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Il bacio di Klimt, (Fabio Cavallari - Maria Gloria Riva, Volti e stupore, Ed. San Paolo 2007)

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view post Posted on 2/11/2015, 10:47

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Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
Era bello. Nei giorni migliori, si metteva allo specchio e con innata soddisfazione, eguagliando Narciso, rimaneva delle ore a fissarsi. Solo perché dotato di ragione e raziocinio non fu mai tentato, come il figlio della ninfa Liriope e del dio del fiume Cefiso, di abbracciare l'immagine che stava lì davanti al suo cospetto. Come Narciso però, in quell'amore per se stesso, egli nascondeva il timore per l'altro, la paura di focalizzare la sua affettività fuori di sé. Il diniego del confronto era il rifiuto dell'incontro, un mettersi al riparo dalla possibilità di un fallimento. Come Narciso viveva la tragedia di chi, per proteggere se stesso, mortifica e uccide il proprio io. Diversamente dal mito classico, però, egli seppe tradirsi, seppe aprire il varco.
Era così bello, poi? Come se la bellezza si potesse misurare! Il bello non è classificabile. Il bello non è una gara di bellezza. Insomma, capelli neri sulle spalle, occhi scuri, carnagione olivastra. Uno dei tanti, tra i tanti. Ma era proprio bello! Anzi era proprio bella. Sì, era proprio bella quell'armatura che si era cucito addosso. Rifinita a dovere, ermetica e irriconoscibile a occhio nudo. Una corazza naturale che si era andata a incastonare con perfetto sillogismo nel suo corpo. Come nel massimo splendore rinascimentale sembrava arricchita di decorazioni, incisioni, rabeschi. Si guardava, si ammirava beatificando i tratti di sé. Il portamento, il vago sapore polemico che le sue parole scatenavano, l'alone misterioso e la sicumera dei suoi movimenti, non facevano altro che elevarla a vera protagonista. Si guardava e si ammirava. Si guardava e si faceva ammirare. Era autonoma. Era diventata la sua anima. Era diventata lui. Non c'era più il confine di mezzo, non c'era più il "due in uno", nessuna differenza. Lui era l'armatura. Erano sue le parole, erano suoi gli atti, l'egoismo, la prepotenza. Non c'era nulla da
togliere, c'era solo lui. Poteva spogliarsi di se stesso? Scorticarsi per cercare cosa? Quello che vedeva bastava da sé. A sé. Bastava ma era pur sempre un soliloquio.
Un canto ha bisogno di voce, melodia, ritmo. «Sei bello» glielo disse lei, Leilamore. Due occhi che lo denudarono, che penetrarono oltre la corazza. Due occhi che in una frazione di secondo scompaginarono le sue finte certezze, che gli posero tutte le domande e i dubbi che aveva sino allora sottaciuto. Vide oltre lui, scompose lui e l'armatura. Scisse i "due in uno". Nessun altro avrebbe potuto farlo. Disse che era bello, anche se vide benissimo l'armatura. Gli fece vedere se stesso, lo guardò come mai fu guardato, gli sorrise come mai nessuno gli sorrise. Si aprì a lui, diede fiducia, disfece le maglie. Si ritrovò sconvolto per quel miracolo inaspettato, disarcionato dal trono edonista dell'io. Lui con quell'armatura oramai svelata, lui che non sapeva distinguere sé da quell'orpello, iniziò a guardare Leilamore come non aveva mai guardato alcuna donna.
Le parlò aperto, sincero ma ancora incapace di distinguere sé da quell'orrore. Ma quell'orrore non era altro da sé. Si guardò allo specchio e scoprì che nessuna bellezza rispecchiava nei riflessi. Vide al suo fianco l'armatura che cercava di alzarsi da sola, tentando di convincerlo che, in fondo, era lei che lo poteva fare bello. Era lei che lo aveva protetto e sorretto nei tanti momenti di paura. Solo lei gli aveva creato alibi e paraventi. Cercò di sorridere ma non vi riuscì. Solo una smorfia. Poi si girò di scatto e si ritrovò solo e spaurito, incapace di pensare e agire. Socchiuse gli occhi e vide lei, Leilamore. Bellissima come solo lui l'aveva vista. Negli occhi una luce viva. Lo accarezzò, gli prese il viso tra le mani e tratteggiò sulla sua pelle la forza e il coraggio. La baciò come il primo uomo baciò la prima donna. Fecero un passo, poi una passeggiata, infine intrapresero un cammino. Non hanno ancora smesso.
Ogni tanto si fermano, fanno una sosta, si guardano attorno e sorridono. Hanno consumato molte scarpe, ora proseguono a piedi nudi. Sono Franco e Petra, nei giorni confusi e affollati del terzo millennio. (Fabio Cavallari)


