, mentre camminava solo (GKC, San Francesco, VI)

San Francesco non confondeva la folla con i singoli uomini. Ciò che distingue questo autentico democratico da qualunque altro semplice demagogo è che egli mai ingannò o fu ingannato dall'illusione della suggestione di massa. Qualunque fosse il suo gusto per i mostri, egli non vide mai dinanzi a sé una bestia dalle molteplici teste. Vide unicamente l'immagine di Dio moltiplicata, ma non ripetitiva (GKC, San Francesco, VI)

SCHIAVITU'
Un ateo veramente onesto, col quale un tempo discutevo, soleva dire: "Gli uomini sono stati tenuti in schiavitù solo per timore dell'inferno". E io gli feci notare che se avesse detto che gli uomini erano stati liberati dalla schiavitù solo per timore dell'inferno, si sarebbe almeno riferito a un fatto storico inconfutabile. (GKC, San Francesco)

PAGANI
I pagani furono più savi del paganesimo, ecco perché divennero cristiani... Non è allegorico dire che quella gente necessitava di un nuovo cielo e di una nuova terra, perché davvero avevano profanato la propria terra e il proprio cielo.(GKC, San Francesco)

SESSO
La conseguenza di trattare il sesso solo come una cosa innocente e naturale, fu che ogni altra cosa ingenua e naturale si imbevve di sesso e si confuse con esso. Perché i piaceri sessuali non possono essere equiparati alle semplici emozioni che ci danno il cibo e il sonno. Allorché non lo si riesce più a dominare, il sesso diviene tiranno (GKC, San Francesco)

SALUTISMO
Il popolo che adora la salute non può vivere sano (GKC, San Francesco)

APERTURA MENTALE
Gli uomini non vogliono credere perché non vogliono allargare le loro menti. La mia opinione personale è che non sono sufficientemente cattolici per essere Cattolici. (GKC, San Francesco)

UMANITA'
San Francesco non amava l'umanità ma gli uomini, come pure non amava la Cristianità ma Cristo (GKC, San Francesco)


SANTITA'
Narrare la vita di un Santo senza Dio, equivale a scrivere la vita di Nansen senza poter menzionare il Polo Nord (GKC, San Francesco)

PURITANESIMO
Il puritanesimo non aveva in sé alcuna idea di purezza. Potremmo quasi sostenere che nel puritanesimo c'è qualsiasi virtù, eccetto che la purezza. Contemplava l'idea dell'autodisciplina, che è cosa diversa dalla virtù. Non ha immagini di innocenza pura, di quelle cose che sono allo stesso tempo solide e candide, come il gesso o il legno bianco, che i bambini tanto amano. (GKC, Stevenson, Rubettino)

TEOLOGIA
L’uomo che si compiace dicendo: «Non vogliamo teologi che spacchino capelli in quattro», sarebbe forse d’avviso di aggiungere: «e non vogliamo dei chirurghi che dividano filamenti ancora più sottili». È un fatto che molti individui oggi sarebbero morti se i loro medici non si fossero soffermati sulle minime sfumature della propria scienza (GKC)

FARMACISTA
Frattanto Adam Wayne era in piedi davanti alla farmacia. Esitava in modo evidente.
«Che strana debolezza è questa», borbottava tra sé. «È dall’infanzia che non riesco a sbarazzarmi della paura che mi fa questo negozio incantato. La drogheria è sontuosa, la drogheria è romantica. È poetica, nel senso letterale di questa parola. Ma non è soprannaturale. Non lo è davvero. La farmacia, invece! Tutti gli altri negozi sono a Notting Hill, ma questo è nel paese delle Fate. Tutti quei grandi vasi colorati e rilucenti. Sicuramente è di questi che si serve il Padreterno per colorare i tramonti. Sono cose soprannaturali, e ancor più arcane quando hanno il potere di recare beneficio. E qui la radice del timor di Dio. Ho paura, io. Ma devo mostrarmi uomo e trovare il coraggio di entrare».
Era un uomo, ed entrò. Dietro il banco c’era un giovanotto bruno con gli occhiali, di statura bassa, e lo salutò con un sorriso aperto ma professionale.
«Bella serata, signore», disse il farmacista.
«Bella davvero», disse Adam, accennando a protendere le mani. «È in queste sere così limpide e soavi che il suo negozio acquista più che mai tutta la sua funzione, onde appaiono perfetti i globi verdi, dorati, cremisi, che spesso sospingono il pellegrino afflitto dal morbo e dalla sofferenza verso questo cenacolo d’arti magiche e misericordiose».
«Desidera qualcosa?» domandò il farmacista.
«Mi lasci pensare», rispose Wayne in tono affabile ma vago. «Mi dia della magnesia effervescente».
«Una bottiglia da otto pence, da dieci o da uno scellino e mezzo?» chiese, cordiale, il giovanotto.
«Da uno scellino e mezzo, da uno scellino e mezzo», rispose Wayne in tono totalmente remissivo. «Signor Bowles», aggiunse poi, «sono venuto a porle una terribile domanda».
E si concesse una pausa riflessiva.
«È necessario avere molto tatto», borbottò fra sé, «e adeguarsi di volta in volta alle diverse professioni».
«Sono venuto», riprese ad alta voce, «a farle una domanda che si situa direttamente alle radici dei suoi strumenti portentosi. Mi dica, signor Bowles, dovremo dunque dire addio a tutti questi sortilegi?» E accennò al locale con un gesto rotatorio del bastone.
Poi, non avendo ottenuto risposta, proseguì con vivacità:
«A Notting Hill abbiamo recepito nel profondo il magico mistero della sua professione. E adesso Notting Hill è minacciata».
«Vuole altro, signore?» domandò il farmacista.
«Dunque», rispose Wayne, lievemente turbato, «dunque, vediamo... Cosa vendono i farmacisti? Chinino, se non sbaglio. Grazie. Andrà distrutto, il chinino? Ho conosciuto, sa, quegli individui di Bayswater e di North Kensington. Materialisti, signor Bowles, tutti materialisti. Non colgono il minimo prodigio nella sua professione, anche quando trasmigra entro i loro confini. Credono che un farmacista sia un uomo qualsiasi, un personaggio come tutti gli altri».
Il signor Bowles ebbe l’aria di concedersi una pausa, il tempo necessario per mandar giù l’insulto, dopo di che si affrettò a domandare:
«Per piacere, che cos’altro vuole?»
«Allume di rocca», rispose il Sindaco, a casaccio. «Mi spiego meglio. È solo in questa sacra città che la sua dignità sacerdotale viene fatta oggetto di venerazione. Pertanto, battendosi per noi, lei non si batte soltanto per se stesso, ma per tutto ciò che rappresenta. Lei non si batte solo per Notting Hill, ma anche per il Paese delle Fate, perché un fatto è certo: quanto più i Buck e i Barker e uomini del genere esercitano il loro imperio, tanto più il Paese delle Fate tende a scomparire».
«Vuole altro, signore?» domandò il signor Bowles, perseverando nel suo tono affabile.
«Sì, sì... bicarbonato, giuggiole, magnesia. Il pericolo è imminente. In tutta questa faccenda ho sempre avuto la sensazione di combattere non soltanto per la mia città (ancorché a essa debba tutto il mio sangue) ma per tutti i luoghi in cui questi sommi ideali abbiano modo d’imporsi. Non lotto solo per Notting Hill, ma anche per Bayswater, perché no? Anche per North Kensington. Perché, se vinceranno i cacciatori di quattrini, anche queste città vedranno dissolversi l’antico retaggio dei loro sentimenti, e tutto il mistero legato allo spirito nazionale. Io so di poter contare su di lei».
«Certo, certo, signore», lo rassicurò il farmacista, «noi siamo sempre lieti di ottemperare alle richieste dei clienti». Adam Wayne uscì dalla farmacia in preda a un vivo sentimento di appagamento spirituale. «E veramente una fortuna», pensava, «avere tatto, saper sfruttare le peculiarità e il talento dei singoli soggetti, il cosmopolitismo del droghiere e l’ancestrale negromanzia del farmacista. Dove sarei finito se non avessi tatto?»
(Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

IL DROGHIERE
Ascoltatemi, signor Mead. Io so come un droghiere sia tentato di considerare le cose da un punto di vista cosmopolita; mi rendo conto di ciò che deve essere il passare come fate voi tutta la santa giornata attorniato da merci che provengono da tutti i canti della terra, dal fondo di strani mari che non abbiamo mai esplorati, dal fondo di strane foreste che non potremmo neanche immaginare. Nessun Re d'Oriente riceveva simili carichi da Levante o da Ponente, e Salomone, con tutta la sua gloria, non viveva fra ricchezze pari alle vostre. L'India è alla nostra destra, esclamò egli indicando con la punta del bastone un cassetto di riso, mentre commerciante, intimorito, indietreggiava d'un passo — la Cina è davanti a voi, Demerara dietro, l'America è sopra la vostra testa, e in questo momento, voi, simile ad un vecchio ammiraglio spagnuolo, tenete Tunisi fra le vostre mani!
Il signor Mead lascio cadere la cassetta dei datteri che aveva in mano, poi la raccattò con gesto vago.
Wayne proseguì, col volto rosso, abbassando un po' la voce:
Conosco dunque tutta la tentazione che vi è in una visione di ricchezza così internazionale, così universale. Lo so: voi non affrontate, come tanti altri commercianti, il rischio di rinchiudervi in una specialità troppo angusta e meccanica; ma piuttosto rischiate di perdervi per eccesso di larghezza, di generosità, di liberalità. Come un nazionalismo angusto rappresenta il pericolo del pasticciere che fabbrica sotto il cielo della patria i prodotti che vende, così il cosmopolitismo rappresenta il pericolo del droghiere. Ma io vengo a voi in nome di quel patriottismo che nessuna stravaganza, nessun progresso di lumi potranno mai bandire e vi chiedo di non dimenticare Notting Hill. Giacchè, in fondo, in questa magnificenza cosmopolita nella quale voi troneggiate, Notting Hill ha il suo posto. Senza dubbio, i vostri datteri sono nati sulle grandi palme delle coste barbaresche, senza dubbio il vostro zucchero viene dalle isole meravigliose dei Tropici, e il vostro té, da villaggi misteriosi dell'Impero del Drago. Per approvvigionare questo negozio, è stato necessario abbattere delle foreste sotto la Croce del Sud, e arpionare dei leviatani sotto la Stella Polare; ma voi stesso, voi, che siete un tesoro non meno prezioso, che siete il cervello che ordina questi vasti interessi, voi almeno siete cresciuto in forza e saggezza fra queste grigie case, sotto questo cielo piovoso. Ora, questa città che vi ha creato, e che vi ha permesso cosi d'accumulare i vostri tesori, questa città si vede minacciata di guerra. Venite dunque e che in capo al mondo si sappia questo : l'olio viene dal Settentrione, la frutta dai paesi Australi; il riso viene dall'India e le spezie provengono da Ceylan; i montoni appartengono alla Nuova Zelanda, ma gli uomini a Notting Hill!
Il droghiere rimase per un po' con gli occhi vaganti e la bocca spalancata; e pareva un cetaceo. Si grattò l'occipite e non disse nulla. In fine pronunzio:
— Volete qualche cosa, signore?
Wayne girò lo sguardo per la bottega, un po' sbalordito, e scorgendo degli ananas canditi, li indicò con la punta del bastone.
— Sì, — disse, — prenderò questi.
— Tutti? domande il droghiere, imbarazzato al massimo grado.
— Si, si, tutti — rispose Wayne, sempre stupito, come uno che riceva una piccola doccia fredda.
Benissimo, signore. Grazie, signore — rispose il droghiere vivacemente. — Fate affidamento sul mio patriottismo, signore.
— Ci faccio grande affidamento — rispose Wayne, e uscì nella notte incombente.
Il droghiere rimise a posto la cassetta dei datteri.
— Che delizioso ragazzo! — diceva. E' strano vedere come sono simpatici; molto più di quelli che sono perfettamente a posto.
(GKC, Il Napoleone di Notting Hill - La lode del droghiere)

UOMO COMUNE
Tutti gli uomini sono uomini comuni; gli uomini straordinari sono quelli che si rendono conto di ciò (GKC)

DOMANDE ESISTENZIALI
Non credo che questo orribile silenzio della nostra epoca durerà a lungo, sebbene ritenga che al momento aumenterà. Che farsa la moderna larghezza di vedute! Nella moderna civiltà, libertà di parola significa in pratica che si può parlare solo di cose senza importanza. Non dobbiamo parlare di religione, perché è illiberale; non dobbiamo parlare di pane e formaggio, perché vuol dire parlare di negozi; non dobbiamo parlare della morte, perché è deprimente; non dobbiamo parlare della nascita, perché è indelicato. Non può durare. Qualcosa sopravvenga a infrangere questa strana indifferenza, questo strano egoismo sognante, questa strana solitudine di una folla di milioni di persone. Qualcosa deve interrompere tutto ciò. Perché non voi ed io? (GKC, Il Napoleone, III,II)

VEGETARIANI
Quanto al signor Mick, non soltanto è diventato vegetariano, ma la fine ha dichiarato che il vegetarianismo («quello spargimento del verde sangue degli animali silenziosi», secondo la sua definizione conclusiva) era stato sconfitto, preconizzando al tempo stesso che in un'èra più felice gli uomini avrebbero vissuto solamente di sale. Poi tuttavia è arrivato dall'Oregon (dove l'esperimento era stato effettuato) un opuscolo intitolato "Perché causare sofferenze al sale?", e si sono avute altre grane. (GKC, Il Napoleone, I)

DOGMA
E' curioso che vi siano persone che parlano di separare i dogmi dall'educazione. In verità i dogmi sono l'unica cosa che non può essere disgiunta dall'educazione: i dogmi sono l'educazione. Un insegnante non dogmatico è semplicemente un insegnante che non insegna. (GKC, What's wrong IV,IV)


PESSIMISMO
"L'investigatore comune va nelle bettole ad arrestare i ladri; noi andiamo per salotti culturali a scovare i pessimisti" (GKC, L'uomo che fu giovedì)

DOGMI
La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto. (GKC, Eretici, cap.20)

BABBO NATALE
"Personalmente è chiaro, io credo in Babbo Natale; ma è il tempo del perdono, e perdonerò gli altri che non ci credono". (GKC, La Nonna de Drago e altre serissime storie)

DOGMI
La religione è esattamente la cosa che non può essere lasciata fuori, perché include tutto. La persona più distratta non può preparare la sua valigia a soffietto e lasciare fuori la valigia. Noi abbiamo una visione generale dell’esistenza, che lo vogliamo o no; essa àltera, o per essere più precisi, crea e coinvolge tutto ciò che facciamo o diciamo, che lo vogliamo o no. Se consideriamo il cosmo come un sogno, consideriamo la questione fiscale come un sogno. Se consideriamo il cosmo come uno scherzo, consideriamo la cattedrale di St. Paul come uno scherzo. Se tutto è male, dobbiamo credere (se mai è possibile) che la birra sia un male; se tutto è bene, siamo ridotti alla conclusione piuttosto fantastica che la filantropia scientifica sia un bene. Ogni uomo della strada deve serbare un sistema metafisico, e serbarlo con fermezza. L’estrema possibilità ammissibile è che l’abbia serbato con tanta fermezza e così a lungo, da dimenticare tutto della sua esistenza.
Questa situazione è certamente possibile; di fatto, è la situazione dell’intero mondo moderno. ll mondo moderno è pieno di uomini che serbano i loro dogmi con tanta forza che non sanno neppure che si tratta di dogmi. Si può perfino dire che il mondo moderno, come un’unica entità, serbi certi dogmi con tanta forza da non sapere che si tratta di dogmi (GKC, Eretici, XX)

IDEALI
Gli uomini inventano nuovi ideali perché non hanno il coraggio di tentare di perseguire quelli vecchi (GKC, What's wrong, I.IV, Londra 1910)

SFRUTTAMENTO
"I nuovi tiranni vi diranno che l'evoluzione ha prodotto la lumaca e il gufo, dunque sarà in grado di produrre un operaio che non richieda più spazio di una lumaca e più luce di un gufo" (GKC, What's wrong, III, Londra 1910)

CARPE DIEM
La religione del carpe diem non è la religione di persone felici, bensì di persone molto infelici. La grande gioia non coglie i boccioli di rosa finché può; i suoi occhi sono fissati sulla rosa immortale che Dante poté vedere. La grande gioia ha in sé il senso dell’immortalità (Eretici, VII, GKC)

TESTIMONIANZA
Un uomo che ha fede deve essere pronto a diventare, non solo un martire, ma uno sciocco. È assurdo affermare che un uomo è pronto a tribolare e a morire per le sue convinzioni, quando non è pronto a portare un serto intorno alla testa in nome loro (Eretici, VI, GKC)

UOMO
Quando vediamo gli uomini quali veramente sono, noi non critichiamo, ma adoriamo; e del tutto a ragione. Perché un mostro con occhi misteriosi e pollici miracolosi, con strani sogni nel suo cranio, e una bizzarra tenerezza per questo posto o quel bambino, è davvero un’entità meravigliosa che incute spavento. (Eretici IV, GKC)

MODA
Milioni di miti uomini in giacchetta nera si dichiarano sani di mente e ragionevoli solo perché afferrano al volo la fola del momento, perché vengono sospinti da una pazzia all’altra dal maelstrom del mondo (Eretici, IV, GKC)

PROGRESSISTA
"Progresso dovrebbe significare che stiamo sempre in cammino verso la Nuova Gerusalemme. Significa in realtà che la Nuova Gerusalemme si sta allontanando da noi. Non stiamo modificando la realtà per adattarla all'ideale. Stiamo modificando l'ideale: è più facile" (Ortodossia, GKC)

PROGRESSISTA
Nessuno può essere progressista senza essere imbevuto di dottrina; potrei perfino dire che nessuno può essere progressista senza essere infallibile o, in ogni caso, senza credere in una qualche sorta d’infallibilità. Poiché il progresso, per la sua stessa definizione, indica una direzione; e nel momento in cui nutriamo un minimo dubbio sulla direzione, nutriamo un eguale dubbio sul progresso (Eretici, GKC)

PROGRESSISTA
L'uomo moderno dice: «Basta con le tue vecchie formule morali; io sono per il progresso». Questo, esposto in termini logici, significa: «Non stabiliamo che cosa sia il bene; ma stabiliamo se ne stiamo ottenendo una porzione maggiore» (Eretici, GKC)

ERETICI
Un uomo dovrebbe riconoscersi pazzo, prima di riconoscersi eretico. Il bohémien, con la sua cravatta rossa, dovrebbe farsi un vanto della sua ortodossia. Il dinamitardo, nell’atto di mettere una bomba, dovrebbe sentire che, qualunque altra cosa sia, perlomeno è ortodosso. (Eretici, GKC)

TRINITA'
Per noi trinitari, per noi Dio stesso è una comunità. È un mistero teologico senza fondo, ma questo triplice enigma è confortante come il vino e accogliente come un focolare inglese; ma dal deserto, dai luoghi dell'aridità e dei terribili soli vengono i crudeli figli del Dio solitario: i veri unitari che con la scimitarra in mano hanno devastato il mondo. Perché non è bene che Dio sia solo (GKC)

UOMO COMUNE
Dio ama la gente comune perché ne ha fatta tanta (GKC)

DOGMI
L'uomo può essere definito come un animale che produce dogmi. Quando accumula dottrina su dottrina e conclusione su conclusione creando qualche formidabile schema filosofico o religioso, allora, nel solo significato legittimo di cui l'espressione è suscettibile, egli sta diventando sempre più umano.Gli alberi non hanno dogmi. Le rape sono di vedute singolarmente ampie (GKC, Eretici)

Edited by fra roberto - 21/9/2014, 15:18
view post Posted: 17/9/2014, 18:12 Tutto Chesterton - Aforismi
MUSSULMANI
Gli effetti di questa avventura contro un nemico possente e misterioso furono di un'importanza semplicemente enorme nella trasformazione dell'Inghilterra, come pure di tutte quelle nazioni che si andavano costituendo fianco a fianco con essa. Anzitutto, molte e straordinarie furono le cose che apprendemmo da ciò che il Saraceno faceva; secondariamente, maggiori e più straordinarie furono quelle altre cose che apprendemmo da ciò che egli non faceva. Vedendo coi nostri propri occhi alcune delle buone cose di cui mancavamo, fummo fortunatamente capaci di imitarlo. Invece, in tutte le nostre buone cose di cui egli mancava, la nostra fiducia in esse venne confermata a tal punto che divenne dura come il diamante. Può dirsi che i cristiani giammai furono così sicuri di aver ragione come quando portarono la guerra ai maomettani. Immediatamente si determinò quella caratteristica e naturale reazione destinata a produrre le cose migliori di ciò che chiamiamo arte cristiana, e specialmente quei grotteschi dell'architettura gotica, che non solo sono pieni di vita, ma anche aggressivamente polemici. L'Oriente, da un punto di vista ambientale e col suo fascino impersonale, non mancò di certo di stimolare lo spirito occidentale; però lo fece in maniera negativa, determinando cioè una breccia nel comandamento maomettano. In un certo qual modo i cristiani si trovarono nella condizione di caricaturisti, si sentirono cioè costretti a dare un volto a tutti quegli ornamenti maomettani privi dì volto, a dare una testa a tutti quei serpenti decapitati, a posare degli uccelli su tutti quegli alberi senza vita. La statuaria sussultò e si animò del soffio vitale per effetto della proibizione nemica, che cosi diventò una benedizione. L'immagine, solo perché era chiamata idolo, diventò non solo una bandiera ma anche un'arma. Uno sterminato esercito di pietra balzò su tutti gli altari e in tutte le strade d'Europa. In tal maniera gli iconoclasti fecero molte più statue di quanto non ne distrussero (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

MUSSULMANI
Ma il punto che da la spiegazione di tutto il fenomeno delle Crociate è questo: per esse il «di fuori» non era l'infinito, come nella religione moderna. Tutti i «di fuori» erano dei luoghi. Il mistero della località, con tutto ciò che ha di presa sul cuore umano, era presente in tutte le cose più eteree del cristianesimo alla stessa maniera come era assente nelle cose più pratiche dell'islamismo: l'Inghilterra derivava una cosa dalla Francia, la Francia dall'Italia, l'Italia dalla Grecia, la Grecia dalla Palestina, la Palestina dal Paradiso. Era più che naturale che il contadino si facesse benedire la casa dal prete della chiesa parrocchiale, il quale era stato investito dei suoi poteri da Canterbury, che a sua volta era stata investita da Roma. Tuttavia non è da credersi che questa stessa Roma adorasse se stessa, come nell'epoca pagana. Roma guardava verso oriente alla misteriosa culla del suo credo, a una località di cui anche l'umile terra diceva santa. E allorché un giorno vi volse gli occhi, vide la faccia dell'Infedele; vide ergersi nel luogo che era il suo paradiso terrestre un gigante vorace emerso dal deserto e che tutti i luoghi considerava eguali. Abbiamo ritenuto necessario soffermarci sulle emozioni più intime che animarono le Crociate, perché il lettore moderno è completamante ignaro di quelli che furono i peculiari sentimenti dei suoi padri. La lotta tra cristianesimo e islamismo non fu affatto una semplice lite tra due uomini che volevano ambedue Gerusalemme; fu una faccenda molto più mortale, tra un uomo che voleva Gerusalemme e un altro che non riusciva a capire perché la volesse. Il maomettano, ovviamente, aveva i suoi luoghi santi; però non li aveva mai considerati come un occidentale può considerare un campo o un tetto; non poteva pensare che la santità potesse concretizzarsi in una località. L'austerità che limitava la sua immaginazione, la guerra che continuamente spostava verso altri luoghi e che gli impediva di riposarsi; sono questi i due elementi che lo rendevano estraneo a tutto ciò che prepotentemente erompeva d'ogni parte e fioriva nei nostri patriottismi locali. E questa estraneità se ha dato ai Turchi un impero, non gli ha mai dato una nazione (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

BENEDIZIONE
Lo spirito medioevale amava la parte ch'esso aveva nella vita come una parte, non già come un tutto: la sua posizione privilegiata nella vita derivava da qualcosa d'altro. Si racconta una storiella a proposito di un monaco benedettino che soleva volgere il saluto nel comune bisticcio "Benedictus benedicat"; al che una volta un illetterato francescano rispose: "Franciscus franciscat". È quest'aneddoto come una parabola dell'intera storia medioevale; perché se vi fosse stato un verbo "franciscare" non altro avrebbe potuto significare se non ciò che San Francesco ebbe a compiere. Ma questo più forte misticismo individualistico si trovava ancora nella culla, e il "Benedictus benedicat" può considerarsi il motto del Medio Evo più antico. Intendo con ciò dire che non c'è cosa che non sia benedetta dal di fuori, da qualche cosa che a sua volta è stata benedetta dal di fuori, e così di seguito: solo chi è benedetto può benedire (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

MUSSULMANI
Un seicento anni dopo la nascita del Cristianesimo in Oriente e il suo diffondersi verso Occidente, un'altra grande fede era sorta quasi nelle stesse contrade orientali e si era messa a seguire il cristianesimo come fosse la sua gigantesca ombra. Come un'ombra, era nel contempo una copia e l'opposto. Noi gli abbiamo dato il nome dì islamismo o religione di Maometto, e forse la sua caratterizzazione più esplicativa si ha definendolo l'ultimo rigurgito dell'accumulato orientalismo, o forse dell'accumulato ebraismo, sempre più rigettato indietro via via che la Chiesa diventava europea e il cristianesimo si mutava in cristianità. Il motivo animatore della nuova religione era l'odio contro gli idoli, e dal suo punto di vista l'Incarnazione era in sé stessa un'idolatria. Le due cose che più perseguitava erano l'idea di Dio fattosi carne e quella del suo posteriore mutarsi in legno o pietra. Un esame dell'elemento che covava sotto l'avanzata, simile ad una prateria in fiamme, della conversione cristiana, suggerisce l'ipotesi che questo fanatismo contro l'arte o la mitologia fosse nell'istesso tempo uno sviluppo e una reazione alla conversione, una specie di difesa del diritto delle minoranze fatta dagli Ebrei. In questo senso, l'islamismo può considerarsi un'eresia cristiana. Le prime eresie erano state rigurgitanti di reversioni ed evasioni dall'Incarnazione, proponendosi esse di salvare il loro Cristo dalla realtà del suo corpo, sia pure a spese della sincerità della sua anima. Cosi, per esempio, gli iconoclasti greci si erano riversati in Italia, facendo a pezzi le statue del popolo e denunziando l'idolatria del papa, finché furono messi in rotta, in una maniera assai simbolica, dalla spada del padre di Carlomagno. Furono tutte le deluse amarezze lasciate da queste repressioni che s'incendiarono a contatto del genio di Maometto e lanciarono dalle ardenti terre una carica di cavalleria che fu quasi sul punto di conquistare tutto il mondo. E se a questo punto qualcuno fa osservare che non vale la pena spendere parole su una questione orientale in un libro di storia inglese, ebbene, c'è da rispondere che questo volume può sì contenere delle digressioni, ma non è in se stesso una digressione. È assolutamente importante tener fermo che il dio ebraico perseguita il cristianesimo come uno spettro; e ciò dovrebbe essere ricordato in ogni angolo d'Europa, ma specialmente nel nostro. Se qualcuno mette in dubbio tale necessità, che vada a farsi una camminata, entro un raggio di trenta miglia, qualunque sia il posto d'Inghilterra che abiti, e visiti tutte le chiese parrocchiali; s'informi poi perché quella Vergine di pietra è decapitata o manca quel vetro colorato: non mancherà di apprendere allora che non molto fa, anche nei luoghi che gli sono più familiari, ritornò l'estasi dei deserti, e che la sua pallida isola nordica si riempi della furia di nuovi iconoclasti (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

STRANIERI
In nessuna cosa il tedesco moderno è più moderno, o più pazzo, che nella sua mania di trovare un nome tedesco per ogni cosa; si mangia il vocabolario, ovverossia, in altre parole, si morde la lingua. Di contro gli uomini del Medio Evo in nessuna cosa erano più liberi e assennati che nel far propri nomi e emblemi che venivano da oltre i loro più cari confini. I monasteri non solo accoglievano spesso lo straniero, ma anche quasi lo canonizzavano; un autentico avventuriero come Bruce fu fatto salire sul trono e ringraziato, come se fosse realmente un cavaliere errante. Del pari, comunità appassionatamente patriottiche assai sovente assunsero uno straniero per santo patrono; e così moltitudini di santi erano irlandesi, ma San Patrizio non era tale. Così pure, via via che gli Inglesi s'avviavano a diventare nazione, si lasciarono dietro gli innumerevoli santi sassoni, trascurarono non solo la santità di Sant'Eduardo ma anche la sicura fama di Alfredo, e si misero ad invocare san Giorgio, un eroe per metà mitico che era andato a combattere in un deserto orientale contro un impossibile mostro (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)


SALVEZZA
In qualsiasi angolo intellettuale della modernità si può leggere qualche frase analoga a quella che mi è capitata di recente in una polemica giornalistica: «La salvezza, come molte altre buone cose, non deve venirci dal di fuori»; chiamare esterna e non interna un'entità spirituale è la principale maniera che usano i modernisti per lanciare la loro scomunica. Per quanto mi consti personalmente, un bambino non ricava il miglior cibo materiale succhiandosi il pollice e del pari un uomo non ritrae il miglior cibo morale succhiandoci l'anima e negando la sua dipendenza da Dio. (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

GRATITUDINE
Io sosterrò sempre che il ringraziamento è la più alta forma di pensiero, e che la gratitudine non è altro che una felicità raddoppiata dalla sorpresa (Chesterton, Piccola storia d'Inghilterra)

ARTE MEDIEVALE
Adesso supponiamo di paragonare le gigantesche banalità delle gigantografie pubblicitarie con quelle minuscole e straordinarie pitture nelle quali gli uomini del Medioevo registravano i propri sogni; minuscole immagini in cui il cielo è a malapena più lungo di un singolo zaffiro, e i fuochi del giudizio sono una lillipuziana macchia d'oro. La differenza non risiede soltanto nel fatto che il poster pubblicitario rappresenta una forma d'arte naturalmente più frettolosa dell'arte miniata; e nemmeno nel fatto che l'artista antico era al servizio del Signore, mentre l'artista moderno è al servizio dei Lord. La differenza sta nel fatto che l'artista antico si sforzava di trasmettere l'impressione che i colori fossero davvero cose preziose e importanti, come gioielli o talismani. Il colore era spesso arbitrario, ma era sempre autorevole. Se un uccello era blu, se un albero era d'oro, se un pesce era d'argento, se una nuvola era vermiglia, l'artista riusciva a trasmettere l'idea che quei colori erano importanti e quasi dolorosamente intensi; il rosso intenso e l'oro erano stemperati nel fuoco. Ebbene, è questo lo spirito che le scuole devono ricuperare e proteggere, se davvero intendono stimolare l'immaginazione dei bambini e rendere loro piacevole lo studio. Non si deve usare licenza nei colori, ma al contrario recuperare una sorta di fiammante parsimonia. Negli stemmi araldici essa cingeva un verde campo non diversamente dal recinto che delimitava un campo verde di proprietà di un contadino; non sprecava le foglie d'oro proprio come non buttava via le monete d'oro; non profondeva senza necessità il color porpora o il color cremisi, più di quanto versasse in terra buon vino o sangue innocente. Questo è il duro compito che i teorici dell'educazione devono affrontare nel campo specifico: devono insegnare alla gente ad assaporare i colori come i liquori. Li attende il faticoso compito di trasformare degli ubriaconi in assaggiatori di vino (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)


