Fra Noi

Racconto di una conversione

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view post Posted on 7/10/2017, 14:18

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Sono ormai quattro anni che sono Cristiano, due anni che sono Cattolico.
Questa sera, durante la veglia pasquale, ho assistito al battesimo di un ragazzo, tra il venti e i trent'anni, moro, ricciuoluto, dallo sguardo vivace e dal sorriso facile. Vederlo ricevere i sacramenti per la prima volta mi ha sinceramente emozionato: questa è, per me, una grandiosa Pasqua ed è stato un meraviglioso triduo perchè, per varie ragioni, ha segnato una svolta, ulteriore, nel mio cammino, ormai lungo, nella Fede.
Giovedì mattina sono andato, da Arese dove abito, in processione al santuario di Rho, una delle chiese giubiliari, per varcare la Porta Santa. Durante il tragitto di andata, all'interno della chiesa, durante il ritorno, e tutto ieri, ho avuto modo e tempo di ripercorrere col pensiero tutta la strada fatta fino ad oggi. Una strada segnata di alti e bassi, cadute e risalite, errori e correzioni, ma soprattutto contraddistinta da un costante stupore.
La mia è stata una prima giovinezza tempestosa. A causa di una serie di fattori che non è qui il caso di stare ad analizzare, dal primo fino al terzo anno di Liceo mi ritrovai ad essere un ragazzo violentissimo e irascibilissimo, scosso da ogni parte da fortissimi sentimenti di risentimento ed orgoglio, dotato di una personalità superba e orgogliosa nonchè con una brutta inclinazione per una sensualità morbosa e cattiva: ciò mi portò a ferire parecchio le mie due fidanzatine dei tempi liceali. Senza entrare nei dettagli, basti dire che mi comportai nel peggiore dei modi con entrambe. Mi soffermo su questo punto non per morboso esibizionismo, ma perché la seconda di queste, con la quale mi fidanzai per motivi vili e disgustosi, fu il punto d'avvio della mia conversione.
Era, quella fanciulla della cui esistenza ancora ogni sera ringrazio, una giovanissima ragazza di educazione e ideali Cristiani, di una dolcezza paragonabile soltanto alla sua acerba bellezza: i suoi genitori, per mia e sua fortuna, intuirono, mi pare, quasi subito quali fossero le mie uniche intenzioni, e la misero in guardia. Io, al tempo, dall'alto della mia superbia e arroganza, dal basso della mia ignoranza, disprezzavo il Cristianesimo, lo ritenevo una favoletta buona per beoti e medievali, una sciocchezza creata per drogare i popoli, per fornire ai deboli una morale preconfezionata, e ovviamente non mancai di far pesare alla mia povera compagna questa mia concezione, tanto che per dimostrarle quanto assurda fosse la sua religione cominciai a leggere la Bibbia. Dopo pochissimo che ebbi iniziato questa lettura, la nostra relazione finì: era cominciata l'estate che intercorse tra il mio terzo e quarto anno di Liceo.
Per orgoglio, e per continuare la mia sistematica opera di demolizione e derisione della religione Cristiana, continuai a leggere la Bibbia: tutto era assurdo, tutto era demenziale, tutto era sciocco e banale, una vera favoletta per imbecilli, o almeno così credevo. Andavo tutti i giorni a leggere la Bibbia vicino al canale Villoresi, su una panchina, e passavo le notti insonni a leggere, afflitto dalla premura, fondamentalmente immotivata, di finire entro il rientro a scuola. Una mattina, saranno state circa le nove del mattino, dopo una notte in bianco, arrivai alla mia solita panchina. Ero arrivato al Primo libro dei Re, al capitolo 19.

