Fra Noi

La mèta della Vita eterna, Giovanni Cassiano

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 31/1/2014, 17:29

Fra Noi

Group:
Administrator
Posts:
1,096
Location:
Convento francescano di Mogliano

Status:


GIOVANNI CASSIANO

Conferenze ai monaci/1
Collana testi patristici, 155 (2000), 64-67.

5. Quanti posseggono la pratica di trattare i dardi della guerra, ogniqualvolta bramano di dare prova della perizia della propria arte alla presenza del re di questo mondo, cercano di lanciare perfettamente giavellotti oppure frecce all’indirizzo di un piccolissimo scudo, che reca dipinta la figura dei premi (da loro ambiti), ben sicuri che essi non potranno arrivare ad ottenere il termine del premio desiderato in altro modo, se non seguendo la linea a questo destinata. Essi però potranno certamente e finalmente venire in possesso di un tale premio solo quando saranno in grado di raggiungere lo scopo che si erano proposto. Se dunque, per un motivo qualsiasi, tale bersaglio finirà per essere sottratto al loro sguardo, per quanto poco l’intenzione di quegli inabili, così impoverita, devii dalla retta direzione, essi non avvertiranno
d’essersi sviati dalla guida di quella linea ben disciplinata. E la ragione è questa: essi non posseggono nessun segno sicuro atto a dimostrare la perizia per la giusta direzione e comprovarne l’inabilità. Così ne risulta che essi, dopo aver profuso per l’aria e nel vuoto i loro getti, non riusciranno a vedere in che cosa avranno sbagliato e perché si sono lasciati ingannare, per il semplice motivo che essi non trovano nessun indizio che li accusi nella misura in cui si sono distolti dalla giusta direzione; e così pure il loro occhio, divenuto ormai inerte, non riesce più a correggersi e a raddrizzarsi verso l’obiettivo della vera disciplina. Così dunque, come si esprime l’Apostolo, il fine del nostro proposito è la vita eterna, poiché così egli dichiara: “Avete per vostro frutto la santità, ma per fine la vita eterna”. Lo scopo è la purezza del cuore che egli giustamente definì come la santità, senza la quale non può essere raggiunto il fine suddetto. È come se, con altre parole, egli avesse detto: - Voi riponete il vostro scopo nella purezza del cuore, ma il vero fine è la vita eterna -. Ora, volendo l’Apostolo darci un insegnamento intorno a questa destinazione, fece ricorso allo stesso nome, vale a dire allo scopo, e si espresse in modo molto significativo, così dichiarando: “Dimenticando ciò che è dietro di me e tutto proteso verso ciò che mi sta innanzi, corro alla mèta, al premio della superna chiamata del Signore”. Nel testo greco è detto con più evidenza: “Io corro verso la mèta”, come se avesse dichiarato: - Con la stessa determinazione, con la quale dimentico quello che è dietro di me, ossia i vizi dell’uomo anteriore, con quella stessa io mi premuro di giungere al fine del premio celeste -. Perciò tutto quello che può indirizzarci verso questo scopo, vale a dire, verso la purezza del cuore, dobbiamo abbracciarlo con tutta la forza; al contrario, tutto quello che da essa ci allontana, dobbiamo evitarlo perché pericoloso e nocivo. Per essa infatti noi operiamo e
tolleriamo tutto, per essa vengono abbandonati i parenti, la patria, le dignità, le ricchezze, i piaceri di questo mondo e ogni soddisfazione, al
solo fine di assicurare per sempre la purezza del cuore. Se uno non procurerà di conservarla con ogni impegno e perseveranza, non potrà
nemmeno giungere al fine del frutto desiderato. In realtà, come già ho detto, il contadino, nel proporsi come fine una vita di sicurezza e di
benessere, ripone il suo scopo nel raccolto di messi feconde, vale a dire, pone in atto l’impegno di purgare il suo campo da tutti gli sterpi e di eliminare dal terreno tutte le erbacce infruttuose. In altro modo egli non spera di raggiungere la ricchezza con l’adempimento del suo fine, se prima egli, quanto desidera di ottenere con l’esercizio pratico, non arriva a possederlo con la ben ragionata previsione del suo lavoro e della sua speranza. E anche il commerciante non rinuncia al desiderio di procurarsi le merci, con cui egli possa accumulare ricchezze attraverso un guadagno maggiore, e di fatto inutilmente potrebbe aspirare a un guadagno, se prima non avrà scelto la via giusta per arrivarvi. E coloro che ambiscono gli onori di certe dignità di questo mondo, quali che siano, si propongono in precedenza a quale ufficio e a quale ordine debbano dedicarsi, affinché, attraverso la via legittima della loro aspirazione, siano pure in grado di raggiungere la mèta della loro sospirata dignità.
Pertanto anche il termine della nostra via è il regno di Dio. Occorre quindi indagare bene che cosa comporti questo indirizzo, poiché, se da parte nostra, questo non apparirà ben chiaro, i nostri sforzi saranno del tutto inutili. In realtà coloro che si avviano per raggiungere una mèta
senza conoscerne la via, il loro sarà solo il percorso di una strada, non sarà un profitto. E qui, davanti alla nostra sorpresa, quel vegliardo prese a dire: «Il fine della nostra professione, come ho già detto, è il regno di Dio, ossia il regno dei cieli. L’indirizzo, vale a dire lo scopo, è
la purezza del cuore, senza la quale è impossibile che uno arrivi a quel fine. Una volta dunque propostaci questa mèta, sempre i nostri atti e i nostri pensieri saranno diretti a raggiungere tale mèta. Se essa però non sarà continuamente fissa davanti ai nostri occhi, non solo contribuirà a rendere vane tutte le nostre fatiche, ma in più, rendendole inutili, farà sì che esse cadano nel nulla e senza alcun compenso: così susciterà in noi pensieri diversi e ad essa contrari. La mente che non ha nulla dove rifugiarsi e a cui principalmente aderire ad ogni ora e ad ogni momento, sarà facilmente soggetta a modificarsi per la stessa varietà delle sue impressioni e così, per effetto delle sensazioni venute dal di fuori, essa finirà per tramutarsi presto in quello stato che per primo ad essa si presenterà.
 
Web  Top
0 replies since 31/1/2014, 17:29   35 views
  Share