EDUCAZIONE
Un bambino piccolo, figlio di un piccolo commerciante, che vive in una piccola casetta, viene istruito a mangiare il suo breakfast, a prendere la sua medicina, ad amare il suo paese, a dire le preghiere e a mettersi il vestito buono la domenica. Ovviamente, se il ragazzo è stato adottato da Fagin, imparerà a bere gin, a mentire, a tradire il proprio paese, a bestemmiare e a indossare baffi finti. Ma anche il vegetariano signor Salt abolirebbe il breakfast del bambino; la signora Eddy butterebbe via la sua medicina; il conte Tolstoj lo sgriderebbe per il fatto di amare il proprio paese; il signor Blatchford gli impedirebbe di dire le preghiere ed Edward Carpenter, in teoria, denuncerebbe il vestito buono e forse tutti i vestiti. Ora, io non difendo alcuna di queste idee progressiste, nemmeno quelle di Fagin. Mi domando, tuttavia, che cosa sia diventata, in mezzo a tutta quella gente, l'entità astratta chiamata educazione. Non accade, come si potrebbe supporre, che il commerciante insegni l'educazione e il cristianesimo; Salt l'educazione e il vegetarianesimo; Fagin l'educazione e il crimine. In realtà questi insegnanti non hanno nulla in comune, eccetto il fatto che insegnano. In breve, l'unica cosa che li accomuna è la sola cosa che detestano apertamente: il comune concetto di autorità. È curioso che vi siano persone che parlano di separare i dogmi dall'educazione. Invero i dogmi sono l'unica cosa che non può essere disgiunta dall'educazione: i dogmi sono l'educazione. Un insegnante non dogmatico è semplicemente un insegnante che non insegna (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)

OGGETTI
Date un'occhiata alla stanza in cui siete seduti e scegliete tre o quattro oggetti che hanno accompagnato l'uomo fin dall'inizio, che ci sono noti dall'alba della storia. Supponiamo che vediate un coltello sul tavolo, un bastone in un angolo, o un fuoco nel camino. Noterete che ognuno di quegli oggetti ha una particolarità: non ha nulla di particolare. Ognuno è ancestrale, universale, ed è fatto per supplire ai bisogni più disparati; i goffi pedanti indagano per trovare le cause e le origini delle vecchie usanze, ma la verità è che esse hanno cinquanta cause o cento origini. Il coltello serve a tagliare il legno, il formaggio, a far la punta alle matite, ma anche a tagliare gole; si adopera per una miriade di ingegnosi o innocui usi umani. Il bastone serve per tener dritto un uomo, per atterrarlo, per indicare, per bilanciarsi nel caso degli equilibristi, per cincischiarvi come con una sigaretta, per uccidere usandolo come se fosse il manganello di un gigante. È una stampella e un randello, un prolungamento del dito indice e una gamba di riserva. Del tutto simile è il caso del fuoco, a proposito del quale in epoca moderna sono sorte le più strane opinioni. Esiste per scaldare le persone, per far loro luce al buio, per confortarle, per tostare i loro muffin, per rendere confortevoli le loro stanze, per cuocere le loro castagne, per raccontare storie ai loro bambini, per gettare ombre sui loro muri, per far bollire in fretta il contenuto delle loro teiere e per essere il cuore rosso della casa di un uomo: il focolare per difendere il quale, come dissero i grandi pagani, un uomo dovrebbe essere pronto a morire. Orbene, una delle caratteristiche più vistose della modernità in cui viviamo è la seguente: la gente propone di continuo sostituti per gli strumenti antichi come quelli sopra descritti; tali sostituti, immancabilmente, servono a un solo uso, mentre i vecchi utensili svolgevano dieci funzioni diverse. L'uomo moderno si balocca con una sigaretta invece che con un bastone, fa la punta alla matita con un temperino invece che con il coltello e per scaldarsi si affida coraggiosamente al tubo dell'acqua calda invece che al fuoco. Ho i miei dubbi sul fatto che i temperini siano utili anche soltanto per far la punta alle matite e non sono sicuro che il tubo dell'acqua calda serva davvero a scaldarsi. Ma quando pensiamo a tutte le altre esigenze alle quali le vecchie istituzioni rispondevano, la buffoneria della nostra civiltà si rivela ai nostri occhi in tutto il suo orrore. Ci appare la visione di un mondo in cui tentiamo di sgozzarci con il temperamatite, di dare randellate con una sigaretta; di tostare un muffin appoggiandolo a una lampada elettrica, e di vedere torrioni rossi e dorati sulla squallida superficie dei tubi dell'acqua calda (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)

LIBERO ARBITRIO
Ogni bambino è di per sé simbolo e sacramento della libertà personale. È un nuovo libero arbitrio che si aggiunge ai liberi arbitri del mondo. (G. K. Chesterton)


OZIO
«A duecento metri di distanza», disse, «vivono tutti i vostri conoscenti d’alto bordo, che non hanno nient’altro da fare nella vita che guardarci e guardarsi in faccia. Noi ce ne stiamo qui, su questo poggio, come fosse una vetta della fantasia, un Sinai dell’umorismo. Siamo su un pulpito, o su una pedana, illuminati dal sole, e mezza Londra è in grado di vederci. Bada a te, nel propormi di fare questo o quello. Perché in me si nasconde una follia che va oltre il martirio, la follia di un uomo totalmente ozioso» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

DOGMI
Basterà un cambiamento minimo nell’attuale clima dell’etica finanziaria, e quando l’astuta e vigorosa mentalità affaristica si sarà liberata dell’ultima paralizzante influenza dei dogmi inventati dai preti, il giornalismo e la pubblicità mostreranno per i tabù di oggi la stessa indifferenza che oggi mostrano per i tabù del medio evo. La rapina sarà spiegata come lo è l’usura, e per tagliar gole non occorreranno più sotterfugi di quanti ne occorrono per dominare il mercato. Le edicole risplenderanno di titoli quali "La falsificazione in quindici lezioni" e "Perché sopportare l’infelicità matrimoniale?", e si avrà una divulgazione dell’avvelenamento pienamente scientifica, quanto lo è la divulgazione del divorzio e del controllo delle nascite.
(Chesterton, Come si scrive un giallo)

BAMBINO
«Dal momento che l’albero cade, giacerà», disse. «Stando al giudizio degli uomini, sono parole deprimenti. Invece c’è in esse l’essenza di ogni possibile esultanza. In questo momento faccio quello che ho fatto per tutta la mia vita, ciò che rappresenta la sola felicità, la sola universalità. Mi abbarbico a qualcosa. E se il qualcosa cade, lasciamo che cada. Uomini sciocchi, voi vi aggirate e contemplate i regni della terra, e siete saggi, cosmopoliti, liberali, il che è tutto quanto il diavolo può darvi - tutto ciò che poteva recare in dono al Cristo solamente per esserne respinto. Io invece faccio quello che fa il vero savio. Nel momento in cui un bambino corre in giardino e si afferra a un albero dicendo “Voglio che questo albero sia la sola cosa che posseggo”, le radici si appigliano all’inferno e i rami si appendono alle stelle. La gioia che io provo è la stessa che conosce un amante quando per lui una donna è tutto. È ciò che sperimento quando Notting Hill è tutto. Io possiedo una città. Lasciamo che resti in piedi, oppure che cada» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

APPARENZA
Ah, ecco Barker che si muove. È migliorato, Barker, e di molto. Non è solo questione di piume, bisogna avere anche un’anima, nella vita quotidiana (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

TESTIMONIANZA
«Che sia questa», disse, quasi interrogandosi, «la fine del buon Wayne? Accendere se stesso fino a dissolversi nella propria fiamma? Che sia questa la sua vittoria? Che ora Wayne, il mio impareggiabile Wayne, sia solo un Wayne qualsiasi in un mondo di Wayne? Che sia stato conquistato dalla sua conquista diventando uno stereotipo comune? Il signor Mead, di professione droghiere, avrebbe facoltà di esprimersi a livello del signor Wayne? Mio Dio, che strano mondo è questo, in cui un uomo non ha il diritto alla propria esclusiva, il diritto a rimanere un unico esemplare, nemmeno prendendosi la briga di diventare matto!» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

MORTE
Con il nostro spirito fiacco, empiremmo della nostra decrepitudine l'eternità, se non fossimo mantenuti giovani dalla morte. La Provvidenza ci ha tagliato l'immortalità a pezzetti, come la nutrice taglia a bastoncelli il pane imburrato al bambino (Chesterton, Le avventure d'un uomo vivo, dal blog dell'Uomo Vivo)

GIOCARE
Vorrei che non fossimo obbligati a sprecare in cose frivole, quali le letture e la letteratura, il tempo che potremmo dare ad un lavoro solido, serio e costruttivo, come il ritagliare figure di cartone, ed impiastrarvi su vivaci colori (Chesterton, Autobiografia)

FAMIGLIA
Se un uomo, una donna e un bambino si mettono nuovamente a vivere insieme in un libero regno casalingo, queste antiche relazioni reciproche ricompariranno; e Hudge si dovrà rassegnare. Potrà evitare tutto questo solo distruggendo la famiglia, portando entrambi i sessi a vivere in alveari e sciami asessuati, e allevando tutti i bambini come figli dello stato – come Oliver Twist. (Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo, in blog Uomo Vivo)


ANTIQUARIO
«Come vanno i suoi commerci, o singolare custode del passato?» esordì Wayne in tono affabile.
«Non troppo bene, signore, a dire il vero», rispose l’uomo con quella voce rassegnata, tipica del suo ceto, una tra le cose più strazianti che vi siano al mondo. «È tutto molto fermo, terribilmente fermo».
Gli occhi di Wayne ebbero un bagliore improvviso.
«Ben detto», esclamò. «Ecco le parole degne di un negoziante la cui merce s’identifica con la storia umana. “Terribilmente fermo”: due semplici parole racchiudono lo spirito di questa nostra epoca, quale l’ho percepito sin dalla culla. Spesso mi sono domandato quante fossero le persone che al pari di me avvertivano l’oppressione di questo connubio fra la quiete e il terrore. Vedo strade insulse e ben tenute, e uomini in nero che circolano, tetri in volto. E le cose vanno avanti così, giorno dopo giorno, senza che mai succeda nulla. Ma per me è come un sogno, dal quale potrei svegliarmi con un grido. Per me l’andamento uggioso e rettilineo della vita è come quello di una sottile funicella tesa al massimo. Il suo silenzio è terrificante. Di colpo la funicella si potrebbe spezzare con il fragore di un tuono. E lei che siede fra le macerie delle guerre, lei che siede in un campo di battaglia, sa che la guerra è meno atroce di questa pace sciagurata. I giovanotti sfaccendati - lei lo sa bene - che cinsero queste spade regnando Francesco o Elisabetta, il brutale Barone o il Cavaliere che fece roteare questa mazza nelle battaglie di Piccardia o del Northumberland erano forse terribilmente rumorosi, ma non erano come noi: terribilmente fermi» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

CROCIFISSO
La crocifissione è comica. Squisitamente buffa. Era un modo d’impalare e inchiodare riservato alla gente che si voleva mettere alla gogna, agli schiavi, agli abitanti delle province dell’impero; ai dentisti e ai negozianti, come direbbe lei. Ma la tirannia che si esprime in questa forma di comicità non ha il grande potere che lei crede. San Pietro è stato crocifisso, e a testa in giù. Cosa potrebbe esserci di più esilarante di un venerando apostolo con le gambe all’aria? Cosa potremmo immaginare di più consono allo stile del vostro umorismo moderno? Ma che scopo aveva la faccenda? Diritto o capovolto, Pietro era Pietro, per l’umanità. Capovolto, sovrasta ancora l’Europa, e milioni di individui vivono e operano nella sua Chiesa (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

SERIETA'
Quello che ti ho detto tanto tempo fa è assolutamente vero, James Barker, la serietà fa impazzire la gente. Tu sei pazzo perché dai peso alla politica, pazzo come un uomo che collezioni i biglietti del tram. Buck è pazzo perché gli premono i quattrini, pazzo come un uomo che campi d’oppio. Wilson è pazzo perché crede di esser giusto, pazzo come un uomo che creda d’essere il Signore Onnipotente. Il Sindaco di West Kensington è pazzo perché è convinto di essere rispettabile, pazzo come un uomo che creda di essere un pollo. Credevo che esistesse un unico umorista in Inghilterra. Imbecilli! Idioti! Aprite quei vostri occhi bovini. Ce ne sono due! A Notting Hill, su quella modesta collinetta che non sembra prometta nulla, è nato un vero artista! Credevate di rovinarmi tutto il gioco, di rompermi le scatole e buttare tutto all’aria diventando sempre più moderni, sempre più pratici, razionali, affaccendati. Ah, che spasso è stato rispondervi diventando sempre più augusto, più solenne, più affabile e all’antica! Ma questo giovincello ha scoperto il modo di mettermi nel sacco. Mi ha risposto per le rime, con le stesse vanterie, con la stessa magniloquenza. Ha levato l’unico scudo che io non so rompere, lo scudo di una pomposità impenetrabile. Ascoltatelo, dunque. Mio caro Lord, è forse venuto per la faccenda di Pump Street?»
«Sono venuto per la città di Notting Hill», rispose fieramente Wayne. «E di Notting Hill, Pump Street è un elemento gioioso e vitale».
«Sì, ma una parte estremamente limitata», intervenne Barker, sprezzante.
«Sufficientemente vasta per suscitare la concupiscenza dei ricchi», ribattè Wayne ergendo il capo. «Sufficientemente vasta perché i poveri la vogliano difendere!»
(Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

MATRIMONIO
Con la benedizione del matrimonio si riceve la forza per amarsi ed essere fedeli l'uno all'altra e in quanto sacramento, la grazia di portare su di sé i limiti e gli errori dell'altro come fossero i propri. Qualsiasi marito e qualsiasi moglie sbaglia a volte così come ogni madre a volte sbaglia col figlio. Non siamo onniscienti e onnipotenti: non vediamo tutti gli elementi, non possiamo controllare nemmeno quelli che vediamo e l'egoismo umano a volte gioca brutti scherzi inconsci anche nel cuore più adorabile. In altre parole, non siamo Dio e guai a chi venera idoli anche all'interno del matrimonio. Ma una volta che ci si rende conto di questo, una volta che Dio è messo sul trono, nel matrimonio entra un enorme potere, per cui gli errori e i peccati dei due che sono stati fatti uno, possono servire per la reciproca santificazione." (Chesterton, Time's Abstract and Brief Chronicle, 1905; citato in La Ballata del Cavallo Bianco, Raffaelli Editore, Seconda Edizione 2011)

NOMI DI LUOGO
«Non riesco a capire», disse, «perché la gente trova che in campagna i nomi delle località siano più poetici di quelli dei quartieri londinesi. Futili romantici se ne vanno in giro in treno e si fermano in posti che si chiamano Hugmy-in-the-Hole o Bumps-on-the-Puddle. E pensare che, se solo lo avessero voluto, avrebbero potuto andare ad abitare in un luogo dotato del divino, tenebroso nome di St John’s Wood. Non sono mai stato a St John’s Wood. Non oserei mai metterci piede. Avrei terrore della notte suscitata da innumerevoli abeti, d’imbattermi in una tazza rosso sangue e nel battito d’ali dell’Aquila. Ma tutte queste cose possono essere facilmente immaginate restandosene a rispettosa distanza nel treno per Harrow» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

QUARTIERI
“Domattina, alle dieci e venticinque, se la Volontà del Cielo mi avrà conservata la vita, propongo di emanare un proclama. È stato il lavoro di una vita, della mia vita, ed è pressoché a metà. Con l’ausilio di un whisky e soda, questa notte porterò a termine l’altra metà, e domani il mio popolo avrà agio di prenderne visione. I quartieri in cui siete nati, e in cui sperate che un giorno riposeranno i vostri resti mortali - Hammersmith, Kensington, Bayswater, Chelsea, Battersea, Clapham, Balham e cento altri - verranno riportati al loro antico splendore. Ognuno si affretterà a erigere una cerchia di mura munita di porte che verranno chiuse al tramonto. Ognuno avrà una sentinella armata fino ai denti. Ognuno avrà uno stemma, un gonfalone e, quando fosse opportuno, un grido di adunata. Ora non voglio indugiare sui particolari, il mio cuore trabocca di emozione. I dettagli verranno inclusi nel proclama. Nondimeno, voi tutti sarete assoggettati all’arruolamento nelle schiere delle locali sentinelle cittadine, e verrete convocati dai rintocchi di una campana, che quando suona in questo modo viene chiamata Campana a Martello. Se pertanto qualcuno di voi si trovasse ad avere in casa propria un’alabarda o qualcosa di simile, gli suggerisco di allenarsi a maneggiarla in giardino”» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

MEMORIA
Dica tutto questo all’Associazione, Bowler. Ricordi chiaramente ogni mia parola perché la cosa è di estrema importanza e ho già dimenticato tutto (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

UMORISMO
Tutti sono contegnosi in pubblico e divertenti in privato. Il mio senso dell’umorismo mi suggerisce il contrario: esorta a essere buffi in pubblico e austeri in privato. Desidero trasformare le funzioni dello Stato, il parlamento, l’incoronazione in una rumorosa e ridanciana pantomima vecchio stile. Ma d’altro canto, io mi chiudo per due ore al giorno in un ripostiglio, dove mi comporto con tanta dignità che quando esco mi sento male (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

SERIETA'
I pazzi sono sempre seri. Impazziscono per mancanza di umorismo (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

CIVILIZZAZIONE
Se dissentiamo, pur col massimo rispetto, dall’entusiasmo nicaragueno, non è perché una nazione o cento nazioni vi si erano schierate contro, ma perché la civiltà vi era nemica. Noi uomini d’oggi riponiamo fede in una grande civiltà cosmopolita, destinata a conglobare tutti i talenti dei popoli assimilati...»
«Voglia il Senor perdonarmi», intervenne il Presidente, «posso domandargli come fa, in circostanze normali, a catturare un cavallo selvaggio?»
«Non ne catturo mai», ribattè Barker in tono grave.
«Appunto», disse l’altro, «e qui finisce la sua assimilazione di talenti. Ecco cosa deploro, nel suo cosmopolitismo. Quando lei dice di volere l’unione di tutti i popoli, in realtà vuole che tutti i popoli si uniscano per imparare i trucchi del suo. E questo che intende dire. Se un beduino arabo è analfabeta, occorre mandargli un missionario o un maestro inglese per insegnargli a leggere, ma nessuno si sogna di dire: “Questo maestro non sa andare a cavallo di un cammello, paghiamo un beduino perché gli insegni a cavalcarlo”. A sentir lei, la sua civiltà congloberà tutti i talenti. Ma sarà vero, poi? Lei è davvero persuaso che il giorno in cui gli esquimesi avranno imparato a votare per il Consiglio di contea, lei avrà imparato a fiocinare un tricheco? Ritorno al mio esempio. In Nicaragua usavamo catturare i cavalli selvaggi bloccandone le zampe anteriori con un lazo, secondo il metodo reputato migliore in Sud America. Se si propone di includere tutti i talenti, vada a farlo anche lei. In caso contrario, mi consenta di ripetere quello che ho detto tante volte: quando il Nicaragua è stato civilizzato, il mondo ha perduto qualcosa». (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

PAZZIA
«Che cosa pensi di lui?»
«È al di là delle mie facoltà di comprensione», rispose Barker. «Ma se chiedessi la mia opinione in proposito, ti direi che è stato un uomo con il gusto del nonsenso, come si suoi dire - buffonate artistiche e questo genere di cose. E sono seriamente persuaso che abbia parlato a tal punto a base di nonsensi, da lasciare sbalordita la sua stessa mente e che ignori la differenza tra sanità e insanità mentale. Ha fatto il giro del mondo cerebrale, se così posso esprimermi, e ha scoperto il luogo in cui l’Est e l’Ovest sono un tutt’uno, e l’imbecillità totale vale né più né meno del buonsenso. Ma non posso spiegare questi tranelli psicologici» (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

GUARDARE
Esiste una legge scritta nel più tenebroso fra i Libri della Vita: se guardi una cosa novecentonovantanove volte, puoi dare per certo di esser salvo; se la guardi mille, corri il pericolo terribile di vederla per la prima volta (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)


STUPIDITA'
All’inizio del ventesimo secolo non si riusciva a comprendere quale fosse il campo d’azione per le persone intelligenti. Erano così comuni, che un uomo stupido era quasi un’eccezione, e quando veniva individuato la gente lo incalzava per le vie, lo inseguiva a frotte, lo teneva in grande onore e gli affidava un’altissima carica di Stato (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

UMANITA'
Sul piano individuale gli uomini, mangiando, dormendo, tramando, possono presentarsi secondo apparenze più o meno razionali. Ma l’umanità, vista nel suo complesso, è mutevole, volubile, enigmatica, dilettevole. Gli uomini sono uomini, ma l’Uomo è una donna (Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill)

UOMO COMUNE
Non soltanto siamo tutti nella stessa barca, ma abbiamo tutti il mal di mare (Chesterton, Ciò che non va nel mondo)

DONNE
Diecimila donne sfilarono un giorno per le strade di Londra al grido di "non vogliamo che ci venga dettato niente" e poco dopo si convertirono in dattilografe (Chesterton)

STUPORE
È l’umiltà che rinnova eternamente la terra e le stelle. La maledizione che sopravvenne prima della storia ha steso su noi tutti una tendenza a stancarci delle meraviglie. Se noi lo vedessimo per la prima volta, il sole sarebbe la più bella e spaventevole delle meteore. Ora che lo vediamo per la centesima volta, lo chiamiamo, nell’orribile espressione blasfema di Wordsworth, «la luce del giorno comune». Noi siamo inclini ad accrescere le nostre pretese. Siamo inclini a chiedere sei soli, a chiedere un sole blu, a chiedere un sole verde. L’umiltà ci riporta costantemente nel buio primevo. Lì tutta la luce è lampeggiante, sconvolgente e istantanea. Fino a che non capiremo quel buio primevo, in cui non abbiamo né vista né aspettativa, non potremo rivolgere nessuna lode calorosa e infantile allo splendore sensazionale delle cose (Chesterton, Eretici)

UMILTA'
Ciò di cui soffriamo oggigiorno è di una umiltà fuori posto. La modestia si è spostata dall’organo dell’ambizione a quello della convinzione, dove non è stata mai concepita di essere. Un uomo ha diritto di dubitare di sè stesso, non della verità; questa proposizione è stata esattamente rovesciata. Oggigiorno ognuno crede esattamente in quella parte dell’uomo in cui dovrebbe non credere: se stesso, e dubita esattamente in quella parte in cui non dovrebbe dubitare: la ragione divina (Chesterton, Eretici)

INCARNAZIONE
Quelli che non partono dal fine corporeo delle cose sono degli insolenti. Ogni anima umana deve provare su se stessa la gigante umiltà dell’Incarnazione. Ogni uomo deve vestirsi della carne per poter incontrare l’umanità. (Chesterton, Cosa c’è di sbagliato nel mondo)

SERIERA'
La parola «serio» ha un doppio significato ed un doppio uso ; un brutto impiccio davvero per un dizionario. Essa vuoi dire talvolta solenne, talaltra vuoi dire sincero; ma una breve esperienza di vita pubblica e privata sarà sufficiente a dimostrare che la maggior parte degli uomini solenni sono insinceri; come uno studio più fine ed approfondito vi dimostrerà che la maggior parte delle persone sincere non sono in genere solenni (Chesterton, Shaw)

PROGRESSO
Tutti i primi lavori di Shaw recavano implicita l’idea che non solo l’umanità compie continui progressi, ma che tutto va considerato alla luce di questo fatto. Più di una volta pare che egli voglia sostenere paragonando i drammaturghi del 16° secolo con quelli del 19°, che questi ultimi hanno un ben definito vantaggio sui primi semplicemente perché appartentengono al 19° secolo invece che al 16°. Una volta, accusato di impertinenza nei confronti del più grande dei poeti dell’età di Elisabetta, rispose: « Shakespeare è molto più grande di me, ma io gli sto sulle spalle». Epigramma questo che esprime il suo pensiero con caratteristico nitore. Ma Shaw cadde dalle spalle di Shakespeare con uno schianto. La teoria cronologica secondo cui Shaw stava sulle spalle di Shakespeare, implicava logicamente la supposizione che Shakespeare stesse su quelle di Platone. E B. Shaw dovè constatare che Platone, nella sua sfera, era tanto più progredito di Shakespeare da concludere disperato che tutti tre erano su un piano di parità.
Il fallimento quasi totale dell’idea dell’uguaglianza umana è dovuto in buona parte al fatto che nessun partito, negli stati moderni, vi ha mai sinceramente prestato fede. I conservatori ed i radicali hanno entrambi presupposto che una data categoria di uomini fosse sostanzialmente superiore al resto dell’umanità. La sola differenza stava nel fatto che la superiorità dei conservatori era una superiorità di posizione, mentre quella dei radicali una superiorità di tempo. La obbiezione fondamentale da fare a Shaw che se ne stava sulle spalle di Shakespeare era quella dell’incomodo e dell’offesa che arrecava alla dignità personale del Poeta; una democratica obbiezione che si può fare a chiunque si trovi sulle spalle di un altro. L’elemento eterno che è nella natura umana si ribella all’idea di sottomettersi ad un uomo che detti legge soltanto per diritto di nascita. E comandare per diritto di secolo equivale a comandare per diritto di nascita. Shaw scoprì il suo amico più vicino nell’antica Atene, ed i suoi nemici più dichiarati in tempi a lui più vicini ; e così cominciò a rendersi conto dell’immutabilità delle condizioni umane nel tempo (Chesterton, Shaw)

NIETZSCHE
Nietzsche avrebbe veramente giovato a Shaw se gli avesse insegnato a sguainare una spada, a bere del vino, o persino a danzare. Egli invece riuscì soltanto a mettergli in testa una nuova superstizione, che probabilmente diverrà la principale superstizione dell’età oscura che l’avvenire ci riserba; alludo a quella del cosiddetto Superuomo. In una delle sue sentenze meno convincenti Nietzsche aveva detto che così come la scimmia aveva infine generato l’uomo, così noi avremmo dovuto generare qualcosa di migliore dell’uomo. L’obbiezione più ovvia è naturalmente questa: la scimmia non si è preoccupata dell’uomo; perché mai dovremmo noi preoccuparci del Superuomo! Se ad esso si arriverà tramite una selezione naturale, perché non lasciare che sia la selezione naturale ad impicciarsene! Se poi al Superuomo si deve arrivare tramite una selezione umana, che genere di Superuomo dovremo scegliere? Se egli ha da essere solo più giusto, più coraggioso, più pietoso, allora Zaratustra diventa un qualsiasi maestro elementare; se la sola maniera per giungere al Superuomo è quella di essere più giusti, più leali più pietosi, il consiglio è ottimo, ma non si può dire costituisca una novità. Se invece il Superuomo dovrà avere altri requisiti che questi, cosa potremmo noi desiderare di meglio o di più? Tali domande sono state poste svariate volte ai nicciani, ma nessuno di essi ha mai tentato di rispondervi (Chesterton, Shaw)


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Nietzsche aveva un meraviglioso intuito poetico, ed è stato uno dei più grandi retori della età moderna. Aveva il dono di dire cose che per un momento incantano la ragione per la loro enorme irragionevolezza; come ad esempio: «La vita sembra intollerabile senza la prospettiva della immortalità ; ma perché mai la vita non dovrebbe essere intollerabile?» Tutta la sua opera è pervasa dai sussulti e dalle febbri della sua vita fisica, che era afflitta da una pessima salute; tanto che all’inizio della maturità la sua mente meravigliosa piombò nel buio e nell’impotenza. Tutto ciò che v’è di valido nella sua dottrina è questo: se una persona che va a cavallo fa una bella figura, è inutile dirgli che sarebbe più economico andare a dorso d’asino o più umano servirsi di una bicicletta. In altri termini, il conseguimento della dignità, della bellezza, della gloria, è da definirsi a rigore cosa ottima. Non so se Nietzsche si sia mai servito di questo argomento, ma a me sembra che tutto ciò che v’è di sano ed accettabile in lui sia ciò che è implicito ad una sola parola: «valore». Valore inteso come valeur; come coraggio che è in sé un bene concreto, una virtù fondamentale; valore che di per sé vale. Nel sostenere ciò Nietzsche non faceva che entrare nel gioco di quella grande altalena protestante che è stato lo svago principale dell’Europa settentrionale sin dal 16° secolo. Egli credeva di ribellarsi contro la morale antica, mentre in effetti si ribellava contro una morale recente, contro la insulsa impudenza degli utilitaristi e dei materialisti. Egli credeva di ribellarsi al Cristianesimo, mentre, strano a dirsi, si ribellava solo contro i dichiarati nemici del Cristianesimo, come Herbert Spencer ed Edward Clodd. Gli storici cristiani hanno sempre esaltato il valore di S. Michele che cavalca alla testa della Chiesa Militante, ed hanno sempre creduto in un piacere assoluto e trascendente, niente affatto mediato od utilitario; l’ebbrezza dello spirito, il vino del sangue di Dio. Vi sono invero delle dottrine di Nietzsche che non sono cristiane, e che, per una strana coincidenza, si dimostrano anche false. Il suo disprezzo per la pietà non è cristiano; ma esso non rispecchia la sua dottrina, ma la sua malattia. Gli infermi sono spesso spietati con quelli come loro (Chesterton, Shaw)
Nietzsche aveva un meraviglioso intuito poetico, ed è stato uno dei più grandi retori della età moderna. Aveva il dono di dire cose che per un momento incantano la ragione per la loro enorme irragionevolezza; come ad esempio: «La vita sembra intollerabile senza la prospettiva della immortalità ; ma perché mai la vita non dovrebbe essere intollerabile?» Tutta la sua opera è pervasa dai sussulti e d... Altro...

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Shaw sembra considerare stranamente l’esistenza come un’illusione ed al tempo stesso un obbligo. Per qualsiasi uomo o donna, uccello, bestia o fiore, la vita è un richiamo d’amore che va ansiosamente seguito. Per B. Shaw è soltanto un precetto militare cui si deve obbedire. In breve, egli non riesce a rendersi conto che l’imperativo della Natura (se ci si vuoi servire della favola antropomorfica d... Altro...

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Schopenhauer aveva detto : «La vita è irrazionale, tanto peggio per chi la vive»; Shaw aggiunge: «La vita è irrazionale, tanto peggio per la ragione».
La vita è un richiamo imperioso cui non possiamo sottrarci; forse v’è qualche segreto difetto nella stessa ragione; forse l’uomo non può penetrare nel proprio cervello, come non può saltare nella sua gola. Ma quel bisogno di vivere, di soffrire, di creare, è dettato da un’energia così imperiosa che può ben definirsi soprannaturale, e la cui voce può ben dirsi che parli con autorità, ben diversamente dagli scribi (Chesterton, Shaw)

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Tutti gli uomini s’innamorano; ma nessuno si innamora del libero amore. Quando essi cadono nei tentacoli del piacere, intimamente se ne vergognano, anche se ne menano vanto. Che ci sia una relazione intima fra amore e voto quasi ogni essere umano lo sa prima dei diciotto anni. Che ci sia un nesso logico ed istintivo tra l’idea dell’estasi sessuale e l’idea di una illimitata dedizione, io ritengo s... Altro...