Narciso non ha ancora lasciato suo padre e sua madre, anzi, non ha lasciato neppure se stesso, per questo è incapace di relazioni e, alla fin fine, di essere persona, cioè di essere per.
Penso conoscerai, carissimo Fabio, il dipinto di Klimt dal titolo "Il bacio". Qui Klimt ritrae un uomo, bruno e olivastro, avvolto da un pesante abito simile a una corazza, che abbraccia una donna bella e diafana. L'uomo è ritto e rigido, tutto pieno di sé come Narciso, e pare cadere dall'alto della sua bellezza, abbassando appena il capo verso la donna. Lei, per contro, sale dalla terra, sollevandosi da un prato fiorito in cui è esplosa la primavera. Il vestito di lei è tempestato di fiori, ma il fiore più bello che sboccia all'amore rimane il suo viso.
Che strano: non tutto ciò che viene dal cielo è divino. È così superbo, infatti, il cielo di lui: Narciso scende dall'alto del suo compiacimento e non sa ancora che la Bellezza umile di lei lo salverà. La bellezza di Leilamore, invece, viene dalla terra ed è così divina da apparire un miracolo. Leilamore è in ginocchio, col volto e il corpo tutto sbilanciato verso il suo uomo. Il suo abito vibra della stessa energia vitale della primavera e pian piano contagia la corazza di lui, chiusa nel suo ritmo geometrico di luci e di ombre, di bianchi e di neri. Un manto dorato, infatti, sembra cadere dall'alto e avvolgere i due.
Come nei giorni del biblico Cantico, lei cinge il capo di lui nell'abbraccio e lui raccoglie il viso di lei tra le mani: Il mio diletto è per me e io per il mio diletto. Fiorisce un bacio ed è un attimo eterno. L'esile silhouette di Leilamore è così forte, resa tenace dal dono e dal suo incondizionato essere per, che anche la rigidità di Narciso si scioglie, l'egoismo va in frantumi ed egli, per primo, rinasce a quella vita nuova che verrà come frutto dalla loro unione. Rainer Maria Rilke aveva cantato qualcosa di simile in alcuni suoi versi:
Ai sospiri dell'amata / la notte intera si innalza;
una carezza leggera / percorre il cielo stupito.
E allora è come se nell'universo / una forza elementare
ridiventasse la madre/ di tutto l'amore smarrito.
L'amore smarrito di Narciso ritrova se stesso donandosi.

Klimt tace l'evento, non dice come finirà tra i due, però ci lascia intravedere qualcosa: all'altezza della vita di lui, il ritmo serrato dell'abito si infrange per essere avvolto dal sinuoso movimento del dono di sé.
Dietro di loro i giorni scolorano dentro un fondo che pare una galassia dorata. È la celebrazione dell'amore quotidiano eppure, al tempo stesso, solenne, unico. Nel bacio klimtiano si riflette l'amore di mille coppie, di Franco e Petra, che nell'esplodere dell'essere uno hanno catturato i raggi divini dell'Amore.
Qualcosa di quel bagliore non ti ha raggiunto? (Maria Gloria Riva)

(Fabio Cavallari - Maria Gloria Riva, Volti e stupore, Ed. San Paolo 2007)
 
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