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La decadenza del ballo

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view post Posted on 14/7/2014, 17:17

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La decadenza del ballo
Un certo libro sublime, che ha tante pagine totalmente dedicate a banchetti e balli, racconta la storia di un figlio minore, uno scialacquatore, che lasciò la campagna per la città, la sua casa per gli alberghi, il padre per gli amici, scialacquatori come lui. Questa follia durò finché non si ritrovò a fare il guardiano di maiali e a essere talmente senza cibo da invidiare la brodaglia dei maiali. Ritrovò il buon senso quando si ricordò della gran ricchezza di cose presenti nella casa di suo padre, dove perfino i servi salariati avevano più pane di quanto riuscissero a mangiarne. La storia di questo figlio minore finisce opportunamente con un gran banchetto di benvenuto composto da varie cose, vale a dire: i baci del padre, la veste più bella, un anello, un paio di calzari nuovi, il vitello grasso, cibo, bevande, musica e un ballo. Ora ad alcuni autentici profeti è parso che la tragedia più grande non fosse quella del figlio più giovane ma quella del più vecchio. Quest'uomo che aveva condotto una vita talmente irreprensibile da non aver lasciato nessuna traccia di sé sugli annali del tribunale locale, all'improvviso, in occasione del grande ballo dato per il fratello minore, rivelò il difetto nascosto della propria anima. Con la spaventosa precisione e semplicità di una condanna, di lui è scritto: "Egli si adirò e non volle entrare". Perciò il maggiore rimase fuori, nell'oscurità della notte senza danze. È l'orribile inizio di una tragedia, che ci ossessiona anche nel sogno e ci porta a domandarci quale sarà il destino di quest'uomo. Di quel destino tu e io, caro lettore, non sappiamo nulla. Ma un profeta, che una volta ho incontrato mentre pascolava il suo gregge nelle Cotswolds, mi disse che dopo aver cercato per quarantasette anni di capire cosa fosse accaduto al fratello maggiore, lo rintracciò nel capitolo successivo di san Luca nelle vesti dell'amministratore a cui dobbiamo la famosa frase: "Di zappare non ne ho la forza; a mendicare, mi vergogno". Ma questo profeta pastore, che nei suoi anni impetuosi era stato professore di Sacra Scrittura a Cambridge, aggiunse: "Il testo è alterato. Secondo me dovrebbe essere: "Mendicare, non ne ho la forza; zappare, mi vergogno. Perciò ruberò".
Ritorniamo adesso al ballo. Tutti noi che trepidiamo per la sorte del fratello maggiore ci rendiamo conto che l'inizio del peccato fu generato o rivelato dal suo atteggiamento verso il ballo dato per festeggiare il ritorno del fratello sano e salvo a casa. In conseguenza di ciò, come si addice all'argomento, possiamo esaminare l'atteggiamento dei nostri contemporanei verso il ballo, per paura che possa loro capitare un male grande come quello che capitò al fratello maggiore. Tanto per cominciare, la danza è per sua natura così umana e pertanto così divina, che il Beato Angelico, il quale conobbe le vie del Cielo come nessun altro pittore, dipinse il paradiso come una danza degli angeli con gli uomini e degli uomini con gli angeli.
Mentre Adamo e sua moglie Eva passeggiavano nel paradiso terrestre, gli uccelli cantavano sugli alberi. I piedi dei due fortunati accompagnavano quella musica con una danza. Canto e danza finirono quando arrivò il serpente; perché nell'inferno non vi è canto, ma solo frastuono; né tanto meno vi sono danze leggiadre, ma solo smorfie orrende.
Ho pensato che la danza, la quale trovò la morte nel giardino dell'Eden con l'arrivo del serpente, tornò in vita quando Adamo prese il suo primogenito fra le braccia e lo cullò per la semplice gioia di essere padre. Rinacque ancora quando Adamo raccolse cantando i primi frutti autunnali ottenuti dai semi che aveva sparso con le lacrime nell'oscurità dell'inverno. È sempre una danza quella che vedo quando osservo il seminatore che getta il seme, l'aratore che rovescia il solco o il mietitore che affonda la falce. E poi cos'altro può fare un uomo se non danzare quando sente il correggiato cantare al ritmo della trebbiatura o la musica della zangola quando si sta formando il burro?
Solo coloro che, con l'amore per le cose invece che per i simboli delle cose, vivono del lavoro della terra, sanno cosa sia la danza nel suo intimo e nella sua essenza. Solo lontano dai condizionamenti della città, i piedi degli uomini e delle donne hanno spazio sufficiente per esprimere il fuoco divino della danza. Possono ballare agli incroci delle strade quando il sole o la luna sono alti nel ciclo. Quando cade la pioggia o il temporale si impadronisce del ciclo e della terra, ogni casa colonica ha un'aia dove i piedi di coloro che danzano si muovono da soli sull'argilla silenziosa.
Quanti vivono del lavoro della terra trovano mille pretesti per danzare. Nessun uomo né donna organizza feste di nozze simili, o trova cibi così squisiti da offrire ai propri ospiti o ha a disposizione spazi così ampi per il rito della danza. Per lo più il ballo è una meravigliosa liturgia opportunamente eseguita nel sacrosanto edificio della casa. Vi prendono parte giovani e vecchi. I primi come attori, i secondi come giudici e spettatori. Lì, nel santuario della casa, il rito della danza è un evento sociale che da grande gioia sia a chi tranquillamente siede a guardare, sia a chi con agilità svolge la propria parte nell'evento o nell'azione stessa.
Ahimè! Mano a mano che gli uomini hanno rinunciato alla campagna per la città, e lasciato la casa e il podere per "camere" o "appartamenti", anche le loro danze sono condannate a morte. A Bayswater, a Kilburn o a Rotherhithe, vi è forse una casa in cui si possa dare un ballo di nozze? Proprio come gli occhi di città degli uomini, ormai così lontani dai campi verdi o dal mare, devono contentarsi dei film di queste buone cose che trovano pagando al cinematografo (Dio li salvi!), così quando i loro piedi hanno fame e sete di danze devono comprare il loro spazio, e forse la propria compagna, in qualche sala dove questa cosa divina, che il Beato Angelico di Fiesole dipinse come l'occupazione del paradiso, è organizzata da qualcuno impegnato a far soldi! L'industrialismo funziona a pieno regime quando anche l'atto divino del ballo diventa solo uno stratagemma per aumentare i dividendi.
Gli uomini e le donne migliori placano la propria smania cittadina di ballo pagando per vedere i ballerini professionisti. Contro questi artisti di una nobile arte non ci permetteremo di dire niente. Ma ci permetteremo di dire quasi di tutto contro lo stato di cose che ha costretto alcuni di loro a guadagnare vendendo la propria arte. Quando ogni casa era un podere e ogni podere aveva il pavimento della cucina, il filatoio e l'aia, e ogni ragazzo o ragazza poteva sperare di danzare nelle innumerevoli feste paesane o banchetti di nozze, per loro non era necessario essere spettatori, poiché erano attori. Ma ora che i filatoi a mano sono spariti dalla cucina, il correggiato dall'aia, l'aratore dal solco, e il ballo è sparito dalla campagna che danza nella brezza d'autunno, dobbiamo narcotizzare il nostro dolore pagando dei professionisti che ci mostrano i nostri defunti sentimenti in un dedalo di arti artificiali. Riposino in pace! (Vincent McNabb, La Chiesa e la terra)
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