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Shaw non può intendere il matrimonio perché non è in grado di intendere il lato paradossale insito in esso: che cioè la donna è a maggior ragione la colonna della casa, perché non ne è il capo (Chesterton, Shaw)

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Il paradosso è ciò che Shaw non riesce a comprendere: l’inevitabile paradosso dell’infanzia. Anche se il bambino è tanto migliore di me, io debbo pur insegnargli; anche se questa creatura ha dei sentimenti molto più puri dei miei, io debbo tenerla a bada (Chesterton, Shaw)

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Shaw affermò che non si sarebbe dovuto dire alcunché ad un bambino senza fargli sentire anche l’opinione opposta. Ciò significa che quando dite a Tom di non colpire in fronte la sorellina malata, dovete assicurarvi che sia presente un professore seguace delle teorie di Nietzsche, il quale possa spiegare a Tom che tale violenza potrebbe forse servire ad eliminare un essere inetto; o che quando state per dire a Susanna di non bere alla bottiglia etichettata «veleno», dovete telegrafare d’urgenza ad un esponente del movimento Christian Science il quale si affretti a sostenere che, senza il di lei consenso, il veleno non potrebbe farle alcun male (Chesterton, Shaw)

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Mentre una volta era il pubblico che applaudiva con passione la loro grandezza, oggi sono i leader dei partiti che applaudono se stessi; e da soli. La folla che è il loro pubblico è in una vasta trance universale, e pensa ad altro (Chesterton)

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Tu ringrazi prima dei pasti. Bene. Ma io dico grazie prima del concerto e dell'opera, prima del gioco e della commedia, quando apro un libro, disegno, dipingo, nuoto, faccio scherma e pugilato, cammino, gioco, ballo e dico grazie quando tuffo la penna nell'inchiostro (Chesterton)

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Ci sono alcuni che odiano il cristianesimo e chiamano il loro odio "un amore onnicomprensivo per tutte le religioni" (Chesterton)


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L'uomo è un'eccezione, qualunque cosa egli sia. Se non è l'immagine di Dio, allora è una malattia della polvere (Chesterton)

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Il Paradiso fu il primo amore dell'uomo; la terra è solo un sostituto (Chesterton)

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Gli uomini coraggiosi sono tutti dei vertebrati. Sono morbidi nella superficie e duri in mezzo (Chesterton)

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Quando B. Shaw afferma che il Natale è una congiura perpetuata dei mercanti di polli e di quelli di vino per ragioni di carattere strettamente commerciali, egli dice qualcosa che non solo è falso, ma è sorprendentemente stupido. Sarebbe come affermare che i due sessi furono inventati dagli orefici per poter vendere gli anelli (Chesterton, Shaw)

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Per me la storia nazionale non è che una catena ininterrotta di decisioni infinite. Non è certo stato il sangue o la pioggia a fare l’Inghilterra, ma la speranza ; ciò cui tutti i nostri morti anelavano. La Francia non è divenuta tale perché fatta con i crani dei Celti e col sole della Gallia; essa è divenuta tale perché così ha scelto (Chesterton, Shaw)

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Tutte le opere che hanno tentato di essere moderne, sono divenute antiquate ed insulse per essersi ostinate ad andar dietro al loro tempo piuttosto che all’eternità. Sono proprio coloro che si sono sforzati di precedere il loro tempo che hanno sempre dovuto acconciarsi a seguirne le sorti (Chesterton, Shaw)

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È assolutamente falso ed inconcepibile, per la natura stessa dell’amore, che il giovane Eugenio si adonti al fatto che Candida debba sciupar le mani nelle faccende domestiche. Nessun giovane che ami una bella donna si scandalizzerebbe tanto a vederla sbucciar patate o smoccolare lumi a petrolio. Una donna di casa non dovrebbe dispiacergli, anzi, egli avrebbe l’impressione che le patate sian divenu... Altro...

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L’umanità non ha bisogno di innamorati raziocinanti; per la semplice ragione che essi non si sposerebbero mai (Chesterton, Shaw)

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Shaw afferma: La regola assoluta è che non vi sono regole assolute. Non bisogna dire che è giusto mantenere le promesse, ma che può esser giusto mantenere una data promessa.
In sostanza si tratta di anarchia; né è dato vedere come sia possibile conciliare tanta anarchia nella vita privata con tanto socialismo nella vita pubblica. Ma pur trattandosi di anarchia, essa è scevra di quell’esuberanza e ... Altro...

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B. Shaw dovette acconciarsi a cercare in Shopenhauer incerte giustificazioni per i figli di Dio che inneggiavano alla Gioia. Egli la chiamò Volontà di Vita, termine inventato dai professori prussiani che, pur desiderando vivere, non c’erano riusciti. In seguito egli richiese agli uomini di adorare la Forza Vitale; come se fosse possibile adorare un punto esclamativo. Pur servendosi di tali concetti paludati di una nuova ed assurda terminologia (che fortunatamente è andata in briciole come un cattivo intonaco) egli era dalla parte della buona causa; la causa della Creazione contro la distruzione, la causa del sì contro il no, del seme contro la roccia, delle stelle contro l’abisso. La sua incomprensione per Shakespeare deriva in buona parte dal fatto che egli è un puritano, mentre Shakespeare è spiritualmente un cattolico. Il primo non fa che arrabattarsi per trovare la verità, il secondo si accontenta di sapere che la verità esiste. Il puritano è capace soltanto di irrigidirsi, il cattolico è tanto forte da potersi rilassare. Io penso che Shaw abbia completamente frainteso i momenti di pessimismo di Shakespeare, in quanto essi sono stati d’animo transitori che un uomo dalla fede salda può ben concedersi. Che tutto sia vano, che la vita sia polvere e l’amore cenere, sono inezie e celie cui un cattolico può anche abbandonarsi. Egli sa bene che esiste una vita che non è polvere ed un amore che non è cenere. E così come può concedersi più del puritano alla gioia, può più di lui sprofondare nella malinconia. La triste esuberanza di Amleto non è del tutto dissimile dalla gioiosa esuberanza di Falstaff. Queste non sono congetture; è quanto ci dice lo stesso Shakespeare. Nel momento stesso in cui Amieto da stura al suo pessimismo, egli avverte che si tratta solo di uno stato d’animo e non della realtà. Il cielo è una cosa celeste, solo per lui diventa un ammasso di fetidi vapori. L’uomo è la perla degli animali, a lui solo esso appare come la quintessenza del fango. Amleto è l’opposto dello scettico. Egli è un uomo il cui potente intelletto è in grado di credere molto più di quanto il suo debole temperamento non sappia suggerirgli. Ma questo poter conoscere qualcosa senza sentirla, questo poter credere in qualcosa senza averne fatta l’esperienza, costituisce un’antica e complessa attitudine del cattolico che il puritano non potrà mai comprendere. Shakespeare si abbandona alle sue melanconie (per lo più per bocca di reprobi e di falliti) ma la sua niente non si lascia mai sopraffare da tali stati d’animo. Il suo « vanitas vanitatum » non è, in sostanza, che un’innocua vanità. Alcuni lettori potranno non essere d’accordo con me nel definirlo un cattolico con la C maiuscola ; ma non potrebbero darmi torto se io lo definissi un cattolico con la e minuscola. È questo il punto fondamentale : Shakespeare non è stato in alcun senso un pessimista ; egli è stato, se mai, un ottimista tanto universale da essere in grado di compiacersi persino dello stesso pessimismo (Chesterton, Shaw)
B. Shaw dovette acconciarsi a cercare in Shopenhauer incerte giustificazioni per i figli di Dio che inneggiavano alla Gioia. Egli la chiamò Volontà di Vita, termine inventato dai professori prussiani che, pur desiderando vivere, non c’erano riusciti. In seguito egli richiese agli uomini di adorare la Forza Vitale; come se fosse possibile adorare un punto esclamativo. Pur servendosi di tali concett... Altro...


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Per B. Shaw infatti, i profeti avrebbero dovuto essere stati lapidati dopo e non prima che gli uomini avessero eretto loro un sepolcro. V’era una certa spavalderia di marca Yankee in quest’uomo che si adontava all’idea di dover essere soggetto ad una persona morta da trecent’anni; come diceva Mark Twain, gli abbisognava un cadavere più fresco cui obbedire (Chesterton, Shaw)

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È vero che fu in gran parte tramite i suoi stessi difetti che Shaw intravide quelli di Shakespeare; ma v’era bisogno di un uomo abbastanza prosaico per resistere al fascino di tanto poeta, per la stessa ragione per cui non sarebbe del tutto errato mandare un sordo a distruggere la rocca delle sirene (Chesterton, Shaw)

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Quando Shaw parla, mi posso render conto che vi sono alcune cose che non gli riesce di capire, ma quando ascolta della musica può darsi che egli capisca tutto, compreso Dio e me. Circa questo aspetto della sua personalità io debbo limitarmi ad un rispettoso agnosticismo; e forse non è male che vi sia qualche provincia oscura ed inesplorata nel carattere dell’uomo di cui ci si occupa. Essa tende a preservare due cose essenziali : la modestia nel biografo e il mistero nella biografia (Chesterton, Shaw)

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La musica è bellezza, bellezza allo stato puro, bellezza in soluzione; bellezza allo stato liquido, in cui l’uomo può navigare a suo agio senza essere costretto a dir grandi verità o a negarle... La musica può essere romantica senza far ripensare a Shakespeare o a W. Scott, con cui ha avuto delle beghe personali; la musica può essere cattolica senza rammentargli la Chiesa Cattolica, che non conos... Altro...

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C'è un'eterna battaglia in cui Blake sta dalla parte degli angeli e, cosa ben più difficile e pericolosa, dalla parte degli uomini sensati. La questione è così vasta e importante che è difficile affermarla anche in ragione della sua realtà. Perché in questo nostro mondo non andiamo avanti a scoprire piccole cose; andiamo avanti se scopriamo cose grandi. I dettagli li vediamo per primi, è il disegno generale che scopriamo molto lentamente. Alcuni muoiono senza averlo mai visto. Ci svegliamo tutti su un campo di battaglia. Vediamo certi squadroni galoppare dentro certe uniformi; innestiamo fantasie arbitrarie su questo o quel colore, su questa o quella piuma. Ma spesso ci richiede molto tempo renderci conto su che cosa verte la battaglia o chi sta combattendo chi. Si potrebbe dire, per insistere nella metafora, che molti uomini si sono uniti all'esercito francese per amore del blu della cavalleria; molti navigatori all'antica del XVIII secolo sono andati dai cinesi perché portavano i codini. È così facile andare contro ciò che sei veramente, per qualche accidentale somiglianzà a te. Puoi invidiare i riccioli di Ercole; ma non invidi i capelli ricci, finché non desideri essere un africano. Puoi dispiacerti di un naso corto, ma non sogni che cresca sempre più lungo fino a diventare la proboscide di un elefante. Aspetta a sapere su che cosa verte più o meno la battaglia, prima di correre ruggendo dietro a ogni reggimento che passa. Perché una battaglia è una faccenda complicata; in ogni esercito ci sono uniformi di colori diversi; ogni sezione di ogni esercito avanza con un'angolatura differente. Puoi immaginare che i Verdi stiano caricando i Blu esattamente nel momento in cui i due si stanno ricongiungendo per effettuare una sofisticata manovra militare. Potresti credere che due colonne di aspetto simile si stiano sostenendo l'un l'altra nel momento in cui stanno per spararsi a vicenda con cannoni, fucili e revolver. Così nel moderno mondo intellettuale vediamo bandiere di molti colori e fatti legati a molti interessi; l'unico elemento che non riusciamo a vedere è la mappa. Non possiamo rintracciare la semplice frase che ci dice quale sia l'origine del problema (Chesterton, Blake)
C'è un'eterna battaglia in cui Blake sta dalla parte degli angeli e, cosa ben più difficile e pericolosa, dalla parte degli uomini sensati. La questione è così vasta e importante che è difficile affermarla anche in ragione della sua realtà. Perché in questo nostro mondo non andiamo avanti a scoprire piccole cose; andiamo avanti se scopriamo cose grandi. I dettagli li vediamo per primi, è il disegn... Altro...

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Prendiamo, per esempio, la nozione dello stare nudi. Penso che qui Blake sia in tutto e per tutto una sorta di rigido teorico. A dispetto della sua immaginazione e del suo umorismo, c'era un tocco di moralista in lui. Era osceno per principio. Così lo era, in gran parte, Walt Whitman. C'era qualcosa di questo perfezionismo pedante nelle evasioni di Blake. Come l'igienista insiste nel portare gli abiti Jager, lui insisteva nel non portare abiti. Dato che l'esteta deve portare i sandali, lui non deve portare nulla. Non è affatto privo di leggi; si piega alla legge della sua logica fuorilegge. Non c'è nulla di poetico in questa rivolta. William Blake era un poeta grande e autentico; ma su questo punto era del tutto impoetico. Walt Whitman era un grande e vero poeta; ma su questo punto era prosaico e pedante. Due uomini straordinari non sono poeti perché vogliono strappare il velo dal sesso. Al contrario, è perché tutti gli uomini sono poeti che tutti velano il sesso. L'aratore non ara di notte perché non sente alcuno speciale romanticismo nell'arare. Ama di notte, perché si sente particolarmente romantico nel sesso. In questo argomento Blake non solo era impoetico, ma molto meno poetico della massa degli uomini ordinali. Il decoro non è una convenzione ultracivilizzata. Il decoro non è domato, il decoro è selvaggio, selvaggio come il vento di notte. "Misterioso come la luna che sorge / di notte tra i pini di Var " Il pudore è qualcosa di troppo fiero ed elementare perché i moderni pedanti lo capiscano; stavo per dire qualcosa di troppo selvaggio. Ha in sé la gioia della fuga e l'antica timidezza della libertà. In questa materia Blake e Whitman sono solo dei moderni pedanti. Nel momento in cui mancavano di ammirare la reticenza sessuale, questi due grandi poeti semplicemente non comprendevano uno dei più grandi poemi dell'umanità (Chesterton, Blake)
Prendiamo, per esempio, la nozione dello stare nudi. Penso che qui Blake sia in tutto e per tutto una sorta di rigido teorico. A dispetto della sua immaginazione e del suo umorismo, c'era un tocco di moralista in lui. Era osceno per principio. Così lo era, in gran parte, Walt Whitman. C'era qualcosa di questo perfezionismo pedante nelle evasioni di Blake. Come l'igienista insiste nel portare gli a... Altro...

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Abbiamo tutti avvertito lo stato di mente in cui si desidera sfasciare pastorali e mitre d'oro semplicemente perché sono d'oro. Tutti sappiamo quanto sia naturale, in certi momenti, sentire il profondo desiderio di prendere a calci un prete, semplicemente perché è un prete. Ma chiediamoci seriamente se, a lungo andare, l'umanità non sia più a suo agio con l'oro nella sua religione che con i colori... Altro...

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Vive con sano orgoglio e degnazione,
ed è questo per cui Cristo fu ucciso;
Fosse stato l'Anticristo, Gesù serpe,
avrebbe fatto tutto per piacerci,
strisciando nelle loro sinagoghe,
e non dando dei cani a sacerdoti e anziani
(W. Blake, citato in Chesterton, Blake)

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Crediamo, almeno la maggior parte di noi crede, che il peccato esista. Crediamo (su basi del tutto insufficienti) che un drago non esista. Così rendiamo il drago irreale un'allegoria del peccato reale. Ma non è ciò che Blake intendeva quando rese l'agnello simbolo di innocenza. Intendeva che c'è veramente dietro l'universo un'eterna immagine chiamata l'Agnello, della quale tutti gli agnelli viventi sono copie o approssimazioni. Riteneva che l'eterna innocenza fosse qualcosa di reale e anche di terribile. Non avrebbe visto nulla di comico, non più di quanto l'Evangelista vedesse nulla di comico, nel parlare dell'ira dell'Agnello. Se ci fosse un agnello in una delle favole di Esopo, Esopo non sarebbe così sciocco da rappresentarlo come irato. Ma la Cristianità osa di più di Esopo, e l'ira dell'Agnello è il suo grande paradosso. Se c'è un agnello immortale, un essere la cui semplicità e freschezza sono rinnovate per sempre, allora è veramente e realmente un'idea più spaventosa rendere orribile e ostile quell'essere anziché sfidare il drago fiammante o l'oscurità o il mare. Nessun vecchio lupo o leone terreno è così terribile come una creatura sempre giovane - una creatura che è sempre appena nata. Ma il punto principale qui è più semplice. Blake non intendeva che la mitezza era vera e l'agnello solo una bella favola. Semmai, voleva dire che la mitezza era solo un'ombra dell'Agnello eterno. La distinzione è essenziale per chiunque si interessi a questa profonda spiritualità, che è l'unica durevole salute mentale dell'umanità. Il personale non è tanto una mera figura dell'impersonale; semmai, l'impersonale è un termine goffo per qualcosa di più personale della comune personalità. Dio non è un simbolo di bontà. La bontà è un simbolo di Dio (Chesterton, Blake)
Crediamo, almeno la maggior parte di noi crede, che il peccato esista. Crediamo (su basi del tutto insufficienti) che un drago non esista. Così rendiamo il drago irreale un'allegoria del peccato reale. Ma non è ciò che Blake intendeva quando rese l'agnello simbolo di innocenza. Intendeva che c'è veramente dietro l'universo un'eterna immagine chiamata l'Agnello, della quale tutti gli agnelli vivent... Altro...

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Qualsiasi uomo può essere lodato, e a ragione. Anche soltanto stando in piedi su due gambe fa qualcosa che una mucca non sa fare. (G. K. Chesterton)


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Nella narrativa moderna e nella scienza un realista è un uomo che inizia dall'esterno delle cose; a volte perfino dalla fine di una cosa, riconoscendo la scimmia dalla coda o il motore dall'odore. Nel XII secolo un realista significava esattamente l'opposto: era un uomo che iniziava dall'interno di una cosa. Il filosofo medievale si sarebbe interessato a un motore solo perché questo si muoveva. Sarebbe stato interessato (così è) solo all'idea centrale e originaria del motore - la sua motorità ultima. Sarebbe stato interessato a una scimmia solo a causa della sua scimmità: non perché era come un uomo, ma perché era differente. Se avesse visto un elefante non avrebbe detto in stile moderno: «Vedo di fronte a me una combinazione delle zanne di un cinghiale in innaturale sviluppo, del lungo naso di un tapiro inutilmente allungato, o della coda della mucca al solito insufficiente», e così via. Avrebbe semplicemente visto un'essenza di elefante. Avrebbe creduto che questo leggero e fuggitivo elefante di un istante, danzante e fluente come l'efemera a maggio, fosse tuttavia l'ombra di un eterno elefante, concepito e creato da Dio (Chesterton, Blake)
Nella narrativa moderna e nella scienza un realista è un uomo che inizia dall'esterno delle cose; a volte perfino dalla fine di una cosa, riconoscendo la scimmia dalla coda o il motore dall'odore. Nel XII secolo un realista significava esattamente l'opposto: era un uomo che iniziava dall'interno di una cosa. Il filosofo medievale si sarebbe interessato a un motore solo perché questo si muoveva. Sa... Altro...

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Un accidente verbale ha confuso il mistico col misterioso. Il misticismo è in generale concepito vagamente come vago - una questione di nuvole e veli, di oscurità e vapori che celano, di incredibili cospirazioni o impenetrabili simboli. Alcuni ciarlatani se ne sono occupati, ma nessun vero mistico ha mai preferito l'oscurità alla luce. Nessun vero mistico amò mai il mistero in quanto tale. Il mist... Altro...

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Il più alto dogma dello spirituale è affermare il materiale (Chesterton, Blake)

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Ogni uomo del nostro tempo è tre uomini. Agiscono, in ogni europeo moderno, tre forze così distinte al punto da assumere quasi caratteristiche personali, la trinità del nostro destino terreno. I tre aspetti potrebbero essere rozzamente riassunti così. Il primo e più vicino a noi è il cristiano, l'uomo della Chiesa storica, del credo che ha colorato le nostre menti irreversibilmente, sia che lo gua... Altro...

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La pazzia non è anarchia. La pazzia è un vincolo: una costrizione. Non chiamerò Blake pazzo, qualsiasi cosa abbia detto. Ma lo chiamerò pazzo nella misura in cui c'era qualcosa che era costretto a dire. Ora, ci sono aspetti di questa tirannia in Blake. Non era come l'autentica malattia di una mente che fa credere a un uomo di essere un gatto o un cane; era più come quella malattia di nervi che fa dire a un uomo "cane" quando intende "gatto" (Chesterton, Blake)

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SUGLI SPECIALISTI
Contro lo specialista, contro l'uomo che studia solo arte o elettricità, o il violino, o le schiacciapollici, o qualcos'altro, c'è un unico vero argomento importante, e che, per un motivo o per l'altro, non è ma utilizzato. La gente dice che gli specialisti sono inumani; ma questo è ingiusto. La gente dice che un esperto non è un uomo; ma questo è scortese e falso. Il vero proble... Altro...

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Un uomo ha diritto di dubitare di se stesso, non della verità. Oggigiorno ognuno crede esattamente in quella parte dell’uomo in cui dovrebbe non credere: se stesso, e dubita esattamente in quella parte in cui non dovrebbe dubitare: la ragione divina (Chesterton, Ortodossia)

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Due cose fanno capo ad una medesima concezione: lo spirito del «tabù»; c'è una mistica sostanza che può gratificarci di mostruosi piaceri, o attirarci sul capo mostruosi castighi. L'ubriacone e l'astemio non solo sbagliano entrambi, ma commettono lo stesso errore. Essi cioè considerano il vino una droga piuttosto che una bevanda (Chesterton, Shaw)
Due cose fanno capo ad una medesima concezione: lo spirito del «tabù»; c'è una mistica sostanza che può gratificarci di mostruosi piaceri, o attirarci sul capo mostruosi castighi. L'ubriacone e l'astemio non solo sbagliano entrambi, ma commettono lo stesso errore. Essi cioè considerano il vino una droga piuttosto che una bevanda (Chesterton, Shaw)

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SUI VEGETARIANI Sarebbe assurdo affermare che Shaw è vegetariano perché proviene da una razza di vegetariani, di contadini cioè costretti ad accettare semplicemente la vita sotto le umili spoglie della patata. Io sono sicuro invece che questa strana suscettibilità non è che una forma allotropica della sua purezza irlandese; essa sta alla virtù di Padre Matteo come il carbone al diamante; ma ha naturalmente l'inconveniente di tutte le virtù eccezionali ed un pò squilibrate: non si sa dove si arresti. Posso comprendere quel che Shaw intende quando afferma che è disgustoso cibarsi di carogne o fare a pezzi ciò che era una volta una creatura vivente; ma non posso garantire che ad un certo momento egli non reputi altrettanto disgustoso mutilare un albero di pere o svellere dal terreno la mandragora che, poverina, non ha nemmeno la possibilità di lamentarsi. Non v 'è alcun limite naturale a questo sfrenato galoppo verso la raffinatezza. (Chesterton, Shaw)
SUI VEGETARIANI
Sarebbe assurdo affermare che Shaw è vegetariano perché proviene da una razza di vegetariani, di contadini cioè costretti ad accettare semplicemente la vita sotto le umili spoglie della patata. Io sono sicuro invece che questa strana suscettibilità non è che una forma allotropica della sua purezza irlandese; essa sta alla virtù di Padre Matteo come il carbone al diamante; ma ha nat... Altro...

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È normale che l'uomo di soffermi sul lato oscuro delle cose brutte, tutte le persone sane lo fanno. È quando ci si sofferma a riflettere sul lato oscuro delle cose belle che dobbiamo temere un disagio emotivo. Quando un uomo vede solo il lato triste dei fiori, o il lato triste delle vacanze o del vino, allora deve essere davvero depresso (Chesterton, Dickens)


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Questa storia in bianco e nero di eroi e cattivi, questa storia piena di etica pugnace e nient'altro, è il tipo giusto di storia per un bambino. Mi sono spesso domandato come faranno i marxisti scientifici e i sostenitori della "visione materialista della storia" ad insegnare ai bambini le loro noiose divulgazioni economiche. Ma immagino che non avranno mai dei figli. (Chesterton, Dickens)

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Tolerance is the virtue of the man without convictions (G. K. Chesterton)
P.S. L'ho messa in inglese perché l'ho capita pure io!

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Si accusa il cristianesimo di masochismo, subito dopo aver discusso sulla persecuzione cristiana contro gli eretici come tipicamente sadica. Ma tutti questi giudizi sugli eventi umani, buoni o cattivi, portati avanti come strani lampi di follia, sono essi stessi un passatempo per i folli. E proprio come se qualcuno dicesse: «Vi è un particolare tipo di pazzo che si crede fatto di vetro; chiamerò q... Altro...

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Il mondo è come lo descrissero i santi e i profeti: non migliora né peggiora. Ma c'è una cosa che il mondo fa: barcolla. Lasciato a se stesso, non va da nessuna parte; ma se viene guidato dai giusti riformatori della vera religione e filosofia, può migliorare sotto molti aspetti, e a volte per dei periodi abbastanza lunghi. Tuttavia preso in sé non è sinonimo di progresso, non è neanche in movimen... Altro...

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ELISABETTA A ROMA/ Se Chesterton si mette tra papa Francesco e la regina
ilsussidiario.net

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Il progresso è un comparativo di cui non abbiamo scoperto il superlativo (Chesterton, Eretici, in blog Uomo vivo)

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La Croce non può conoscera la disfatta, perché essa è la Disfatta (Chesterton, La sfera e la Croce)

Fra Roberto Brunelli ha pubblicato qualcosa in Società Chestertoniana Italiana.

Oggi:
"Il mondo non finirà per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia". Così, citando Chesterton, il premier Matteo Renzi ha concluso la sua replica alla Camera chiamata oggi a votare la fiducia al suo nuovo esecutivo.

A maggio:
Renzi: «Gianni è in gamba. Garba molto a noi addetti ai lavori, fuori non so. Io e lui siamo come i protagonisti del racconto di Chesterton in cui un lai... Altro...



Invitato a una cena di gala, Chesterton si trovò accanto a una nobildonna, e la malcapitata gli confidò orgogliosa di essere vegetariana. Chesterton annuì compito e le propose cortesemente di accompagnarlo a vedere una certa cosa. Si alzarono e il corpulento giornalista e scrittore inglese aprì la porta della serra dei suoi ospiti e le mostrò sorridendo una gigantesca pianta carnivora, così che la signora potesse rammentarsi che neppure le piante sono vegetariane (Edoardo Rialti, L'uomo che ride)



«Con tutta l’intensità con la quale si può essere superbi di una religione radicata nell’umiltà, mi sento molto orgoglioso della mia religione: e mi danno un senso di particolare orgoglio quelle parti della mia religione, che quasi tutti chiamano superstizione. Mi glorio d’essere incatenato da dogmi antiquati e di essere lo schiavo di credi morti (come i miei amici dediti al giornalismo ripetono con tanta ostinazione), perché so molto bene che morti sono i credi eretici e che solamente il dogma ragionevole ha una vita così lunga da poter essere chiamato antiquato. Mi glorio di ciò che la gente chiama il mestiere, le arti del prete, perché proprio questo termine insultante, di seconda mano, esprime la verità medioevale che un prete, come ogni altro uomo, dovrebbe essere un artigiano. Mi glorio di ciò che la gente chiama Mariolatria: fu essa che diede alla religione, nelle età più oscure, quell’elemento di cavalleria che ora trova la sua espressione nella forma ammuffita ed ammaliziata del femminismo. Mi glorio di essere ortodosso in ciò che riguarda i misteri della Trinità e della Messa; mi glorio di credere nel confessionale; mi glorio di credere nel Papato». (G. K. Chesterton, “Come essere un pazzo”, in “Autobiografia”)
«Con tutta l’intensità con la quale si può essere superbi di una religione radicata nell’umiltà, mi sento molto orgoglioso della mia religione: e mi danno un senso di particolare orgoglio quelle parti della mia religione, che quasi tutti chiamano superstizione.
Mi glorio d’essere incatenato da dogmi antiquati e di essere lo schiavo di credi morti (come i miei amici dediti al giornalismo ripetono c... Altro...




Anche se arriveranno con carta e penna e avranno l’aspetto serio e pulito dei chierici, da questo segno li riconoscerete, dalla rovina e dal buio che portano; da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone, da un cieco e remissivo mondo idiota, troppo cieco per essere disprezzato; dal terrore e da storie crudeli di una macchia segnata nelle ossa e nelle stirpe, dalla vittoria dell’ignavia e della superstizione, maledette fin dal principio, dalla presenza di peccatori, che negano l’esistenza del peccato; da questa rovina silenziosa, dalla vita considerata una pozza di fango, da un cuore spezzato nel seno del mondo, dal desiderio che si spegne nel mondo; dall’onta scesa su Dio e sull’uomo; dalla morte e dalla vita rese un nulla, riconoscerete gli antichi barbari, saprete che i barbari sono tornati. (Chesterton, La ballata del cavallo bianco", Raffaelli editore, p.155)
Anche se arriveranno con carta e penna
e avranno l’aspetto serio e pulito dei chierici,
da questo segno li riconoscerete,
dalla rovina e dal buio che portano;
da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone,
da un cieco e remissivo mondo idiota,
troppo cieco per essere disprezzato;... Altro...



«Sono felice nel sentirti dire che, per usare le tue stesse parole, "è bello per noi essere qui" - cioè dove siamo ora. La stessa affermazione, se ricordo bene, fu fatta sulla montagna della Trasfigurazione. È uno di quei sermoni che ripeto sempre a me stesso, perché penso che quella frase di Pietro pronunciata di fronte a quella visione in quel momento straordinario, dovrebbe essere pronunciata d... Altro...



Io ho discusso tutta la vita senza mai litigare, perché la cosa brutta dei litigi è che interrompono le discussioni (V. Sgarbi)
(scherzavo: è Gilbert Keith Chesterton, Autobiografia)



La religione del carpe diem non è la religione di persone felici, bensì di persone molto infelici. La grande gioia non coglie i boccioli di rosa finché può; i suoi occhi sono fissati sulla rosa immortale che Dante poté vedere. La grande gioia ha in sé il senso dell’immortalità; lo stesso splendore della giovinezza risiede nella sensazione di avere tutto lo spazio per distendere le gambe. (Chesterton, Eretici, VII)



Bevete perché siete felici, ma mai perché siete infelici. Non bevete mai quando, senza l’alcool, vi sentite derelitti, o sarete come il bevitore di gin dalla faccia grigiastra nel suo tugurio; ma bevete quando, anche senza alcol, sareste felici, e sarete come il ridente contadino italiano. Non bevete mai perché ne sentite il bisogno, perché è un modo razionale di bere, e la via per la morte e per l’inferno. Bevete perché non ne sentite il bisogno, perché questa è la maniera irrazionale di bere e l’antica salute del mondo. (Chesterton, Eretici, VII)



Molti, per esempio, seguirono apertamente Cecil Rhodes perché aveva una visione. Essi avrebbero potuto altrettanto bene seguirlo perché aveva un naso; un uomo che non vagheggi un qualsiasi ideale di perfezione è una mostruosita come un uomo senza naso. D’un tal uomo la gente mormora appassionatamente: «Sa quel che vuole»; il che sarebbe come mormorare, con la stessa passione: «Si soffia il naso». ... Altro...



È ben vero che noi vediamo una luce fioca che, confrontata con una cosa più scura, è luce, ma che, confrontata con una luce più chiara, è tenebra. Ma la qualità della luce rimane la stessa, altrimenti noi non definiremmo una luce più forte, né la riconosceremmo come tale. Se il carattere della luce non fosse fissato nella mente, con altrettanta probabilità noi definiremmo un’ombra più densa come una luce più forte, o viceversa. (Chesterton, Eretici, V)



Non è possibile uscire dal pericolo se non per una via pericolosa (G. Chesterton)



Stevenson faceva parte di quel gruppo di artisti che iniziarono a mostrare di voler abbandonare l'arte per abbracciare la vita; fu uno dei pochi decadenti che si rifiutarono di abbracciare il decadimento... . Stevenson pareva dire ai semisuicidi che si ammassavano inquieti ai tavolini da caffè, bevendo assenzio immersi in conversazioni sull'ateismo: «Al diavolo, l'eroe di carta che si compra per u... Altro...



CHESTERTON, IL BRANDY E LA VITA RELIGIOSA I razionalisti di Blatchford accusavano il cristianesimo di essere «una cupa faccenda d’ascetismo», di santi austeri e disumani, disposti a rinunciare alla famiglia e alla felicità per macerarsi nel fisico e mortificare la sessualità. Al che Chesterton rispondeva che forse i partigiani laici non avevano mai pensato: "... che proprio la stranezza e la totalità dell’abbandono di quegli uomini avrebbero dovuto indurre a pensare che necessariamente qualcosa di tangibile e di concreto doveva esistere nell’idea a cui si davano anima e corpo. Essi rinunciavano a tutti i piaceri per un unico piacere. Rinunciavano a tutte le esperienze umane per amore dell’unica esperienza sovrumana. Può darsi fossero disumani, ma tutto induce a credere che quell’esperienza fosse concretamente umana. E proseguiva: Si può giustamente affermare che quell’esperienza era pericolosa ed egoistica, come il bere. L’uomo che si riduce a brandelli e senza una casa per una visione può essere repellente e immorale quanto l’uomo che si riduce a brandelli e senza una casa per il brandy. È un’affermazione del tutto ragionevole. Ma palesemente non è un’affermazione ragionevole, e anzi non sarebbe lontana dall’essere insensata, quella secondo cui la miseria e la degradazione intontita di quell’uomo proverebbero che non esiste una cosa come il brandy. Ecco cosa tenta di sostenere il laico! Egli cerca di provare che non esiste una cosa come l’esperienza soprannaturale, portando a sostegno della propria tesi le persone che per quell’esperienza hanno rinunciato a tutto. Cerca di provare che non esiste il soprannaturale portando a sostegno della propria tesi le persone che non vivono d’altro" (in Ffinch, 157)
CHESTERTON, IL BRANDY E LA VITA RELIGIOSA

I razionalisti di Blatchford accusavano il cristianesimo di essere «una cupa faccenda d’ascetismo», di santi austeri e disumani, disposti a rinunciare alla famiglia e alla felicità per macerarsi nel fisico e mortificare la sessualità. Al che Chesterton rispondeva che forse i partigiani laici non avevano mai pensato:

"... che proprio la stranezza e la to... Altro...