"Giunto all'Oreb, [Elia] entrò nella grotta e vi passò la notte. Ed ecco, il Signore gli rivolse la sua parola e gli domandò: "Che fai qui, Elia?". Egli rispose: "Io mi struggo di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, perché i figli d'Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno distrutto i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti: sono rimasto io solo e cercano di togliermi la vita". Gli fu risposto: "Esci fuori e stà sul monte dinanzi al Signore". Or, ecco il Signore che passava. Lo precedeva un vento sì forte e violento da schiantare i monti e spezzare le rocce; ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento venne un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto apparve un fuoco; ma il Signore non era in quel fuoco. E dopo il fuoco, l'alito carezzevole di un'aura leggera. Sentita quest'aura, Elia si coperse il volto col mantello e, uscito fuori, si fermò all'ingresso della caverna."

Letto questo brano, mi fermai. Stanco per la nottata in bianco, mi stesi sulla panchina. Era una giornata tersa, un po' ventosa, senza una nuvola in cielo, e il sole filtrava tra le foglie degli alberi sulla mia panchina. Guardai verso la luce che trasudava tra le fronde mosse dalla brezza, sospirai e capii. Capii che fino a quel momento avevo letto la Bibbia, e la vita in generale, sotto un'ottica sbagliata. Sentii per la prima volta nel cuore, oltre che rabbia e furore, anche sofferenza e dolore. Compresi che avevo sbagliato molto, se non tutto nella mia vita fino a quel momento.
Guardai la bellezza delle foglie, la serena maestosità degli alberi, ascoltai il sussurro del vento, assaporai il tepore del sole sulla pelle e, per la prima volta, gustai la presenza di Dio.
Ripresi la lettura della Bibbia daccapo e a Settembre finii il libro dell'Apocalisse, ancora di fretta e furia, ancora mosso da un'immotivata premura. Con tanta, tantissima confusione in testa muovevo i miei primi passi nella Fede. Fu questa, dei primissimi tempi, una Fede più sentita che ragionata, più sentimentalmente assaporata che vissuta realmente, tant'è che il mio comportamento esteriore cambiò soltanto impercettibilmente e forse non mutò affatto, almeno durante questo primo periodo.

Sul mio peregrinare tra varie e diverse denominazioni, nel periodo successivo alla mia conversione, non intendo soffermarmi: dopo una brevissima permanenza presso una Chiesa Pentecostale, dopo una più lunga frequentazione di una Chiesa Evangelica Rhodense presso la quale addirittura mi battezzai, in seguito ad un lungo periodo di riflessione ed alla lettura delle Confessioni di Sant'Agostino, nonché ad una serie di incontri, mi convertii definitivamente al Cattolicesimo tra la fine della quinta Liceo e l'inizio del mio primo anno di Università.
Ricorderò per sempre il primo tempo forte che vissi interamente come Cattolico, il tempo di quaresima: la liturgia, fattore quasi completamente assente nelle Chiese protestanti Evangeliche, mi affascinò e tutt'ora, anche questa sera, mi regala meraviglia e stupore.
Meraviglia e stupore, gioia a sazietà: ecco ciò che provo, io, la sera di Pasqua.
"Cristo Signore è risorto!", ha annunciato questa sera Don Riccardo dall'altare, per tre volte, rivolto verso le diverse navate della chiesa.
"Cristo Signore è risorto!": anche io sono uscito dal mio sepolcro, un sepolcro fatto di rabbia e risentimento, di amore corrotto e vuoto, di narcisismo e superbia. Mi rivedo negli occhi felici e pieni di quel ragazzo che questa sera si è battezzato, che questa sera è entrato a fare parte del Corpo Mistico di Cristo; mi ricordo di quel giorno, steso su quella panchina, a guardare le foglie mosse dal vento, ad ascoltare per la prima volta la voce di Dio, e provo gratitudine. Gratitudine per l'occasione che mi è stata data quando niente meritavo, per aver avuto modo di capire i miei errori così profondamente da disprezzarli sinceramente e non soltanto per convenzione. Gratitudine per la Redenzione che mi è stata guadagnata per mezzo del sacrificio di Dio stesso: che follia la Croce, che scandalo per la logica umana, questo Dio che sacrifica Dio per me, miserabile e debole creatura, infinitesimo di fronte a qualsiasi cosa.
"Cristo Signore è risorto!".
 
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