Il problema è cosa sia normale nell’uomo o, più semplicemente, che cosa in lui sia umano. Alcuni, come Blatchford, vedono nell’esperienza religiosa dei secoli passati un fatto anormale, una morbosità giovanile, un incubo da cui l’uomo si sta gradualmente risvegliando; altri, come me, vedono invece nella moderna civiltà razionalista un fatto anormale, il perdersi delle antiche facoltà umane di percezione dell’estasi nel febbrile cinismo delle città e dell’impero. Noi riteniamo che non solo l’uomo sia parte di Dio, ma che Dio sia parte dell’uomo, una cosa connessa con la sua natura, come il sesso. Noi diciamo che (alla luce della storia attuale) se si recide il soprannaturale ciò che resta è l’innaturale. Noi affermiamo che, proprio nelle epoche in cui l’uomo ha creduto nel soprannaturale, l’uomo è vissuto all’aperto, ha danzato e raccontato storie intorno al fuoco. Noi diciamo che, proprio nelle epoche in cui l’uomo ha perso la fede, ci sono stati imperatori effemminati, gladiatori e poeti minori che hanno sfoggiato garofani verdi e cantato cose innominabili. Noi affermiamo che, presa la storia dell’uomo nel suo complesso, le più sfrenate fantasie della superstizione non sono nulla in confronto alla fantasia del razionalismo (Chesterton, Daily News, 12 dicembre 1903)
Il problema è cosa sia normale nell’uomo o, più semplicemente, che cosa in lui sia umano. Alcuni, come Blatchford, vedono nell’esperienza religiosa dei secoli passati un fatto anormale, una morbosità giovanile, un incubo da cui l’uomo si sta gradualmente risvegliando; altri, come me, vedono invece nella moderna civiltà razionalista un fatto anormale, il perdersi delle antiche facoltà umane di per... Altro...



Questo è ciò che sento... adesso, a ogni ora del giorno. Tutte le cose buone sono una cosa sola. Tramonti, scuole di filosofia, bambini, costellazioni, cattedrali, opere d’arte, montagne, cavalli, poesie; sono solo travestimenti. Un’entità soltanto si muove sempre tra noi, celandosi sotto il manto grigio della chiesa o nel verde dei prati. Lui c’è sempre, dietro a ogni cosa, soltanto lui può indos... Altro...



Questo è ciò che sento... adesso, a ogni ora del giorno. Tutte le cose buone sono una cosa sola. Tramonti, scuole di filosofia, bambini, costellazioni, cattedrali, opere d’arte, montagne, cavalli, poesie; sono solo travestimenti. Un’entità soltanto si muove sempre tra noi, celandosi sotto il manto grigio della chiesa o nel verde dei prati. Lui c’è sempre, dietro a ogni cosa, soltanto lui può indossare quei travestimenti in modo tanto splendido. E questo è ciò che gli Ebrei dell’antichità, soli tra gli altri popoli, hanno percepito; per questo il loro rozzo dio tribale è stato innalzato sopra le rovine di tutte le civiltà politeiste. Poiché i Greci, i Vichinghi e i Romani videro solo i conflitti della natura e trasformarono il sole in un dio, e così pure il mare, e così pure il vento. Non furono attraversati, come qualche rude israelita, una notte, nella solitudine del deserto, dall’improvvisa, abbagliante idea che tutto il mondo era la manifestazione di un solo Dio: un’idea degna di un romanzo poliziesco (Chesterton, Lettera Frances)
Questo è ciò che sento... adesso, a ogni ora del giorno. Tutte le cose buone sono una cosa sola. Tramonti, scuole di filosofia, bambini, costellazioni, cattedrali, opere d’arte, montagne, cavalli, poesie; sono solo travestimenti. Un’entità soltanto si muove sempre tra noi, celandosi sotto il manto grigio della chiesa o nel verde dei prati. Lui c’è sempre, dietro a ogni cosa, soltanto lui può indos... Altro...



La verità è che Chesterton non era assolutamente interessato agli studi classici: le lettere dell’alfabeto greco gli sembravano «piccole cose malvagie, simili a uno sciame di moscerini»; quanto agli accenti, riuscì «trionfalmente, per una lunga serie di trimestri scolastici, a evitare d’impararli nel modo più completo». In seguito avrebbe descritto la propria educazione scolastica come « il periodo in cui fui istruito da qualcuno, che non conoscevo, su qualcosa che non volevo conoscere». (Ffinch)
La verità è che Chesterton non era assolutamente interessato agli studi classici: le lettere dell’alfabeto greco gli sembravano «piccole cose malvagie, simili a uno sciame di moscerini»; quanto agli accenti, riuscì «trionfalmente, per una lunga serie di trimestri scolastici, a evitare d’impararli nel modo più completo». In seguito avrebbe descritto la propria educazione scolastica come « il periodo in cui fui istruito da qualcuno, che non conoscevo, su qualcosa che non volevo conoscere». (Ffinch)



Una volta fu chiesto a Chesterton quale libro avrebbe voluto portare con sé nel caso fosse naufragato su un’isola deserta. Rispose: «Credo che vorrei portarmi dietro la Guide to Practical Shipbuilding (Manuale pratico delle costruzioni navali) di Thomas». (M. Ffinch)
Una volta fu chiesto a Chesterton quale libro avrebbe voluto portare con sé nel caso fosse naufragato su un’isola deserta. Rispose: «Credo che vorrei portarmi dietro la Guide to Practical Shipbuilding (Manuale pratico delle costruzioni navali) di Thomas». (M. Ffinch)



SULLA MORTE DI SAN FRANCESCO Noi non sappiamo se un qualche brivido passò attraverso tutti i ladri, i banditi, i proscritti, per dir loro che cosa era accaduto a Lui che non conobbe mai la natura del disprezzo. Ma infine sotto i portici della Porziuncola fu una improvvisa calma, nella quale le brune figure stettero immobili come statue di bronzo: perché si era fermato quel grande cuore che non s’era infranto fin quando non contenne il mondo. (Chesterton, San Francesco)
SULLA MORTE DI SAN FRANCESCO
Noi non sappiamo se un qualche brivido passò attraverso tutti i ladri, i banditi, i proscritti, per dir loro che cosa era accaduto a Lui che non conobbe mai la natura del disprezzo.
Ma infine sotto i portici della Porziuncola fu una improvvisa calma, nella quale le brune figure stettero immobili come statue di bronzo: perché si era fermato quel grande cuore che non s’era infranto fin quando non contenne il mondo. (Chesterton, San Francesco)



E' tanto logico per chi ha fede in Dio di credere nel miracolo, quanto per un ateo non credere in esso.
In altre parole, vi è una sola ragione per la quale un uomo può non credere nei miracoli: perché crede nel materialismo (Chesterton, San Francesco)



Io non ho mai compreso perfettamente la natura della ragione per la quale gli storici accettarono da quella gente una messe di particolari come definitivamente veri e improvvisamente negarono quella verità quando uno dei particolari era di natura soprannaturale. Non compiango il loro scetticismo, non comprendo perché non siano ancora più scettici. Quegli scettici scriverebbero, ad esempio: «Il fanatismo dei frati amava divulgare la voce che alla tomba di Tommaso Becket si verificavano miracoli». Perché non avrebbero detto egualmente bene: «Il fanatismo dei monaci divulgò la calunnia che quattro cavalieri della corte di re Enrico avevano assassinato Tommaso Becket nella Cattedrale»?. (Chesterton, San Francesco)
Io non ho mai compreso perfettamente la natura della ragione per la quale gli storici accettarono da quella gente una messe di particolari come definitivamente veri e improvvisamente negarono quella verità quando uno dei particolari era di natura soprannaturale. Non compiango il loro scetticismo, non comprendo perché non siano ancora più scettici.
Quegli scettici scriverebbero, ad esempio: «Il fan... Altro...



Dobbiamo ricordarci che San Francesco fu un poeta e può essere compreso soltanto come poeta. Ed ebbe un privilegio poetico negato a molti: quello di potersi chiamare il solo poeta felice fra i tanti poeti infelici del mondo. Tutta la sua vita fu un poema: vediamo in lui non tanto un menestrello, semplice cantore delle proprie canzoni, quanto un autore drammatico che rappresento per intero il suo dramma.
Le cose che disse furono più fantasiose di quelle che scrisse; quello che operò fu più fantasioso di quello che disse (Chesterton, San Francesco)



San Francesco come poeta, fu perfettamente l’opposto di un panteista. Non disse sua «Madre» la natura, ma chiamò «Fratello» un determinato somaro, e « Sorella » una certa tortora. Se avesse chiamato la femmina del pellicano «sua zia» e un elefante «suo zio» - come potrebbe aver fatto - egli avrebbe voluto intendere che quelle erano creature particolari destinate dal loro Creatore a compiti speciali, e non semplice prodotto della evoluzione. (Chesterton, San Francesco)
San Francesco come poeta, fu perfettamente l’opposto di un panteista. Non disse sua «Madre» la natura, ma chiamò «Fratello» un determinato somaro, e « Sorella » una certa tortora.
Se avesse chiamato la femmina del pellicano «sua zia» e un elefante «suo zio» - come potrebbe aver fatto - egli avrebbe voluto intendere che quelle erano creature particolari destinate dal loro Creatore a compiti speciali, e non semplice prodotto della evoluzione. (Chesterton, San Francesco)




E' concepibile che alcuni barbari possano cercare di distruggere la cavalleria in amore come i barbari governanti a Berlino la distrussero nella guerra. Se questo accadesse avremmo gli stessi sciocchi sogghigni e le banali domande: gli uomini chiederebbero quale egoistico avido tipo di donna era quello che pretendeva un tributo in forma di fiori, o chiedeva oro massiccio in forma di monili, e domanderebbe ancora quale crudele divinità poteva chiedere sacrificio e rinnegamento di sé.
Essi avrebbero perduto il senso di quanto gli innamorati hanno inteso per amore e non comprenderebbero che quei doni avvenivano perché non richiesti. (Chesterton, San Francesco)



Trovandosi questi in un certo senso mistico dall’altro lato delle cose, (san Francesco) le vede procedere dalla divinità come fanciulli uscenti da una casa familiare e gradita, invece d’incontrarle come accade a molti di noi, già vaganti sulle strade del mondo. (Chesterton, San Francesco)
Trovandosi questi in un certo senso mistico dall’altro lato delle cose, (san Francesco) le vede procedere dalla divinità come fanciulli uscenti da una casa familiare e gradita, invece d’incontrarle come accade a molti di noi, già vaganti sulle strade del mondo. (Chesterton, San Francesco)



Opprimere le persone è un peccato terribile; ma deprimerle è un peccato peggiore (Chesterton, in La serietà non è una virtù, p. 41)



I gatti sono seri come la Sfinge che, a giudicare dalla posa, deve essere una sorta di gatto. Ma le ricche e anziane signore che amano i gatti sono altrettanto serie riguardo i gatti e loro stesse. Anche gli antichi egizi veneravano i gatti, oltre ai coccodrilli, agli scarabei e a ogni genere di essere; ma quei felini erano serissimi e trasmettevano questa serietà ai loro adoratori. L’arte egizia ... Altro...



Non adorerò il Vitello d’Oro; ancor meno adorerò il Vitello Grasso. Al contrario, me ne ciberò (Chesterton, Sulla serietà)



Spesso si discute se gli animali siano in grado di ridere. Dicono che la iena ride: ma la sua risata ricorda piuttosto il «grido d’incoraggiamento ironico» di un parlamentare. Tutt’al più fa una risata ironica. In generale è vero che tutti gli animali tranne
l’uomo sono seri. E credo che lo dimostri il fatto che anche
tutti gli esseri umani con uno spiccato interesse per gli animali
sono seri; molto più seri di quanto non siano gli uomini
riguardo a qualsiasi altro argomento (Chesterton, Sulla serietà)



Era stata dichiarata guerra tra Assisi e Perugia. Sarebbe di moda usare un certo spirito satirico, oggi, dicendo che quelle guerre non scoppiavano, ma duravano indefinitamente tra i comuni dell’Italia medioevale. Sarà sufficiente dire che se una di quelle guerre fosse realmente durata, senza interruzioni, per un secolo, avrebbe probabilmente ucciso un numero di uomini infinitamente minore di quant... Altro...



Vi è nell’uomo una tendenza a inclinarsi come nelle bocce: il Cristianesimo servì a correggerla e a colpire nel segno. Molti sorrideranno, ma è profondamente vero che la lieta buona novella recata dal Vangelo fu quella del peccato originale (GK Chesterton, San Francesco)

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Quando l’ambizione cede le armi alla buffoneria, quando le pretese dell’io sono talmente disattese da prospettare soltanto l’autoestinzione o la risata, San Francesco giunge a una condizione vicina alla spensieratezza, perché comincia a percepire ogni cosa naturale sotto una luce soprannaturale: quella della gratuità e della grazia. Sarà proprio la «scoperta di un debito infinito» a consegnargli la chiave d’oro dell’esistenza, poiché non v’è uomo – re o mendicante che sia – capace di guadagnarsi una stella o di meritarsi un tramonto (Paolo Pegoraro, recensione del San Francesco di Chesterton)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso la foto di Luisa Vassallo.

"La vera contentezza è una cosa attiva come l’agricoltura. È la capacità di tirar fuori da una situazione tutto quello che contiene. È difficile ed è rara." (G.K. Chesterton)
"La vera contentezza è una cosa attiva come l’agricoltura. È la capacità di tirar fuori da una situazione tutto quello che contiene. È difficile ed è rara." (G.K. Chesterton)






Per i cattolici è dogma fondamentale di fede che ogni essere umano senza eccezione alcuna viene particolarmente fatto, formato e aguzzato come freccia lucente allo scopo di colpire nel centro della Beatitudine (G. K. Chesterton, La Chiesa Viva)






Per noi trinitari (se mi è lecito dirlo con la dovuta riverenza) Dio stesso è una società.Questo triplice enigma è confortante come il vino e aperto come un focolare inglese; che questa cosa che turba l’intelletto, calma completamente il cuore: ma dal deserto, dai luoghi aridi dei terribili soli, vengono i crudeli figli del Dio solitario: i veri unitari che con la scimitarra in mano hanno devastato il mondo. Perchè non è bene che Dio sia solo (Chesterton, Ortodossia)
Per noi trinitari (se mi è lecito dirlo con la dovuta riverenza) Dio stesso è una società.Questo triplice enigma è confortante come il vino e aperto come un focolare inglese; che questa cosa che turba l’intelletto, calma completamente il cuore: ma dal deserto, dai luoghi aridi dei terribili soli, vengono i crudeli figli del Dio solitario: i veri unitari che con la scimitarra in mano hanno devastato il mondo. Perchè non è bene che Dio sia solo (Chesterton, Ortodossia)



Per noi trinitari (se mi è lecito dirlo con la dovuta riverenza) Dio stesso è una società.Questo triplice enigma è confortante come il vino e aperto come un focolare inglese; che questa cosa che turba l’intelletto, calma completamente il cuore: ma dal deserto, dai luoghi aridi dei terribili soli, vengono i crudeli figli del Dio solitario: i veri unitari che con la scimitarra in mano hanno devastato il mondo. Perchè non è bene che Dio sia solo (Chesterton, Ortodossia)
Per noi trinitari (se mi è lecito dirlo con la dovuta riverenza) Dio stesso è una società.Questo triplice enigma è confortante come il vino e aperto come un focolare inglese; che questa cosa che turba l’intelletto, calma completamente il cuore: ma dal deserto, dai luoghi aridi dei terribili soli, vengono i crudeli figli del Dio solitario: i veri unitari che con la scimitarra in mano hanno devastato il mondo. Perchè non è bene che Dio sia solo (Chesterton, Ortodossia)




«E' meno ripugnante vedere un povero mendicare rispetto a un ricco che domanda altro denaro. La pubblicità è il ricco che chiede altri soldi» (G.K. Chesterton, La nuova Gerusalemme, 1920)

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...Se si sostiene che il matrimonio è per la gente comune, mentre il divorzio è per gli spiriti liberi e nobili, tutte le persone deboli ed egoiste si precipiteranno a chiedere il divorzio mentre i pochi spiriti liberi e nobili (proprio perché sono liberi e nobili) continueranno a lottare per il loro matrimonio.
Infatti è uno dei segni distintivi della vera dignità d’animo non volersi allontanare ... Altro...








"Il progresso è la provvidenza senza Dio. Cioè, è la teoria che tutto sia da sempre andato verso il bene casualmente. È una specie di ottimismo estetico, basato su una coincidenza perenne di gran lunga più miracolosa di un miracolo". Gilbert Keith Chesterton, What I saw in America
"Il progresso è la provvidenza senza Dio. Cioè, è la teoria che tutto sia da sempre andato verso il bene casualmente. È una specie di ottimismo estetico, basato su una coincidenza perenne di gran lunga più miracolosa di un miracolo".

Gilbert Keith Chesterton, What I saw in America

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Come minimo sei volte, in questi ultimi anni, mi sono trovato in situazioni tali da non avere altra scelta che quella di farmi cattolico. E l'avrei fatto, se questo passo avventato non mi fosse stato impedito dalla fortunata coincidenza che già lo ero. (Chesterton, Il pozzo e le pozzanghere, p. 35)

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Non amo la serietà, penso che sia antireligiosa. Ho meglio, è un vezzo di tutte le false religioni (G.K. Chesterton)







Da noi, la classe di governo si dice di continuo: «Quali leggi faremo». In uno stato autenticamente democratico, si direbbe sempre: «A quali leggi possiamo obbedire?». Forse, uno stato autenticamente democratico non è mai esistito. Ma perfino le epoche feudali, nella pratica, erano così democratiche, che ogni governante feudale sapeva che, qualunque legge avesse emanato, con ogni probabilità s... Altro...

Fra Roberto Brunelli ha creato un evento.







"Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa...Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. La Chiesa fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole" (Chesterton)



Una gran quantità del moderno ingegno viene spesa per trovare giustificazioni alla condotta ingiustificabile dei potenti (Chesterton, Eretici, XIII, 1905 )



Noi non potremo godere della natura, né del vino, né di alcun’altra cosa, se avremo l’atteggiamento sbagliato verso la felicità.. se dobbiamo essere veramente gai, dobbiamo credere che c’è una qualche eterna gaiezza nella natura delle cose. Non possiamo neppure godere appieno di un pas-de-quatre a un ballo benefico, se non crediamo che le stelle stiano danzando alla stessa musica. (Eretici, VII, GK Chesterton)



La superstizione del buon gusto

Quando i vecchi liberali tolsero il bavaglio a tutte le eresie, la loro idea era che così sarebbero divenute possibili nuove acquisizioni religiose e filosofiche. La loro opinione era che la verità cosmica fosse così importante, che ognuno avrebbe dovuto recare una testimonianza indipendente. L’idea moderna è che la verità cosmica sia di così scar...


Fra Roberto Brunelli updated his status.

"Il matrimonio è un duello all'ultimo sangue che nessun uomo d'onore dovrebbe declinare". (Chesterton)







"Una cosa morta può andare con la corrente, ma solo una cosa viva può andarvi contro" (Gilbert Keith Chesterton)



Fra comunismo e capitalismo la grandezza di Chesterton

L'uomo medio non può dipingere il tramonto con i suoi colori preferiti, però può dipingere la propria casa della tinta che vuole e, quand'anche decidesse di dipingerla di verde pisello a pallini rosa, sarebbe comunque un artista, perché avrebbe operato una scelta. La proprietà non è altro che l'arte della democrazia. In altre parole, ogni uomo ...



Teniamo l’occhio in esercizio fino a quando impara a vedere le realtà sensazionali che corrono attraverso il campo visivo, cioè quelle ordinarie come una staccionata dipinta. Diventiamo atleti oculari. Impariamo a scrivere saggi su un gatto randagio o una nuvola colorata.
(Chesterton, da La Nonna del drago e altre serissime storie)



La cassetta postale è uno degli ultimi templi. Impostare una lettera e sposarsi sono fra i pochi atti a noi rimasti che siano compiutamente romantici; perché, per essere compiutamente romantico, un atto deve essere irrevocabile. Si chiama cassetta postale, ma è una casa della vita e della morte, è un santuario delle parole umane. (Chesterton, Eretici, cap.3)








"Non nego che debbano esserci i preti per rammentare agli uomini che un giorno dovranno morire. Dico soltanto che, in certe epoche strane, è necessaria un'altra specie di preti, chiamati poeti, per ricordare agli uomini che ancora non sono morti". (Gilbert Keith Chesterton, L' Uomo vivo)
"Non nego che debbano esserci i preti per rammentare agli uomini che un
giorno dovranno morire. Dico soltanto che, in certe epoche strane, è
necessaria un'altra specie di preti, chiamati poeti, per ricordare agli
uomini che ancora non sono morti".
(Gilbert Keith Chesterton, L' Uomo vivo)

Fra Roberto Brunelli ha condiviso un link.


"Spero sappiate che che i quattro fiumi dell'Eden scorrevano latte, acqua, vino e birra. Le acque gassate comparvero sulla terra solo dopo la caduta dell'uomo". (Chesterton)

Fra Roberto Brunelli ha pubblicato un link sul diario di Marco Sermarini.

Edited by fra roberto - 21/9/2014, 15:49
view post Posted: 9/9/2014, 16:53 Le Crociate - Testi tosti
L'Età delle Crociate
L'ultimo capitolo ebbe inizio, con apparente irrilevanza, col nome di Sant'Edoardo; e questo potrebbe benissimo iniziarsi col nome di San Giorgio. La sua prima apparizione, come si racconta, quale patrono del nostro popolo, avvenne per istanza di Riccardo Cuor di Leone durante la sua campagna di Palestina,
Laddove il Confessore è un personaggio nella storia inglese, San Giorgio, a parte il posto che occupa nel martiriologio come soldato romano, non può considerarsi un personaggio né nella storia inglese né in nessun'altra. Ma se noi desideriamo comprendere la più nobile e la più negletta delle rivoluzioni umane, dobbiamo prendere in considerazione il paradosso per cui molto progresso e molta luce di civiltà si ottennero col passaggio dalla cronaca al romanzo.
In qualsiasi angolo intellettuale della modernità si può leggere qualche frase analoga a quella che mi è capitata di recente in una polemica giornalistica: « La salvazione, come molte altre buone cose, non deve venirci dal di fuori »; chiamare esterna e non interna un'entità spirituale è la principale maniera che usano i modernisti per lanciare la loro scomunica. Ma se il nostro oggetto di studio è medioevale e non moderno, dobbiamo opporre a questa evidente banalità l'idea completamente opposta; vale a dire, dobbiamo metterci nella posizione di uomini che pensano che quasi tutte le cose buone vengono dal di fuori, precisamente come le buone notizie.
Devo confessare che in questo argomento le mie simpatie non sono imparziali, e che la frase di giornale sopra menzionata mi colpisce come una mazzata in quelle che sono le mie opinioni circa la natura stessa della vita. Per quanto mi consti personalmente, un bambino non ricava il miglior cibo materiale succhiandosi il pollice e del pari un uomo non ritrae il miglior cibo morale succhiandoci l'anima e negando la sua dipendenza da Dio. Io sosterrò sempre che il ringraziamento è la più alta forma di pensiero, e che la gratitudine non è altro che una felicità raddoppiata dalla sorpresa.
Questa fede nella recettività di cose che sono al di fuori di noi, viene qui messa avanti al solo intento di spiegare ciò che ogni interpretazione di questa epoca dovrebbe sempre rendere chiaro. In nessuna cosa il tedesco moderno è più moderno, o più pazzo, che nella sua mania di trovare un nome tedesco per ogni cosa; si mangia il vocabolario, ovverossia, in altre parole, si morde la lingua. Di contro gli uomini del Medio Evo in nessuna cosa erano più liberi e assennati che nel far propri nomi e emblemi che venivano da oltre i loro più cari confini.
I monasteri non solo accoglievano spesso lo straniero, ma anche quasi lo canonizzavano; un autentico avventuriero come Bruce fu fatto salire sul trono e ringraziato, come se fosse realmente un cavaliere errante. Del pari, comunità appassionatamente patriottiche assai sovente assunsero uno straniero per santo patrono; e così moltitudini di santi erano irlandesi, ma San Patrizio non era tale. Così pure, via via che gli Inglesi s'avviavano a diventare nazione, si lasciarono dietro gli innumerevoli santi sassoni, trascurarono non solo la santità di Sant'Eduardo ma anche la sicura fama di Alfredo, e si misero ad invocare san Giorgio, un eroe per metà mitico che era andato a combattere in un deserto orientale contro un impossibile mostro.
Quella transizione e quel simbolo non sono altro che le Crociate. Nel loro essere contemporaneamente romanzo e realtà, esse furono il primo esperimento degli Inglesi per istruirsi non solo dall'esterno, ma anche dal remoto. L'Inghilterra, come tutto ciò che è cristiano, aveva prosperato su cose esterne senza vergognarsene. Dalle strade di Cesare alle chiese di Lanfranco, aveva chiesto e ottenuto il suo cibo da Dio.
Ora le aquile avevano spiegate le ali, fiutando un più lontano massacro: esse cercavano le cose estranee invece di riceverle. Gli Inglesi erano passati dalla recettività all'avventura, dando principio all'epopea delle loro navi. Se si volesse esporre la storia del grande movimento religioso che travolse l'Inghilterra insieme con tutto l'Occidente, si dovrebbe dilatare questo libro fino a fargli assumere proporzioni immense; tuttavia, sarebbe più opportuno fare ciò che disfarsene con quel tratto distante e freddo che usano di solito gli scrittori di brevi sammari. L'inadeguatezza del nostro metodo insulare nella storia popolare trova la sua conferma più evidente nella maniera come viene trattato Riccardo Cuor di Leone; la sua storia è raccontata dando per implicito che la sua partenza per la Crociata fu qualcosa di simile alla scappatella di uno scolaretto che monta su una barca e si allontana dalla riva. Fu, da questo punto di vista, una perdonabile ed anche amabile birichinata.
La verità è però che Riccardo va paragonato ad un inglese dei nostri giorni che, con piena coscienza di ciò che fa, si avvii verso il fronte di battaglia. La cristianità era presso che una nazione, e il fronte erano i Luoghi Santi. Che Riccardo avesse un temperamento avventuroso e anche romantico, è vero, per quanto non sia una cosa arbitrariamente romantica per un soldato nato compiere il suo lavoro come meglio può.
Quindi, niente scappatelle, niente birichinate. L'ingiustizia di questa tesi, che tenta di diminuire la parte avuta dalla storia inglese in quella più generale dell'Europa, risalta a prima vista se si tien conto dell'assenza abituale di paragoni con il Continente. In effetti ci basta attraversare lo Stretto di Dover per scoprire tutto il lato sofistico di tale tesi. Filippo Augusto, il contemporaneo di Riccardo in Francia, aveva fama di essere uno statista particolarmente cauto e di mente fredda; pure, anch'egli parti per la stessa crociata. La ragione è, com'è ovvio, che le Crociate venivano considerate da tutti gli Europei riflessivi imprese della più alta politica e da affrontarsi col più puro senso della cosa pubblica.
Un seicento anni dopo la nascita del Cristianesimo in Oriente e il suo diffondersi verso Occidente, un'altra grande fede era sorta quasi nelle stesse contrade orientali e si era messa a seguire il cristianesimo come fosse la sua gigantesca ombra. Come un'ombra, era nel contempo una copia e l'opposto. Noi gli abbiamo dato il nome dì islamismo o religione di Maometto, e forse la sua caratterizzazione più esplicativa si ha definendolo l'ultimo rigurgito dell'accumulato orientalismo,
o forse dell'accumulato ebraismo, sempre più rigettato indietro via via che la Chiesa diventava europea e il cristianesimo si mutava in cristianità. Il motivo animatore della nuova religione era l'odio contro gli idoli, e dal suo punto di vista l'Incarnazione era in sé stessa un'idolatria. Le due cose che più perseguitava erano l'idea di Dio fattosi carne e quella del suo posteriore mutarsi in legno o pietra. Un esame dell'elemento che covava sotto l'avanzata, simile ad una prateria in fiamme, della conversione cristiana, suggerisce l'ipotesi che questo fanatismo contro l'arte o la mitologia fosse nell'istesso tempo uno sviluppo e una reazione alla conversione, una specie di difesa del diritto delle minoranze fatta dagli Ebrei.
In questo senso, l'islamismo può considerarsi un'eresia cristiana. Le prime eresie erano state rigurgitanti di reversioni ed evasioni dall'Incarnazione, proponendosi esse di salvare il loro Cristo dalla realtà del suo corpo, sia pure a spese della sincerità della sua anima. Cosi, per esempio, gli iconoclasti greci si erano riversati in Italia, facendo a pezzi le statue del popolo e denunziando l'idolatria del papa, finché furono messi in rotta, in una maniera assai simbolica, dalla spada del padre di Carlomagno. Furono tutte le deluse amarezze lasciate da queste repressioni che s'incendiarono a contatto del genio di Maometto e lanciarono dalle ardenti terre una carica di cavalleria che fu quasi sul punto di conquistare tutto il mondo.
E se a questo punto qualcuno fa osservare che non vale la pena spendere parole su una questione orientale in un libro di storia inglese, ebbene, c'è da rispondere che questo volume può sì contenere delle digressioni, ma non è in se stesso una digressione. È assolutamente importante tener fermo che il dio ebraico perseguita il cristianesimo come uno spettro; e ciò dovrebbe essere ricordato in ogni angolo d'Europa, ma specialmente nel nostro. Se qualcuno mette in dubbio tale necessità, che vada a farsi una camminata, entro un raggio di trenta miglia, qualunque sia il posto d'Inghilterra che abiti, e visiti tutte le chiese parrocchiali; s'informi poi perché quella Vergine di pietra è decapitata o manca quel vetro colorato: non mancherà di apprendere allora che non molto fa, anche nei luoghi che gli sono più familiari, ritornò l'estasi dei deserti, e che la sua pallida isola nordica si riempi della furia di nuovi iconoclasti.
Nella sublime e pur sinistra semplicità dell'islamismo c'era un elemento che non conosceva confini: la nuova religione non aveva una casa. Era nata in povere terre sabbiose, in mezzo a nomadi, e poteva andare dovunque perché non veniva da nessuna parte. Tuttavia nei Saraceni del primo Medio Evo la natura nomade che è nell'islamismo era nascosta da un'alta civiltà, più scientifica per quanto meno creativamente artistica di quella contemporanea del cristianesimo. Il monoteismo di Maometto era, o tale appariva, una religione più razionale di quella di Cristo; e questa tendenza a soggiornate nelle sfere della ragione prive di terrestri radici si caratterizzava specialmente in cose astratte, una delle quali, l'algebra, è arrivata sino a noi col suo nome originario.
La civiltà cristiana, che era invece largamente e fortemente istintiva, s'indirizzava verso un'altra direzione. Era piena di affetti locali, che trovavano la loro estrinsecazione in quel sistema di barriere e di steccati che si profilava come un disegno attraverso tutto ciò ch'era medioevale, dall'araldica al possesso della terra. In tutti i costumi e statuti degli uomini del Medio Evo vi era una forma e un colore particolari, come può vedersi nelle cotte d'armi e nei blasoni; qualcosa di chiuso e di gaio nello stesso tempo.
Ciò non rappresentava una deviazione dall'interesse nelle cose esterne, ma piuttosto una parte di esso. Lo stesso saluto che le persone spesso rivolgevano a uno straniero da dietro il muro, era un riconoscimento del muro stesso. Coloro che considerano la propria vita sufficiente a se stessa, non vedono il limite di essa come un muro, ma piuttosto come la fine del mondo. I Cinesi chiamavano il bianco « colui che rompe il mondo ». Lo spirito medioevale amava la parte ch'esso aveva nella vita come una parte, non già come un tutto: la sua posizione privilegiata nella vita derivava da qualcosa d'altro. Si racconta una storiella a proposito di un monaco benedettino che soleva volgere il saluto nel comune bisticcio "Benedictus benedicat"; al che una volta un illetterato francescano rispose: "Franciscus franciscat". È quest'aneddoto come una parabola dell'intera storia medioevale; perché se vi fosse stato un verbo "franciscare" non altro avrebbe potuto significare se non ciò che San Francesco ebbe a compiere. Ma questo più forte misticismo individualistico si trovava ancora nella culla, e il "Benedictus benedicat" può considerarsi il motto del Medio Evo più antico. Intendo con ciò dire che non c'è cosa che non sia benedetta dal di fuori, da qualche cosa che a sua volta è stata benedetta dal di fuori, e così di seguito: solo chi è benedetto può benedire.
Ma il punto che da la spiegazione di tutto il fenomeno delle Crociate è questo: per esse il «di fuori» non era l'infinito, come nella religione moderna. Tutti i «di fuori» erano dei luoghi. Il mistero della località, con tutto ciò che ha di presa sul cuore umano, era presente in tutte le cose più eteree del cristianesimo alla stessa maniera come era assente nelle cose più pratiche dell'islamismo: l'Inghilterra derivava una cosa dalla Francia, la Francia dall'Italia, l'Italia dalla Grecia, la Grecia dalla Palestina, la Palestina dal Paradiso. Era più che naturale che il contadino si facesse benedire la casa dal prete della chiesa parrocchiale, il quale era stato investito dei suoi poteri da Canterbury, che a sua volta era stata investita da Roma. Tuttavia non è da credersi che questa stessa Roma adorasse se stessa, come nell'epoca pagana. Roma guardava verso oriente alla misteriosa culla del suo credo, a una località di cui anche l'umile terra diceva santa. E allorché un giorno vi volse gli occhi, vide la faccia dell'Infedele; vide ergersi nel luogo che era il suo paradiso terrestre un gigante vorace emerso dal deserto e che tutti i luoghi considerava eguali.
Abbiamo ritenuto necessario soffermarci sulle emozioni più intime che animarono le Crociate, perché il lettore moderno è completamante ignaro di quelli che furono i peculiari sentimenti dei suoi padri. La lotta tra cristianesimo e islamismo non fu affatto una semplice lite tra due uomini che volevano ambedue Gerusalemme; fu una faccenda molto più mortale, tra un uomo che voleva Gerusalemme e un altro che non riusciva a capire perché la volesse. Il maomettano, ovviamente, aveva i suoi luoghi santi; però non li aveva mai considerati come un occidentale può considerare un campo o un tetto; non poteva pensare che la santità potesse concretizzarsi in una località. L'austerità che limitava la sua immaginazione, la guerra che continuamente spostava verso altri luoghi e che gli impediva di riposarsi; sono questi i due elementi che lo rendevano estraneo a tutto ciò che prepotentemente erompeva d'ogni parte e fioriva nei nostri patriottismi locali. E questa estraneità se ha dato ai Turchi un impero, non gli ha mai dato una nazione.
Gli effetti di questa avventura contro un nemico possente e misterioso furono di un'importanza semplicemente enorme nella trasformazione dell'Inghilterra, come pure di tutte quelle nazioni che si andavano costituendo fianco a fianco con essa. Anzitutto, molte e straordinarie furono le cose che apprendemmo da ciò che il Saraceno faceva; secondariamente, maggiori e più straordinarie furono quelle altre cose che apprendemmo da ciò che egli non faceva. Vedendo coi nostri propri occhi alcune delle buone cose di cui mancavamo, fummo fortunatamente capaci di imitarlo. Invece, in tutte le nostre buone cose di cui egli mancava, la nostra fiducia in esse venne confermata a tal punto che divenne dura come il diamante. Può dirsi che i cristiani giammai furono così sicuri di aver ragione come quando portarono la guerra ai maomettani. Immediatamente si determinò quella caratteristica e naturale reazione destinata a produrre le cose migliori di ciò che chiamiamo arte cristiana, e specialmente quei grotteschi dell'architettura gotica, che non solo sono pieni di vita, ma anche aggressivamente polemici.
L'Oriente, da un punto di vista ambientale e col suo fascino impersonale, non mancò di certo di stimolare lo spirito occidentale; però lo fece in maniera negativa, determinando cioè una breccia nel comandamento maomettano. In un certo qual modo i cristiani si trovarono nella condizione di caricaturisti, si sentirono cioè costretti a dare un volto a tutti quegli ornamenti maomettani privi dì volto, a dare una testa a tutti quei serpenti decapitati, a posare degli uccelli su tutti quegli alberi senza vita. La statuaria sussultò e si animò del soffio vitale per effetto della proibizione nemica, che cosi diventò una benedizione. L'immagine, solo perché era chiamata idolo, diventò non solo una bandiera ma anche un'arma. Uno sterminato esercito di pietra balzò su tutti gli altari e in tutte le strade d'Europa. In tal maniera gli iconoclasti fecero molte più statue di quanto non ne distrussero.

Il posto che occupa il Cuor di Leone nella tradizione popolare è molto più vicino a quello che gli assegna la vera storia che a quello di un avventuriere senza patria che gli riservano i nostri utilitari testi scolastici. Ma è quasi sempre cosi; ai nostri giorni la credenza volgare è più vicina alla verità storica che non l'opinione cosidetta colta. E questo si spiega facilmente: la tradizione è più vera della moda. Re Riccardo, che fu il tipico crociato, cambiò decisamente l'aspetto dell'Inghilterra andando a coprirsi di gloria nell'Oriente. Il suo genio militare e prestigio conferirono all'Inghilterra qualche cosa che essa poi conservò per quattrocento anni e senza la quale diventa incomprensibile in detto periodo; le dettero la fama di essere all'avanguardia della cavalleria. Il grande ciclo epico della Tavola Rotonda e la devozione dei cavalieri a un re appartengono a questo periodo. Riccardo non fu solamente un cavaliere, ma anche un trovatore; cultura e cortesia vennero per suo tramite a collegarsi all'idea del valore militare degli Inglesi. L'inglese medioevale era anche fiero di essere cortese, il che è, a dir poco, meno peggiore che essere fiero di denaro e cattive maniere; cose queste che gli Inglesi degli ultimi secoli hanno coltivato dando loro il nome di senso pratico,
La cavalleria può esser detto il battesimo del feudalismo. Fu il tentativo di trasferire la giustizia ed anche la logica del credo cristiano in un sistema militare che esisteva di già, di far diventare la disciplina una iniziativa e le ineguaglianze una gerarchla. È allo spirito di rispetto che anima questo nuovo periodo che appartiene l'alto culto della dignità della donna, al quale il significato della parola «cavalleria » viene spesso ristretto, o se si vuole esaltato, Questa fu pure una rivolta contro una delle peggiori lacune della raffinata civiltà saracena. I maomettani erano sotto l'influenza del vecchio sentimento orientale circa la donna e non avevano ricevuto quella speciale ispirazione che era connessa al culto della Vergine. E' falso asserire che il punto di vista cavalieresco sulla donna fosse semplicemente un'affettazione, a meno che non si intenda nel senso che laddove c'è un'affettazione deve necessariamente esserci un ideale.
È la peggior sorte di superficialità non intendere l'influenza di un sentimento generale solo perché è sempre vinto dagli eventi; la stessa Crociata, per esempio, è più potente e presente come sogno che come realtà. Dal primo dei Plantageneti all'ultimo dei Lancasteriani signoreggia una determinata visione dei re d'Inghilterra: come sfondo alle loro battaglie s'intravede un miraggio della Palestina. Non diversamente una devozione come quella di Eduardo I alla sua regina era un motivo assolutamente vero nella coscienza della moltitudine dei suoi contemporanei.
Tuttavia sarebbe un madornale errore storico supporre che le Crociate concernessero solo quella parte superficiale della società per la quale l'araldica era un'arte e la cavalleria una etichetta. Si tratta precisamente del contrario; la prima Crociata specialmente fu un sollevamento popolare assai simile a quei rivolgimenti del popolo che vanno sotto il nome di sommosse o rivoluzioni. Le gilde, i grandi sistemi democratici di quel tempo, videro spesso aumentare il loro prestigio per il fatto che riunivano in corporazione le forze combattenti per la Croce; ma di ciò dovrò occuparmene in seguito. Spesso non si trattava di una leva di uomini, ma piuttosto di un lungo sentiero di famiglie intere, zingari di una nuova specie che si spingevano verso oriente; ed è diventata una nozione comune che dei bambini spesso si organizzavano, così come ora fanno per una scampagnata o un gioco. Ma forse tutto ciò diventerà più chiaro se immagineremo ogni crociata come la Crociata dei Bambini.
Gli uomini allora erano pieni di tutte quelle cose che il mondo moderno adora nei bambini, appunto perché le ha represse negli adulti. Le loro vite erano impregnate, come lo attestano anche i più rozzi resti della loro arte più popolaresca, di ciò che noi tutti da bambini crediamo di vedere al di là della finestra, di qualcosa che rende familiari le terre più distanti e che fa sì che si abbiano sempre a portata di mano i più sconfinati orizzonti. Gli uomini allora sistemavano negli angoli di piccole case i confini del mondo e gli estremi lembi del cielo. La loro prospettiva è primitiva e disordinata, ma pure è prospettiva; non è la piatta uniformità decorativa dell'Oriente, Insomma,il loro mondo, come quello di un bambino, è pieno di raccorciamenti delle distanze, di scorciatoie per i paesi incantati. Le loro carte geografiche sono più stimolanti delle pitture; i loro animali semifavolosi se da una parte sono mostri, dall'altra hanno tutta l'aria di amabili cuccioli. È impossibile descrivere con parole questa vividissima atmosfera; e poi non era solo un'atmosfera, ma anche un'avventura, Queste visioni esotiche andavano effettivamente a visitare ciascuno nella sua casa, mentre invece concili reali e liti feudali restavano comparativamente lontani. I Luoghi Santi erano molto più vicini alla casa di un uomo qualsiasi dello stesso Westminster e incomparabilmente di più di Runymede. Fornire un elenco di re e parlamenti inglesi senza soffermarsi per un momento su questa prodigiosa presenza di una trasformazione religiosa nella vita d'ognuno, è un'insulsaggine la cui enormità può
desumersi sia pure in proporzioni molto minori da un paragone tratto dai tempi moderni e nel quale secolarità e religione figurino in posizioni inverse: immaginiamo infatti che uno scrittore clericale o realista compili un elenco degli arcivescovi di Parigi dal 1750 al 1850 annotando che questo morì di vaiolo, quello di vecchiaia, quell'altro per uno strano accidente occorsogli sotto la mannaia e così di seguito, senza mai menzionare nemmeno una volta la natura, o sia pure soltanto il nome, della Rivoluzione Francese.
view post Posted: 30/8/2014, 10:56 L'emancipazione della vita domestica - Testi tosti
... In ogni centro d'umanità deve esistere un essere umano che risponde a uno schema più vasto: uno che non da il meglio di sé, ma tutto di sé.
Il paragone con il fuoco, da noi già sfruttato nelle pagine precedenti, resta il più efficace. Il fuoco non divampa come l'elettricità né si agita come l'acqua bollente: il punto è che divampa più dell'acqua e scalda più della luce elettrica. La moglie è come il fuoco, o, per dare alle cose la loro giusta proporzione, il fuoco è simile alla moglie. Come il fuoco, la donna racconta storie ai bambini, non storie originali e artistiche, ma molto probabilmente migliori di quelle che potrebbe raccontare un cuoco di prim'ordine. Come il fuoco, la moglie illumina e arieggia, non con sconvolgenti rivelazioni e pensieri sfrenati, ma meglio di come può fare un uomo dopo aver passato la giornata a spaccare pietre o a fare lezione. Tuttavia, non ci si può aspettare che ella riesca a sopportare questo compito universale, se deve reggere anche, direttamente, la crudeltà della fatica competitiva e burocratica. La donna dev'essere una cuoca, ma non competitiva; dev'essere una maestra di scuola, ma non una maestra competitiva; una decoratrice di case, ma non competitiva; una sarta, ma non una sarta competitiva. Dovrebbe avere non un singolo lavoro ma venti hobby; ella, a differenza del maschio, può coltivare tutte le sue «seconde» occupazioni. Questo è stato, fin dall'inizio, il vero scopo di ciò che si è voluto definire reclusione, o persine oppressione, delle donne. Non le si lasciava a casa per restringere la loro libertà; al contrario, le si lasciava a casa per dare loro spazio. Il mondo fuori di casa era un ammasso di grettezza, un labirinto di sentieri stretti, un manicomio di monomaniaci. Soltanto a patto di essere protetta e limitata (sia pure parzialmente), la donna poteva essere messa in condizione di svolgere cinque o sei professioni, avvicinandosi così a Dio come un bambino quando gioca ai mestieri più disparati. A differenza di quelle del bambino, però, le professioni della madre erano tutte autenticamente e, per così dire, terribilmente feconde; così tragicamente reali che soltanto l'universalità e l'equilibrio materno impedivano che diventassero puramente morbose. Questo è, secondo me, il nocciolo della discussione sulla posizione storica della donna. Non nego che le donne siano state vittime di ingiustizie, o che siano state addirittura torturate, ma dubito che siano mai state tormentate come lo sono adesso dall'assurdo tentativo moderno di farne contemporaneamente regine della casa e funzionane competitive. Non nego che anche quando vigevano le antiche tradizioni per le donne la vita fosse più dura che per gli uomini: ecco perché ci togliamo il cappello davanti a loro. Non nego che i numerosi compiti femminili fossero esasperanti; dico, però, che non erano così numerosi senza una ragione e uno scopo. Non intendo nemmeno negare che la donna fosse una domestica; era però il capo dei domestici.
Per riassumere, si può dire che la donna rappresenta l'idea della salute: è la casa intellettuale dove la mente necessariamente ritorna dopo ogni escursione nel regno della stravaganza. Una mente che riesca a trovare la via per luoghi strani e selvaggi appartiene a un poeta; una mente che non riesca a trovare la via di casa appartiene a un pazzo. In ogni macchina devono esserci una parte che si muove e una parte che sta ferma; in ogni cosa che cambia deve esistere una parte che non può essere cambiata. Molti dei fenomeni che i moderni frettolosamente condannano sono effettivamente parte della posizione della donna nella sua qualità di centro e pilastro della salute. La sua cosiddetta subordinazione e persino la sua arrendevolezza, in realtà, sono sostanzialmente la subordinazione e l'arrendevolezza di una medicina universale; ella cambia come cambiano le medicine, a seconda della malattia. Deve essere ottimista con il marito che non sta bene, deve fare mostra di salutare pessimismo davanti a un uomo troppo spensierato; deve impedire che don Chisciotte subisca prepotenze, ma deve altresì impedire che il bullo sia prepotente con gli altri. Il re di Francia scrisse:
«Sempre la donna cambia,
è davvero sciocco chi si fida di lei.»

In realtà è proprio perché la donna cambia sempre che ci fidiamo di lei. Correggere ogni avventura o stravaganza con l'antidoto del buon senso non significa (come i moderni paiono credere) essere nella posizione di una spia o di una schiava. Vuoi dire, piuttosto, trovarsi nella posizione di Aristotele, o (come minimo) di Herbert Spencer: essere una morale universale, un completo sistema di pensiero. Lo schiavo si vanta; il perfetto moralista rimprovera. In altre parole, la donna è un trimmer nel vero e onorevole senso di questo termine, che per una ragione o per l'altra è sempre usato in un senso diametralmente opposto al suo. Infatti, a quanto pare, si ritiene che trimmer si riferisca a una persona codarda che si schiera sempre dalla parte del più forte. In realtà, indica una persona profondamente cavalleresca, che si schiera costantemente dalla parte dei più deboli, come uno che mantiene in equilibrio (trims) una barca sedendosi dal lato in cui vi sono poche persone. La donna è una bilanciatrice: il suo è un lavoro generoso, pericoloso e romantico.
Ma c'è un fatto, sufficientemente chiaro, che taglia la testa al toro. Se si ammette che l'umanità abbia per lo meno agito in modo non innaturale dividendosi in due metà, che incarnano in particolare le categorie del talento specializzato e della salute generale (le quali, in effetti, sono difficili da combinare in una sola mente), è facile capire perché la linea di demarcazione coincida con il sesso o perché la donna sia diventata il simbolo dell'universale, mentre il maschio è l'emblema di ciò che è speciale e superiore. Due importantissimi fatti naturali hanno voluto così: in primo luogo, la donna che svolgeva frequentemente e letteralmente la propria funzione non poteva distinguersi in avventure e sperimentazioni di cose nuove. In secondo luogo, tale funzione naturale la circondava di figli piccoli, ai quali bisogna insegnare tutto. I neonati non hanno bisogno di imparare un mestiere, ma di essere introdotti nel mondo. Per farla breve: la donna sta solitamente chiusa in casa in compagnia di un essere umano proprio nell'età in cui questi fa tutte le domande possibili e persine alcune impossibili. Sarebbe strano che ella possedesse anche la limitatezza di uno specialista. Comunque, se qualcuno dice che il compito di dare risposte a un bambino (pur liberato dalle regole e dagli orari moderni, e svolto spontaneamente da una persona protetta) è di per sé troppo impegnativo e opprimente, capisco il punto di vista. Posso solo rispondere che la nostra razza ha pensato che valesse la pena di caricare quel fardello sulle spalle delle donne per garantire che nel mondo vi fosse buonsenso. Tuttavia, quando la gente comincia a dire che si tratta di un compito basso e squallido, rinuncio a rispondere, perché non riesco a capire che cosa intenda, nemmeno sforzando al massimo la mia immaginazione. Per esempio, quando la vita domestica è definita un «lavoraccio», la mia difficoltà nasce dall'interpretazione di tale termine. Se con lavoraccio si intende semplicemente un lavoro spaventosamente faticoso, ammetto che la donna, in casa, fatica come un uomo può faticare presso la cattedrale di Amiens o dietro un cannone a Trafalgar. Se però significa che il lavoro, già faticoso, è reso ancor più pesante dal suo essere futile, incolore e di scarso significato per l'anima, allora lascio perdere: non capisco il senso di tali parole. Essere la regina Elisabetta all'interno di un determinato spazio e avere l'ultima parola su spese, banchetti, lavori e vacanze; essere Whiteley entro un determinato spazio e fornire giocattoli, stivali, coperte, dolci e libri; essere Aristotele entro un determinato spazio e insegnare la morale, le buone maniere, la teologia e l'igiene... Posso capire che tutto ciò risulti spossante per la mente, ma non riesco a immaginare come potrebbe renderla più limitata. Com'è possibile che insegnare ai bambini altrui la regola del tre sia un lavoro dalle ampie prospettive e parlare al proprio bambino dell'universo sia un lavoro limitato? Com'è possibile che essere la stessa cosa per tutti sia sinonimo di spazio aperto ed essere tutto per uno sia invece sinonimo di ristrettezza? Ebbene, il compito di una donna è sì faticoso, ma perché è immane, non perché è limitato. Posso compatire la signora Jones per l'enormità, ma mai per la piccolezza, del suo lavoro.
Tuttavia, sebbene il compito della donna attenga all'universalità, esso non le impedisce, naturalmente, di conservare due forti, per quanto salutari, pregiudizi. In linea di principio, rispetto all'uomo, la donna si è dimostrata più cosciente di rappresentare soltanto metà dell'umanità; ma ha espresso (se così si può dire di una signora) tale consapevolezza gettandosi a capofitto su due o tre cose che ritiene di dover difendere. Colgo qui l'occasione di osservare, tra parentesi, che i problemi legati alle donne sono in buona parte nati dal fatto che esse proiettano su faccende in cui c'entrano dubbio e ragione la sacra testardaggine che si adatta soltanto alle cose primarie che la donna era stata chiamata a custodire. I propri figli, il proprio altare, dovrebbero essere una
questione di principio, o, se preferite, di pregiudizio. Invece, per esempio, chi sia l'autore delle Lettere di Junius non dovrebbe essere una questione di principio o di pregiudizio, ma costituire materia per una libera e quasi indifferente ricerca. Ma fate di un'energica giovane la segretaria di un'associazione che vuole dimostrare che la paternità delle lettere di Junius è da attribuirsi a Giorgio III, e nel giro di tre mesi anch'ella ne sarà convinta, per pura lealtà nei confronti dei suoi datori di lavoro. Le donne moderne difendono il loro ufficio con una ferocia tipicamente domestica. Combattono per la scrivania e la macchina da scrivere come per il focolare e la casa, e sviluppano una sorta di selvaggio comportamento da coniuge nei confronti dell'invisibile capo dell'azienda. Ecco perché fanno così bene il lavoro d'ufficio: ecco perché non dovrebbero farlo.
view post Posted: 26/8/2014, 10:20 Amore di coppia - Testi tosti
Noi siamo fatti per essere felici, e il nostro cuore vuole essere amato di un amore totale, eterno, indissolubile, incondizionato. Un amore che assomiglia tanto al perdono. Un amore che ci dica “io ti prendo così, anche se sei lamentosa, anche se sei disordinato, anche quando sei un po’ egoista, ti prendo tutti i giorni della mia vita, anche ora che hai le occhiaie e mi stai raccontando per la quindicesima volta di quando da giovane facevi rafting”. Anche tu lo vuoi, Jacques, non posso credere che ti piaccia sentirti dire “sì, sei in gamba, ma stasera preferisco andare a letto con quel bellissimo giornalista che corre maratone e ha trenta anni meno di te. Ma stai tranquillo che se mi serve una lettura degli scenari economici mondiali dopo la notte di sesso vengo da te, a colazione”. Mi dispiace, ma non ci credo. Perché per quanto misterioso il nostro cuore ha alcune regole di funzionamento: ha dei ventricoli, delle valvole, e un bisogno struggente di amore totale. Il punto però lo cogli proprio tu quando scrivi che nel tuo futuro “molti saranno innamorati solo di se stessi”. Ecco, allora il punto è questo. Che noi vogliamo essere amati totalmente, ma noi non sappiamo amare così. C’è, dici, uno “sfasamento traumatico fra la realtà e le aspettative personali”. È vero, l’altro ci delude. È vero, non è sempre come lo vorremmo. Ma il fatto è che anche noi deludiamo gli altri. Anche tu avrai deluso le tue donne, anche tu le avrai ferite. Chissà quante volte, e chissà quante senza accorgertene (noi siamo incredibilmente più sensibili di quanto sospettiate, è per questo che spesso vi sembriamo matte).

Certo, questo tipo di amore che va oltre la delusione, e anzi proprio nel momento della disillusione – il principe dopo averla salvata si piazza sul divano in ciabatte, la principessa dopo il salvataggio non è più tanto bisognosa, e comincia a rompere (lui si sposa sperando che lei non cambi mai, lei si sposa sperando di cambiarlo) – non è più spontaneo ma diventa frutto di una decisione, e a volte è anche un po’ preterintenzionale, questo tipo di amore è una scelta. “Nella libertà moderna si rivendica il diritto di non scegliere”, ma questa è un’illusione, caro Attali. Non è vero che non scegli. Scegliendo il poliamore dici di no alla lealtà, al sapere di poter contare su qualcuno qualunque cosa succeda, al gioco di squadra – perché una famiglia lo è – a un’alleanza con qualcuno che ha visto il peggio di te e ti tiene lo stesso. Dici di no alla profondità, a un livello di amore che ti sarà sempre precluso, e che è quello che il tuo cuore desidera. Ecco, “a che titolo si dovrebbero avere due case e due cellulari, e non più amori”, è esattamente per questo. Per la tua vera e profonda felicità (Costanza Miriano)
view post Posted: 14/7/2014, 17:17 La decadenza del ballo - Testi tosti
La decadenza del ballo
Un certo libro sublime, che ha tante pagine totalmente dedicate a banchetti e balli, racconta la storia di un figlio minore, uno scialacquatore, che lasciò la campagna per la città, la sua casa per gli alberghi, il padre per gli amici, scialacquatori come lui. Questa follia durò finché non si ritrovò a fare il guardiano di maiali e a essere talmente senza cibo da invidiare la brodaglia dei maiali. Ritrovò il buon senso quando si ricordò della gran ricchezza di cose presenti nella casa di suo padre, dove perfino i servi salariati avevano più pane di quanto riuscissero a mangiarne. La storia di questo figlio minore finisce opportunamente con un gran banchetto di benvenuto composto da varie cose, vale a dire: i baci del padre, la veste più bella, un anello, un paio di calzari nuovi, il vitello grasso, cibo, bevande, musica e un ballo. Ora ad alcuni autentici profeti è parso che la tragedia più grande non fosse quella del figlio più giovane ma quella del più vecchio. Quest'uomo che aveva condotto una vita talmente irreprensibile da non aver lasciato nessuna traccia di sé sugli annali del tribunale locale, all'improvviso, in occasione del grande ballo dato per il fratello minore, rivelò il difetto nascosto della propria anima. Con la spaventosa precisione e semplicità di una condanna, di lui è scritto: "Egli si adirò e non volle entrare". Perciò il maggiore rimase fuori, nell'oscurità della notte senza danze. È l'orribile inizio di una tragedia, che ci ossessiona anche nel sogno e ci porta a domandarci quale sarà il destino di quest'uomo. Di quel destino tu e io, caro lettore, non sappiamo nulla. Ma un profeta, che una volta ho incontrato mentre pascolava il suo gregge nelle Cotswolds, mi disse che dopo aver cercato per quarantasette anni di capire cosa fosse accaduto al fratello maggiore, lo rintracciò nel capitolo successivo di san Luca nelle vesti dell'amministratore a cui dobbiamo la famosa frase: "Di zappare non ne ho la forza; a mendicare, mi vergogno". Ma questo profeta pastore, che nei suoi anni impetuosi era stato professore di Sacra Scrittura a Cambridge, aggiunse: "Il testo è alterato. Secondo me dovrebbe essere: "Mendicare, non ne ho la forza; zappare, mi vergogno. Perciò ruberò".
Ritorniamo adesso al ballo. Tutti noi che trepidiamo per la sorte del fratello maggiore ci rendiamo conto che l'inizio del peccato fu generato o rivelato dal suo atteggiamento verso il ballo dato per festeggiare il ritorno del fratello sano e salvo a casa. In conseguenza di ciò, come si addice all'argomento, possiamo esaminare l'atteggiamento dei nostri contemporanei verso il ballo, per paura che possa loro capitare un male grande come quello che capitò al fratello maggiore. Tanto per cominciare, la danza è per sua natura così umana e pertanto così divina, che il Beato Angelico, il quale conobbe le vie del Cielo come nessun altro pittore, dipinse il paradiso come una danza degli angeli con gli uomini e degli uomini con gli angeli.
Mentre Adamo e sua moglie Eva passeggiavano nel paradiso terrestre, gli uccelli cantavano sugli alberi. I piedi dei due fortunati accompagnavano quella musica con una danza. Canto e danza finirono quando arrivò il serpente; perché nell'inferno non vi è canto, ma solo frastuono; né tanto meno vi sono danze leggiadre, ma solo smorfie orrende.
Ho pensato che la danza, la quale trovò la morte nel giardino dell'Eden con l'arrivo del serpente, tornò in vita quando Adamo prese il suo primogenito fra le braccia e lo cullò per la semplice gioia di essere padre. Rinacque ancora quando Adamo raccolse cantando i primi frutti autunnali ottenuti dai semi che aveva sparso con le lacrime nell'oscurità dell'inverno. È sempre una danza quella che vedo quando osservo il seminatore che getta il seme, l'aratore che rovescia il solco o il mietitore che affonda la falce. E poi cos'altro può fare un uomo se non danzare quando sente il correggiato cantare al ritmo della trebbiatura o la musica della zangola quando si sta formando il burro?
Solo coloro che, con l'amore per le cose invece che per i simboli delle cose, vivono del lavoro della terra, sanno cosa sia la danza nel suo intimo e nella sua essenza. Solo lontano dai condizionamenti della città, i piedi degli uomini e delle donne hanno spazio sufficiente per esprimere il fuoco divino della danza. Possono ballare agli incroci delle strade quando il sole o la luna sono alti nel ciclo. Quando cade la pioggia o il temporale si impadronisce del ciclo e della terra, ogni casa colonica ha un'aia dove i piedi di coloro che danzano si muovono da soli sull'argilla silenziosa.
Quanti vivono del lavoro della terra trovano mille pretesti per danzare. Nessun uomo né donna organizza feste di nozze simili, o trova cibi così squisiti da offrire ai propri ospiti o ha a disposizione spazi così ampi per il rito della danza. Per lo più il ballo è una meravigliosa liturgia opportunamente eseguita nel sacrosanto edificio della casa. Vi prendono parte giovani e vecchi. I primi come attori, i secondi come giudici e spettatori. Lì, nel santuario della casa, il rito della danza è un evento sociale che da grande gioia sia a chi tranquillamente siede a guardare, sia a chi con agilità svolge la propria parte nell'evento o nell'azione stessa.
Ahimè! Mano a mano che gli uomini hanno rinunciato alla campagna per la città, e lasciato la casa e il podere per "camere" o "appartamenti", anche le loro danze sono condannate a morte. A Bayswater, a Kilburn o a Rotherhithe, vi è forse una casa in cui si possa dare un ballo di nozze? Proprio come gli occhi di città degli uomini, ormai così lontani dai campi verdi o dal mare, devono contentarsi dei film di queste buone cose che trovano pagando al cinematografo (Dio li salvi!), così quando i loro piedi hanno fame e sete di danze devono comprare il loro spazio, e forse la propria compagna, in qualche sala dove questa cosa divina, che il Beato Angelico di Fiesole dipinse come l'occupazione del paradiso, è organizzata da qualcuno impegnato a far soldi! L'industrialismo funziona a pieno regime quando anche l'atto divino del ballo diventa solo uno stratagemma per aumentare i dividendi.
Gli uomini e le donne migliori placano la propria smania cittadina di ballo pagando per vedere i ballerini professionisti. Contro questi artisti di una nobile arte non ci permetteremo di dire niente. Ma ci permetteremo di dire quasi di tutto contro lo stato di cose che ha costretto alcuni di loro a guadagnare vendendo la propria arte. Quando ogni casa era un podere e ogni podere aveva il pavimento della cucina, il filatoio e l'aia, e ogni ragazzo o ragazza poteva sperare di danzare nelle innumerevoli feste paesane o banchetti di nozze, per loro non era necessario essere spettatori, poiché erano attori. Ma ora che i filatoi a mano sono spariti dalla cucina, il correggiato dall'aia, l'aratore dal solco, e il ballo è sparito dalla campagna che danza nella brezza d'autunno, dobbiamo narcotizzare il nostro dolore pagando dei professionisti che ci mostrano i nostri defunti sentimenti in un dedalo di arti artificiali. Riposino in pace! (Vincent McNabb, La Chiesa e la terra)
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view post Posted: 17/6/2014, 19:15 Storie - Aforismi
ENTRARE NELLA PAROLA
Rabbi Mosè insegnava: Se tu pronunzi la Parola davanti a Dio, penetra con tutte le tue membra nella Parola! Un discepolo domandò: Com’è possibile che il grosso uomo possa entrare nella piccola Parola? Rispose il rabbino: Chi si crede più grande della Parola, di quello non parliamo nemmeno! (M. Buber)

LA VERA SAPIENZA
Disse una volta Rabbi Buman: Se volessi dare ingegnose interpretazioni della Scrittura, potrei fare bella figura. Ma lo stolto dice ciò che sa, e il saggio sa ciò che dice! (M. Buber)

IL PRINCIPE DELLA SCRITTURA
Un rabbino insegnava raramente a coloro che venivano da lontano a trovarlo e mangiavano il sabato con lui, e anche allora molto brevemente. Un giorno uno dei suoi figli si permise di chiedergli la ragione del suo riserbo. Bisogna — rispose — legarsi con il Principe della Scrittura. Solo allora ciò che si legge o si interpreta penetra così nel cuore degli ascoltatori, che ognuno ne riceve ciò di cui ha bisogno. (M. Buber)

ANCORA PRIGIONIERO (perdono)
Un ex prigioniero di un campo di concentramento nazista era andato a trovare un amico che aveva vissuto con lui la stessa tragica esperienza. “Hai perdonato i nazisti?”, chiese all’amico. “Si”. “Io invece no. Nutro ancora un fortissimo odio nei loro confronti. “In questo caso”, gli spiegò con dolcezza l’amico,”sei ancora loro prigioniero” (Bruno Ferrero, L'importante è la rosa)

UN PICCOLO PUNTO (umiltà)
Il saggio Socrate volle dare un giorno una lezione di modestia all’ambizioso suo discepolo, poi generale ateniese, Alcibiade. Gli mostrò una cartina geografica del mondo e gli disse: Mostrami il Continente intorno al mare. Alcibiade glielo mostrò. Proseguì Socrate: Mostrami ora la Grecia. Eccola! disse il discepolo. Indicami ora il Peloponneso, nell’Attica. La regione indicata ora era molto piccola. Ora fammi vedere, nell’Attica, Atene!

Non era che un piccolo punto, sotto l’indice del discepolo. Ora mostrami concluse il saggio maestro, nella città di Atene, il posto che occupi tu! Alcibiade comprese la lezione d’umiltà e chinò la testa.

LA TORTA E LA MANCIA
Una signora anziana si sedette in un caffè. La cameriera portò il menu e le chiese che cosa volesse ordinare.
L'anziana signora chiese: "Quanto costa un pezzo di torta con le fragole"?
La cameriera rispose: "3 euro"
La donna anziana allora prese alcune monete dalla tasca e iniziò a contare lentamente, poi chiese di nuovo: "e quanto costa invece quella semplice?"
La cameriera un po ' scocciata, visto che aveva molti tavoli da servire le rispose: "2 euro".
"Va bene, allora prendo volentieri la semplice" Rispose la vecchia signora.
La cameriera portò scocciata la torta e mise subito il conto sul tavolo pensando tra se "che gente tirchia"
La vecchia signora mangiò molto lentamente e con piacere la torta, si alzò lentamente, mise i soldi sul tavolo e se ne andò.
Quando la cameriera andò per pulire il tavolo, si accorse che la vecchia signora le aveva lasciato 1 euro di mancia. L' emozione le fece scendere una lacrima. Si voltò alla ricerca dell'anziana donna per ringraziarla, ma era troppo tardi. Non era più visibile al suo sguardo. Allora si sentì in colpa per aver giudicato tirchia quella vecchietta che invece, possedendo solo 3 euro, si era limitata a prendere una fettina di torta da 2 euro per lasciare la mancia alla cameriera.
Questa storia commovente dimostra chiaramente che non si devono trarre conclusioni affrettate!

IL PICCOLO PESCATORE DI TROTE
Un giorno Mons. Loris Capovilla, già segretario di Papa Giovanni XXIII, quando era vescovo di Chieti, fece una visita improvvisa in un paesino.
Andò nella scuola elementare per salutare i ragazzi.
Parlò anche della vocazione sacerdotale, commentando la frase di Gesù: “Vi farò pescatori di uomini ... “.
Nell’intervallo un alunno estrasse il sacchetto della colazione e gli disse:
- Signor Vescovo, vuole una trota, che ho pescato io?
Commosso il prelato accettò.
Dopo qualche giorno, gli giunse in episcopio una lettera. Era firmata dallo scolaro. Diceva:
- Vorrei incontrarmi ancora con voi, perché mi trovo bene, come con mia madre. Ho capito che voi siete un grande pescatore di anime e io... un piccolo pescatore di trote. Per questo ci capiamo.

LA GIOIA DI SENTIRMI AMATA
Ero in Vietnam , dove stava per sorgere una piccola comunità di cenciaioli. In un quartiere tristemente famoso di Saigon c’erano molte mamme disperate per la guerra che non finiva mai. Molte di queste erano prostitute. In un ambiente così infelice vivevano e lavoravano alcune Piccole Sorelle di Gesù. Una di queste madri disse alla suora: “Com’è possibile che tu, che stai meglio di noi, non possiedi più denaro di noi, non hai alcuna gioia umana, non hai famiglia, non hai figli, eppure sei sempre gioiosa. Com’è possibile?”.
E la piccola suora vietnamita, dopo un attimo di silenzio, rispose: “Comprendi? La mia gioia consiste nel sapere che sono amata da Colui che amo”.
Oh! Se fossimo veramente capaci di rendere credibile agli altri che tutti sono amati e che tutti sono capaci di amare, avremmo compiuto veramente la nostra missione e tutti noi saremmo già dei piccoli missionari (Abbé Pierre)

MANCAVA UN MOBILE
Il capo dei parlamentari tedeschi del Centro Cattolico, Wintorsh, fu invitato a visitare la casa di due coniugi che vivevano in una situazione familiare caratterizzata da continui litigi. Giunto alla camera nuziale, Wintorsh disse: "Manca un mobile qui dentro". La signora ribatté che era una camera completa, ereditata dagli avi. "Manca un inginocchiatoio!", ripeté lo statista. Aveva intuito la causa di tutti i contrasti.

L'INGRANAGGIO
In un vecchio film americano si assiste al colloquio di un anziano che tenta di convincere il figlio a non divorziare, e a non separarsi dalla moglie infedele: "Fa lo stesso", assicura, "fa lo stesso. Tu e lei siete come due rotelline collegate in un ingranaggio per il bene suo e per il bene tuo, ma anche per il bene delle altre ruote dell'orologio: non dovete staccarvi o dividervi se non a costo di bloccare il movimento, la vita del tutto. Voi sareste inutili prima e dannosi poi: gli altri finirebbero per maledirvi. Porta pazienza, riprendi il tuo posto, non bloccare il tempo".

PREGHIERA FAMILIARE
S. Nicolao della Flue aveva concordato con i suoi dieci figli un segnale quotidiano per cui, in qualsiasi occupazione e in qualsiasi luogo si trovassero, lui e sua moglie si sarebbero inginocchiati e avrebbero pregato per alcuni istanti; da parte loro, i figli dai pascoli o dai campi avrebbero risposto a quelle orazioni in uno scambio vicendevole di aiuto soprannaturale.

PRENDIMI PER MANO
Un papà e il suo bambino camminavano sotto i portici di una via cittadina su cui si affacciavano negozi e grandi magazzini. Il papà portava una borsa di plastica piena di pacchetti e sbuffò, rivolto al bambino: "Ti ho preso la tuta rossa, ti ho preso il robot trasformabile, ti ho preso la bustina dei calciatori... Che cosa devo ancora prenderti?".
"Prendimi la mano" rispose il bambino. (op. c.).

LE SCIMMIE E LA LUCCIOLA
Una tribù di scimmie viveva nella giungla, ai margini di un villaggio di contadini. Ciò che più le incuriosiva era il fuoco. Stavano ore ad osservare le rosse fiamme che danzavano nelle case e nei cortili e i contadini che si accoccolavano accanto ad esse a riscaldarsi, con una beata soddisfazione dipinta sul viso.
Una sera particolarmente fredda, le scimmie videro una lucciola che palpitava tra le foglie di un cespuglio. Credettero subito che fosse una scintilla di quella cosa prodigiosa che scaldava gli uomini e la presero con cura. La coprirono di erba secca e ramoscelli, stesero le mani in avanti, facendo versi di soddisfazione e credendo di scaldarsi. Una scimmia si mise addirittura a soffiare sulla lucciola, come aveva visto tante volte fare agli uomini.
Un uccellino dalle ali dorate osservava la scena dall'alto di un ramo. Pieno di compassione per le povere scimmie volò giù e disse: «Amiche, vi state sbagliando, quello non è fuoco. È soltanto una lucciola!».
Ma le scimmie lo cacciarono via infastidite e presero a soffiare con maggior vigore.
«Vi ingannate!», continuava a ripetere l'uccellino dalle ali dorate volando intorno alle scimmie che si accalcavano intorno al mucchietto di foglie e ramoscelli. «Correte al riparo!». Irritata, una scimmia afferrò l'uccellino dalle ali dorate e lo uccise. Poi si misero tutte a soffiare. Al mattino erano tutte morte di freddo. (Bruno Ferrero)

IL CALZOLAIO CHE ASPETTAVA GESU'
Martin, avvicinandosi il Natale desiderava preparare qualcosa per Gesù. Gli preparò un paio di scarpe, una torta, e mise da parte dei risparmi che potevano servire a Gesù per i suoi poveri. Quando era tutto pronto si mise ad aspettarlo. Improvvisamente qualcuno fuori gridò: "Al ladro, al ladro...". Una donna afferrava un bambino che le aveva rubato una mela. Martin, si addolorò e pensò: "Adesso, se arriva la polizia o lo prende, come passerà il Natale?". Prese i risparmi che aveva messo da parte per Gesù e li diede alla donna, pregandola di lasciar andare il bambino.
Nuovamente incominciò ad aspettare Gesù e per la finestra si accorse di un paio di piedi che camminavano scalzi sulla neve. "Chi sarà?", si domandò. E uscì a cercare il proprietario di quei piedi. Era un giovane: "Vieni, entra in casa mia, riscaldati un poco", gli disse. Afferrò le scarpe che aveva fatto per Gesù e gliele diede. Si disse felice: "Per Gesù mi rimane ancora la torta". Già il sole tramontava e vide un anziano che camminava curvo sulla strada. "Povero vecchietto, forse non avrà mangiato niente tutto il giorno". Lo invitò ad entrare nella sua casa, non gli restava che la torta, pazienza, pensò tra sè, offrendo la torta al povero, accoglierò Gesù un'altra volta. Dopo che anche l'anziano se ne andò, il povero Martin, si sentiva felice e nello stesso tempo triste, aveva preparato tutto per Gesù, ma lui non era arrivato: pazienza!
Durante la notte fece un sogno: nel sogno gli si presentò Gesù e gli disse:
"Martin, mi stavi aspettando?".
"Sì, ti ho atteso tutto il giorno..."
"Ma io sono venuto a visitarti per ben tre volte. Grazie dei tuoi regali!"
E Martin vide che Gesù aveva nelle sue mani i risparmi e la torta, ai suoi piedi le scarpe. Si svegliò felice: Gesù era venuto a visitarlo.

I DUE SASSI
C'erano una volta due sassi di montagna, due fratelli che si erano staccati dalla parrete rocciosa e si erano trovati a terra insieme, vicino ad un ruscello. Un giorno decisero di seguire il corso del ruscello per scendere a valle e vedere la grande città. Così si misero di buon sasso... cioè, di buon passo, e rotola oggi, rotola domani, pian piano si dirigevano verso la città. Uno dei due sassi (il più furbo dei due) di tanto in tanto si tuffava nelle acque del ruscello, si fermava un po' a farsi carezzare dall'acqua, e poi riprendeva il cammino.
"Sbrigati!" gli gridava l'altro, il più sciocco dei due, "Non vedi che resti indietro? E poi, cosa ti fermi a fare nell'acqua?"
"Mi levo un po' di polvere di dosso!", rispondeva quello. "Che stupido che sei! Quando esci di qui, e hai fatto due rotolate sulla terra, sei di nuovo sporco come prima! A che ti serve lavarti, se poi ti sporchi ancora?".
Ma il sasso furbo non gli dava retta. Rotolava un po', poi si fermava, entrava nel ruscello e si faceva lavare. Po tornava sul prato e ricominciava a rotolare. E la cosa bella è che non rimaneva mai indietro! Sì, perché mentre il sasso sciocco, tutto spigoloso e appuntito, faceva una gran fatica a rotolare, e faceva pochi metri per volta, il sasso furbo diventava più rotondo ogni volta che entrava in acqua! Sapete perché? Perché l'acqua, scorrendoli tutta intorno, lo levigava, cioè gli levava ogni volta un po' di pietra di dosso, e lo consumava, così da renderlo liscio e tondo. Così, quando usciva dall'acqua, con poca fatica raggiungeva l'amico sciocco.
Andarono avanti così per un bel pezzo. E ogni volta che il sasso furbo usciva dall'acqua, si accorgeva di essere diventato un po' più piccolo. Entra oggi, entra domani, il sasso furbo stava rimpicciolendo. Il sasso sciocco, che non capiva, lo scherzava ancora di più: "Ecco che cosa ci guadagni a fare il bagno ogni giorno! Se vai avanti di questo passo, fra un po' non ci sarai più! Quell'acqua ti sta uccidendo, ti toglie le forze, e non sei più tu! Ma guardati! Siamo fratelli, figli della stessa montagna! Eravamo uguali, e ora? Tu non sei che un piccolo ciottolo di fiume! Io sì che assomiglio alla grande montagna! Guarda come sono forte!"
Ma un bel giorno, uscendo dall'acqua, il sasso furbo si accorse che ora risplendeva su di lui una strana luce. Era un puntino piccolo piccolo, ma luminoso come il sole. E ogni volta che riemergeva dall'acqua, il puntino luminoso era sempre più grande. Finché, adagio adagio, tutto il suo corpo aveva perduto il colore grigio ed era diventato completamente luminoso e dorato.
Erano ormai giunti in città; il sasso sciocco era identico a quando era partito. Anzi, era ancora più incrostato di polvere e di terra. Il sasso furbo era molto più piccolo, ma tondo e luminoso. Il sasso sciocco si lamentava:" Non capisco proprio che cosa ti abbia ridotto così! Sei mio fratello e quasi non ti riconosco! Ma cosa sei diventato?" (Però era invidioso di quel luccichìo...).
In quell'istante passò accanto a loro un signore con una valigetta in mano. Quando vide i due sassi, si fermò di colpo, si inginocchiò a terra, prese il sasso luminoso, aprì la valigetta e ne estrasse una lente. Osservò attraverso la lente quel piccolo ciottolo, e poi esclamò pieno di gioia: "Ma è una pepita d'oro!". Subito lo avvolse con cura in un panno morbido, lo mise nella valigetta e si incamminò verso il suo negozio in città. Era infatti un gioielliere..
...E... l'altro sasso?...
Rimase solo, vicino al fiume, e finalmente capì: "Che sciocco, sono stato... Ma sono ancora in tempo: mi tufferò nel fiume e mi lascerò levigare fino a che tutto il sasso e le incrostazioni si saranno consumate, e sarò anch'io una pepita d'oro...".

Domande per la comprensione e la catechesi:
1. Anche il sasso sciocco era una pepita? (Sì)
2. Perché il gioielliere ha preso solo il piccolo ciottolo? (Perché era dorato)
3. Perché l'altra pepita era ancora ricoperta di incrostazioni? (Perché non si era mai lavata)
4. Come ha fatto il primo sasso a diventare pepita? (Era entrato tante volte nell'acqua)
5. Cosa rappresenta il fiume? (La misericordia di Dio e il sacramento della Riconciliazione)

L'ASCIA DEL TAGLIALEGNA

C'era una volta un possente taglialegna in cerca di lavoro. Dopo aver girato diverse città, il taglialegna trovò finalmente impiego presso un importante commerciante di legno. L'ottima paga e le eccellenti condizioni di lavoro convinsero il taglialegna a dare il meglio di sé.
Il primo giorno il capo diede al nuovo arrivato un'ascia e gli indicò l'area del bosco dove avrebbe dovuto lavorare. Al termine della giornata, il possente taglialegna frantumò il record degli altri dipendenti, raggiungendo i 18 alberi abbattuti. Il capo si congratulò sinceramente con lui e questo motivò ancor più il taglialegna.
Il secondo giorno il taglialegna lavorò con tutte le sue energie, ma al tramonto gli alberi abbattuti furono 15. Per nulla demoralizzato, il terzo giorno il taglialegna si impegnò con ancora più vigore, ma anche questa volta il numero di alberi calò: 10 unità. Per quanta energia mettesse nel suo lavoro, giorno dopo giorno, il numero di alberi abbattuti continuò a calare inesorabilmente.
Mortificato, il taglialegna sì presentò dal capo scusandosi per lo scarso rendimento. Al che l'esperto commerciante di legno pose al suo dipendente una semplice domanda: "Quando è stata l'ultima volta che hai affilato la tua ascia?". Un po' imbarazzato il taglialegna rispose: "Signore, non ho avuto tempo per affilare la mia ascia, ero troppo impegnato a tagliare gli alberi".

AVANTI CHI CREDE
Una domenica mattina, mentre stava per iniziare la Messa, in una piccola chiesa al confine tra il Venezuela e la Colombia, fecero irruzione una banda di guerriglieri armati fino ai denti. Tra lo sgomento generale, afferrarono il sacerdote e lo trascinarono fuori dalla chiesa facendo chiaramente capire che lo avrebbero giustiziato.
Poi il capo della banda rientrò in chiesa tra il terrore generale, dicendo ad alta voce: "Si faccia avanti chiunque crede veramente in queste stupidaggini della religione che vi insegna questo prete."
La paura si leggeva sul viso sbiancato di tutti i presenti. Ci fu un lungo silenzio pieno di tensione. Poi, un giovane trentenne si fece avanti e davanti allo capo dei guerriglieri orgogliosamente disse: "Io amo Gesù". Fu subito trascinato con rudezza fuori della chiesa.
Nel frattempo, altre 14 persone di varie età, si fecero avanti e davanti al capo della banda professarono la loro fede in Gesù. Uno dopo l'altro, anch'essi furono trascinati in malo modo fuori dalla chiesa, facendo presagire ai presenti la stessa sorte che sarebbe toccata al sacerdote. Passarono pochi attimi e i presenti sentirono il crepitare delle mitragliatrici.
Assicuratosi che non c'era più nessuno in chiesa desideroso di farsi identificare come cristiano, il capo dei guerriglieri, con fare sdegnato ordinò ai presenti di uscire immediatamente dalla chiesa.
Appena passata la soglia della chiesa si accorsero che il sacerdote e gli altri trascinati fuori a forza, erano sani e in piedi fuori della porta. A quest'ultimi, il capo dei guerriglieri ordinò di rientrare e di continuare la loro liturgia mentre a tutti gli altri disse in maniera sprezzante: "Non vi permettete assolutamente di rientrare in chiesa fino a quando non avrete il coraggio di morire per la vostra fede".
Detto questo, il gruppo sparì nella giungla con la stessa rapidità con la quale aveva fatto irruzione in chiesa.

OGNI PECCATO UN GRANELLO DI SABBIA
«All’inizio il mondo era tutto un giardino fiorito. Dio, creando l’uomo, gli disse: “Ogni volta che compirai una cattiva azione, io farò cadere sulla terra un granellino di sabbia”. Ma gli uomini, che sono malvagi, non ci fecero caso. Che cosa avrebbero significato uno, cento, mille granellini di sabbia in un immenso giardino fiorito? Passarono gli anni e i peccati degli uomini aumentarono: torrenti di sabbia inondarono il mondo. Nacquero così i deserti, che di giorno in giorno diventarono sempre più grandi. Ancor oggi Dio ammonisce gli uomini dicendo loro: “Non riducete il mio mondo fiorito ad un immenso deserto!”».

LA POZZANGHERA E IL SOLE (morte, sacrificio, paradiso)
(Bruno Ferrero)

C'era una volta una piccola pozzanghera. Era felice di esistere e si divertiva maliziosamente quando schizzava qualcuno con l'aiuto di un'automobile. Aveva paura solo di una cosa: del sole. "E' la morte delle pozzanghere", pensava rabbrividendo.
Un poeta che camminava con la testa sognante finì dentro alla pozzanghera con tutti e due i piedi, ma invece di arrabbiarsi fece amicizia con lei.
"Buongiorno" disse, e la pozzanghera rispose: "Buongiorno!".
"Come sei arrivata quaggiù?" chiese il poeta.
Invece di rispondere la pozzanghera raccolse tutte le sue forze e rispecchiò la volta celeste. Parlarono a lungo del Grande Padre, la pioggia, e del fatto che la pozzanghera aveva tanta paura del sole.
Il buon poeta volle farle passare quella paura. Le parlò dell'incredibile vastità del mare, del guizzare dei pesci e della gioia delle onde. Le raccontò anche che il mare era la patria e la madre di tutte le pozzanghere del mondo e che la vita della terra e del mare era dovuta al sole. Anche la vita delle pozzanghere.
La sera abbracciò il poeta e la pozzanghera ancora assorti nel loro muto dialogo. Alcuni giorni dopo, il poeta tornò dalla sua umida amica. La trovò che danzava nell'aria alla calda luce del sole.
La pozzanghera spiegò: "Grazie a te ho capito. Quando il sole mi ha avvolto con la sua tenerezza, non ho più avuto paura. Mi sono lasciata prendere e ora parto sulle rotte delle oche selvatiche che mi indicano la via verso il mare. Arrivederci e non mi dimenticare".

LE TRE ROSE (SACRIFICIO - AMORE)

Molti anni fa, in un piccolo paese viveva una stupenda fanciulla corteggiata da tre giovani. Alla ragazza piacevano tutti e tre, anche se erano sicuramente diversi tra loro. Così, per capire chi potesse conquistare il suo cuore, propose loro una prova.
Un giorno infatti li mandò a chiamare e disse loro: "Ascoltate bene, tutti e tre mi piacete molto ma nessuno di voi per ora ha conquistato il mio cuore, così ho pensato di mettervi alla prova. La prova è molto semplice. A circa tre chilometri di qui, c'è un grande roseto. Voglio che mi portiate la rosa più bella. Chi arriva per primo con la rosa che più mi piacerà, lui sarà sicuramente colui che avrà capito e aperto il mio cuore".
I tre giovani si misero subito e velocemente in cammino e giunti al roseto, vi trovarono due tipi di rose, una bellissima ma senza spine e senza profumo, l'altra altrettanto bella ma piena di spine e profumatissima.
Il primo giovane pur di arrivare primo, prese una rosa senza spine e cominciò a correre verso il paese. Il secondo prese una rosa con le spine con molta cautela e si attardò a togliere le spine per non ferirsi o ferire la giovane ragazza. Il terzo prese anche lui una rosa con le spine senza paura di ferirsi e cominciò a correre verso il paese.
Nel paese, la giovane donna si vide arrivare dunque per primo il giovane con la rosa senza spine, poi arrivò il giovane con la rosa con le spine e la mano ferita, quindi arrivò il giovane con una rosa alla quale erano state tolte le spine.
Il primo giovane era convinto che fosse lui ad aver vinto la prova, ma la ragazza gli disse: "Si, è vero che sei arrivato per primo, ma dovevi portare la rosa più bella per primo, tu invece mi hai portato una rosa bellissima ma senza profumo". Rivolgendosi poi agli altri due, disse: "Senza dubbio mi avete portato entrambi una rosa bellissima e profumata ma colui che mi ama di più, sei tu che non hai perso tempo a togliere le spine e non hai avuto paura di ferirti o di ferirmi per portarmela".
La ragazza prese la rosa e si punse anche essa un dito e una piccola goccia di sangue cadde sulla piccola ferita del ragazzo, e da quel giorno non si lasciarono mai più.

PROVVIDENZA - MIRACOLO MARIANO
Il 15 agosto 1949, nella Basilica di Lourdes molti pellegrini pregavano davanti all SS. Sacramento. Entra in sagrestia una signora italiana, la quale, dopo aver ascoltato la S. Messa e aver fatto la S. Comunione, viene a fare un'offerta per la celebrazione di una Messa, affìn di ritrovare la figlia dispersa dalla guerra, da dieci anni, senza aver più dato notizie di sé.
Mentre sta per ritirarsi, sopraggiunge un'altra signora, la quale, dopo aver ascoltato la S. Messa e fatto la S. Comunione, vuoi fare un'offerta per rintracciare la mamma, dalla quale è restata separata dieci anni prima, a causa della guerra.
Madre e figlia si riconoscono! L'emozione è sì grande, che non riescono a parlare... Baci, singhiozzi, lacrime esprimono l'immensa gioia e l'indicibile riconoscenza alla Regina del Ciclo, per il felicissimo incontro, avvenuto nel suo stesso santuario

SUCCESSO - CARRIERA - AMBIZIONE
Alla morte del Card. Celesia, arcivescovo di Palermo (1904), una Commissione di eminenti palermitani si recò a Roma, per chiedere a Pio X che, nella scelta del nuovo Arcivescovo, si compiacesse tener conto delle loro tradizioni, nominando un Arcivescovo che fosse di nobile famiglia, e anche Dottore in teologia.
Il Santo rispose: - So che vi fu un Cappellano che non era né nobile, né dottore in teologia, il quale fu eletto parroco. Da parroco, né nobile, né dottore in teologia, fu nominato canonico; da canonico, né nobile, né dottore in teologia, fu nominato vescovo; vescovo, né nobile e né dottore in teologìa, fu creato cardinale; cardinale, né nobile, e né dottore in teologia, fu eletto Papa. Ed è il Papa che vi parla.

LIBERTA' - VOLONTA'
Robert Bruce, re di Scozia, fu fatto prigioniero dagli Inglesi. I tentativi falliti per fuggire l'avevano gettato in uno stato di prostrazione fisica e morale.
Un giorno osservò, in mezzo alla cella, un ragno che, dondolandosi sul lungo filo attaccato alla volta, si sforzava di raggiungere una parete della stanza, per assicurarsi un punto d'appoggio. Il re si divertì a contare i tentativi della paziente bestiola: sei volte essa si lanciò verso la parete, e sei volte tornò indietro; ma la settima volta raggiunse il muro, e vi attaccò saldamente il filo.
- Buon Dio! - esclamò Robert. - Un ragno, a forza di pazienza e di costanza, riesce in una impresa che pareva disperata; e io mi sono dato per vinto, dopo aver provato solo tre volte?! Voglio fare ancora un tentativo!
Il sovrano recuperò la libertà, riportò una brillante vittoria, e risalì sul trono di Scozia.

TITANIC
Tra le centinaia di operai, che lavoravano alla costruzione di quel colosso, alcuni, per dispetto ai loro compagni cattolici, avevano scritto, sulla fiancata della nave, bestemmie e scherni sacrileghi:
"NEMMENO CRISTO POTRA' FARLA COLARE A PICCO". Al di sopra della linea di immersione, in lettere enormi, si leggeva: " NO GOD NO POPE" (Nè Dio né Papa) e, dall'altra parte: "NE' LA TERRA NE' IL CIELO POSSONO INGHIOTTIRCI".
Benché fossero state coperte dalla vernice, parecchie di queste iscrizioni non tardarono ad apparire; anzi, un impiegato cattolico del Titanic, che le aveva viste, scrisse ai suoi parenti: "Sono persuaso che la nave non arriverà in America a causa delle scritte blasfeme che ricoprono i suoi fianchi".
Queste medesime affermazioni blasfeme furono, poi, ripetute dal comandante della nave Smith, durante l'ultimo pranzo.

L'ATTIZZATOIO (salvezza - redenzione)
Una povera nonna allevava con molta fatica un nipotino rimasto orfano in tenera età. Ma con l'andar del tempo, si trovò di fronte a una scoperta allarmante: il bambino aveva preso l'abitudine di rubare... Era un ladro! Adoperò tutti i mezzi per combattere quella tendenza. Ma niente da fare: quel vizio oramai il bambino lo aveva nella pelle. Né minacce né promesse sortivano alcun effetto. A corto di risorse, la nonna gli minacciò un castigo terribile, se mai avesse dovuto ricadere anche una sola volta in quella colpa. « Vedi questo attizzatoio?... Se ti còlgo ancora a rubare, lo faccio arroventare al fuoco e ti trapasso la mano da parte a parte ». Ma il bimbo tornò a rubare... Arraffò dal logoro portafogli della nonna uno dei pochi biglietti e si precipitò a spenderlo. Tornato che fu, la nonna, che già aveva scoperto il furto, gli afferrò le mani e lo trascinò in cucina. Poi impugnò l'attizzatoio, lo immerse nel carbone incandescente e stette ad aspettare che si arroventasse.
Il bambino contemplava smarrito quei preparativi insensati. Non riusciva a credere alla minaccia. Era così convinto della bontà della nonna, da ritenerla incapace di un gesto tanto atroce. Non ci poteva credere.
Ma ecco, la vecchia lo agguantò spingendolo presso il fornello, estrasse l'attizzatoio ormai incandescente. Poi bruscamente allentò la presa, lo lasciò andare, e trapassò la propria mano da parte a parte. Adesso il piccolo ladro è diventato un uomo. Un uomo che non ruba. Piuttosto che metter la mano sulla roba che non gli appartiene, se la farebbe bruciare. « Da quel giorno », commenta nel raccontare il terribile episodio, « ho capito il mistero della Redenzione di Cristo ».
George Richard Molard

LA CONCORDIA
Vivevano in una stessa cella due fratelli assai celebrati per la loro umiltà e pazienza. Un po' alla volta, passando gli anni, si erano accomodati il loro nido eremitico in modo perfetto. La cella l'avevano fatta di vinchi e tutta intonacata; attorno poi avevano piantato un bell'orto con rigagnoli d'acqua derivati da una sorgente vicina, che lo mantenevano fresco tutto l'anno e così ricco di erbaggi e di frutti da averne anche da regalare agli altri eremiti. Non mancavano neppure piccole aiuole di fiori e di erbe odorifere che servivano ad adornare il piccolo altare dell'oratorio. Un giorno un vecchio monaco che aveva sentito parlare delle grandi virtù di questi due fratelli, volle accertarsene di persona: « Andrò a vedere », disse, « se sarà tutto oro o se vi sarà anche del piombo ».
Accolto con molta riverenza e fatta orazione, chiese di vedere il giardino. « Venite venite », dissero i due, e vo lo accompagnarono. « Bello bello! », faceva il vecchio arricciando il naso: « anche troppo bello per degli eremiti... » E, preso un bastone, si mise a menarlo con gran furia a destra e a manca, sbattendolo sui cavoli, l'insalata, i cetrioli, i fiori. Pareva impazzito. I due stavano lì a mani giunte a guardarlo, ed ebbero appena il fiato di dire: « O Dio! », ma non aggiunsero altro. Più tardi, prostratisi ai piedi di quel santo Padre che nel frattempo s'era seduto all'ombra a tergersi il sudore, gli dissero: « Padre, se ti piace, vorremmo andare a cogliere un poco di quel cavolo che c'è rimasto, e così lo cuoceremo e lo mangeremo tutti e tre insieme ». Il vecchio non credeva ai propri orecchi: tutto stupefatto, li abbracciò e disse: « Rendo grazie a Dio, perché veramente lo Spirito Santo abita in voi ». (Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto)

IL FUMO E L'ARROSTO (AVARIZIA)
Nelle città orientali vi sono strade in cui i cuochi preparano le pietanze più squisite sul posto, e la gente si affolla intorno alle loro bancarelle per mangiare e far acquisti. Ad una di queste bottegucce ambulanti, si avvicinò un giorno un povero saraceno. Non avendo denari per comprarsi qualcosa, allungò il suo pane sopra una teglia di arrosto, lo impregnò del fumo appetitoso che ne usciva, e se lo mangiò avidamente. Ma proprio quella mattina, il cuciniere non aveva fatto buoni affari ed era di malumore. Perciò si rivolse con ira al povero saraceno e gli disse: « Pagami quello che ai preso ». « Ma io dalla tua cucina non ho preso altro che fumo », ti spose il poveretto. « E tu pagami il fumo! » tuonò il cuoco inviperito.
La cosa finì in tribunale. Il Sultano chiamò a raduno tutti i saggi del regno e propose loro di risolvere la questione. Cominciarono dunque a discutere e sottilizzare: chi dava ragione all'uno col pretesto che il fumo appartiene al padrone dell'arrosto, e chi all'altro, sostenendo che il fumo è di tutti, come l'aria che si respira.
Finalmente, dopo lunghe perplessità, la sentenza fu questa: « Dacché il povero ha goduto il fumo, ma non ha toccato l'arrosto, prenda una moneta e la batta sul banco. Il suono della moneta pagherà il cuciniere ».
Così fu fatto. In cambio del fumo dell'arrosto, il cuoco ebbe il suono della moneta. (Novella araba)


MANI (PASSIONE DI GESU' - DOLORE)
Un uomo, camminando, parlava con se stesso come fanno di solito coloro che nella vita non hanno amici con cui confidarsi.
- Ecco - diceva -, nessuno è più povero di me; avevo un cappello e me l'ha portato via il vento; avevo un mantello e me l'hanno rubato; avevo un bastone e ho dovuto bruciarlo per farne fuoco; avevo una ciotola per il cibo e la bevanda e il fiume me l'ha portata via; non ho che le mani per raccogliere acqua da bere. C'è al mondo qualcuno più povero di me?
- Io fratello.
L'uomo si volta e vede davanti a sé il Signore in abito da pellegrino.
- Io sono più povero di te. Tu, se hai sete, puoi raccogliere acqua con le mani: io no, perché me le hanno trafitte.

LO SPACCAPIETRE (ACCONTENTARSI)
C'era una volta un povero spaccapietre che col sole o con la pioggia passava la giornata a spezzar sassi sul ciglio della strada. « Ah, se potessi essere un gran signore », pensò un giorno, « mi riposerei finalmente ». C'era per aria un Genio, che lo udì. « Sia esaudito il tuo desiderio! », gli disse.
Detto fatto. Il povero spaccapietre si trovò di colpo in un bel palazzo, servito da uno stuolo di domestici. Poteva riposare a suo agio...
Ma un giorno lo spaccapietre ebbe l'idea di levar gli occhi al ciclo, e vide ciò che forse non aveva guardato mai: il Sole! « Ah, se potessi diventare il Sole! », sospirò. « Non avrei neppure il fastidio di vedermi intorno tutti quei domestici ». Anche questa volta il Genio buono lo volle far contento: « Sia come vuoi! », gli disse.
Ma quando l'uomo fu diventato il Sole, ecco che una nube venne a passargli innanzi, offuscando il suo splendore. « Potessi essere una nuvola! », pensò. « Una nuvola è persine più potente del Sole ».
Ma esaudito che fu, soffiò il Vento, che ridusse a brandelli le nuvole nel ciclo.
« Vorrei essere il Vento che travolge ogni cosa! » E il Genio compiacente di nuovo lo esaudì.
Ma, divenuto Vento impetuoso e violento, incontrò la Montagna che resiste anche al Vento.
Trasformato in Montagna, si accorse che qualcuno gli spezzava la base a colpi di piccone.
« Ah, poter esser quello che spezza le montagne! » E per l'ultima volta, il Genio lo esaudì.
Così lo Spaccapietre si ritrovò di nuovo sul ciglio della strada, nella sua prima forma di umile operaio. Né mai d'allora in poi si lagnò più.


IL TESORO DEL GIARDINIERE (VIGNA - LAVORO - IMPEGNO)
C'era una volta un uomo che faceva il giardiniere. Non era ricco, ma lavorando sodo era riuscito a comperare una bella vigna. Aveva anche allevato tre figliuoli robusti e sani. Ma proprio qui stava il suo cruccio: i tre ragazzi non dimostravano in alcun modo di condividere la passione del padre per il lavoro campestre.
Un giorno il giardiniere sentì che stava per giungere la sua ultima ora. Chiamò perciò i suoi ragazzi e disse loro: « Figliuoli, debbo rivelarvi un segreto: nella vigna è nascosto tanto oro da bastare per vivere felici e tranquilli. Cercate questo tesoro, e dividetelo fraternamente tra voi ». Detto questo, spirò. Il giorno dopo i tre figli scesero nella vigna con zappe, vanghe e rastrelli, e cominciarono a rimuovere profondamente la terra. Cercarono per giorni e giorni, poiché la vigna era grande e non si sapeva dove il padre avesse nascosto l'oro di cui aveva parlato. Alla fine si accorsero di aver zappato tutta la terra senza aver trovato alcun tesoro. Rimasero molto delusi. Ma dopo qualche tempo, compresero il significato delle parole del padre: infatti quell'anno la vigna diede una quantità enorme di splendida uva, perché era stata ben curata e zappata. Vendettero l'uva e ne ricavarono molti rubli d'oro, che poi divisero fraternamente secondo la raccomandazione del padre, e da quel giorno compresero che il più grande tesoro per l'uomo è il frutto del suo lavoro (Rielaborato dai Racconti di Tolstoj)

POZZANGHERE (GIUDIZIO)
Un giorno due monaci camminavano per una strada di campagna mentre pioveva a dirotto. Ad una svolta della via, videro a un tratto una ragazza, giovane e bella, che esitava nel superare una vasta pozzanghera.
« T'aiuto io, ragazza », disse uno dei due monaci, e senza esitare la prese fra le braccia e la depose dall'altro lato del pantano.
L'altro monaco non disse nulla. Ripresero la strada fino a che, a sera, non giunsero in un tempio a pregare. Terminata l'orazione, finalmente sbottò: « Fratello, sai bene che noi monaci non dobbiamo avere familiarità con donne; e soprattutto con quelle giovani e graziose. Perché dunque lo hai fatto? » L'altro rispose: « Io quella ragazza l'ho lasciata laggiù. Non ti accorgi che tu la stai ancora portando con te? »

UTILITÀ DELLA PSICOLOGIA
Il diavolo, travestito da uomo, si accompagnò a un viandante, che dopo un po' esclamò:
« Tu sei il diavolo ».
« Come fai a saperlo? », chiese stupito il demonio. « Questione d'abitudine. Vedi, io sono un commesso viaggiatore, viaggio molto e conosco la psicologia della gente. Ebbene, nei dieci minuti in cui siamo stati insieme: non mi hai attaccato un bottone, e quindi non sei un seccatore; non ti sei lamentato del tempo, e quindi non sei un imbecille; non mi hai assalito, e quindi non sei un attaccabrighe; non mi hai offerto da bere, e quindi non sei un buontempone; non mi hai neppure salutato, e quindi non sei un gentiluomo; non mi hai chiesto che cos'ho nella borsa, e quindi non sei un ficcanaso. E se non sei né un seccatore, né un imbecille, né un attaccabrighe, né un buontempone, né un gentiluomo, né un ficcanaso, allora un uomo non sei. Non sei nessuno. Non puoi essere altri che il Diavolo ».
Il diavolo, a sentir questo discorso, si cavò il cappello e si grattò la zucca. « E inoltre hai le corna », constatò l'uomo battendosela a gambe. (Dino Semplici)

UN SEGRETO D'AMORE
Mentre sfogliava i suoi « dossier » matrimoniali, il diavolo notò con dispetto che c'era ancora una coppia, sulla terra, che filava d'amore e d'accordo. Decise di fare un'ispezione. Si trattava in realtà di una coppia comune: eppure sprigionava tanto amore che attorno ad essa pareva ci fosse un'eterna primavera. Il diavolo volle conoscere il segreto di quell'amore. - Nessun segreto - gli spiegarono i due. - Viviamo il nostro amore come una gara: quando uno dei due sbaglia, è l'altro che se ne assume la colpa; quando uno dei due fa bene, è l'altro che ne ha le lodi; quando uno dei due soffre, è l'altro che ne ha consolazione; quando uno dei due gioisce, è l'altro che ne ricava piacere. Insomma, facciamo sempre a chi arriva per primo. Al diavolo tutto ciò parve scemo. E se ne andò senza far loro del male. Ed è così che possono ancora esistere delle coppie felici sulla terra (Dino Semplici)

LA CLAMIDE LACERATA *
Un guerriero dal passato piuttosto torbido chiese ad un anacoreta se pensava che Dio avrebbe mai potuto accogliere il suo pentimento.
E l'eremita, esortato che l'ebbe con molti discorsi, gli domandò: « Dimmi, ti prego, se la tua clamide è lacerata, la butti via?... » « No », rispose l'altro: « la ricucio e torno ad indossarla ». « Dunque », soggiunge il monaco, « se tu hai riguardo al tuo vestito di panno, vuoi che Dio non abbia misericordia per la sua immagine? »
(dagli Apoftegmi dei Padri del deserto)



I FRATI E IL MATTONE
Due frati abitarono per lunghi anni la stessa cella, senza mai venir fra di loro a contesa. Un giorno uno disse all'altro « Proviamo un po' a far lite fra noi come fanno gli altri ». L'altro rispose: « Non so cosa mai sia una lite ». E il primo: « Ecco: tra me e te metto un mattone, e io comincio col dire: questo è mio. E tu rispondi: no, non è tuo, è mio; le liti cominciano sempre a questo modo ». Misero in mezzo un mattone, e uno disse: « Questo è mio »; e l'altro rispose: « No, è mio ». E il primo: « Se è tuo, prendilo e vattene in pace ». E non riuscirono a far lite tra loro. (dagli Apoftegmi dei Padri del deserto)


IL DIAVOLO PRENDE MOGLIE
Un giorno al diavolo saltò l'uzzolo di prender moglie. E siccome la voleva da par suo, si mise a cercarla sulla terra. In realtà molte donne avevano .di che piacergli: la loro malizia era tanta che non lo avrebbero fatto sfigurare. Ma in tutte - anche nelle più diaboliche - egli vedeva emergere, in determinate occasioni, un sentimento molto pericoloso: la tenerezza, che è sempre un preludio alla bontà. Era dunque necessario trovare una donna che non conoscesse tale sentimento; meglio, che lo avesse a tal punto stravolto da non esserne più assolutamente capace. Cammina cammina, un giorno il diavolo la trovò: era una donna mercenaria, dura e fredda, che per tutta la sua vita aveva speculato sulla tenerezza, facendone un miraggio per gli allocchi. Il diavolo la prese con sé e convolò a nozze. Ma la sua felicità fu presto turbata da un'ombra.
La donna, pur degna in tutto di sé, aveva conservato un'abitudine contratta col lavoro: un gesto meccanico, inintenzionale, ma subdolo: ogni tanto, senza accorgersene, apriva le braccia come per accogliere qualcuno. E quel gesto, quell'abbozzo di abbraccio, che in un primo tempo lo aveva solo stupito, poco alla volta sembrava attirarlo; quel gesto meccanico pareva avesse in sé qualcosa d'irresistibile.
Fu così che quando, un giorno, il diavolo si sorprese ad imitarlo, allarmatissimo rimandò la donna. E sprangò per sempre le porte dell'inferno ad ogni tentazione. (Dino Semplici)

UN BARATTO
A 18 anni ho venduto il mio spirito a Dio, come altri vendono la loro anima al diavolo.
Allora ero goffa, brutta, mingherlina, inetta, come il « brutto anitroccolo », ma avevo molto spirito... uno spirito chiaro, vivo, acuto, pungente, che mordeva senza misericordia. Non appena una persona un tantino ridicola arrischiava di mostrarsi a me, l'acchiappavo al volo e la fissavo con una parola pungente, come si fissa un insetto su un tappo, con uno spillo. Ciò mi divertiva molto e faceva ridere la compagnia. Ma i miei cugini mi giudicavano « cattiva », e mio fratello mi chiamava «vipera». Avrebbe fatto meglio a dire zanzara o vespa. Un giorno, però, ci pensai su e mi vidi tal quale ero col mio crudele pungiglione. Poteva forse una cristiana accettare di essere così?
Fui presa dal rimorso.
E una mattina ne parlai con Nostro Signore, dopo la Comunione.
Rinunciare al mio spirito? Cosa mi rimaneva senza di esso? Non avevo bellezza né fascino, niente che potesse piacere. Sacrificare il mio spirito? Non mi ci potevo decidere. Mi costava troppo. Mi costava tutto.
Dentro di me, Dio attendeva con aria di rimprovero. Fu allora che mi venne l'idea - forse fu Lui ad ispirarmela - di cedergli il mio spirito dietro ricompensa. Un baratto.
Glielo vendetti. Caro. Senza far prezzi. Dio è ricco. Dio è giusto. E generoso, anche. Contavo che me l'avrebbe pagato bene. Una volta concluso il mercato - io negli affari sono onesta -non osai più servirmi dell'oggetto che avevo ceduto. Da principio mi sentii legata, impacciata, come colpita da improvvisa infermità. Le parole mi volavano alle labbra, le inghiottivo già dette a metà. Il che non era sempre comodo. Ma poi l'abitudine mi venne in aiuto. E diventai poco a poco la piccola, mite zitella cui nessuno fa caso, né in famiglia fuori... cui nessuno fa caso più che a un fiammifero spento. Sono passati vent'anni... Che cosa mi avrà dato il Buon Dio, in cambio della mia malizia?
Non la bellezza. Non il fascino. Non l'amore. Non la felicità. Forse il dono della poesia? Ma quello già lo avevo, sin dalla prima infanzia.
Ecco. Mi diede il dono di una vista nuova, per cògliere immediatamente, anziché il lato ridicolo, la bellezza e le qualità delle persone, anche di quelle che non ne hanno. Al punto che oggi io le amo tanto, anche quando sono ridicole, sciocche e mediocri, da poter giocare di nuovo con la mia malizia, solo per divertirmi, senza far male a nessuno.
(Marie Noel, Diario segreto)

IL NON INDISPENSABILE
Un giovane, deluso della vita, decise di farsi monaco. Vendette tutti i suoi beni, tenendo per sé il minimo indispensabile, e si presentò ad Antonio. Questi lo accolse con bontà e gli chiese se avesse realmente rinunciato ad ogni ricchezza. « Sì, abba », rispose il giovane. « Tutto ciò che avevo l'ho venduto. Per me ho tenuto soltanto il minimo indispensabile ». « Se vuoi divenire monaco », replicò Antonio, « recati nel villaggio vicino, compera della carne, ricopritene tutto il corpo e ritorna da me ». Il giovane, benché stupito, ubbidì. Comperò della carne, la tagliò in sottili fette e se ne ricoperse il corpo intero; poi, così stranamente abbigliato, riprese la strada del ritorno. Ma fu un ritorno amaro. Non appena uscito dal villaggio, torme di cani, miriadi d'insetti voraci e stormi di avvoltoi lo assalirono da ogni parte lacerandogli le membra. Quando, tutto sanguinante, si presentò ad Antonio, il santo gli disse: « Vedi? Coloro che rinunciano a "tutto" ma contemporaneamente vogliono conservare un "minimo indispensabile" fanno la tua fine. Quel "minimo"' di ricchezza prima o poi diverrà per essi un tormento dolorosissimo ». (Dai detti di Sant'Antonio Abate)

IL RASOIO PIGRO (Talenti)
Nella bottega di un barbiere, c'era una volta un bel Rasoio. Trovatosi solo un giorno, pensò di dare un'occhiata in giro, e tirò fuori la sua lama, che riposava nel manico come in una guaina. Come vide il sole specchiarsi nel suo corpo, rimase meravigliato: la lama d'acciaio mandava tali bagliori da farlo montare in boria.
« E io dovrei tornare in quella squallida bottega », pensò il Rasoio, « a tagliare le barbe insaponate di quei rustici villani, ripetendo all'infinito le stesse monotone operazioni!! Avvilire a questo modo il mio corpo così bello, sarebbe una pazzia. Meglio andarmi a nascondere in qualche posto ben segreto, e godermi in tranquillità il resto dei miei giorni... » Così dicendo si cercò un nascondiglio, e per molti mesi non si lasciò più trovare. Senonché, venne pur il giorno in cui, volendo prendere un po' d'aria, il Rasoio lasciò il suo rifugio e, uscito cautamente fuori dal manico, tornò a guardare il proprio corpo. Ahimè! cos'era mai successo? La lama, divenuta scura come una sega arrugginita, non rispecchiava più lo splendore del sole. Amareggiato e pentito, pianse invano il suo stupido errore: « Oh, quanto era meglio tenere in esercizio la mia bella lama affilata! La mia superficie sarebbe rimasta luccicante, il mio taglio netto e sottile! Invece, eccomi qua, corroso e incrostato per sempre dalla ruggine!... »
La stessa fine è riservata alle persone d'ingegno che invece di esercitare le loro qualità, preferiscono rimanere oziose. Proprio come il Rasoio, anch'esse perdono la sottigliezza e la luce dello spirito, e rimangono corrose dalla ruggine dell'ignoranza. (Leonardo da Vinci)


IL SOGNO DELL'OMETTO
Era piccolo, sparuto e miserabile, quell'ometto. Era un servo, un domestico indiano, e doveva compiere la sua corvée nella residenza del grande Signore.
Pieno di umiltà e di terrore, l'Ometto si teneva in piedi di fronte al padrone. Forse a causa di quella sua aria smarrita, era da questi particolarmente disprezzato.
« Mi sembri un cane », gli diceva. « Mettiti a quattro zampe. Ora trotta come i cagnolini. Ora drizza le orecchie. Giungi le mani! ».
L'Ometto obbediva come meglio poteva, e il padrone rideva a crepapelle. E così ogni giorno, obbligava il suo servo a umiliarsi, lo esponeva alle canzonature dei suoi compagni. Ma una sera, l'Ometto alzò d'un tratto la voce. Aveva qualcosa da dire.
« Grande Signore, Padrone mio, perdonami, ma vorrei parlarti », disse.
« Che? proprio tu?... e a me? »
« Si, Signore. Ho fatto un sogno. Ho sognato che eravamo morti tutti e due: tu, ed io ».
« Tu?... Con me?... Racconta, che ridiamo un po' ». « Ecco, eravamo morti, e perciò nudi tutti e due insieme. Nudi davanti al nostro grande Patrono san Francesco». «Ma guarda un po'! E allora?... Parla! », ordinò il padrone, tra seccato e incuriosito.
«II nostro grande Patrono ci esaminava con i suoi occhi che vedono fin dentro al cuore. Poi chiamò un Angelo e gli ordinò: "Porta una coppa d'oro piena del miele più trasparente! » « E allora? », incalzò il padrone.
« Allora san Francesco disse: "Ricopri questo gentiluomo col miele della coppa d'oro". E l'Angelo, prendendo il miele nelle proprie mani, lo ha spalmato sopra il tuo corpo, o Padrone, dalla testa ai piedi, cosicché tu eri raggiante di luce, come una statua d'oro, trasparente nello splendore del cielo ». « Bene », fece il padrone. Poi aggiunse: « E tu? » « Per me, il nostro Santo Patrono fece venire un Angelo con un grosso bidone pieno di escrementi umani. "Andiamo, gli disse, insudicia il corpo di questo ometto; coprilo tutto come meglio potrai. Alla svelta". Così fece l'Angelo. Mi impiastricciò tutto il corpo, da capo a piedi, ed io comparvi, vergognoso e puzzolente, nella luce del cielo... »
« Proprio così ha da accadere », approvò il Padrone. « Finisce qui la tua storia? »
« Oh no, mio Signore, no, Padre mio. San Francesco riprese a scrutarci con quei suoi occhi che frugano il cuore, poi comandò: "Ed ora, leccatevi l'un l'altro. Lentamente, e a lungo!" E ordinò agli Angeli di vegliare perché si adempisse la sua volontà ».
(Leggenda peruviana)

COME TROVARE DIO
Un discepolo andò dal suo maestro e gli disse: « Maestro, voglio trovare Dio ». Il maestro sorrise. E siccome faceva molto caldo, invitò il giovane ad accompagnarlo a fare un bagno nel fiume. Il giovane si tuffò, e il maestro fece altrettanto. Poi lo raggiunse e lo agguantò, tenendolo a viva forza sott'acqua. Il giovane si dibattè alcuni istanti, finché il maestro lo lasciò tornare a galla. Quindi gli chiese che cosa avesse più desiderato mentre si trovava sott'acqua. « L'aria », rispose il discepolo.
« Desideri Dio allo stesso modo? », gli chiese il maestro. « Se lo desideri così, non mancherai di trovarlo. Ma se non hai in te questa sete ardentissima, a nulla ti gioveranno i tuoi sforzi e i tuoi libri. Non potrai trovare la fede, se non la desideri come l'aria per respirare ». (Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto)

LA MORTE DEL PESSIMISMO
C'era una volta un vecchio, così vecchio che non ricordava neppure di essere stato giovane. E forse non lo era mai stato. In tutto il tempo che era stato in vita, ancora non aveva imparato a vivere. E, non avendo imparato a vivere, non riusciva neppure a morire.
Non aveva speranze né turbamenti; non sapeva né piangere né sorridere. Nulla esisteva al mondo che potesse addolorarlo e stupirlo. Trascorreva i suoi giorni inoperosi sulla soglia della sua capanna, guardando con occhi indifferenti il cielo, quelle zaffiro immenso che Allah pulisce ogni giorno con la soffice
bambagia delle nuvole. A volte qualcuno si fermava ad interrogarlo. Così carico d'anni qual era, la gente lo credeva molto saggio e cercava di trarre qualche consiglio dalla sua secolare esperienza. « Che cosa dobbiamo fare per conquistare la gioia? » gli chiedevano i giovani.
« La gioia è un'invenzione degli stolti », rispondeva lui. Passavano uomini dall'animo nobile, apostoli bramosi di rendersi utili: « In che modo possiamo sacrificarci, per giovare ai nostri fratelli? » gli domandavano. « Chi si sacrifica per l'umanità è un pazzo », rispondeva il vecchio con un ghigno sinistro.
« Come possiamo indirizzare i nostri figli sulla via del bene? » domandavano i padri e le madri. « I figli sono serpi », rispondeva il vecchio. « Da essi non ci si può aspettare che morsi velenosi ». Anche gli artisti e i poeti, nella loro ingenuità, si recavano talvolta a consultare quell'uomo. « Insegnaci ad esprimere quell'anelito che abbiamo nel cuore! », gli dicevano. « Fareste meglio a tacere », sogghignava il vegliardo. Le convinzioni malvagie di colui che non sapeva né vivere né morire, poco a poco si diffondevano nel mondo. L'Amore, la Bontà, la Poesia, investiti dal ventaccio del Pessimismo (poiché tale era il nome del Vecchio), si appannavano e inaridivano. L'esistenza umana veniva sommersa in una gora di stagnante malinconia.
Alla fine Allah si rese conto dello sfacelo che il Pessimismo operava nel mondo, e decise di porvi riparo. « Poveretto », pensò, « scommetto che nessuno gli ha mai dato un bacio ». Chiamò un bambino e gli disse: « Va' a dare un bacio a quel povero vecchio ».
Subito il bambino obbedì: mise le braccia intorno al collo del vecchio e gli scoccò un bacio sulla faccia rugosa. Il vegliardo fu molto stupito — lui che non si stupiva di niente. Difatti, nessuno mai gli aveva dato un bacio. E così il Pessimismo aperse gli occhi alla vita, e morì sorridendo al bambino che lo aveva baciato. (leggenda araba)


LA MANGUSTA E IL SERPENTE (Giudizio - Apparenza)
C'era una volta una donna che, oltre al suo bambino, allevava pure una mangusta. Aveva per lei la stessa cura che per il bambino: la allattava al proprio seno, le faceva il bagno e le dava tutto ciò di cui aveva bisogno. E tuttavia non si fidava di essa, e andava rimuginando fra sé: « Una mangusta appartiene a una brutta razza di creature: purché non faccia del male al mio piccino! »
Un giorno, mentre la donna era andata a prender acqua e il marito era fuori anche lui, un serpente nero usci dalla sua tana, e strisciò verso la culla del bambino. Ma la mangusta, avvertita dall'istinto e temendo per la vita del piccino, si lanciò sul malvagio serpente, ingaggiò con lui una fiera lotta e lo fece a brandelli. Poi, soddisfatta del proprio eroismo, col sangue che le gocciolava dalla bocca, corse incontro alla madre per farle vedere quanto era stata brava.
Ma quando la madre la vide venire con la bocca imbrattata di sangue e piena di eccitazione, credette che le avesse mangiato il bambino, e, senza pensarci su due volte, le gettò addosso la giarra dell'acqua che la uccise di colpo. Poi la lasciò lì, senza rivolgerle un secondo pensiero, e si affrettò a tornare a casa, dove trovò il suo bambino sano e salvo, e un grosso serpente nero fatto a pezzi vicino alla culla.
Allora comprese, ma troppo tardi, quanto il suo sospetto era stato inconsiderato ed ingiusto; e, sopraffatta dal dolore, si percosse il capo ed il petto. (dalle Favole del Pancatantra)


MONUMENTI
Gli abitanti della cittadina di K. andavano matti per le celebrazioni. Specie i grossi papaveri, come il compagno Zoltan, Presidente del Consiglio Municipale, e il compagno Dohandy, Direttore del Giornale « II pugno chiuso di K. ». Non trascuravano la minima occasione che potesse fornire un pretesto Per soddisfare la loro smania di banchetti con brindisi e alati discorsi. Stando così le cose, non c'è da stupire se fu accolta con entusiasmo una scoperta davvero interessante: nel 1848 l'Eroe nazionale ungherese Luigi Kossuth aveva trascorso tre giorni in una locanda, ora adibita a merceria, di quella città. La fantasia del compagno Zoltan si mise subito in moto: già vedeva la squallida piazza del vecchio mercato trasformata in terreno erboso, con in mezzo una statua imponente del grande Kossuth.
Venne bandito un concorso per La costruzione del monumento. Manco a dirlo, le adunanze necessarie a tali incombenze venivano solennizzate con banchetti in onore di Kossuth. Senonché, al momento di operare una scelta fra gli scultori in gara, una notizia allarmante cominciò a circolare: la somma destinata alla statua si era ridotta a soli 2.500 fiorini. I banchetti, non contemplati nel preventivo, avevano assorbito gran parte dei fondi raccolti.
« Ed ora come si fa? Chi ci può costruire una statua per 2.500 fiorini? », andava gemendo il Padre della Città. Quand'ecco, a salvargli l'onore, si fece avanti un maestro scalpellino: «Sono al corrente della situazione», dichiarò. «Voi non avete che 2.500 fiorini per la statua di Kossuth. Ebbene, io son disposto a fornirvene una per quella somma». «Volete scherzare, compagno? O forse intendete una testa di Kossuth in gesso?»
«No. Una statua di grandezza naturale, e non di gesso, bensì di marmo vero».
La sicurezza dello scalpellino indusse il Presidente a visitare il suo laboratorio. « La statua è già bell'e pronta », disse l'artista spalancando con un calcio la porta di una vecchia baracca. « Basterà apporvi qualche ritocco ».
Il compagno Presidente si precipitò verso la statua. Poi emise un grido: «Ma questo non è Luigi Kossuth, compagno! È l'imperatore Francesco Giuseppe! »
«Lo so!»
«È la statua che sorgeva davanti alla scuola, prima della guerra!»
«Proprio cosi».
«Ma com'è finita qui, in mano vostra?»
«Non ricordate che a guerra finita, i compagni gettarono tutte le statue reazionarie nel luogo delle immondizie, dietro il cimitero? Io mi ci sono recato mentre le stavano demolendo. C'era anche questa, di Sua Maestà. L'ho trasportata qui, pensando che un giorno sarebbe potuta servire. Infatti, se siete d'accordo, potrà essere non più la statua del vecchio imperatore, bensì quella di Luigi Kossuth, Eroe nazionale ungherese ».
« Possibile? »
«Si tratta solo di apporvi qualche modifica. Farò cadere un tantino la barba, e accorcerò i baffi. Il vecchio imperatore diventerà un Luigi Kossuth da far invidia a quello di Budapest ». E così fu. Nessuno s'accorse della sostituzione, e il compagno Presidente e lo scalpellino seppero tenere l'acqua in bocca. Il primo, anzi, ebbe una onorificenza, e il secondo il titolo di scultore. Quanto alla statua, è là che attende gli eventi. Perché gli uomini sono sempre disposti - non solo quando si tratta di monumenti - a svitare la propria e l'altrui testa sostituendola con un'altra, sol che se ne presenti l'occasione. (Racconto umoristico ungherese di Miklos Gyarfas)



BENEVOLENZA E RICONOSCENZA (GRATITUDINE)
Il supremo Re di tutte le cose aveva indetto una grande festa nel suo palazzo. Tutte le Virtù erano invitate: ne intervennero molte, piccole e grandi. Vi si notava la Fede ammantata di verde, la Giustizia con la bilancia in mano, la Fortezza cinta di corazza, la Pazienza, la Temperanza...
Le Virtù s’intrattenevano familiarmente tra di loro, come parenti strette. Ma a un tratto l’Onnipotente si accorse che due di quelle matrone si guardavano come se non si conoscessero. Da bravo Padrone di casa, ne prese una per mano e condottola dinanzi all’altra:
«La Beneficenza», disse, designando la prima. Poi, presentando la seconda, soggiunse: «La Gratitudine». Le due Virtù rimasero confuse. Dalla creazione del mondo, epoca ormai abbastanza lontana, s’incontravano per la prima volta... (Leggenda russa)


GLI SCHIAFFI ALLA STATUA (PERDONO FRATERNO)
Il monaco Anub abitava con i suoi fratelli in un luogo dove vi era una antica statua. Gli altri videro che quando il mattino si alzava, la percuoteva; poi la sera, invece, si umiliava e diceva: « Perdonami ». Così per tutta la settimana.
Il sabato, quando i frati si radunarono, uno di loro disse ad Anub: « Ti ho visto, padre, percuotere durante tutta la settimana il volto della statua, e poi alla sera chiederle perdono: un uomo retto non agisce così ».
Rispose il vecchio: « Ho fatto questo per voi. Quando infatti io percuotevo il volto della statua, parlava essa forse e si rivoltava? » « No », rispose Pastore. « E quando invece le domandavo perdono, si commuoveva essa forse? »
« Neppure ».
«Dunque anche noi, che siamo sette fratelli, se vogliamo vivere assieme, dobbiamo comportarci come la statua, che non si lascia turbare da nessuna offesa. Se invece non volete comportarvi così, ecco quattro porte in questo tempio: andiamocene
ciascuno per conto nostro (Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto)

LE RANE NEL LATTE
Tre rane caddero in un secchio colmo di latte. La prima, pessimista, concluse che non c'era nulla da fare e si lasciò miserevolmente annegare.
La seconda, lucida ragionatrice, pensò che se la sarebbe potuta cavare compiendo un gran balzo. Calcolò i valori algebrici della traiettoria, quelli parabolici e dinamici, poi spiccò il salto. Ma, immersa com'era nelle sue elucubrazioni, non aveva notato che il secchio aveva un manico. E contro di esso andò a sfracellarsi.
La terza rana, che aveva una gran voglia di vivere, non seppe far altro che esprimere tale voglia: si dimenò, si agitò, si dibattè. Sino a che, scosso da tanto ribollire, il latte divenne burro. Ed essa si salvò. (da un'idea di Pitigrilli)

LE TRE PIPE
Ecco il consiglio di un capo tribù del Madagascar: « Se hai litigato con tuo fratello e ti proponi di ucciderlo, prima siediti e fuma una pipa.
Finita la "prima pipa", ti accorgerai che la morte, tutto sommato, è una punizione ben grave per la colpa commessa, e ti proporrai di dargli soltanto una buona bastonatura. Carica allora la "seconda pipa", e fumala fino in fondo. Alla fine ti persuaderai che alcune parole energiche possono sostituire le botte.
Bene! Carica allora la tua "terza pipa"; e quando avrai finito di fumarla, andrai da tuo fratello e lo abbraccerai».

L'ALBERO DI DIO
Un viaggiatore si trovò di fronte a un albero quale mai gli era capitato di vedere, un albero dalle dimensioni straordinarie, un albero non paragonabile a nessun altro sulla terra. Quest'albero era per lui talmente grande che non riusciva in alcun modo a percepirne la grandezza.
Cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto fare lo sforzo di spostarsi magari dieci chilometri indietro, per vedere l'albero in tutto il suoi splendore e in tutta la sua maestosità. Ma non avendo avuto il coraggio di farlo, il nostro viaggiatore si accosta semplicemente al tronco dell'albero: lo esamina a un metro e settanta dal suolo, guarda la sua scorza rugosa, quei pochi decimetri quadrati che gli stanno sotto gli occhi. E guardando da vicino la scorza, il nostro viaggiatore vede le iscrizioni lasciate da altri viaggiatori, dei graffiti più o meno stupidi. Poi continua ad esaminare la scorza: vi scorge licheni e muschio che sono cresciuti come possono crescere dei funghi o del muschio su vecchi tronchi d'albero. Il nostro viaggiatore vede anche dei rami secchi ai piedi dell'albero e vede persine, in certi punti dell'immenso tronco, parti incavate da cui la vita si è ritirata. Ed egli se ne va dicendo: «Ho incontrato un albero mezzo morto».
Il viaggiatore è ciascuno di noi, e l'albero è la Chiesa di Gesù Cristo. E la Chiesa è immensa, è un autentico mistero. Non commettiamo dunque l'errore di quel viaggiatore. Non guardiamo la Chiesa solo in una piccola parte, ma sappiamo contemplarla in tutta la sua dimensione.
(Jacques Loew, Se tu conoscessi il dono di Dio)



UN RIMORSO (Egoismo)
Si racconta di un saggio che disse: « Da trent'anni sto chiedendo perdono al Ciclo per aver detto una volta: "Sia ringraziato Iddio! " »
« E come mai? », gli fu chiesto.
Rispose: « A Bagdad stava divampando un incendio. Un tale mi venne incontro e mi disse: "La tua bottega è salva". "Sia ringraziato Iddio!", esclamai; e da trent'anni mi pento di quello che ho detto, per aver considerato il mio bene personale in una sfortuna collettiva... » (Novella persiana)


CHI MI PRENDE? (Vocazione)
Ero giovane, e mi sentivo forte. Quella mattina di primavera uscii di casa e gridai: «Io sono a disposizione di chi mi vuole! Chi mi prende?»
Mi lanciai sulla strada selciata. Ritto sul suo cocchio, con la spada in mano e seguito da mille guerrieri, passava il Re. «Ti prendo io al mio servizio», disse fermando il corteo. «E, in compenso, ti metterò a parte della mia potenza». Ma io della sua potenza non sapevo che farmene. E lo lasciai andare. Nel pomeriggio assolato, un vecchio pensieroso mi fermò, e disse: «Ti assumo io, per i miei affari. E ti compenserò a suon di rupie sonanti». E cominciò a snocciolarmi le sue monete d’oro. Ma io dei suoi quattrini non sapevo che farmene. E mi voltai dall’altra parte. La sera arrivai nei pressi di un casolare. Si affacciò una graziosa fanciulla e mi disse: «Ti prendo io. E ti compenserò con il mio sorriso». Io rimasi perplesso. Quanto dura un sorriso? Frattanto quello si spense, e la fanciulla dileguò nell’ombra. Passai la notte disteso sull’erba, e la mattino ero madido di rugiada.
« Io sono a disposizione... Chi mi vuole? »
Il sole scintillava già sulla sabbia, quando scorsi un fanciullo che, seduto sulla spiaggia, giocava con tre conchiglie. Al vedermi alzò la testa e sorrise, come se mi riconoscesse. « Ti prendo io », disse. «E in cambio, non ti darò niente». Accettai il contratto e cominciai a giocare con lui. Alla gente che passava e chiedeva di me, rispondevo: « Non posso. Sono impegnato ».
E da quel giorno mi sentii un uomo libero.
(Tagore, da Storie di cento paesi)

UN SORRISO
Un giorno il piccolo Ci-Ciang si spinse nella foresta, e, dopo aver molto camminato, vide una misera casupola intorno alla quale regnava la più assoluta quiete: non una gallina, un maiale, un gatto.
Pensando che fosse disabitata, si avvicinò cautamente. E quale fu il suo stupore nel vedere, da una connessura fra le assi, un vecchio dalla barba bianca disteso su un letto. «Entra, bambino», gli disse quel vecchio. E la sua voce era come di bambagia, quasi venisse da una nuvola. « Ti ho sentito arrivare da almeno un miglio. Entra! »
Gang entrò e chiese: «Com'è possibile che tu, vecchio come sei, m'abbia udito da così lontano?» E' che sto morendo. E quando uno è vecchio e ha fatto la sua parte, conviene che si familiarizzi con la Morte e gli viene l'orecchio finissimo, come il ghepardo. Per questo mi sono ritirato qui. Chi sta morendo non ha bisogno di uomini, ne ha veduti abbastanza. Li ha visti venire e passare. Ciò di cui ha bisogno, è di quiete. Non è bene, un uomo così, andarlo a trovare, rivolgergli la parola, tormentarlo con chiacchiere. Alla porta della sua casa conviene passar oltre, come se fosse l'abitazone di nessuno... »
« Ma tu mi hai invitato ad entrare», obiettò timidamente Ci-Ciang.
« È vero », disse il vecchio in un sussurro, « ma solo perché avevo nostalgia d'un sorriso. Me lo vuoi fare? » Ci-Ciang sorrise, e il vecchio saggio subito s'addormentò. (Fiaba cinese)

LA MANO DEL SAGGIO (avarizia)
Un saggio viveva santamente, distribuendo insegnamenti e consigli ai suoi discepoli e a chiunque si rivolgesse a lui. Un giorno, uno dei suoi seguaci venne alla sua capanna e si lamentò dell'avarizia della propria moglie. Il saggio andò a trovare la moglie del seguace e le mise davanti al naso, senza parole, il pugno chiuso.
«Che cosa vuoi dire con questo?» domandò stupita la donna. «Supponi che il mio pugno fosse sempre così. Come lo definiresti?», le chiese il sapiente. «Deforme», rispose lei.
Allora egli spalancò la mano davanti al viso della donna e disse: « E ora supponi che fosse sempre così. Che cosa diresti? »
«Che è un altro tipo di deformità», disse la donna. «Se capisci questo — concluse il saggio — sei una buona moglie». E andò via.
Dopo quella visita, la donna aiutò il marito non soltanto a risparmiare, ma anche a distribuire.


SEMPLICITÀ DELL'AMICIZIA
Due amici vivevano in due villaggi l'uno dall'altro lontani. Una sera scoppiò un gran temporale, e la luna non c'era; ma uno dei due amici si svegliò ed ebbe voglia di andare a trovare l'altro. Si mise in cammino, benché avesse paura che un fulmine potesse colpirlo o il fantasma della notte mangiarlo. Ma non si fermò fino a che non fu giunto alla capanna dell'amico. Era fradicio come fosse caduto in un fiume, ma portò nel capanno legna secca ed asciutta, accese il fuoco e fece cuocere il riso da offrire all'amico che frattanto si era svegliato. « Perché sei venuto di notte, con questo tempaccio? », gli chiese l'amico.
« Perché mi era venuta voglia di stare vicino a te. Forse che il temporale ti ha chiesto il suo permesso per scoppiare? »


LE FARFALLE E LA LUCE
Una notte le farfalle si riunirono, nell'ansia di conoscere la fiamma. Dicevano: « Occorre che qualcuno ce ne dia qualche notizia ». Una di esse si accostò a un castello, e dal di fuori vide, alla lontana, il lume d'una candela. Riferì la sua impressione, secondo quanto aveva potuto capire. Ma la farfalla che presiedeva l'assemblea non fu contenta. «Non sai nulla della fiamma», disse.
Partì un'altra, e penetrò nel castello, toccando la candela, ma tenendosi lontana dalla fiamma. Anch'essa riportò una piccola manciata di segreti, riferendo sull'incontro con la candela. Ma la farfalla saggia le disse: «Anche questo non è un ragguaglio, mia cara. Il tuo rapporto vale l'altro». Partì una terza, e si posò, sbattendo le ali, sulla fiamma. Tese le zampine e l'abbracciò, perdendosi gioiosamente in essa. Avvolta completamente dal fuoco, come il fuoco divenne rossa nelle sue membra. Quando la farfalla saggia la vide da lontano diventata una cosa sola con la candela, divenuta del colore della luce, disse: « Solo questa ha raggiunto lo scopo. Solo essa, ora, sa qualcosa della fiamma». (Leggenda araba)

SUL PERDONO
Si racconta di un cavaliere che avendo buone ragioni, secondo le leggi del mondo e non del Vangelo, di ritenersi oltraggIATO da un suo nemico, gli giurò guerra spietata. Assetato di vendetta, presa con sé una squadra di armigeri e si diede a inseguire l'odiato nemico, ed in breve gli fu alle calcagna.
L'inseguito, vedendo che ormai non c'era scampo per lui, chiese pietà per l'anima sua, e, gettate le armi, si lasciò cadere a terra con le braccia distese a mo' di croce: con gli occhi chiusi, aspettava il colpo mortale.
Ma l'altro, a tal vista, per riverenza alla croce, trattenne i suoi sgherri; poi si chinò ad abbracciare il nemico perdonandogli ogni sua ingiuria.
Dopo tale vittoria splendidissima, in cui era rimasto vincitore non di altri, ma di se stesso, non tanto del nemico ma del proprio cuore, il cavaliere sostò a pregare in una cappella. Stupendo miracolo! Appena varcata la soglia, la figura del Salvatore scolpita sulla croce nell'abside, parve inchinarsi verso di lui a salutarlo.
Bella e gloriosa lode, ricevere il saluto di Cristo, per amore del quale aveva rinunziato a uno sfogo, si era trattenuto dal vendicarsi! (San Pier Damiani)

SARA' QUELLO CHE VUOI TU
C’era una volta, sulla piazza di Atene, un sapiente che rispondeva alle più curiose e difficili domande. Un giorno si mescolò ai curiosi, che lo stavano ad ascoltare, un pastore sceso dai monti con l’intenzione di svergognare in pubblico il cantastorie. Il pastore, preso un uccellino, lo nascose in pugno e presentandosi al saggio disse: « In questo pugno tengo un uccellino: sai dirmi se è vivo o morto? »
Se avesse risposto: « È vivo! » egli avrebbe leggermente stretto il pugno e l’uccellino sarebbe morto. Se invece avesse detto: « È morto », avrebbe aperto il pugno e l’uccellino avrebbe preso felice il volo.
Ma il sapiente dopo un attimo di riflessione, tra l’attesa ansiosa di tutti, rispose: « Sarà come vuoi tu... » Leggenda copta

Anche della nostra vita sarà quello che vorremo: possiamo scegliere la via di Dio e del bene, oppure quella della morte e dell’egoismo...


IL NEGOZIO DELLA GIOIA
C’era una volta un uomo ricchissimo. Non sapeva più dove mettere il denaro o in che cosa spenderlo. Si comperava tutto quello che gli piaceva: aerei, navi, treni, edifici. Era sempre alla ricerca di cose da comperare. Arrivò un giorno in cui aveva proprio tutto. Non c’era cosa che non possedesse. Tuttavia c’era una cosa che non riusciva ad avere: era la gioia. Non trovò mai il negozio in cui la vendessero.
Si impegnò a cercarla a qualunque costo, perché era l’ultima cosa che gli mancava. Percorse mezzo mondo alla sua ricerca, ma senza risultato. Un giorno capitò in un piccolo villaggio e venne a sapere che un vecchio saggio poteva aiutarlo. Viveva in una capanna in cima a una montagna. Si diresse verso di lui e quando lo trovò gli disse:
- Mi hanno detto che lei potrebbe aiutarmi a trovare la gioia.
Il vecchio lo guardò sorridendo e rispose:
- Lei l’ha già incontrata, amico. Io ho molta gioia.
- Lei? - esclamò stupito il ricco. - Ma se possiede soltanto una povera capanna e poco più!
- Certo, e proprio per questo ho la gioia, poiché do a chi ne ha bisogno tutto quello che ho di più - affermò il vecchio.
- E così si ottiene la gioia? - chiese il ricco.
- Così l’ho trovata io! - confermò il Vecchio.


CARITA'
Un ragazzo povero che vendeva porta a porta per pagarsi gli studi all’università, si trovò in tasca soltanto una moneta da 10 centesimi, e aveva fame. Decise che avrebbe chiesto qualcosa da mangiare nella prossima casa, ma i suoi nervi lo tradirono quando gli aprì la porta una donna stupenda. Al posto di qualcosa da mangiare chiese un bicchiere d’acqua. Lei pensò che il giovane sembrava affamato, e dunque gli portò un bel bicchiere di latte. Lui lo bevve piano, e allora chiese: “Quanto devo?”. “Non mi deve niente”, rispose lei. E lui disse: “Allora la ringrazio di cuore!”. Quando Howard Kelly andò via da quella casa, non soltanto si sentì più sollevato, ma anche la sua fede in Dio e negli uomini era diventata più forte. Era stato sul punto di arrendersi e di lasciare gli studi a causa della sua povertà. Qualche anno dopo la donna si ammalò in modo grave. La inviarono in città e chiamarono il Dott. Howard Kelly per un consulto. Vestito con il suo grembiule da dottore entrò a vederla. Capricci del destino, era lei, la riconobbe subito. Seguì quel caso con la maggiore attenzione, lei subì un’operazione a cuore aperto e guarì.
Al momento di pagare la donna sapeva che avrebbe dovuto lavorare per il resto della sua vita per pagare il conto di un intervento così complicato. Sui margini della fattura lesse queste parole: “Pagata completamente molti anni fa con un bicchiere di latte Firmato: Dott. Howard Kelly”

OFFERTA DI SE'
In una classe, dopo le vacanze natalizie, il professore vuole saggiare il grado di conoscenza religiosa dei suoi alunni. Come è solito fare, pensa opportuno dare loro un tema da svolgere nel corso della settimana dopo la festa dell'Epifania: "I tre Re Magi hanno portato a Gesù tre doni: oro, incenso e mirra. Secondo voi, quale dei tre è il dono più prezioso? E perché?".
Dopo una settimana i temi sono consegnati e le risposte, come si poteva supporre, sono le più varie e disparate. Chi dice che la mirra è il dono più prezioso perché sottolinea come la sofferenza e la morte in croce di Gesù siano il segno più grande del suo amore per ogni uomo. Chi invece sostiene che il dono dell'incenso mette molto bene in risalto la funzione sacerdotale di Gesù, quale ponte tra cielo e terra che ha unito Dio agli uomini e gli uomini a Dio. Altri studenti invece - la maggior parte - decisamente scelgono il dono dell'oro come segno di colui che, Re del cielo e della terra, è proprietario di tutte le ricchezze che sono state, sono e saranno.
Il professore, dopo essersi congratulato con gli alunni e per il tema svolto, e per la saggezza delle argomentazioni che hanno motivato le diverse scelte e le varie preferenze dei doni, non può però non constatare: "Devo rammaricarmi con lo studente ritenuto il più bravo, che ha consegnato il quaderno, senza scrivere una riga sul tema proposto. Perché?".
Roberto, stranamente sereno e sicuro di sé, si aspettava il rimprovero o almeno una richiesta di giustificazione, e risponde semplicemente che, a suo giudizio, nessuno dei tre doni è importante. "Secondo me, signor professore, il dono più grande che i tre Re Magi hanno fatto a Gesù è stato il loro prostrarsi per adorarlo. Mi pare - continuò il saggio studente - che Gesù abbia gradito dai Magi più l'offerta che hanno fatto di se stessi, che non quanto essi avevano in mano".


QUANDO COMINCIA IL GIORNO? (FRATELLO)
Un rabbino istruiva, una volta, i suoi discepoli. Nel corso dei suoi insegnamenti, domandò loro: "Quando comincia il giorno?". Uno tra loro rispose: "Quando si alza il sole ed i suoi dolci raggi abbracciano la terra e la rivestono d'oro. Allora, un nuovo giorno comincia". Ma il rabbino non fu soddisfatto da tale risposta. Così, un altro discepolo s'arrischiò ad aggiungere: "Quando gli uccelli cominciano a cantare in coro le loro lodi e la natura stessa riprende vita dopo il sonno della notte. Allora, un nuovo giorno comincia". Anche questa risposta non accontentò il rabbino. Uno dopo l'altro, tutti i discepoli tentarono di rispondere. Ma nessuno riuscì a soddisfare il rabbino. Infine, i discepoli si arresero e con agitazione domandarono loro stessi: "Allora, dacci tu la risposta giusta! Quando comincia il giorno?".

Ed ecco il rabbino rispondere con estrema calma: "Quando vedete uno straniero nell'oscurità ed in lui riconoscete vostro fratello, in quel momento il giorno è nato! Se non riconoscete nello straniero vostro fratello o vostra sorella, il sole può essere sorto, gli uccelli possono cantare, la natura può ben riprendere vita. Ma fa ancora notte, e le tenebre sono nel tuo cuore!".

L'OMBRELLO ROSSO (FEDE - PREGHIERA - PROVVIDENZA)
I campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L'erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di cristallo blu cobalto.
Le settimane si succedevano sempre più infuocate.
Da mesi non cadeva una vera pioggia.
Il parroco del paese organizzò un'ora speciale di preghiera nella piazza davanti alla chiesa per implorare la grazia della pioggia.
All'ora stabilita la piazza era gremita di gente ansiosa, ma piena di speranza.
Molti avevano portato oggetti che testimoniavano la loro fede. Il parroco guardava ammirato le Bibbie, le croci, i rosari.
Ma non riusciva a distogliere gli occhi da una bambina seduta compostamente in prima fila.
Sulle ginocchia aveva un ombrello rosso.

LA PREGHIERA DEL CONTADINO (PREGHIERA)
Un contadino, durante un giorno di mercato, si fermò a mangiare in un affollato ristorante dove pranzava di solito anche il fior fiore della città. Il contadino trovò un posto in un tavolo a cui sedevano altri avventori e fece la sua ordinazione al cameriere. Quando l'ebbe fatta, congiunse le mani e reci una preghiera. I suoi vicini lo osservarono con curiosità piena di ironia, un giovane gli chiese: «A casa vostra fate sempre così? Pregate veramente tutti?».
Il contadino, che aveva incominciato tranquillamente a mangiare, rispose:
«No, anche da noi c'è qualcuno che non prega».
Il giovane ghignò: «Ah, sì? Chi è che non prega?».

«Be'», proseguì il contadino «per esempio le mucche, il mio asino e i miei maiali...».


IL PONTE (AMICIZIA - FRATELLANZA)

Questa è la storia di due fratelli che vissero insieme d'amore e d'accordo per molti anni. Vivevano in cascine separate, ma un giorno scoppiò una lite e questo fu il primo problema serio che sorse dopo 40 anni in cui avevano coltivato insieme la terra condividendo le macchine e gli attrezzi, scambiandosi i raccolti e i beni continuamente.

Cominciò con un piccolo malinteso e crebbe fino a che scoppiò un diverbio con uno scambio di parole amare a cui seguirono settimane di silenzio.

Una mattina qualcuno bussò alla porta di Luigi. Quando aprì si trovò davanti un uomo con gli utensili del falegname: "Sto cercando un lavoro per qualche giorno", disse il forestiero, "forse qui ci può essere bisogno di qualche piccola riparazione nella fattoria e io potrei esserle utile per questo".

"Sì", disse il maggiore dei due fratelli, "ho un lavoro per lei. Guardi là, dall'altra parte del fiume, in quella fattoria vive il mio vicino, beh! È il mio fratello minore. La settimana scorsa c'era una splendida prateria tra noi, ma lui ha deviato il letto del fiume perché ci separasse. Deve aver fatto questo per farmi andare su tutte le furie, ma io gliene farò una. Vede quella catasta di pezzi di legno vicino al granaio? Ebbene voglio che costruisca uno steccato di due metri circa di altezza, non voglio vederlo mai più". Il falegname rispose: "Mi sembra di capire la situazione".

Il fratello maggiore aiutò il falegname a riunire tutto il materiale necessario e se ne andò fuori per tutta la giornata per fare le spese in paese. Verso sera, quando il fattore ritornò, il falegname aveva appena finito il suo lavoro. Il fattore rimase con gli occhi spalancati e con la bocca aperta.

Non c'era nessuno steccato di due metri. Invece c'era un ponte che univa le due fattorie sopra il fiume. Era una autentica opera d'arte, molto fine, con corrimano e tutto.

In quel momento, il vicino, suo fratello minore, venne dalla sua fattoria e abbracciando il fratello maggiore gli disse: -"Sei un tipo veramente in gamba. Ma guarda! Hai costruito questo ponte meravilloso dopo quello che io ti ho fatto e detto".

E così stavano facendo la pace i due fratelli, quando videro che il falegname prendeva i suoi arnesi. -No, no, aspetta;Rimani per alcuni giorni ancora, ho parecchi lavori per te, disse il fratello maggiore al falegname. "Mi fermerei volentieri", rispose lui, "ma ho parecchi ponti da costruire".

LE LETTERE DI DIO (FRATELLANZA)
Quando ero un ragazzino il signor Maestro stava insegnandomi a leggere. Una volta mi mostrò nel libro di preghiere due minuscole lettere, simili a due puntini quadrati. E mi disse: «Vedi Uri, queste due lettere, una accanto all'altra? È il monogramma del nome di Dio; e, ovunque, nelle preghiere, scorgi insieme questi due puntini, devi pronunciare il nome di Dio, anche se non è scritto per intero».

Continuammo a leggere con il Maestro, finché non trovammo, alla fine di una frase, i due punti. Erano ugualmente due puntini quadrati, solo non uno accanto all'altro, ma uno sotto l'altro. Pensai che si trattasse del monogramma di Dio perciò pronunciai il suo nome.

Il Maestro disse però: «No, no, Uri. Quel segno non indica il nome di Dio. Solo là dove i puntini sono a fianco l'uno dell'altro, dove uno vede nell'altro un compagno a lui uguale, solo là c'è il nome di Dio. Ma dove i due puntini sono uno sotto e l'altro sopra, là non c'è il nome di Dio».

L'ABETE SOLITARIO (AMICIZIA - PRESUNZIONE)
Una pigna gonfia e matura si staccò da un ramo di abete e rotolò giù per il costone della montagna, rimbalzò su una roccia sporgente e finì con un tonfo in un avvallamento umido e ben esposto. Una manciata di semi venne sbalzata fuori dal suo comodo alloggio e si sparse sul terreno.
"Urrà!" gridarono i semi all'unisono. "Il momento è venuto!"

Cominciarono con entusiasmo ad annidarsi nel terreno, ma scoprirono ben presto che l'essere in tanti provocava qualche difficoltà.
"Fatti un po' più in là, per favore!".
"Attento! Mi hai messo il germoglio in un occhio!".

E così via. Comunque, urtandosi e sgomitando, tutti i semi si trovarono un posticino per germogliare.
Tutti meno uno.

Un seme bello e robusto dichiarò chiaramente le sue intenzioni: "Mi sembrate un branco di inetti! Pigiati come siete, vi rubate il terreno l'un con l'altro e crescerete rachitici e stentati. Non voglio avere niente a che fare con voi. Da solo potrò diventare un albero grande, nobile e imponente. Da solo!".

Con l'aiuto della pioggia e del vento, il seme riuscì ad allontanarsi dai suoi fratelli e piantò le radici, solitario, sul crinale della montagna.

Dopo qualche stagione, grazie alla neve, alla pioggia e al sole divenne un magnifico giovane abete che dominava la valletta in cui i suoi fratelli erano invece diventati un bel bosco che offriva ombra e fresco riposo ai viandanti e agli animali della montagna.
Anche se i problemi non mancavano.
"Stai fermo con quei rami! Mi fai cadere gli aghi".
"Mi rubi il sole! Fatti più in là…".
"La smetti di scompigliarmi la chioma?".

L'abete solitario li guardava ironico e superbo. Lui aveva tutto il sole e lo spazio che desiderava.

Ma una notte di fine agosto, le stelle e la luna sparirono sotto una cavalcata di nuvoloni minacciosi. Sibillando e turbinando il vento scaricò una serie di raffiche sempre più violente, finché devastante sulla montagna si abbattè la bufera.

Gli abeti nel bosco si strinsero l'un l'altro, tremando, ma proteggendosi e sostenendosi a vicenda.

Quando la tempesta si placò, gli abeti erano estenuati per la lunga lotta, ma erano salvi.

Del superbo abete solitario non restava che un mozzicone scheggiato e malinconico sul crinale della montagna.


LE CICATRICI
In un caldo giorno d'estate nel sud della Florida, un bambino decise di andare a nuotare nella laguna dietro casa sua. Uscì dalla porta posteriore correndo e si gettò in acqua nuotando felice.
Sua madre lo guardava dalla casa attraverso la finestra e vide con orrore quello che stava succedendo.
Corse subito verso suo figlio gridando più forte che poteva.
Sentendola il bambino si allarmò e nuotò verso sua madre ma era ormai troppo tardi.
La mamma afferrò il bambino per le braccia, proprio quando il caimano gli afferrava le gambe. La donna tirava determinata, con tutta la forza del suo cuore.
Il coccodrillo era più forte, ma la mamma era molto più determinata e il suo amore non l'abbandonava.
Un uomo sentì le grida, si precipitò sul posto con una pistola e uccise il coccodrillo.
Il bimbo si salvò e, anche se le sue gambe erano ferite gravemente, poté di nuovo camminare.
Quando uscì dal trauma, un giornalista domandò al bambino se voleva mostrargli le cicatrici sulle sue gambe.
Il bimbo sollevò la coperta e gliele fece vedere.
Poi, con grande orgoglio si rimboccò le maniche e disse:
"Ma quelle che deve vedere sono queste"
Erano i segni delle unghie di sua madre che l'avevano stretto con forza.
"Le ho perché la mamma non mi ha lasciato e mi ha salvato la vita".

(Anche noi abbiamo cicatrici di un passato doloroso. Alcune sono causate dai nostri peccati, ma alcune sono le impronte di Dio quando ci ha sostenuto con forza per non farci cadere fra gli artigli del male. Ricorda che se qualche volta la tua anima ha sofferto.... è perché Dio ti ha afferrato troppo forte affinché non cadessi!)

Edited by fra roberto - 17/9/2017, 11:58
view post Posted: 11/6/2014, 21:23 Lettera sulla Trinità - Testi tosti
LETTERA SULLA TRINITÀ
+ Bruno Forte
Arcivescovo Metropolita di Chieti- Vasto

Mi dici: aiutami a conoscere il Dio in cui credi! Vorrei allora parlarti di Dio raccontando l’amore: a incoraggiarmi a farlo è Giovanni, l’Apostolo che ha posato il capo sul petto di Gesù nell’Ultima Cena e ha meditato per tutta la vita sulla rivelazione offerta agli uomini proprio attraverso quel cuore, perché è lui ad assicurarci che “Dio è amore” e che “chi non ama non ha conosciuto Dio” (1 Giovanni 4,8 e 16). In realtà, Dio stesso nella Bibbia ci ha raccontato la storia del Suo amore per noi. È un racconto che comincia da sempre in vista di un solo fine: renderci partecipi dell’infinito amore. Per questo Dio ci ha creato, chiamando ciascuno di noi ad esistere proprio come è: e per questo ognuno di noi è un dono di Dio! Quando l’uomo ha usato la libertà avuta in dono per rivoltarsi contro di Lui, questo Dio d’amore ha sofferto, ma ha rispettato la scelta della Sua creatura. Ce lo racconta una delle più belle parabole di Gesù: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto...” (Luca 15,11-13).
La storia, però, non finisce qui: Dio ama troppo gli uomini per abbandonarli a se stessi. Davanti al nostro rifiuto manifesta la profondità e l’audacia del Suo amore: invia Suo Figlio, che si fa uomo come noi e si consegna alla morte per amore nostro: “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri... Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Giovanni 4,9-11 e 16). Dare la vita per un altro significa amarlo dell’amore più grande: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Giovanni 15,13). Così ci ama Dio. La Croce è la dichiarazione d’amore di Dio per noi, la rivelazione del cuore divino. La ragione per cui Dio ci ama tanto è che Dio è in se stesso amore.
Ecco il centro e il cuore del messaggio cristiano, ecco la sorgente, il grembo e la meta di tutto ciò che esiste: Dio è amore! Ecco quanto di più importante ci sia dato da pensare! Provo a farlo con Te, nel modo più semplice possibile, consapevole di balbettare appena parole d’amore sul mistero santo da cui veniamo, in cui ci muoviamo ed esistiamo e verso cui andiamo nel cammino del tempo. Se Dio è amore, è facile capire come non possa essere solitudine in se stesso: perché ci sia un rapporto d’amore bisogna essere almeno in due. Amare soltanto se stessi non è amore, è egoismo. Dio amore è allora almeno uno che ama da sempre e uno che da sempre è amato e ricambia l’amore: un eterno Amante e un eterno Amato. Colui che ama da sempre è la sorgente dell’amore: egli non è mai stanco di cominciare ad amare e ama per la sola gioia d’amare. È Dio Padre nell’amore, infinitamente libero e generoso nell’amare, da null’altro motivato all’amore che dall’amore: “Dio non ci ama perché siamo buoni e belli, ma ci rende buoni e belli perché ci ama” (San Bernardo).
L’altro, l’eterno Amato, è Colui che accoglie da sempre l’amore: è l’eterna gratitudine, il grazie senza principio e senza fine, il Figlio. Quando il Figlio si fa uomo, si unisce a ciascuno di noi: perciò il Padre, amando Lui, ama anche ognuno di noi uniti a Lui, amati nell’Amato, fatti capaci di ricevere l’amore, che è la vita eterna di Dio. L’amore perfetto, però, non si chiude nel cerchio dei due: “Amare non significa stare a guardarsi negli occhi, ma guardare insieme verso la stessa meta” (Antoine de SaintExupéry). Il Padre e il Figlio vivono un amore così ricco e fecondo da rivolgersi insieme ad una Terza Persona divina, lo Spirito Santo. Lo Spirito è Colui nel quale il Loro amore è sempre aperto a donarsi, a “uscire da sé”: perciò lo Spirito è detto dono di Dio, fonte viva dell’amore, fuoco che accende in noi la capacità di ricambiare l’amore con l’amore. E perciò alita sulla creazione nel primo mattino del mondo e sulla nuova creazione, di cui è segno e promessa la Chiesa, nel giorno della Pentecoste. In quanto poi è l’Amore ricevuto dal Figlio e donato dal Padre, lo Spirito è anche il vincolo dell’amore eterno, l’unità e la pace dell’Amante e dell’Amato. Nello Spirito tutti siamo abbracciati dall’amore che unisce, libera e salva.
In quanto Amore, Dio, dunque, è Trinità, eterno evento dell’amore, che unisce i Tre che sono Uno, il Padre, eterna provenienza dell’ Amore, il Figlio, eterno avvento dell’Amore, e lo Spirito, avvenire dell’Amore eterno, Colui nel quale l’amore divino, da sempre uguale a se stesso, è sempre nuovo, eternamente giovane e insieme immutabile nella Sua fedeltà. Questa eterna storia d’amore ci è stata raccontata nel segno supremo dell’abbandono di Gesù in Croce: la Croce è la storia dell’eterno Amante, il Padre, che consegna Suo Figlio per noi; dell’eterno Amato, il Figlio, che si consegna alla morte per amore nostro; e dello Spirito Santo, l’amore eterno che li unisce fra di loro e li apre al dono che essi fanno a noi, rendendoci partecipi della vita divina. Questi Tre sono uno: non tre amori, ma un unico, eterno ed infinito amore, l’unico Dio che è amore.
Si può dire allora che “vedi la Trinità, se vedi l’amore” (Sant’Agostino): e vedi l’amore, se guardi la Croce dove il Padre offre per noi il Figlio, mentre lo Spirito - che viene rappresentato nei Vangeli in forma di colomba - sta fra di Loro. La Croce è il racconto della Trinità di Dio, la rivelazione dell’infinito
amore: perciò, spesso nella tradizione occidentale la Trinità divina è stata rappresentata con la scena di Dio Padre che regge fra le braccia il legno della Croce, da cui pende il Figlio abbandonato, mentre la colomba dello Spirito unisce e separa l’Amante e l’Amato, l’Abbandonato e Colui che l’Abbandona (vedi la Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella a Firenze). L’Oriente cristiano ha voluto trasmetterci lo stesso messaggio con la scena dei tre Angeli che apparvero ad Abramo alle querce di Mamre e che erano uno, scelti come figura delle tre Persone divine che accolgono gli uomini nel cerchio del loro amore al banchetto della vita (come fa Andrei Rublev nella celebre icona della Trinità conservata a Mosca).
Prova allora a fermarti davanti a un Crocifisso o all’icona in cui i tre Angeli ti chiamano a entrare nel dialogo divino dell’amore: disponiti ad ascoltare la dichiarazione d’amore di Dio. Cerca di unirti al Figlio amato, abbandonato e risorto alla vita per Te, e di sentire l’amore del Padre che Ti avvolge e lo Spirito che Ti unisce a Gesù e in Lui al Padre. È un’esperienza bellissima questa di sentirsi amati da Dio: allora, avvolto dall’amore dei Tre, capirai che Dio Amore non è una parola vuota, una storia lontana, ma il racconto dell’eterno Amore, che è venuto a narrarsi nel tempo perché ciascuno di noi, ascoltandolo e credendo all’amore dei Tre, si lasci raggiungere e trasformare da questa eterna storia d’amore... Vuoi provarci anche Tu? Chiedilo a Dio così:

Dio tre volte Santo, Trinità divina, aiutami a confessare con le labbra e col cuore l’infinita bellezza del Tuo amore:
di Te Padre, eterno Amante
da cui proviene ogni dono perfetto,
di Te Figlio, eterno Amato
che tutto riceve e tutto dona,
di Te Spirito Santo,
Amore ricevuto e donato,
vincolo della carità eterna
ed estasi dell’eterno dono.
In Te, Trinità Santa vorrò nascondermi, per essere amato nell’Amato
ed imparare ad amare
qui nell’umile fedeltà del tempo
e per sempre nel giorno dell’amore
che non muore. Amen! Alleluia!
view post Posted: 8/6/2014, 21:11 Frugalità - Aforismi
Diogene stava lavando delle lenticchie per farsi la minestra. Il filosofo Aristippo, che se la passava bene perché si era messo a corteggiare il re, gli disse sprezzante: “Se tu imparassi ad adulare il re, non dovresti contentarti di un piatto di lenticchie”. “E se tu avessi imparato a vivere di lenticchie”, ribattè Diogene con altrettanto sprezzo, “non avresti bisogno di adulare il re”. (Svetonio)
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